giovedì 31 marzo 2022

Verso le elezioni comunali: M come Montagne. Un'"Alta via dei Monti Goriziani?

Montagne impregnate di Storia e di Natura. Le alture sopra Gorici (sempre il duale per le due Gorizia) hanno conquistato l'onore di farsi chiamare "monti", pur non superando i 700 metri sul livello del mare.

Alcune cime possono essere raggiunte in un'unica giornata di cammino, per chi abita in centro, uscendo di casa la mattina e rientrandovi la sera. E' un'autentica e assai interessante immersione nella cultura di un territorio unico nel suo genere e nella bellezza di paesaggi mozzafiato. Senza trascurare le acquisizioni archeologiche protostoriche o le suggestioni dell'epoca romana e soprattutto medievale oppure ancora il classico tessuto urbanistico asburgico, è il Novecento a suscitare la più intensa attenzione. Si salgono i due colli del Castello e della Kostanjevica, si attraversa l'intera Nova Gorica e si sale al Kekec e da lì alla vetta del San Gabriele, con la sua caratteristica torretta di ferro che rende possibile spaziare su un panorama molto ampio. Si scende verso Ravnica e si risale al boscoso San Daniele, sempre accompagnati dal pensiero di quante vite siano state cancellate da squallidi interessi di pochi e da ordini di generali macellai. La lunga discesa verso Grgar consente ulteriori riflessioni dello stesso genere, prima di risalire ripidamente lungo le serpentine tra la vegetazione che conducono fino al santuario di Sveta Gora. Altri sguardi, altri incontri, altra spiritualità della Cultura. Si scende poi a Salcano su tracce di antiche mulattiere di guerra, si attraversa l'Isonzo/Soča lanciando un'occhiata al famoso ponte, l'arco di pietra su linea ferroviaria più ampio del mondo, si percorre un tratto della bellissima ciclabile che costeggia il fiume e poi si affronta l'erta che conduce ai rifugi del

Le Gorica e l'Isonzo, dalla O di TITO
Sabotino. Nell'ultimo tratto, tra rocce strapiombanti, si ha l'impressione di non essere a due passi dal tessuto cittadino, ma sotto qualche impervia vetta delle Dolomiti. Bellissima è l'aerea cresta che attraversa tutto il crinale e, superata la quota 609, permette di raggiungere i ruderi del suggestivo eremo diroccato ma moto ben restauato di San Valentino. Si scende ora velocemente, attraversando la scritta TITO, tenendo sotto gli occhi la città, da qui chiaramente unica nelle sue diversità. Si attraversano San Mauro e Pevma e si rientra verso il centro della vecchia Gorizia, non senza aver prestato un po' di interesse ai suoi straordinari monumenti. 

Un altro tour, sempre per chi si può permettere di camminare, è quello che consente di conoscere meglio la zona di Oslavia e San Floriano, scendendo poi in Groina e risalendo al Calvario, un altro itinerario tra memorie della prima guerra mondiale, affreschi di Tone Kralj, assaggi di vini prelibati nelle numerose aziende agricole, incontri fruttuosi e costruttivi, zone archeologiche con resti di chiesette che un tempo punteggiavano il crinale. Chi lo desidera, può avventurarsi anche dalla parte opposta della conca punteggiata da più o meno grandi insediamenti abitativi e percorrere la lunga dorsale del Monte Trstelj- Fajt, senza dimenticare i due campanili sull'isolata collina sopra Merna e l'imponente monumento alla pace di Cerje.

Si può prevedere anche un percorso di più giorni, una decina a piedi, tre o quattro in bicicletta. Si tratta di un anello circolare, da Gorici a Gorici, raggiungendo via via le cime di Calvario, Sabotino, Sveta Gora, San Gabriele, San Daniele, Čaven, Otljca, Nanos, poi Trstelj, Cerje e San Michele. I sentieri e gli sterrati per robuste ma anche semplici biciclette, sono tutti molto ben tenuti e segnalati, grazie alla cura del Club Alpino, del Planinsko Društvo e di molte altre realtà composte da appassionati di cammini e di cicloturismo. Ci sono anche numerosi punti di appoggio, ottimi rifugi lungo tutti gli itinerari. Potrebbe essere denominata l'"Alta via dei monti goriziani", tutto intorno alla meravigliosa Vipavška dolina.

Cosa c'entra tutto questo con le elezioni comunali? C'entra e molto, perché quella dei "monti goriziani" è una risorsa straordinaria, da valorizzare in ogni modo, mantenendo intatta la bellezza naturale, rendendo più accessibili i monumenti storici e sostenendo la cura dei sentieri  delle vie ciclabili. L'appuntamento del 2025 potrà attrarre in città non solo i cultori del turismo "mordi e fuggi", ma anche i sempre più numerosi cercatori di un altro modo di conoscere luoghi e persone, quello appunto che consente un contatto costante e diretto con il paesaggio naturale e antropico. Non si dimentichi questo aspetto, ricordando anche che Nova Gorica e Gorizia potrebbero essere un incrocio internazionale di "vie", da nord a sud sulla direttrice dell'Isonzo e da est a ovest su quella della Vipava e poi della Pedemontana friulana. Là dove c'è stato il coraggio di investire energie e finanze sul "turismo lento", sono rinate tante attività e nei casi più eclatanti - vedi Camino de Santiago o Via Francigena - sono letteralmente rinati dei paesi precedentemente abbandonati.

La viandanza è rispetto dei luoghi e delle persone, è essenzialità nelle relazioni, è aria buona che si respira e conoscenza di storie antiche e vicende attuali interessanti... Meditate genti, meditate! 

mercoledì 30 marzo 2022

Verso le elezioni comunali: L come Lingue. L'ideale del plurilinguismo ricettivo

Le lingue parlate nel territorio goriziano sono tante. Sì, certo, alcune sono storiche come l'italiano, lo sloveno e il friulano, altre si sono un po' perse nei meandri del tempo, come per esempio il tedesco e l'ebraico. Oggi, camminando per le/la città, si sentono persone che parlano lingue diffuse in Paesi sparsi nei diversi Continenti. E' un fatto che dimostra, se ce ne fosse bisogno, l'importanza di una zona che sta progressivamente recuperando la vocazione all'unità nella pluralità.

Del resto non è un fenomeno nuovo. La parte "Nova" di Gorica è stata costruita in pochi anni, a partire dal 1947 ed è stata abitata fin dall'inizio da migliaia di cittadini provenienti dai diversi stati della Jugoslavia. Anche oggi è possibile constatare tale realtà, nelle nuove generazioni che da una parte vivono una piena integrazione nel tessuto urbano e dall'altra mantengono vivi i rapporti con i parenti rimaste negli altri Stati dell'ex Confederazione. Anche nella parte "vecchia", la realtà migratoria non è un evento recente. Un po' il mondo militare, un po' quello degli apparati statali e regionali hanno portato a Gorizia una consistente popolazione originaria da tutte le regioni d'Italia, così come le vicende geopolitiche generali hanno incrementato la presenza di tanti neo-goriziani migranti economici o profughi dalle guerre, di solito bene inseriti in una reciproca integrazione.

In questa situazione è davvero urgente focalizzare la questione delle lingue, sulla quale si fonda la possibilità di una piena collaborazione e sinergia fra abitanti "storici" e fra questi e i "nuovi arrivati". Se per quanto riguarda la relazione con chi proviene da altri Continenti è indispensabile investire in mediazione culturale e conoscenza di tutto ciò che il territorio può offrire, è particolarmente pressante la necessità che si arrivi almeno a un plurilinguismo ricettivo (o passivo, che dir si voglia), per ciò che concerne almeno lo sloveno, l'italiano e l'inglese veicolare.

Con una premessa, tratta da uno splendido e introvabile libro di Ivan Illich, intitolato significativamente Rovesciare le istituzioni. Parlando proprio del tema in questione, l'autore del più noto Descolarizzare la società, nota che la lingua fa parte del patrimonio interiore più importante di ogni essere umano, la "forma" stessa delle proprie emozioni, idee, sentimenti. E' gelosamente custodita nel più recondito santuario dell'interiorità, terra sacra che deve essere calpestata con enorme rispetto e delicatezza. Anzi, Illich sostiene che "parlare la lingua dell'altro" non è un a forma di gentilezza nei suoi confronti, ma è l'accoglienza di un meraviglioso dono che l'altro mi offre. Non si può entrare nella profondità della coscienza, senza che ci venga spalancata la porta di un cuore che si apre alla fiducia, all'amicizia e all'amore. Scambiarsi reciprocamente la ricchezza delle proprie lingue e valori culturali ha un grande valore all'interno di un contesto relazionale maturo, approfondito, simpatetico ed empatico.

Premesso ciò, resta indispensabile anche lo studio della grammatica e l'acquisizione di un vocabolario sufficiente a realizzare almeno l'impresa minima di "parlare la propria lingua materna e comprendere quella del vicino" (citazione del direttore del Kulturni dom di Gorizia Igor Komel). Perché ciò possa avvenire, oltre alla lodevole esperienza delle ormai molte famiglie italiane che iscrivono i figli nelle scuole slovene della "vecchia" Gorizia, è necessario che si arrivi a un accordo fra Comuni e istituzioni scolastiche affinché in tutte le scuole di ogni ordine e grado della zona transfrontaliera siano inseriti l'italiano e lo sloveno come curricolari e obbligatori nelle scuole rispettivamente in Slovenia e in Italia. Se inoltre i principali rudimenti potranno aiutare i giovani a migliorare e rendere sempre più ordinari i rapporti tra le due parti della/e città, sarà utile anche investire sull'organizzazione di efficaci corsi per adulti, valorizzando più possibile le già presenti realtà che si stanno occupando - in forma più o meno organizzata - di far conoscere le lingue, le culture, gli aspetti artistici e paesaggistici locali.

Le scelte sono davvero da realizzare in brevissimo tempo. Il 2025 è ormai dietro l'angolo e sarebbe un peccato presentarsi come una capitale europea della Cultura dove gli abitanti non riescono a comprendere le parole degli uni e degli altri.

martedì 29 marzo 2022

Verso le elezioni comunali: K come Kinemax, verso la "Cittadella del Cinema europeo"

 

K come Kinemax. E' una delle realtà più belle di Gorizia, un esempio di come la collaborazione tra diverse realtà possa realizzare grandi obiettivi.

Ci fu un tempo in cui in città c'erano molti cinema, il Corso e il Verdi, il Modernissimo con l'offerta d'essai sotto il grattacielo di Corso Verdi, la Stella Matutina e il San Giorgio a Lucinico, tanto per citarne alcuni. E naturalmente il Vittoria, nell'omonima piazza, noto per la costante programmazione di film pornografici, con l'esclusione del giorno di Natale, quando venivano presentati i cartoni animati di Walt Disney.

Un po' alla volta, erano stati chiusi, spenti come candele ormai esaurite. Fino a quando...

Fino a quando alcuni personaggi goriziani, tra essi gli indimenticati Darko Bratina e Nereo Battello, sono stati dei veri e propri visionari, immaginando un grande futuro per il cinema goriziano. Da allora si è messa in moto un'avventura culturale straordinaria. Allo stesso Darko Bratina si deve la fondazione, nel lontano 1977, del Kinoatelje, l'attivissimo seme dal quale si è sviluppata la pianta che ha generato tutto ciò che successivamente è accaduto, in particolare intorno al "Palazzo del Cinema - Hiša filma". La società Transmedia, grazie a una compartecipazione italo slovena a quei tempi ancora pionieristica, è "partita" nel 1991 con l'acquisizione dei locali del Cinema Vittoria, trasformandoli in campo base per la scalata culturale e imprenditoriale verso la vetta, ormai non lontana, della nomina di Gorizia come "cittadella del cinema" in Europa. 

Enorme è stato il contributo dell'Università di Udine, con l'avvio del DAMS in città e la specifica specializzazione in ambito cinematografico. Essa ha attratto in città migliaia di giovani promesse della Cultura italiana e non solo, ma ha anche offerto un fondamento scientifico importante all'impresa che si andava concretizzando nei "palazzetto del cinema" di Piazza Grande o Travnik che dir si voglia. Sono state realizzate le bellissime sale con le migliori possibili attrezzature, divenute in poco tempo uno dei poli culturali importanti della città, in costante rapporto di complementarietà con Il Kulturni dom di Via Brass e le Associazioni economiche e culturali slovene del territorio. Altre sale sono diventato laboratori permanenti, spazi espositivi di alto livello, fino all'inaugurazione della bella Mediateca, altro punto di incontro, amicizia e produzione culturale dedicato soprattutto, ma non solo, agli amanti del cinema e a aoloro che credono che Nova Gorica e Gorizia abbiano qualcosa di molto importante da comunicare all'Italia e al Mondo.

C'è stato poi il Festival della sceneggiatura "Amidei" che non soltanto ha consentito ai goriziani di assistere a straordinarie proiezioni antiche e recenti, ma anche di incontrare di persona registi, attori e sceneggiatori famosi, permettendo anche ai meno competenti di sentirsi parte della grande famiglia del Cinema mondiale. Il successo straordinario del "format", negli ultimi anni portato - per ciò che concerne le presentazioni serali - prima nel Parco Coronini poi nella stessa Piazza Vittoria, induce a pensare a ulteriori, radiosi e importanti sviluppi.

Da non dimenticare sono anche i registi e gli attori goriziani che con la loro creatività e intelligenza sono riusciti a farsi strada e a farsi conoscere ovunque, come il bravissimo Matteo Oleotto che dall'acclamata "prima" del memorabile Zoran ha percorso tanta strada, tenendo alto ovunque il nome di Gorizia. Ma non sono da dimenticare neppure Cristian Natoli con il suo importante cinema fortemente improntato al sociale o l'ottima attrice Anita Kravos, solo per portare qualche nome conosciuto ben al di là degli angusti confini della provincia goriziana o del Friuli Venezia Giulia.

Certo, Transmedia non ha agito da sola, ma ha saputo attirare l'attenzione e i finanziamenti pubblici e privati sia in Italia che in Slovenia, garantendo sempre una gestione all'altezza della situazione, grazie a una direzione intraprendente e intelligente, capace di coniugare le caratteristiche dell'impresa con quelle della promozione e produzione culturale.

L'obiettivo verso il 2025 è raggiungibile e le nuove amministrazioni di Nova Gorica e Gorizia dovranno porre nella loro prima pagina ideale l'obiettivo della "città unica del Cinema", che potrebbe diventare un esempio valoriale e imprenditoriale collocato proprio nel cuore dell'Europa. 

lunedì 28 marzo 2022

Verso le elezioni comunali: J come Jota, non solo "Gusti di frontiera".

Jota, cibo prelibato, cibo semplice! Anche la gastronomia è (ovviamente) espressione della Vita e della Cultura di una Comunità. La jota, per esempio, è stata in passato il cibo dei più poveri, soprattutto nel vecchio Friuli, mentre oggi è diventata una minestra ricercata, un elemento che contribuisce ad arricchire la tavola e a favorire le relazioni tra le persone. Ci sono molte specialità nella nostra terra, da quelle più conosciute e addirittura brevettate, come la Rosa di Gorizia e il Radicchio di Salcano ai meno noti asparagi di sant'Andrea, dalle minestre, "juhe", preparate con avvincenti mescolanze di verdure alle ljubljanske (che poi a Lubiana non si chiamano affatto così) e ai čevapčiči e pleskavice, dalle trippe e il gulash "alla Goriziana" fino ai tanti dolci tra i quali c'è soltanto l'imbarazzo della scelta.

Il gusto del pane fatto in casa...
Cosa può significare una "cultura del cibo"? almeno due grandi idee dovrebbero essere riproposte, in una forma un po' diversa rispetto all'attuale. La prima è stata la proposta di BioLab che per qualche anno ha portato a Gorizia il Festival Vegetariano. Non si trattava di una semplice offerta di peraltro ottimi cibi rigorosamente improntati al mondo vegetariano e vegano. Erano invece giorni di dibattito, di ascolto e discussione, che animavano le strade centrali di Gorizia. La presenza di numerosi esponenti dell'arte, del cinema, dell'intrattenimento radiofonico e televisivo portava la zona, con i suoi speciali sapori, alla ribalta nazionale e costituiva occasione di incontri interessanti e costruttivi. La conclusione di tale esperienza ha impoverito la vita cittadina. Non sarebbe possibile sostenere una ripresa del cammino interrotto?

La seconda questione è legata a quello che per molti è diventato (purtroppo) una specie di biglietto da visita di Gorizia, ovvero la rassegna "Gusti di Frontiera". Per l'amor del cielo, non si vuole mettere in discussione una simile occasione di attrazione e di guadagno. A fronte di un enorme sforzo organizzativo, si riscontra ogni volta la presenza di centinaia di migliaia di visitatori o, per meglio dire, di consumatori. Ciò che a molti non piace è che in fondo in fondo, l'unico obiettivo di una simile manifestazione sembra essere quello da una parte di favorire il massimo consumo (e spesso spreco) possibile di pietanze, dall'altra di arricchirsi quanto più possibile. Sembra decisamente poco, per una città che vuole presentarsi all'Europa e al Mondo come un luogo di approfondimento ed elaborazione culturale. Non si tratta di eliminare tale iniziativa, ma di riportarla allo spirito originario e poi migliorarla. L'obiettivo dei primi tempi non era infatti quello di ingozzare i partecipanti, ma di aiutarli a comprendere il fenomeno dell'unità nella diversità anche gustando le specialità culinarie. Infatti, i "gusti di frontiera" sono tali proprio perché mescolano i diversi approcci al cibo degli abitanti. La kermesse dovrebbe quindi essere arricchita da molti momenti di elaborazione culturale, di informazione e approfondimento, oltre naturalmente da un'offerta di assaggi in grado di far percepire proprio questa straordinaria caratteristica. Tutto ciò non può essere delegato soltanto alla buona volontà spesso dimostrata da alcuni espositori, ma deve essere un progetto ben determinato e sostenuto di Comuni. In un mondo globalizzato, la frontiera è anche capacità di mescolare la tradizione con l'innovazione, la jota dei friulani o degli sloveni carsolini con la pizza o le mille forme di pasta italiane, ma anche con il kebab o il buon salafiel dei nuovi venuti magrebini. Il "valore" dell'iniziativa non può essere misurato sulla base del numero più o meno grande dei presenti, ma sulla crescita complessiva della vita della comunità, compresa la ricaduta positiva sugli esercizi commerciali ordinari del territorio.

Anche qua, infine, c'è da sottolineare l'assoluta necessità di "gustare" insieme, i Comuni confinanti uniti anche nel costruire un "sapore" unitario nella valorizzazione delle differenze. Molto importante, oltre a internazionalizzare immediatamente e in completa sinergia la festa gastronomica principale come pure tutte le altre che già si svolgono a Gorizia e Nova Gorica, è anche migliorare, soprattutto nella parte italiana, il numero e gli orari degli esercizi. Il "non stop" della maggior parte delle "gostilne" in Slovenia, con la proposta di malica e kosilo a gradito uso in particolare di studenti e lavoratori alla ricerca di pasti veloci e a buon prezzo, dovrebbe essere riproposta anche in Italia, favorendo in questo modo anche un turismo sempre meno legato a orari o convenzioni. Anche qua quindi, la collaborazione non è solo auspicabile, ma anche indispensabile, in un'ottica comune che potrebbe essere condivisa soltanto a partire da tavoli di confronto efficaci, concreti e costruttivi. 

Buon appetito!

domenica 27 marzo 2022

Verso le elezioni comunali: I come Istruzione. Delle scuole goriziane, dell'integrazione sociale e dei loro nomi...

Istruzione. L'etimologia della parola rimanda al prefisso in più il verbo latino struo, struere che significa preparare. Si tratta quindi di un processo straordinariamente importante, quello che comporta la preparazione delle nuove generazioni all'esercizio della loro responsabilità, del posto che spetta loro nella Comunità. E' anche un impegno permanente, perché la preparazione non è mai sufficiente e tutti hanno il dovere e il diritto di essere istruiti e di istruire, in uno scambio permanente e reciproco.

Per quanto riguarda Gorizia e Nova Gorica, è indispensabile, nella massima misura possibile, una collaborazione stretta e permanente fra tutte le scuole di ogni ordine e grado. E' bello constatar come tante famiglie con genitori italiani inviino i propri figli nelle scuole slovene, è l'inizio di un ovvio e naturale con-vivere nello stesso territorio, non soltanto imparando l'uno la lingua dell'altro, ma anche "inventando" un proprio colorito gergo mistilingue che dimostra come i più piccoli sono i meno condizionati dai pregiudizi e dai punti di vista degli adulti. E' tuttavia necessario che si moltiplichino gli scambi di conoscenze ma soprattutto di relazioni e amicizie tra tutte gli studenti che frequentano gli istituti da una parte e dall'altra dell'ex confine. Lasciando da parte la questione della lingua, talmente importante da richiedere un capitolo a parte, è possibile anche in questo caso favorire la realizzazione di strutture e organismi di comune scambio e programmazione, anche nella ricerca di un comune punto di vista sul presente e sul futuro del territorio?

Oltre a ciò, è necessario adeguare anche la formazione dei docenti come pure le strutture materiali, rendendo tutte le scuole all'altezza delle grandi sfide della contemporaneità. Si propongono solo due esempi, tra i tanti possibili. 

Il primo è l'aggiornamento informatico. Può capitare che gli scolari delle antiche "elementari" siano a volte ben più esperti di computer e suo utilizzo dei loro genitori e perfino dei loro maestri. Ciò crea un deficit di autorevolezza al quale si può ovviare soltanto attraverso un approfondimento delle conoscenze, dedicando tanto tempo a corsi di aggiornamento e a forme di sperimentazione utili agli insegnanti per comprendere il loro decisivo ruolo in un mondo che cambia.

L'altra questione è la presenza di sempre più numerosi scolari e studenti provenienti da tante diverse parti del mondo. Senza un adeguato numero di mediatori culturali competenti ed efficienti, come è possibile garantire una completa istruzione e l'accesso al diritto allo studio? Sono problemi molto grandi, ma in questo momento non si possono lasciare da soli i docenti, occorre aiutarli e sostenerli. Una vera integrazione tra diversità culturali, linguistiche e ideologiche comincia proprio dai banchi scolastici e se non ci si attrezza per questo si rischia di vanificare ogni percorso di costruzione di una vera pace, fondata sula giustizia, sul rispetto del diritto di tutti, sull'offerta di strumenti utili a creare rapporti di fiducia, armonia e amicizia.

Si parla, anche a Gorizia, di scuole dove i nuovi arrivati vengono indirizzati preferenzialmente, fatto che potrebbe creare una disparità di trattamento tra gli istituti frequentati da una grande maggioranza di italiani e quelli nei quali viene a costituirsi una maggioranza di stranieri. Se questo fatto si realizzasse, si tratterebbe di un'evidente e inaccettabile discriminazione, dal momento che un equilibrato bilanciamento tra chi risiede da più tempo e chi è appena giunto è necessario, non solo per favorire l'inserimento dei nuovi, ma anche per arricchire le conoscenze e la disponibilità all'apertura dei vecchi. 

Un'ultima osservazione. Non si potrebbe pensare di aggiornare qualche nome di scuola? Passino ovviamente Dante Alighieri, Publio Virgilio Marone o Giacomo Leopardi. Ma possibile andare ancora a scuola sotto l'intitolazione al Duca degli Abruzzi, a Edmondo De Amicis o addirittura a Gabriele D'Annunzio? In vista del 2025, non sarebbe possibile qualche innocuo aggiornamento, più consono a una "capitale europea della cultura. Per esempio, giusto per portare una proposta: la scuola di Via Cappella è dedicata a Vitaliano Fumagalli, celebre cultore di libri, costruttore di biblioteche e fervente sostenitore del fascismo e dell'opera di Benito Mussolini. In essa ha studiato un premio Nobel e attualmente apprezzato Senatore a vita, Carlo Rubbia e si trova proprio di fronte alla casa dove sono stati costruiti i primi aerei dei fratelli pionieri del volo Rusjan. Perché non farci un pensierino? Non sarebbe meglio andare "alla Carlo Rubbia" o "alla Rusjan", piuttosto che "alla Fumagalli", non avendo idea dell'identità del "de cuius"? Oppure, il "D''Annunzio" utilizza gli spazi della straordinaria scuola per i sordomuti avviata oltre duecento anni fa da un personaggio eccezionale quale fu Valentin Stanič, prete, scrittore, poeta, ingegnere, alpinista ed educatore. Non si meriterebbe come minimo di veder continuata la sua opera con la dedica di uno spazio da lui modellato per "donare la parola" a chi non l'aveva? 

Dopo 24 anni, un nuovo cammino di pace, sopra Aviano.

Circa 250 persone, provenienti dal Friuli Venezia Giulia e dal Veneto, hanno partecipato oggi alla 24ma edizione della "Via Crucis" Pordenone Aviano.

Quest'anno non si sono percorsi i soliti 12 chilometri d'asfalto, ma si è optato per un'altra forma di manifestazione. Una parte dei partecipanti si è incontrata infatti a Costa d'Aviano e ha percorso a piedi il bel sentiero che conduce fino al santuario della Madonna del Monte, bellissimo punto panoramico affacciato alla pianura. Il breve "cammino" ha voluto simboleggiare il desiderio di partecipare alle ansie e alle speranze di milioni di persone che nel mondo camminano, per fuggire dalle guerre e dalla fame, spesso perdendo la vita nel mare o nei boschi dei Balcani. La salita si è conclusa sul piazzale del santuario, dove era in attesa l'altra parte del gruppo, sotto l'inconfondibile striscione dei Beati i costruttori di Pace.

In chiesa si sono alternate voci di preghiera e intense riflessioni, articolati interventi inframezzati dalle belle canzoni pacifiste del gruppo Vivavoce. All'inizio è stata proposta da Paolo Iannaccone una profonda rilettura del momento che si sta vivendo, alla luce del testo del Vangelo che presenta Gesù come il "liberatore" da tutte le schiavitù che imprigionano l'uomo. E' seguito, da parte di Roberto Feletto, il richiamo alla teoria della nonviolenza, così come dettato da don Milani nella sua famosa lettera ai giudici sull'obiezione di coscienza al servizio militare. C'è stato lo spazio per ricordare, con le parole intense di Wilma Borsoi e Donatella De Filippi, la sofferenza delle donne nei contesti attuali di ricchezza e di povertà, ma anche il loro esser protagoniste nel servire la vita e l'autentica pace nel mondo. L'utopia non è un "non luogo", ma un "buon luogo" - ha ricordato Valentino di Pordenone - invitando a scelgere tra l'utopia di un mondo migliore e la "dis-topia" che conduce alla disgregazione. Particolarmente coinvolgente è stato l'intervento registrato e trasmesso di Pierluigi Di Piazza, costretto a rimanere in ospedale e a lanciare dal pianeta della sofferenza un appello forte a credere e lottare per la giustizia e per la pace, Le parole conclusive sono state affidate ad Albino Bizzotto e al coordinatore dell'iniziativa Giacomo Tolot, che hanno portato una parola di incoraggiamento e di speranza, ricordando la necessità di sostenere anche la forte missione di papa Francesco, chiaramente e inequivocabilmente schierato non solo dalla parte della pace, ma anche della diplomazia opposta all'invio delle armi, definite da lui "una vergogna!"

Il momento di raccoglimento in chiesa si è concluso. E' stato bello anche incontrarsi, dopo tanto tempo di "distanza terapeutica" dovuta al virus e celebrare insieme il miracolo dell'amicizia. I volti lieti dei camminatori che scendevano verso la pianura era testimonianza di un'esperienza certamente costruttiva. Nel cuore di tutti i partecipanti non poteva esserci spensieratezza. Il sibilo delle bombe e le loro esplosioni, in Ucraina come in Yemen, nel Tigray e in tanti altri luoghi dl Pianeta non è stato dimenticato da nessuno, Piuttosto si è diffusa una specie di speranza, un'eu-topia come è stato detto, quella cioè che anche la forza della laica e profonda spiritualità respirata lungo il cammino e nel santuario, possa contribuire in qualche modo - misterioso ma reale - a indebolire la forza ottusa e distruttiva delle armi, a favore di quella dell'intelligenza, della serenità, della diplomazia e dell'amore alla Vita. 

sabato 26 marzo 2022

Dalla morte alla risurrezione, dalla guerra alla pace. Una domenica in cammino, cammino sopra Aviano...

 

Dal 1998 i Beati i Costruttori di Pace propongono la "Via Crucis" da Pordenone alla base Usaf di Aviano. Il gesto, di solito realizzato la V domenica di Quaresima, ha accompagnato anno dopo anno i principali avvenimenti nazionali e internazionali. E' sempre stato un laico momento pubblico di affermazione dei valori e delle politiche della pace, ma anche una profonda occasione di riflessione storica e nel contempo spirituale. A volte hanno partecipato migliaia di persone, a volte poche centinaia, anche a seconda della particolare contingenza planetaria.

Dopo una sosta forzata di due anni, dovuta ai ben noti lockdown finalizzati al contenimento del coronavirus, l'iniziativa ritorna con alcune importanti novità e l'inserimento nel contesto della drammatica situazione venutasi a creare con l'inaccettabile aggressione dell'Ucraina da parte dell'esercito russo.

Le novità principali consistono nello spostamento della data dalla V alla IV domenica di Quaresima e soprattutto dal cambiamento sperimentale della forma. Non ci sarà più la Via Crucis lungo le strade della provincia di Pordenone, bensì una breve camminata da Costa d'Aviano fino al santuario della Madonna del Monte. La scelta, motivata sia dalla difficoltà tecnica di organizzare un evento complesso come la marcia che dalla necessità di evitare un'eccessiva ritualizzazione, non è stata semplice ed è stata dibattuta e condivisa in alcune riunioni online che hanno coinvolto diverse persone appartenenti alle realtà del pacifismo in Friuli Venezia Giulia.

La situazione di stallo nella guerra in corso in Europa, la dimenticanza di tutti gli altri conflitti che si combattono ovunque, la quasi totale assenza di iniziative diplomatiche efficaci da parte dell'ONU e di mediatori qualificati, l'aumento delle spese militari e la decisione di inviare armi in Ucraina a sostegno di fatto non della conclusione della guerra ma dell'assai discutibile regime di Zelen'sky...

...Tutto ciò, insieme alle parole forti e questa volta inequivocabili di papa Francesco contro l'invio degli armamenti, guarda caso una volta tanto marginalizzato da quasi tutti gli organi di informazione che danno l'impressione di essere del tutto schierati, ha portato la domanda se non sarebbe stato meglio proporre una manifestazione pubblica "in piazza" piuttosto che in un santuario. La risposta non è facile e forse per questa volta può essere utile anche dare voce al silenzio, alla preghiera o alla riflessione, che qualche volta possono essere più forti degli slogan. Anche perché le parole del Vescovo di Roma sono state così chiare da rendere difficile trovare qualcosa da aggiungere, se non le espressioni che nascono dall'amicizia ormai quasi trentennale degli organizzatori della "Via Crucis".

Per chi lo desidera, ci sarà anche un breve momento di cammino - una mezz'ora circa - su bei sentieri di collina. Anche questo ha un significato simbolico, il voler esprimere il desiderio di "camminare" insieme a tutte le tribù della terra e accogliere tutti coloro che "camminano", fuggendo da tutte le guerre, dalla fame e dalla persecuzioni, rischiando e perdendo la vita nel Mare Mediterraneo o nei boschi e fiumi del Balcani.

Stop all'invasione dell'Ucraina, no all'invio di armi ai soldati di Zelen'sky, sì alla moltiplicazione degli sforzi di mediazione diplomatica, sì all'autonomia di Crimea e Donbass, no all'ingresso dell'Ucraina nella Nato, sì all'accoglienza di tutti coloro che fuggono da ogni guerra ma anche dalla fame, sì a una nuova Europa, fondata sui valori della pace, della giustizia, della solidarietà internazionale, del rispetto e della tutela dei diritti di ogni essere vivente. Con questi pensieri e sentimenti, buon cammino verso la Madonna del Monte, questa domenica, dalle 14.30 in poi!

Verso le elezioni comunali: H come Hit. Un progresso che non è solo casinò...

Hit (Hoteli Igralnice Turizem) è una società per azioni che gestisce alcuni casinò a Nova Gorica e in molte altre zone della Slovenia. Si tratta di una presenza controversa, sostenuta attivamente anche dallo Stato. Da una parte infatti con i proventi delle case da gioco si sono finanziate molte attività e si sono create importanti opportunità di lavoro, dall'altra tale ricchezza derivata essenzialmente dal gioco d'azzardo, ha creato una sorta di "bolla" che fino a qualche anno fa ha ostacolato uno sviluppo più organico del territorio. Non a caso la città ha subito un forte contraccolpo dal tracollo delle presenze dovuto alla crisi economica prima, poi alle "serrande chiuse" a causa del covid. Oltre a ciò esistono numerosi problemi legati alla circolazione di tanto capitale e al vero e proprio (ahimé, volontario) salasso subito dai clienti, la maggior parte dei quali italiani che, come diceva tempo fa un amico, "entrano tutti felici ed escono quasi tutti disperati".

Certo, Nova Gorica e dintorni presentano in questi ultimi anni anche il volto di un'imprenditoria interessante e innovativa. Se nella zona industriale e commerciale si incontrano eccellenze mondiali nel campo dell'innovazione tecnologica, è anche molto curata l'attività legata al turismo, sia cittadino che extraurbano, con la valorizzazione delle meraviglie naturali costituite dalla montagne sopra Gorizia, dall'altopiano della Bainsizza e dall'immensa foresta di Trnovo. Certo, anche in questo campo non mancano contraddizioni, con le più volte citate problematiche legate allo sfruttamento dell'Isonzo, ma anche con la minaccia di una deforestazione sistematica che produrrebbe certamente guadagni immediati ma soprattutto una catastrofe ecologica. Come ovunque, si è sulla sottile cresta tra le esigenze del cosiddetto progresso e quelle di un rispetto profondo per la natura e più in generale per la Vita.

Ajdovščina, da Otliško okno
E' da notare una recente notizia, riportata dai quotidiani sloveni. Il proprietario dell'azienda Pipistrel ha ceduto l'attività a un pool di imprenditori americani, "offrendo" 25 milioni di euro al Comune di Ajdovščina per creare un polo formativo, tecnologico e industriale in grado di generare occupazione specializzata e generica per migliaia di persone, soprattutto giovani e per rafforzare la già avviata realtà universitaria della cittadina sulle sponde dell'Hubelj. E' già prevista la costruzione di ben 400 nuove case, per sostenere una forte crescita demografica che incrementerà sempre più l'importanza dell'antico accampamento romano sulla via Gemina. 

Cosa significa questo? Che non esiste più la vicina "città dei casinò", perché Nova Gorica si caratterizzerà sempre più sul piano culturale e di gestione politica dell'intera valle del Vipacco/Vipava, mentre Ajdovščina sarà sempre più zona tecnologica e industriale, in un'intelligente sinergia studiata e in procinto di essere efficacemente realizzata. E che Gorizia, la vecchia Gorizia, deve stare attenta a non perdere il treno, perché lo spostamento verso est dei punti di attrazione del territorio potrebbe favorire un migliore aggancio con la capitale della Slovenia e con il crocevia di traffici economici ma anche e soprattutto culturali tra nord e sud, est e ovest dell'Europa, che ha sempre definito la speciale vocazione di Lubiana. Attenzione quindi, futuri amministratori della "stara" città. La capitale culturale d'Europa sarà realmente tale se si terranno presenti anche questi particolari aspetti che riguardano l'economia, ma anche la realizzazione di adeguate infrastrutture e soprattutto la capacità di "crescere" nella sostenibilità umana e ambientale. Nova Gorica e Ajdovščina hanno intrapreso questa strada, occorre urgentemente che anche la vecchia Gorizia si svegli, salti con convinzione sul loro carro e pensi insieme al loro il proprio futuro. 

venerdì 25 marzo 2022

Verso le elezioni comunali: G come Giovani. La grande opportunità per Nova Gorica e Gorizia

Manifestazione a Gorizia, i giovani per il clima
Giovani, non il futuro, ma il presente del Mondo. 

Essere giovani non è semplice. Che Pianeta trovano, nel momento in cui iniziano ad assumere le prime responsabilità?

La Terra è a rischio, l'ora della catastrofe è sempre più vicina, come ci ricordano Greta Thunberg e i milioni di coetanei che sfilano nei "Venerdì per il Futuro" in tutte le strade delle città dell'occidente capitalista. Hanno una sensibilità forte e con la loro presenza gioiosa e nel contempo preoccupata, festosa ma anche molto seria, documentata e spontanea, richiamano gli individui e le istituzioni a non rimanere inerti. Quello delle piazze è uno spazio che si sono conquistati con le loro forze, a volte anche al caro prezzo della derisione e della persecuzione. Hanno colto nel segno, toccando i nervi scoperti della politica internazionale e locale, suscitando per questo grande interesse e partecipazione, insieme a denigrazioni e opposizioni. Il loro esserci dimostra il desiderio di non essere privati del dono della Vita, di offrire il loro richiamo a chi è chiamato a decidere sulle sorti di tutti.

Il virus prima e la guerra in Europa poi, hanno inoltre contribuito a creare solitudine e isolamento, oltre che un profondo senso di ansia e di paura. E' terribile per tutti sentirsi impotenti di fronte al deterioramento sempre più grave delle relazioni internazionali, figurarsi per dei ragazzi, totalmente dipendenti dalle decisioni di adulti che essi non hanno neppure potuto votare. La guerra è la negazione per eccellenza del futuro, quella nucleare la possibile tragica fine della storia degli esseri umani e più in generale dei viventi.

Allora, che fare in un contesto comunale? Occorre investire tempo ed energie in politiche giovanili adeguate. Purtroppo la maggior parte delle volte nei consessi decisionali si parla dei giovani quasi esclusivamente come consumatori di divertimento. Per molti adulti i diritti dei ragazzi e dei giovani sembrano ridursi alla pur necessaria individuazione di spazi e tempi nei quali essi possano trovare riposo dagli impegni scolastici. Invece, senza per questo negare le giuste esigenze di relazioni simpatetiche, due sono le questioni prioritarie da tenere presenti.

La prima è l'ascolto delle loro istanze, introducendoli all'importanza della partecipazione attiva. Questo è possibile, se i Comuni si dotano di strumenti già fortemente collaudati, quali, risalendo dai più piccoli ai più grandi, il Consiglio Comunale dei Ragazzi, il Governo dei Giovani, la Consulta dei Giovani. Sono organi di educazione alla democrazia, di conoscenza degli strumenti e del valore della rappresentatività, ma anche di forte pressione sulle Giunte e i Consigli Comunali, "costretti" a comprendere e valorizzare il loro punto di vista e le loro spesso sorprendenti intuizioni. 

La seconda questione è il loro protagonismo nella "costruzione" della Cultura cittadina. L'esempio goriziano (staro e novo) è eclatante. Gorizia e Nova Gorica sono città universitarie. La presenza di centinaia di giovani, provenienti dall'Italia, dalla Slovenia, dall'Europa e dal resto del Mondo, è una ricchezza incredibile per l'intera comunità. Con loro ci sono docenti preparati e competenti che possono aiutare e sostenere scientificamente qualsiasi grande progetto di miglioramento e innalzamento della qualità della Vita. La realtà accademica ha consentito la realizzazione di grandi opportunità culturali, si pensi all'importanza delle attività legate al Cinema, con i percorsi di formazione, l'offerta artistica, il sempre più importante festival della sceneggiatura. Si potrebbe e si dovrebbe fare di più. Chi amministra Gorizia e Nova Gorica deve trovare il modo di inserire i giovani universitari nelle dinamiche più costruttive della vita cittadina, dare a essi gli strumenti per iniziare davvero a trasformare l'ormai decrepita "Nizza austriaca" in un ambiente internazionale e senza confini, laboratorio di elaborazione di una nuova Europa e di un nuovo Mondo. 

I giovani e le Università sono la più grande chance di un'efficace utilizzo della grande occasione che è la Capitale Culturale dell'Europa 2025.

giovedì 24 marzo 2022

Verso le elezioni comunali: F come Fiumi. L'acqua, il più importante fra i "beni comuni"

Isonzo/Soča dal ponte di Pevma
Fiumi. Ce ne sono tanti di fiumi, tra Nova Gorica e Gorizia. Pur essendo testimonianze indiscutibili della bellezza del territorio, non si ha l'impressione che suscitino troppe attenzioni nell'ambito della politica locale.

Il più conosciuto è l'Isonzo/Soča, fiume sacro ai popoli d'Europa, come recitano i cartelli sull'autostrada. I suoi straordinari colori, i canyon che ha scavato, il passaggio tra i principali monti goriziani, le rapide che avvincono i canoisti, lo rendono un gioiello conosciuto ovunque. Non segna un confine, ma lo attraversa, portando un messaggio di pace e di bellezza là dove nel passato ci sono state tante guerre e si sono realizzate tante gravi ingiustizie. E' di questi giorni la notizia delle preoccupanti conseguenze della siccità, con migliaia di pesci morti nelle pozze rimaste senza acqua. Non è un problema nuovo, ma è stato poco affrontato nell'ovvia chiave internazionale. In territorio sloveno sono ben tre le dighe che interrompono il dolce fluire del fiume, Doblar, Ajba e Solkan. In Italia ci sono i canali che servono per l'irrigazione dei campi e il fiume, generoso, dispensa quanto può, ma la sua portata non è infinita. Sembrano proprio questi ultimi i responsabili della moria di questi giorni, dal momento che è bastato diminuire di poco il loro livello per ripristinare il minimo sufficiente per garantire la vita. E' urgente la sottoscrizione di nuovi accordi, che migliorino quelli previsti in passato, tenendo anche conto dei funesti cambiamenti climatici che interferiranno sempre più nella fondamentale disponibilità dell'elemento vitale per eccellenza. Ed è necessario che esista un'unica autorità transfrontaliera di fiume, che monitorizzi costantemente la situazione, in entrambi gli Stati, per rispondere con immediatezza ai problemi che probabilmente si verificheranno sempre più spesso. Altro capitolo delicato è quello del co-inceneritore di Anhovo, con i gravi problemi di salute legati all'inquinamento dell'aria e dell'acqua. La questione è essenzialmente politica e richiede una forte pressione sulle autorità slovene ed europee affinché i parametri delle emissioni siano calcolati sulla base della vita delle persone e non degli interessi di pochi. Ma urge un controllo anche da parte delle autorità italiane, perché i maggiori "produttori" provengono proprio dall'Italia e le amministrazioni dei Comuni attraversati devono attuare tutto il possibile perché la "Soška dolina" sia preservata nella sua meravigliosa specificità.

Così si fa! (foto Nevio Costanzo)
L'Isonzo/Soča è anche una straordinaria risorsa per un turismo innovativo, sostenibile, ecologico. E' indispensabile accelerare i tempi per la realizzazione dei tratti mancanti della ciclovia dalla foce alla sorgente. Non manca molto, ma alcuni tratti sono indispensabili per offrire ad amanti della bicicletta di tutto il mondo l'opportunità di percorrerli in tutta sicurezza e con grande soddisfazione. Per quanto riguarda Nova Gorica e Gorizia è evidente il clamoroso errore di valutazione che ha portato alla costruzione della (bella) passerella di Solkan prima di un'attenta analisi del terreno argilloso ai piedi del Sabotino. Lo si potrà risolvere o cementificando una parte del pendio o spostando il ponte, con ricadute immaginabili sia sul piano ambientale che su quello finanziario. Così come la vera e propria ignavia amministrativa ha reso per ora impraticabile la splendida idea del collegamento cittadino tra il quartiere della Campagnuzza e la stazione sud, attraverso il ponte sulla ferrovia e dalla stazione sud a quella nord (Transalpina) attraverso il centro di Gorizia. A quando la realizzazione del piano del traffico già da lungo tempo approvato? 

Koren/Corno nella "Valletta" (foto Pierluigi Bellavite)
Il Koren/Corno è il vero fiume di Nova Gorica e Gorizia, quello che le attraversa e che ha visto da una parte nascere e crescere una nuova città sulle sue sponde, dall'altra non ha visto nulla perché per un tratto interrato sotto cumuli di cemento, per un altro in quella che fino a qualche mese fa era una specie di giungla impenetrabile. Si è fatto molto, in Slovenia e in Italia, per rendere di nuovo dignità al corso d'acqua, che fino a non molto tempo fa era maleodorante e nei rari casi in cui era in piena creava non pochi problemi agli abitanti della zona intorno al Palazzo Attems. Le sorgenti sono multiple, alcune sulle pendici del Monte San Gabriele, chi segue il sentiero principale per la vetta può gustare da un rubinetto le primizie. Altre sono risorgive collocate nel bel bosco del Panovec, uno spazio della Natura che i veterogoriziani stanno cominciando a riscoprire, per le bellissime passeggiate a piedi o in bicicletta che consente. Scorre poi nel terreno che un tempo era paludoso, lambendo le più antiche (1948) case di Nova Gorica, sotto il colle della Kostanjevica. Entra nel tunnel proprio sotto il valico confinario di Via San Gabriele, per tornare a scorrere di nuovo libero nella Valletta del Corno. Il grande lavoro di riqualificazione della zona non è stato ancora del tutto svelato ai cittadini, ma senz'altro sarà indispensabile che l'intero corso del Koren/Corno sia tutelato in tutti i modi possibili, creando un parco internazionale che consenta agli amanti della Natura di "entrarvi" con delicatezza e rispetto, senza motori o altri strumenti che potrebbero danneggiare la flora e la fauna che circondano un fiume straordinario. La foce, nell'Isonzo, è attualmente difficilmente raggiungibile, poco a sud dell'ex Safog. Lo si può vedere, costretto in un imbuto di cemento, da un ponticello e suscita una strana impressione, come del resto tutto il suo percorso. E' stato ferito nello scorrere degli anni, ma forse si è ancora in tempo per salvarlo. 

Ce ne sono molti altri di corsi d'acqua. La Vrtojbica ha la sorgente sull'altro versante del Panovec, lambisce il cimitero ebraico di Rožna dolina, attraversa un paio di volte il confine prima di dirigersi verso Šempeter e Vrtojba e poi sfociare nella Vipava. La Pevmica si crea il suo piccolo canyon, sorge dalle pendici del Sabotino e entra nella Soča poco a nord del ponte. La Grojna crea una suggestiva valletta a nord del Calvario e lo stesso abitato di Podgora è attraversato da un torrente che raccoglie le acque del Calvario. Insomma, acqua non dovrebbe mancare, ma un utilizzo scriteriato dimostra che non si possono dormire sonni tranquilli. Le prossime amministrazioni comunali dovranno investire molto per tutelare quello che deve essere considerato il "bene comune" per eccellenza. 

mercoledì 23 marzo 2022

Verso le elezioni comunali: E come Economia. Da ripensare tutti insieme, vsi skupaj...

Economia. E' naturalmente indispensabile che un territorio, per sopravvivere, proponga idee e azioni in grado di attrarre attività imprenditoriali e produttive. La clamorosa crisi anagrafica dimostra la difficoltà di trovare e mantenere il lavoro, senza il quale non è possibile guardare lontano.

C'è stato molto tempo a disposizione per andare oltre ai tempi della zona franca di confine e della presenza di numerose caserme e attività militari, che fino a trent'anni fa avevano dato a Gorizia un'immagine di prosperità non corrispondente alla realtà dei fatti. L'indipendenza della Slovenia e il successivo ingresso nell'Unione Europea hanno giustamente rimescolato le carte, ma il lungo periodo di avvicinamento alla "fine" dei controlli frontalieri non è stato sufficiente a un ampio e coordinato ripensamento delle realtà industriali, agricole e commerciali della zona.

Il "punto" era ed è uno, quello di immaginare il futuro insieme, Nova Gorica e Gorizia. Solo la traduzione in termini di economia della visione culturale sottesa alla "capitale europea 2025" può offrire una chance - e che chance! - di profondo rinnovamento. Una città divisa in due parti, una antica e una moderna, può cercare di procedere valorizzando proprio la differenza, sottolineando le caratteristiche della tradizione contemporaneamente a quelle della modernità e post modernità. Si potrebbe anche pensare a una configurazione istituzionale originale e innovativa, determinata proprio dall'essere zona divisa da una duplice appartenenza statale. Il GECT/EZPS potrebbe essere solo un'anticipazione di quello che potrebbe diventare un Punto Franco internazionale, in un luogo che anche geograficamente si configura come vero e proprio crocevia d'Europa. Si potrebbe pensare a un'assemblea permanente di rappresentanti di tutte le attività produttive - lavoratori, sindacati, imprenditori, ordini professionali, ecc. - dell'intero circondario transfrontaliero, un tavolo di discussione e confronto intorno al quale immaginare insieme un roseo futuro?

Gorizia da sola conta sempre meno nello scacchiere regionale del FVG  e ancora meno in quello italiano. Anche Nova Gorica (e dintorni) è abbastanza marginale nelle politiche della Slovenia. Insieme, Nova Gorica e Gorizia, possono diventare un polo di grandissimo interesse a livello europeo e mondiale, soprattutto se ritengono di poter sviluppare insieme nuove forme di imprenditoria. In particolare, si potrebbe essere all'avanguardia in alcuni settori, soprattutto quelli che prevedono una simbiotica integrazione tra diritto universale al lavoro e salvaguardia dell'ambiente, tra promozione della salute e diritto a un'adeguata e giustamente retribuita occupazione. Certo, occorre anche migliorare le infrastrutture e le potenzialità ricettive, soprattutto per ciò che concerne il trasporto ferroviario, di fatto ancorato addirittura alle intuizioni dei Ritter nella seconda metà dell'Ottocento e all'allora straordinario impresa tecnologica che è stata la costruzione della ferrovia Transalpina, inaugurata all'inizio del Novecento. Nova Gorica e Gorizia insieme possono dotarsi di strumenti operativi e tecnici importanti, ma anche trovare le strade più adeguate per favorire chiunque voglia investire su un territorio davvero unico nel suo genere, in termini di attività caratterizzate da un forte valore ecologico e di rispetto dei diritti dei lavoratori. La dismissione di realtà che producono inquinamento ambientale o giganteschi abbandoni di rifiuti, come il co-inceneritore di Anhovo o i tanti magazzini riempiti di scorie prodotte da fallimenti successivi, dovrebbe andare di pari passo con la valorizzazione di nuove e antitetiche forme di produzione del tutto alternative a quelle che hanno ferito e a volte devastato il meraviglioso paesaggio del Goriziano.

Due realtà dovrebbero inoltre trovare uno spazio autonomo e forse prioritario, ma meritano un discorso specifico alla lettera corrispondente. Si tratta del Turismo, attività da sempre invocata ma raramente affrontata in tutte le sue straordinarie potenzialità, anche per ciò che concerne la specificità delle attività produttive e delle Università presenti a Nova Gorica e a Gorizia, ma anche a Cormons e Ajdovščina, certamente una delle più belle e significative "invenzioni" degli ultimi trent'anni, mai pienamente inserite nell'ordinarietà di una vita cittadina che dalla presenza di tanti studenti e qualificati docenti potrebbe essere radicalmente e beneficamente trasformata. Con il loro aiuto si potrebbe veramente impostare e realizzare quel centro internazionale, laboratorio di costruzione di pace e giustizia che potrebbe tradurre in modo efficace la vera vocazione storica e attuale del Goriziano/Goriška. 

martedì 22 marzo 2022

Presidente Draghi, armi a Zelen'sky? Non in nome mio...

L'odierna giornata parlamentare segna un cambiamento di passo nell'atteggiamento del Governo italiano nei confronti della guerra in Ucraina.

Come era ampiamente prevedibile, dato lo schieramento poco meno che unanime di tutti i partiti dell'attuale maggioranza più Fratelli d'Italia e constatato il linguaggio bellicista di quasi tutti i media e di molti - anche sorprendenti - intellettuali italiani, l'Italia entra in guerra. Sceglie come proprio interlocutore il presidente dell'Ucraina Zelen'sky, presente in videoconferenza, promette l'invio di materiali di prima necessità e di armi "alla resistenza ucraina" (virgolettato dal discorso di Mario Draghi), rinuncia a un possibile importante ruolo di mediazione diplomatica nel tragico conflitto in corso.

Il Presidente del Consiglio parla "a nome degli italiani", ma non tutti gli italiani sono d'accordo con lui. esiste un'opposizione intelligente e ferma a quell'invio di armi che non potrebbe fare altro che innalzare ulteriormente il livello della tensione, già ormai ben oltre i limiti di sicurezza. Anche nella Chiesa cattolica regna la confusione e se la voce del Vescovo di Roma Francesco contro la vergogna delle armi sembra questa volta inequivocabile, ci pensa il Segretario di Stato Parolin ad aprire qualche spiraglio alla possibilità di un intervento armato. Il card. Ravasi, personaggio molto influente in Vaticano e in Italia, cita - a mio parere del tutto a sproposito - Dietrich Bonhoeffer, martire del nazismo, "se un pazzo sta trascinando la corriera verso l'abisso, devo in qualche modo fermare quel pazzo". La scelta del grande ed eroico teologo riformato di partecipare indirettamente all'attentato a Hitler è stata tremendamente sofferta e non certamente riducibile a una sua espressione decontestualizzata. Nel caso attuale, non appare così evidente chi sia il pazzo alla guida, se chi ha lanciato un attacco criminale contro la popolazione inerme dell'Ucraina o chi ha creato le condizioni perché ciò accadesse negli anni precedenti o chi soffia sul fuoco delle divisioni perché ne vuole trarre profitto. Inoltre, se "sviare la corriera" significa portarla a scontrarsi con cento altre, con effetti ancor più devastanti, il ragionamento risulterebbe ancora sostenibile?

No, i casi sono solo due. Non si tratta di invitare gli ucraini a una resa, ma di moltiplicare all'infinito gli sforzi perché i contendenti si parlino, offrendo a essi efficaci mediazioni, ascoltando le "ragioni" degli uni e degli altri, facendo di tutto per diminuire la tensione. L'alternativa alla diplomazia non è un generico schieramento "contro la guerra", ma l'impegno preciso ad armare con mezzi sempre più potenti quella che con linguaggio un po' sacrilego Draghi chiama la "resistenza". Questa non è una strada eroica, ma un vero e proprio suicidio per il popolo ucraino, ma anche - purtroppo non è un'ipotesi remota - per tutto il Pianeta.

Oggi, tra le due alternative, la Camera dei Deputati ha di fatto compiuto la scelta di stare dalla parte di Zelen'sky. Chi ha applaudito con tragico entusiasmo le funeste parole dell'ex comico ucraino e del presidente Draghi, dopo aver approvato qualche giorno fa - a larga maggioranza! - l'incremento delle spese militari, si è assunto una grave responsabilità, di fronte all'Italia e al Mondo. 

In ogni caso, non certo in nome dell'intero popolo italiano, almeno, non certo in nome mio.

Verso le elezioni comunali: D come Democrazia. Tra rappresentanza e partecipazione.

Municipio di Gorizia. L'ultimo referendum "bocciato" è stato sulle ciclabili
Democrazia rappresentativa, assembleare o partecipata? Sono domande che riguardano ogni livello delle istituzioni. Secondo l'articolo 1 della carta costituzionale della Repubblica Italiana, "la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". In questa frase è fondato il rapporto tra la partecipazione e la rappresentatività. Ogni cittadino è tenuto a essere corresponsabile della vita dell'intera comunità, non soltanto scegliendo i propri rappresentanti nei vari organismi nazionali ed enti locali, ma anche e soprattutto impegnandosi con il proprio lavoro, con la potestà sussidiaria e con gli strumenti di diretto coinvolgimento nelle scelte politiche e amministrative previsti dalle leggi e dai regolamenti attuativi.

Anche nella limitata realtà di un Comune valgono gli stessi principi. L'esercizio della sovranità non può e non deve essere limitato a una crocetta da segnare su una scheda una volta ogni cinque anni. Occorre che ciascuno contribuisca al bene comune portando nella vita cittadina il proprio lavoro, l'esperienza, la competenza, la concezione della vita. Non esistono eccezioni, ogni persona che vive sul territorio, in qualunque situazione si trovi, è soggetto chiamato a edificare la comunità cittadina. In questo senso, la verifica costante dell'operato dei "rappresentanti eletti" non deve essere considerata una sorta di disturbo, bensì valorizzata in tutti i modi possibili.

E' quindi fondamentale che chi è chiamato a dirigere l'istituzione amministrativa si senta totalmente al servizio della gente. Occorre quindi moltiplicare gli sforzi affinché la Casa Comunale, come dice la stessa etimologia, sia la Casa di ogni cittadina e cittadino, non un castello inattaccabile nel quale entrare con circospezione, sguardo abbassato e cappello in mano. Le relazioni con il pubblico non dovrebbero essere garantite solo da un ufficio ad hoc, ma si dovrebbero cercare tutti i mezzi e gli strumenti perché ogni persona possa trovare ascolto, sostegno e aiuto a esercitare la propria specifica e individuale "sovranità".

Ricordando l'esempio virtuoso della nostra "grande" RosaMaria Forzi e della sua vera e propria battaglia per l'attuazione delle leggi sulla Trasparenza Amministrativa, non è possibile che i destinatari di servizi essenziali - come per esempio luce, acqua e gas - non possano di fatto (se non di diritto) portare alcun controllo sulle cosiddette "partecipazioni". Esse sono a volte veri e propri luoghi oscuri i cui meccanismi di funzionamento risultano spesso avvolti in un mistero impenetrabile. Il passaggio dall'attività municipale all'aziendalizzazione multinazionale ha comportato una netta diminuzione del controllo da parte degli eletti dal popolo a favore di spesso inarrivabili Consigli di Amministrazione. Come riavvicinare tutti a quella "cittadinanza attiva" che è stato uno degli obiettivi esistenziali di RosaMaria?

Altra questione è quella riguardante gli "strumenti diretti" di partecipazione attiva. Ne esistono due, nel Comune di Gorizia regolamentati da norme ormai impolverate dal tempo. Il primo è il referendum consultivo, talmente difficile da chiedere e ottenere da scoraggiare qualsiasi tentativo non supportato da un'ampia équipe di "eroici" richiedenti. In realtà esso non deve essere appannaggio di poche realtà consapevoli e coinvolte nella passione per la città, i cui rappresentanti sono considerati alla stregua di "rompiscatole" che vogliono far perdere tempo a chi lavora. Dovrebbe essere invece un normale mezzo attraverso il quale l'Amministrazione Comunale verifica l'accordo o il disaccordo dell'intera cittadinanza in merito alle principali scelte che riguardano tutti, in particolare negli ambiti della viabilità, dei lavori pubblici, della tutela e gestione del paesaggio o dei beni architettonici e culturali. Con gli strumenti informatici attuali, non dovrebbe essere così difficile chiedere frequentemente un parere ai "sovrani", cioè a ciascun cittadino residente o domiciliato in città.

L'altro strumento è la proposta di iniziativa popolare, ovvero un'idea da sottoporre al Consiglio Comunale e alla Giunta, tenuti a prenderla in considerazione e discuterla sulla base di una ragionevole sottoscrizione. Anche in questo caso, superando il rischio concreto che ogni proposta si impantani di fatto nei meandri della burocrazia e dei bilancini, l'iniziativa popolare dovrebbe essere assolutamente favorita e incentivata, non appesantita e ostacolata, quasi a dimostrare una scarsa volontà di consentire l'accesso di tutti alle piccole o grandi stanze del potere.

Un ultimo spunto, verso il 2025. Perché non pensare a un'assemblea annuale delle/a città, con il coinvolgimento diretto di tutte le categorie sulla base di un piano di lavoro elaborato con il sostegno attivo delle Università di Gorizia e Nova Gorica? Al di là del GECT/EZPS e del Comitato per EPK2025, strumenti tecnico operativi importanti, necessari ma non sufficienti, come essere "capitale culturale dell'Europa" senza degli strumenti precisi e facilmente usufruibili che rendano possibile che la voce autorevole di ciascuno possa essere contributo alla realizzazione degli obiettivi di tutti. Occorre un organismo politico di base, letteralmente assembleare, che coinvolga Nova Gorica e Gorizia e che offra spunti costruttivi e operativi alla politica rappresentativa e ai tecnici chiamati a trasformare le idee in progetti operativi ed esecutivi.

lunedì 21 marzo 2022

Verso le elezioni comunali di Gorizia: C come Cultura. Siamo tutti "Goriziani", smo vsi "Goričani...

Sveta Gora da Škabrjel
Cultura. Non è uno dei temi, ma "il tema" per eccellenza.

Ogni individuo è "persona di Cultura", in quanto chiamato a porre la propria piccola o grande tessera esistenziale nel mosaico dell'umanità.

C'è una Cultura dell'Uomo in quanto tale, come quella di un particolare gruppo, di uno stato, di una religione, di una visione del mondo. C'è un patrimonio che riceviamo dal passato, grazie al quale (o a causa del quale) siamo quello che siamo. Ma ogni esperienza collettiva ha come base quella individuale, ciascun soggetto ha un ruolo e una responsabilità da protagonista, nella costruzione dell'edificio comune che non potrebbe essere quello che è, senza il contributo - consapevole o meno - di tutti.

Che ruolo ha la Politica in rapporto alla Cultura? Cosa c'entra la Cultura con il progetto amministrativo di una città o di un territorio? La risposta è semplice: tutto! Non esiste spazio politico che non abbia come proprio fondamento la Cultura. L'argomento è enorme e in questo contesto, procedendo ormai fin troppo rapidamente verso l'appuntamento prestigioso del 2025, Nova Gorica con Gorizia capitale culturale d'Europa, si possono indicare, fra tante, almeno tre suggestioni.

La prima riguarda ogni cittadina e cittadino dei Comuni di Nova Gorica e dei paesi del bacino dell'Isonzo/Soča e del Vipacco/Vipava. In che modo si possono favorire l'incontro tra le persone, la conoscenza reciproca, lo scambio permanente? Le amministrazioni dovrebbero prevedere la realizzazione di luoghi di confronto e amicizia, di festa e di approfondimento intellettuale, di ampliamento delle conoscenze. Vivere in un territorio di confine - inteso come luogo di condivisione degli obiettivi e dei fini - significa avere la gigantesca opportunità di offrire a ciascun abitante la possibilità di arricchirsi con il patrimonio culturale dell'altro e nello stesso tempo di costruire insieme una prospettiva del tutto innovativa e affascinante. Non si tratta di organizzare grandi e dispendiosi eventi che disperdono energie e non consentono l'urgente necessità di uno scambio semplice e quotidiano, meno che meno di kermesse enogastronomiche che alla fin fine hanno l'unico obiettivo di moltiplicar i consumi, generando sprechi ai limiti dello scandaloso in un tempo nel quale miliardi di persone sono a rischio di morte per fame.

La seconda riguarda la Storia del territorio, in particolare quel periodo decisivo che si raccoglie convenzionalmente sotto il termine "Novecento". La Cultura presuppone la Comunicazione, senza la quale la potenzialità dell'individuo non può diventare patrimonio della collettività. La prima metà del Novecento Goriziano racconta tante tragedie, là dove tuttavia la sofferenza individuale - derivata dal sangue versato nelle guerre, dall'umiliazione di veder cancellata la propria identità nazionale, dalla privazione della libertà di parola e di pensiero, dall'esplicita e cruenta persecuzione ideologica - deve essere presa in considerazione. Lo studio e la ricerca devono essere valorizzate al massimo grado, anche e soprattutto là dove mettono in discussione pregiudizi dati per scontato o prese di posizione non documentate. Valorizzare la conoscenza dei mille aspetti di una zona così interessante e così complessa vuol dire offrire a ogni partecipe della "Gorizianità" gli strumenti per comprendere come inserirsi nei nuovi percorsi di unità nella diversità che hanno portato fino al frutto del riconoscimento europeo. Va benissimo la dizione della "città della Storia", sempre che l'encomiabile manifestazione storica annuale da realizzare immediatamente in entrambe le parti dell'unica città - vecchia e nuova -,  non si limiti all'overdose culturale di quattro giorni eccezionali, ma si possa tradurre nel quotidiano trasformare ognuno in potenziale e attivo storico del territorio.

La terza riguarda il rapporto con l'ambiente, questo meraviglioso paesaggio nel quale si svolge la vicenda della Cultura e delle Culture goriziane. C'è chi propone - quanto giustamente! - un rovesciamento delle posizioni, dal punto di vista dell'urbanistica e dell'architettura. Invece di domandarsi come salvaguardare la Natura all'interno di un tessuto geografico molto antropizzato, ci si può chiedere come inserire armonicamente l'Uomo in un contesto naturale che deve essere difeso, tutelato, in una parola amato. In che modo liberare le città dall'inquinamento che le soffoca? In che modo favorire l'incontro di ciascuno con la Madre Terra, sempre più vilipesa dagli mari di cemento e dai fiumi di asfalto che la sembrano sempre più soffocare? Anche questo è Cultura, eccome, da collegare a precisi piani progettuali da collocare al centro dei programmi imprenditoriali, commerciali, turistici e sociali!

Non c'è una Cultura più degna delle altre, così come non esiste una persona che abbia maggior dignità di nessun altra, l'essere umano, anzi l'essere vivente, è sempre "unico e irripetibile". Condividere la propria specificità con l'altro, avere il coraggio, la possibilità e gli strumenti per farlo, costruisce - in una serie ininterrotta di scambi, incroci, relazioni di reciprocità - la Cultura di un territorio. Essa per definizione è acquisita come patrimonio per tutti e non appartiene a nessuno in particolare. Per questo chi vive in questa terra può essere definito anzitutto "Anthropos", poi "Goriziano", abbia egli ricevuto "con il latte materno", il patrimonio culturale e spirituale europeo, asiatico, africano o americano, italico, sloveno, friulano o anche marocchino, senegalese, pakistano, russo, moldavo o ucraino. Ecco allora la Capitale Culturale dell'Europa, un luogo di Vita, dove si può dimostrare come veramente la ricchezza di ciascuno possa diventare bellezza per tutti e come le diverse Culture possano convergere nell'indicare all'Europa e al Mondo la strada della Pace nella Giustizia e nella valorizzazione di ogni singola o collettiva specificità.

domenica 20 marzo 2022

Frammenti di vita dal Carcere di via Barzellini...

 

Mentre tutti si è con il fiato sospeso e con lo sguardo rivolto alla guerra che infuria nel Nord Est dell'Europa, una categoria di persone vive le stesse paure, moltiplicate dalle sbarre che imprigionano la libertà.

Sono i detenuti nelle carceri e nei centri per il rimpatrio, compresi quelli che vivono nella dimenticata Casa Circondariale di Via Barzellini, letteralmente a due passi dal Municipio cittadino e quelli rinchiusi nell'ex caserma di Gradisca d'Isonzo.

Si può solo immaginare l'angoscia di chi pensa ai propri cari, a come stiano affrontando questo tempo di grande tensione, soprattutto chi è in prigione per reati minori e proviene proprio da Paesi in guerra o molto vicini alle zone di conflitto. Si dovrebbe aiutare in ogni modo chi si trova nell'ansia, garantendo continui contatti con i parenti e nel caso - che si auspica non accada mai! - di un allargamento del conflitto, la possibilità di raggiungerli per confortarli e condividere con loro il momento drammatico.

Inoltre il "sistema" non manca mai di far pensare. La fonte di queste riflessioni e di queste proposte è don Alberto De Nadai, da decenni impegnato quotidianamente a portare, all'interno della prigione, una parola di speranza. Grazie a lui, si è formato internamente un gruppo eccezionale di persone provenienti da ogni Continente e pronte a confrontarsi tra loro nel riconoscere errori, nell'immaginare un futuro migliore, nel rendere meno pesante la convivenza dei ristretti. 

Tra le persone presenti, negli ultimi due anni è stato ospite un giovane proveniente dall'Asia. E' stato condannato a un paio di anni di pena, scontati in toto dandosi da fare con gli altri colleghi e con le guardie carcerarie. Sempre di buon umore, ha sollevato il morale di tanti, prestandosi in ogni servizio utile, dalla cucina alle pulizie, dalla lavanderia all'impegno di sacrestano. Ebbene, il nostro amico ha pagato il suo debito con la giustizia e, pieno di trepidazione è uscito dalla Casa Circondariale di Gorizia, felice di poter avviare un percorso di integrazione nella città o nei dintorni.

Invece... Invece è stato immediatamente prelevato e portato al Centro per il Rimpatrio di Gradisca, per essere quanto prima possibile estromesso dall'Italia e rispedito da dove, qualche anno fa, era arrivato. Ma insomma, non è disumano costringere una persona per due anni dietro alle sbarre e poi, finalmente "libero", rinchiuderla di nuovo dietro ad altre sbarre con l'unica prospettiva di ritornare nella sua terra, con la possibilità reale di andare inoltre incontro a guai ancora di gran lunga peggiori?

Quindi..

1. Occorre che le pene detentive inferiori ai tre anni siano scontate in modo alternativo, in strutture convenzionate con lo Stato in grado di garantire riabilitazione e reinserimento sociale.

2. Occorre chiudere quanto prima tutti i CPR in Italia, a cominciare da quello di Gradisca. Sono luoghi di detenzione per reati amministrativi, totalmente inutili per ciò che concerne l'individuazione delle persone da espellere e finalizzati soltanto a suscitare sofferenza e depressione ai malcapitati ospiti. Contestualmente è urgente rivedere la legge sull'immigrazione, ancorata ai capisaldi voluti da Turco e Napolitano e aggravati da Bossi e Fini. E' indispensabile passare a una politica dell'accoglienza reale, incentrata sul lavoro, sulla casa, sulla facilitazione dei ricongiungimenti familiari. Ed è necessario allargare ovunque il sistema SAI (ex SPRAR), unico in grado di gestire le situazioni di emergenza coinvolgendo da protagonisti gli enti locali, convenzionati con gli enti gestori.  

3. Occorre che da subito ci sia anche a Gorizia il Garante per i Diritti delle persone recluse, in grado di evidenziare le problematiche individuali e collettive, in accordo armonico con tutto il personale operativo. Si dice che l'assessorato al welfare abbia provveduto alla designazione di una persona, per il momento il suo nome non è stato ufficializzato. Ma non si fa così! Ovunque la procedura prevede un bando al quale possano accedere cittadine e cittadini con determinati e definiti requisiti. La scelta poi, sulla base dei curriculum, deve essere affidata al Consiglio Comunale. Così è stato ovunque e così deve essere anche a Gorizia.

Certo, sono piccoli espedienti in confronto al dolore di chi è coinvolto. Ma da qualche cosa si deve pur cominciare e non è possibile che la concezione della pena sia ancora, dopo oltre trent'anni dalla legge Gozzini, solo sulla carta riabilitativa, praticamente punitiva. E ciò non certo per la volontà degli ottimi operatori e lavoratori che assistono i detenuti, ma per il sovraffollamento, le strutture fatiscenti, le leggi sulle pene alternative applicate con lentezza e scarsa efficacia.

Verso le elezioni comunali di Gorizia: B come Biblioteca. Da "Statale" a "Civica"?

Biblioteca Statale Isontina, BSI. C'è da rabbrividire, pronunciando questo nome glorioso, pensando alla storia straordinaria dell'edificio storico che la ospita, al patrimonio di cultura che è in essa custodito.

Eppure, c'è il rischio concreto che si spenga questo autentico faro della vita culturale goriziana. L'eventuale perdita della Biblioteca Statale Isontina significherebbe un incalcolabile impoverimento della città e di tutti i suoi cittadini. E' un'istituzione da difendere a ogni costo e, piaccia o meno, esiste una concreta via di uscita dall'apparente vicolo cieco che sembra condurre inesorabilmente verso il muro finale.

La strada da percorrere è quella della trasformazione della "Statale" in "Civica". Per questo non può che essere oggetto - e che oggetto!!! - della prossima campagna elettorale. Si può fare, certamente con l'aiuto e il sostegno del Ministero e dell'assessorato regionale alla Cultura, ma soprattutto con l'ingresso in uno dei tanti e ben funzionanti sistemi di gestione convenzionata. Quasi tutti i Comuni regionali sono ormai inseriti in percorsi progettuali di rete, dove con l'esborso di ragionevoli fondi proporzionati al numero di abitanti, si rende possibile la custodia, la conservazione e l'efficace gestione del patrimonio librario presente nelle numerose biblioteche del territorio.

Non basta, l'appuntamento del 2025 presuppone uno sguardo d'insieme da una parte e dall'altra delle Gorica. Se infatti è necessario, per la sopravvivenza gestionale, il convenzionamento con gli altri Comuni vicini e con i sistemi bibliotecari già in rete, è altrettanto indispensabile che le biblioteche - slovene e italiane - di Gorizia e Nova Gorica, si incontrino in un "pensare comune" che consenta a ciascuna di essere collegata alle altre e offrire nel contempo una speciale proposta adeguata a una tipologia particolare di utenti. Se occorre ripensarsi insieme nella diversità di ciascuno, quale spazio migliore delle biblioteche per avviare e favorire contatti letterari, artistici, filosofici e autenticamente spirituali?

Quindi, B come Biblioteca (o meglio ancora Biblioteche). Nei programmi elettorali sia proposto un percorso concreto e finanziariamente sostenibile per "salvare" l'istituzione di Via Mameli, attraverso la convinta acquisizione degli onori e degli oneri da parte dell'ormai prossima Amministrazione Comunale. 

sabato 19 marzo 2022

Verso le elezioni comunali a Gorizia: A come Accoglienza

Accogliere, etimologicamente, è un verbo complesso, derivato dal latino medievale. Ad-cum-legare oppure ad-cum-legere, cioè, ampliando leggermente il significato, "avvicinarsi a un legame da realizzare insieme" oppure "tendere a stringere insieme" realtà diverse in un'armonica unione.

L'accoglienza non è quindi un atto unilaterale, ma è la reciprocità di un dono. Un bambino, quando nasce, non ha solo il diritto di essere accolto, ma anche il dovere di accogliere la realtà nella quale si è inserito. Nella reciproca accettazione, la situazione precedente all'incontro si trasforma radicalmente, l'accolto e l'accogliente si scambiano i ruoli, nella loro reciprocità l'ambiente cambia, costringendo beneficamente ciascuno a ridefinire sé stesso in rapporto agli altri e al mondo intero. Un filosofo del Novecento ha espresso molto bene questo concetto: “nella sua essenziale dimensione, la vita umana coincide con la ricerca e la scoperta dell’altro in sé e di sé nell’altro” (Jan Patocka, Il mondo naturale e la fenomenologia, a cura di A. Pantano, Mimesis, Milano 2003, p. 106).

Ciò vale per ogni persona, gruppo e anche per la vita di un'intera comunità sociale, quale per esempio è senz'altro un Comune come quello di Gorizia, ancora meglio un doppio Comune interagente come è la situazione di Gorizia e Nova Gorica, unite nella loro diversità. Il primo, ineludibile passo verso una città accogliente è sintetizzabile nel detto evangelico "Ama il prossimo tuo come te stesso", là dove il "più vicino", nel caso specifico è anche il duplice centro urbano, la vecchia e la nuova Gorizia in simbiotica relazione.

Una politica dell'accoglienza è alla base dell'urbanistica, della viabilità, dell'imprenditoria, delle attività ricettive e commerciali, delle dinamiche giovanili, dell'attenzione nei confronti degli anziani o dei soggetti più fragili e deboli. Franco Basaglia può essere considerato il "padre" di questa concezione, il welfare di comunità presuppone che ogni cittadino sia protagonista e corresponsabile dell'esistenza dell'intera comunità, oggetto e soggetto di quella "cura" che dovrebbe essere alla base di ogni rapporto tra le varie componenti di un tessuto civile. Come agire perché l'intuizione di Basaglia si trasformi in preciso progetto e programma politico per la crescita complessiva della/delle città?

Certo, molte persone raggiungono Gorizia per lavoro e molte anche - si spera sempre più - per turismo. Si potrebbe immaginare come far sì che ciascuno si senta proprio "a casa sua"? C'è bisogno di una rinnovata - o meglio, purtroppo "del tutto nuova" - attenzione al sempre più importante turismo lento, con la realizzazione di percorsi ciclabili già progettati ma mai attuati nel cuore del tessuto urbano e con l'immaginazione di importanti "cammini" a piedi, alla scoperta dell'eccezionale patrimonio storico e della meravigliosa prerogativa paesaggistica del territorio, da una parte e dall'altra del vecchio confine. Nello stesso tempo, occorre pensare a una città davvero, e non solo a parole, "a misura di bambino", in grado di consentire ai più piccoli di essere liberi nell'occupare piazze e strade secondarie, dove incontrarsi, giocare insieme, passeggiare o correre in bicicletta. E' necessario moltiplicare luoghi dove ri-conoscersi, creare spazi di attività e di introduzione al lavoro, soprattutto per i giovani, i grandi dimenticati dalla politica e dalla cultura dominanti.

Infine, ma è solo la necessaria chiusura di un capitoletto che potrebbe esser enorme, accoglienza significa anche incontro con le mille potenzialità offerte dai nuovi arrivati, da chi è in città per lavoro o per studio (cosa fare per "accogliere reciprocamente" lo straordinario dono che è la presenza degli studenti e dei docenti delle università, in Italia e in Slovenia?), a chi è giunto fuggendo dalle troppe guerre e dalle persecuzioni ideologiche e religiose che avvelenano ancora il nostro povero Pianeta. Come fare perché chi arriva si senta a pieno titolo "Goriziano", offrendo agli autoctoni la bellezza della sua lingua, cultura e visione del mondo? Un segnale importante sarebbe definito dalla convinta scelta di aprire un Servizio di Accoglienza e Integrazione (SAI, ex SPRAR per intendersi), con il Comune come ente titolare e la gestione affidata a enti convenzionati, su bando finanziato dal Ministero. Se lo si fosse fatto prima, oggi sarebbe immediata la possibilità di dare rifugio anche a persone coinvolte in situazioni di emergenza come quella nella quale in questo momento ci si trova. Potrebbe essere una bella idea, quella di proporre un Centro del genere, magari collocato presso l'ex confine, realizzato insieme da Gorizia e Nova Gorica. In vista del 2025, le due città si preparano a essere capitale culturale dell'Europa proponendo luoghi e percorsi di autentica "ac-coglienza" a chi porta il vento benefico di tutte le culture che esistono nel mondo. Sogno? No, come avrebbe detto Basaglia, "utopia della realtà".

venerdì 18 marzo 2022

Elezioni comunali di Gorizia: dopo i nomi, le priorità tematiche...

Sono ormai vicine le elezioni amministrative di  Gorizia e in tutti gli schieramenti si stanno completando gli organici, per il momento sono già sicuri i nomi di alcuni candidati sindaco. Se a destra è certa la ri-proposizione del sindaco uscente Ziberna, sembra probabile quella di Franco Zotti e c'è da credere che qualche proposta alternativa emerga anche dagli ex sostenitori del primo cittadino attuale. Il centro sinistra è guidato dal Partito Democratico che schiera , una persona di grande esperienza e forte radicamento sul territorio, Laura Fasiolo. Se è quasi certo il definitivo "sì" della Slovenska skupnost, si attende l'ok alla costituzione di una coalizione anche dai gruppi civici e dalla sinistra. Difficilmente si potrebbero immaginare dei veti da parte di questi ultimi, preso atto della scelta di una donna, da sempre vicina alle istanze sociali del territorio e in ottimi rapporti con la realtà di Nova Gorica. Inoltre, il timore di un eccessivo spostamento strategico del Pd verso posizioni della cosiddetta destra moderata cittadina, sembra essere attenuato dalla presentazione di Insieme per Gorizia, realtà esplicitamente centrista con una candidatura forte e competente come quella di Pierpaolo Martina.

Per la verità, non si vede l'ora che vengano finalmente definite le figure di riferimento e le liste di sostegno, per poter affrontare in modo sistematico alcuni dei temi che si auspica siano prioritari nel corso della prossima campagna elettorale. Nel contesto di queste "storie viandanti", si proporrà, una specie di alfabeto, richiamando un contenuto corrispondente a ogni lettera, iniziando da A come Accoglienza, procedendo da subito da quella che non dovrebbe essere soltanto una delle tematiche da affrontare, ma la definizione stessa di Nova Gorica/Gorizia, la Città dell'Accoglienza.