mercoledì 30 novembre 2022

30 novembre 2022

 

Oggi un post un po' più personale, al termine di una giornata che mi ha riempito di gratitudine, anche per le tante persone carissime che hanno voluto rendersi presenti, con una parola, con un augurio, con un abbraccio.

Si ricorda sant'Andrea. La statua a lato, per chi non l'avesse riconosciuta, si trova sulla facciata della chiesa dell'Immacolata in via Garibaldi a Gorizia.

Era un bel tipo.

Intanto aveva un bel nome. L'etimologia greca richiama la forza, il coraggio, la creatività costruttiva. Poi, da quello che scrivono i vangeli, in particolare i Sinottici, è stato il primo a seguire Gesù, lasciando barca e reti per andare incontro a un'avventura iniziata nel più semplice dei modi e poi divenuta addirittura la cifra sulla quale si calcola lo scorrere degli anni e dei secoli. E' stato un "apostolo", cioè un inviato ad annunciare il vangelo della libertà, della giustizia e della vita. Ed è stato per questo anche un "martire", cioè un testimone arrivato fino al sacrificio della propria esistenza pur di rimanere fedele ai suoi ideali e alla sua coscienza. Non si sa bene che cosa abbia fatto dopo la dispersione seguita alla prima Pasqua, non si sa bene neppure dove sia avvenuta la morte - in Crimea o in Bitinia - anche se la tradizione ci ha tramandato quella che tutti conosciamo come "croce di Sant'Andrea", se non altro perché l'abbiamo vista nei pressi dei passaggi a livello ferroviari. Ci sono tante e complesse leggende sul suo conto, una ha ispirato uno straordinario ciclo di affreschi, nell'abside della chiesetta di Sant'Andrea a Gris, la "Cappella Sistina" del Friuli. Merita un pomeriggio di visita!

Ma oltre a ciò, personalmente ricordo anche il 63mo passaggio della terra, nello stesso punto in cui era rispetto al Sole nell'istante in cui sono venuto al mondo. Sì, tutto è relativo, è ovvio che nel frattempo il Sistema solare si è spostato di miliardi di chilometri nel suo ruotare intorno al centro della Galassia. Robe da far girare la testa, se pensiamo che anche la Galassia ruota a velocità vertiginosa intorno a qualcosa d'altro che a sua volta ruota... ecc. ecc. Tutto ciò per dire che sono felice di questi 63 anni di vita, nei quali ho vissuto e vivo tutto ciò che di più bello può vivere un essere umano. Mi rattrista solo il pensiero di tanta gente che soffre, i poveri che sono annichiliti dalle guerre e dalla fame, le persone che sono costrette a lasciare la loro terra per cercare un avvenire migliore e rischiano ogni giorno di morire, coloro che sono ammalati e vivono il dramma di un sistema sanitario sempre più strutturalmente in difficoltà nonostante la grande buona volontà degli operatori, gli anziani che hanno sempre meno prospettive di una dignitosa vecchiaia, il lavoratori e le famiglie che non riescono ad avere la giusta mercede, cioè semplicemente il necessario per poter vivere, non sopravvivere. Se penso a loro, mi sento un privilegiato e sento la responsabilità di non aver fatto abbastanza per lottare per la giustizia e per la vera pace, per cambiare un sistema iniquo, per costruire una Cultura accogliente, per tracciare una linea di collegamento tra i nostri simili vissuti nei meandri della Storia e ognuno di noi. Ogni volta che entro nella Basilica di Aquileia o mi aggiro per le rovine del porto o della case romane, mi sembra di sentire le voci delle donne e degli uomini di quel tempo, le grida gioiose o terrorizzate dei bambini, il loro giochi o le loro paure. E sento che loro, da lontano, ci affidano un testimone. Ci dicono che se sappiamo mettere la tessera della nostra vita al posto giusto, si edificherà un magnifico mosaico. Ma se ciascuno vorrà tenere la propria tesserina solo per sé, tutto sarà disperso e svanirà nel maestoso fluire della Storia.

Eccomi dunque, un'umile tesserina della Storia. Non mi resta che sperare che almeno un frammento di essa possa comporre il più meraviglioso dei mosaici, quello che definisce perfino il vero nome di Dio, il mistero affascinante, personale e universale, spirituale e carnale, fragile e potente, dell'Amore.

lunedì 28 novembre 2022

Venerdì 9 dicembre, ore 18 al Kulturni dom: don Alberto si racconta...

Per ricordare i 90 anni appena compiuti e per ripercorrere la storia della Gorizia dal dopoguerra ai nostri giorni attraverso gli occhi e il cuore di don De Nadai, il Kulturni dom di Via Brass propone un momento di incontro e riflessione che si terrà Venerdì 9 dicembre, alle ore 18, sotto la forma di un’intervista a don Alberto, introdotta dal direttore Igor Komel e condotta dal curatore di questo blog.

Sul prossimo numero di Voce Isontina ci sarà una pagina dedicata al suo percorso di vita e di servizio, nella città di Gorizia e altrove. Ecco alcune anticipazioni:

Don Alberto De Nadai è nato a Salgareda (TV), il 27 novembre 1932. Trapiantato ben presto dalle rive del Piave a quelle dell’Isonzo, è diventato prete nell’Arcidiocesi di Gorizia alla fine degli anni ’50, ordinato dall’Arcivescovo veneto Giacinto Ambrosi. Il suo ministero è nettamente diviso in due parti. La prima lo ha visto vicino al vescovo, come segretario e collaboratore, poi vice rettore del Seminario diocesano, allora situato in Via Alviano, nel grande edificio dove oggi c’è la sezione di Gorizia dell’Università di Trieste. La seconda parte inizia con l’invio del giovane sacerdote nel nuovo quartiere di Sant’Anna, con l’incarico di costruire relazioni tra le persone più che efficaci strutture pastorali (...)

Scoprendo con stupore quante persone vivevano tra gli anfratti del monumento demolito al centro del Parco della Rimembranza, fa, per quanto possibile, della sua casa un centro di accoglienza e di conforto. Comprende quanto sia necessario un “luogo” ospitale per tutti coloro che sono senza dimora e fonda la Comunità Arcobaleno, per dare riparo e prospettiva di vita. Avvia poi la Cooperativa Arcobaleno, per favorire l’inserimento lavorativo di quelli che don Milani definiva “gli ultimi”. E’ poi la volta della Tempesta, originale comunità terapeutica per l’uscita dalle dipendenze, autonoma e autogestita. Da instancabile fondatore propone l’apertura dell’Oasi del Preval, per una particolare attenzione ai problemi legati alla salute mentale. Non rigetta mai la scelta di essere nel sacerdozio, la cui dignità difende in ogni modo, anche quando la chiesa diocesana sembra emarginarlo in una sorta di nebbiosa dimenticanza. Esercita il suo ministero sulla strada, incrociando con una parola e con un sorriso ogni cittadina e cittadino, partecipando delle gioie e dei dolori che ogni umana esistenza porta con sé. Questo “servizio sulla via” lo ha portato a essere forse il “goriziano” più conosciuto e apprezzato della città, nonostante una naturale ritrosia alle lodi e alle celebrazioni che lo ha sempre contraddistinto (...)

sabato 26 novembre 2022

Nuovo Cinema... Stella Matutina

Quanti ricordi suscita in me il vecchio Cinema Stella Matutina. Lì ho visto transitare e ho ascoltato personaggi straordinari, come ad esempio Raoul Follereau, l'apostolo dei lebbrosi transitato per Gorizia intorno al 1970 per favorire l'avvio del progetto missionario della Chiesa diocesana. 

E' stato la mia prima sala cinematografica, dove venivano proiettati solo quei film che i genitori del tempo potevano tollerare. Erano due le sale "cattoliche", questa e il "San Giorgio" di Lucinico. Presentavano pellicole assai morigerate e sulle bacheche esterne venivano affissi i cartelli del CCC (Centro Cattolico Cinematografico) con i giudizi che davano il via libera ai non molti "adatti per tutti" e che suscitavano un inconfessabile interesse nei confronti dei tanti che venivano definiti "inaccettabile, scabroso" o "problematico, escluso". C'era un altro cinema a Gorizia che si interessava dei più piccoli, sia pur per un giorno soltanto. Sorprendentemente era il Cinema Vittoria, nell'omonima piazza, che a Natale proponeva colorati cartoni animati, mentre in tutto il resto dell'anno, senza eccezioni, era totalmente off limits per i minori di 18 anni.

La sala si prestava anche a rappresentazioni teatrali e a conferenza di ogni sorta. Con il gruppo dei "Ragazzi Nuovi", legato ai gesuiti del vicino "Centro", si organizzavano grandi tavole rotonde, invitando coetanei delle scuole medie a discutere di politica, di cultura, di scuola e di religione. Altri tempi, certo, ma è ancora tanto vivo il ricordo di quel cinema strapieno di ragazzi, dell'emozione dei primi interventi in pubblico, con l'aiuto di un rudimentale microfono, dell'ascolto attento e degli interventi di sostegno e di critica. E sul fondo, con un sorriso compiaciuto, c'erano i "padri", Serafino Brignoli e Federico Masiero, più di tutti gli altri, che peraltro erano fratelli laici e ci avevano accompagnato nella nostra crescita, giorno dopo giorno, con pazienza e straordinaria creatività.

Erano momenti coinvolgenti e indimenticabili, come quando, ragazzini imberbi, si andava a intervistare le guardie sul confine o le donne che vendevano i funghi della foresta di Tarnova al mercato. E proprio nella struttura del cinema si presentavano i risultati delle inchieste, pubblicati sul "nostro" periodico "Beata Gioventù", dimostrando, cinquanta anni prima, perché Gorizia e Nova Gorica avrebbero dovuto essere già in quel tempo "capitale europea della cultura". No, certo non usavamo questa espressione, ma ci rendevamo conto e davamo atto della bellezza dell'incontro tra diverse culture, della necessità di conoscere le reciproche lingue, della gioia di costruire nuove amicizie, da una parte e dall'altra di un inutile confine.

Quanto tempo è passato... La Stella Matutina, un tempo brulicante di bambini e ragazzi vocianti, oggi è salvata dalla rovina dagli uffici e dalle aule dello IAL. L'ampio giardino, dove si giocava a pallacanestro, a bocce o si correva in bicicletta, ormai è soltanto un ricordo sbiadito. C'era anche un campo di calcio e fratel Serafino c ci faceva vedere le rondini che volavano alte, venivano dalla chiesa del Sacro Cuore, attraversavano tutta l'area e sparivano dietro alle torrette della scuola Leopardi, che mi ha ospitato negli anni della mia quarta e quinta elementare. E diceva che "la vita è come il volo di una rondine, trascorre in un istante...". Beh, quella volta non lo capivamo, ma adesso, chi potrebbe dargli torto?

Ecco quello che mi passa per la testa ogni volta che passo davanti a ciò che resta del Cinema Stella Matutina, all'impalcatura di legno ormai aggredita dalle piante rampicanti che racconta un degrado progressivo, la cui ultima parola sarà probabilmente la rovina definitiva decretata dagli impossibili costi di ristrutturazione e di manutenzione.

Andrà a finire così? E' molto probabile, ma questa amara constatazione non fa che acuire la stretta al cuore, quelle travi sembrano sostenere non soltanto un muro che rischia di crollare, ma anche i dolci ricordi di chi ha vissuto quei tempi e che li sente, giorno dopo giorno, svanire.

venerdì 25 novembre 2022

Persone, non residui...

Stazione di Gorizia, una qualsiasi delle sere di queste ultime settimane. Sono molte le persone - anche tante donne tra loro - che sono riuscite a superare i numerosi ostacoli sulla via dei Balcani e che, attraversato il confine italiano, desiderano prendere un treno per andare verso le principali località del Nord Italia o raggiungere i luoghi dove sono dislocate le commissioni deputate a decidere del loro destino. Si aggirano smarrite aspettando treni che non arrivano e cercano di sfuggire al controllo di forze dell’ordine presenti come da molto tempo non si ricordava nella zona. Dove sono le decine, qualche volta centinaia di persone che hanno attraversato il confine durante la giornata? Quelle nella stazione vengono gentilmente espulse all’orario di chiusura (ma perché non lasciare aperta la stazione di notte, garantendo almeno un tetto a queste persone?) e si riversano da qualche parte in città. Vanno nei Giardini e nei Parchi, alcuni sono perfino tornati nell’assolutamente invivibile Galleria Bombi. Gli alloggi della Caritas sono strapieni e non ci sono molte altre soluzioni. Ci sono alcuni volontari che li aiutano, portando coperte e cibo, consentendo alla città di non fare una figura planetaria di chiusura e di meschinità. Come al solito, invece di essere lodati, vengono addirittura derisi e criticati. Il Sindaco, che in campagna elettorale si è vantato di aver portato la città “dalla vergogna di galleria Bombi alla capitale europea della Cultura”, sembra smarrito davanti al riproporsi delle scene di sei anni fa e dichiara con enfasi una lotta impossibile a un esercito di poveri in fuga dalla fame e dalla guerra. Ma che capitale della Cultura può essere quella nella quale gli esseri umani non ricevono cure dalle istituzioni e nella quale il primo cittadino si vanta di aver lasciato nella sofferenza, tagliando perfino l’acqua delle fontanelle per bere e per lavarsi, decine di profughi e richiedenti asilo? Che cosa è la Cultura, se non anche conoscenza, valorizzazione e amore per tutto ciò che è umano?

Sono molte le persone che soffrono, oggi, in Italia e nel Mondo, perché sono costrette a lasciare la propria terra per cercare nella ricca Europa rifugio dalla fame, dalla guerra e dalle persecuzioni.

Tanti arrivano cercando di attraversare il mare Mediterraneo e spesso in esso perdono la vita. Papa Francesco ha definito il “Mare nostrum” il più grande cimitero esistente oggi al mondo. Quelli che riescono a sopravvivere, sono spesso raccolti dalle navi allestite dall’Organizzazioni Non Governative, che si sono prefisse lo scopo di strappare al mare più vite possibili, di donne, bambini e uomini. Si è assistito negli ultimi mesi a Nazioni opulente che hanno respinto navi cariche di persone soccorse, scaricando da un porto all’altro la responsabilità dell’accoglienza. Un ministro in Italia ha definito “carico residuale” il gruppo di esseri umani rimasti su una di queste navi e il Governo francese ha fatto di tutto per respingere i nuovi arrivati.

I migranti arrivano anche via terra, seguendo la cosiddetta “rotta balcanica”. Anche in questo caso rischiano ogni giorno la vita per attraversare boschi impervi, oltrepassare fiumi in piena e sfuggire alle percosse e alle torture delle guardie preposte alle diverse frontiere. Alcuni arrivano stremati anche dalle nostre parti, attraversano il territorio sloveno e sperano di raggiungere l’Italia e altri Paesi europei. Quando arrivano, vengono guardati con diffidenza e sospetto, si cercano tutte le leggi possibili per farli tornare quanto prima possibile nella loro terra, dalla quale sono fuggiti per poter sopravvivere e procurare il necessario sostentamento alle loro famiglie.

C’è anche chi li aiuta, come per esempio l’associazione di Trieste che ha trasformato la piazza davanti alla stazione in un ospedale a cielo aperto, grazie a straordinari volontari che curano le ferite, ascoltano, forniscono mezzi di sussistenza e informano sui diritti e sui doveri. Anche la Caritas e numerose associazioni, cristiane e laiche, si impegnano nell’alleviare il dolore e la fatica dei richiedenti asilo. Ma spesso le istituzioni guardano con molta antipatia queste organizzazioni che mettono al centro della loro attenzione la persona, arrivando a denunciare alcune di esse in quanto “colpevoli di solidarietà”. Ciò accade anche a Gorizia, dove alcuni immaginano che il 2025 sia un’occasione per mostrare al mondo una città ripulita dai poveri e non invece, insieme a Nova Gorica, una capitale della Cultura capace di mettere in primo piano la bellezza dell’accoglienza e della solidarietà.

Coloro che seguono il vangelo di Gesù, che nel Vangelo di Matteo afferma che saranno salvati coloro che hanno dato da mangiare a chi ha fame e hanno ospitato i forestieri, non dovrebbero avere dubbi sulla parte dalla quale stare. Al di là delle necessarie normative affidate all’intelligenza politica dei Parlamenti nazionali ed europeo, non si può mai dimenticare che ogni essere umano è “unico e irripetibile” e come tale deve essere accolto, valorizzato e amato, proprio come una sorella o un fratello, in quanto membro della grande famiglia umana.

martedì 22 novembre 2022

Silvester Komel al Kulturni dom, una splendida mostra

 

Gran bella mostra quella inaugurata lunedì sera presso il Kulturni dom di Gorizia, all'inizio delle celebrazioni che ricordano il 41° anniversario dell'istituzione.

Silvester Komel (1931 - 1983) è stato un pittore che ha attraversato l'esperienza storica e artistica del territorio Goriziano. Dal punto di vista umano, è stato tra i pionieri del dialogo tra sloveni e italiani da una parte e dall'altra del confine. Ha partecipato a organizzazioni che promuovevano la relazione e il dialogo, decidendo anche di avere due studi, uno nella vecchia, l'altro nella nuova Gorizia. Insomma, pur essendo artista noto a livello internazionale, ha voluto dedicare buona parte del suo tempo e delle sue energie alla zona che lo ha visto nascere e crescere, sempre nell'ottica della costruzione dei ponti e mai dei muri.

Dal punto di vista artistico, la mostra al Kulturni consente di seguire un percorso cronologico, che è anche un cammino metaforico dall'esterno all'interno. Le prime composizioni raccontano con delicata compartecipazione l'umana avventura delle persone, soprattutto delle più semplici. La cifra ermeneutica è quella di Bacco/Dioniso, elemento centrale di una magnifica composizione che da sola occupa metà della sala espositiva. Bacco è il dio della gioia, del vino, dell'amore, dell'estasi, ma anche del mistero, della tragedia e del dolore. Nel cuore di ogni essere umano alberga la contraddizione tra le tensioni trascendenti e il fascino dell'immanente, in una con-fusione di sentimenti ed emozioni che nell'opera artistica disegnano volti, paesaggi e scenografie che inneggiano alla maestà della Vita.

Le composizioni più recenti testimoniano una progressiva interiorizzazione, i paesaggi esistono ma tendono a svanire dietro la teoria dei colori e dei segni, si fa strada la percezione della profondità dell'anima e della coscienza. La permanente lotta tra la luce e le tenebre, tra il bene e il male, tra la gioia e la sofferenza, si confronta con la necessità di sfuggire alla solitudine. Pur nella realistica consapevolezza della responsabilità individuale, la speranza squarcia come raggio potente le tenebre attraverso la dinamica dell'incontro con l'alterità, sia essa simboleggiata dallo stupore delle nuvole nel loro avvicinarsi indifferenti al destino dei campi sottostanti, sia essa determinata dall'esplosione luminosa che tutto frammenta e ricompone sotto l'orizzonte gratificante e consolante dell'attesa. Dall'incontro germina la sinergia e i quadri della piena maturità artistica meditano sulla coesistenza e sulla convivenza tra le diversità. La co-esistenza riconosce semplicemente il diritto di esserci e di esistere, il rispetto della fondamentale soggettività. La con-vivenza implica l'incrocio, la mescolanza, la generazione del nuovo che può essere determinata non dal semplice riconoscimento dell'altro, ma dalla congiunzione, dalla compenetrazione degli opposti. La dinamica dell'arte si riversa nell'esperienza estetica e carnale di un Amore che è sempre per definizione trascendente, ma proprio nella sua dimensione drammaticamente immanente. 

Ed eccoci tornati al misterioso Dioniso, da dove eravamo partiti. Grazie, hvala, Silvester Komel!

venerdì 18 novembre 2022

Mondiali in Qatar. E se si cambiasse canale?

 

Si parla molto dei campionati mondiali di calcio in Qatar. Se ne parla in termini sportivi, lamentando l'autogol della squadra italiana estromessa per non aver superato le fasi eliminatorie oppure presentando le varie rappresentative presenti, accompagnandole con pronostici, prospettive e risultati.

Se ne parla molto anche in termini politici, sottolineando la privazione dei diritti umani, la trasgressione delle regole sul lavoro, la negazione della libertà di stampa e di opinione che caratterizzano il ricco (per pochi eletti) emirato della penisola arabica.

Perché mai la Federazione Mondiale del Calcio abbia accettato e poi approvato la candidatura di un Paese del genere non è dato di saperlo nei particolari. Certo, lo Stato ha superato tutte le varie selezioni ed è stato "nominato" già nel lontano 2010.

Quindi, da sabato 19 novembre, "venghino signore e signori, lo spettacolo abbia inizio". Di sicuro la parte calciofila degli italiani seguirà senza troppa passione lo varie partite, data l'assenza dei loro beniamini, anche se la trasmissione in diretta di ben 64 competizioni e la presenza di centinaia di giornalisti sul terreno non mancherà di mantenere una costante attenzione sugli avvenimenti che si succederanno.

Ci sarà anche un'analisi della situazione sociale del Qatar? Probabilmente sì, anche se si sono già verificate gravi minacce agli operatori della comunicazione. Faranno quindi il possibile per tenere il mondo informato ma, come è accaduto altre volte, la frenesia del gioco ben presto prevarrà sulle considerazioni umane.

C'è tuttavia un modo totalmente legale e a costo zero per manifestare la propria contrarietà. Funzionerebbe molto bene anche come segnale più generale a un mondo del calcio imbevuto di interessi macroeconomici, di stipendi astronomici, di sprechi e ingiustizie irricevibili. Basterebbe boicottare le trasmissioni calcistiche. Milioni di persone che improvvisamente cambiano canale delle tv o della radio nell'istante in cui iniziano le telecronache sarebbero in grado di mettere in ginocchio il gigante, le cui fondamenta d'argilla sono ben affondate nella potenza dell'audience. Fai crollare l'audience e influenzi un aspetto importante del sistema del "panem et circenses", che il popolo tanto "optat", come disse Giovenale.

Ecco allora un modo per contestare la violazione dei diritti umani in Qatar, come pure per esprimere in modo efficace una protesta contro qualsiasi tipo di spettacolo ritenuto non corrispondente ai propri criteri etici e politici: semplicemente non guardare alla televisione e non ascoltare alla radio nulla che abbia in qualche modo a che fare con i mondiali di calcio in Qatar (o con qualsiasi altro evento con la realizzazione del quale non ci si trovi d'accordo). 

Che forza potrebbe avere l'unione di milioni di singoli decisori, in questo e in tanti altri campi!

martedì 15 novembre 2022

Uomo nuovo e vecchio Uomo, una curiosità

Questa cosa non la sapevo, mi piace riportarla anche se immagino che per la maggior parte dei miei 2,5 lettori sia una banalità. 

Un certo Joachim Neumann, vissuto in Germania tra il 1650 e il 1680, nella sua breve vita è stato teologo, insegnante e pastore protestante. E' noto come compositore di importanti inni cristiani, alcuni dei quali utilizzati anche da Johann Sebastian Bach.

E allora?

Allora ci sono due punti interessanti. Il primo è che questo personaggio amava passeggiare e si recava spesso in una bella valle scavata da un fiume, nei pressi della sua città. L'altro è che, come molti altri in quel tempo, si era cambiato il cognome, traducendolo in lingua greca.

E allora?

Allora "Neumann" significa "Uomo nuovo", nella versione greca "νεος ανηρ", traslitterato in tedesco "Neander". Neumann - Neander camminava volentieri in una "valle", in tedesco "tal". 

Insomma, in onore di questo compositore, nella prima parte dell'Ottocento quella valle fu chiamata Neanderthal, la "valle dell'uomo nuovo". Poco dopo l'intitolazione proprio in quella zona, a partire dal 1856, sono state scoperte le prime testimonianze dell'esistenza del più celebre degli "uomini vecchi", appunto l'uomo di Neanderthal.

Mi sembra curioso tutto ciò!

lunedì 14 novembre 2022

Qualche interrogativo "staro" Goriziano

 

Senza intenzione polemica, ma soltanto per conoscere e far conoscere a che punto si è, vorrei porre quattro domande.

1. Lasciando stare gli annunci sulla "prossima" inaugurazione degli ascensori al castello, ripetuti ritualmente ormai da oltre dieci anni, la domanda, sicuramente verificabile è: quanto esattamente sono costati finora alla collettività gli interminabili lavori, con tutte le sorprese e gli "imprevisti" che hanno caratterizzato il percorso?

2. Rimanendo nell'ambito del castello, ormai chiuso da diverso tempo, la domanda, rivolta da qualsiasi turista deluso a qualsiasi autoctono che si trovi a passare da quelle parti, è: quando esattamente riaprirà quello che alcuni definiscono uno dei "simboli della città"?

3. Senza allontanarsi molto, ecco un altro spazio pubblico sottratto ai cittadini, evidentemente per motivi di sicurezza. E' il suggestivo camminamento sul lato est di Borgo Castello, un tempo meta di piacevoli passeggiate con vista sulla Vipavska dolina. E' interdetto al passaggio da quasi tre anni. Domanda: sarà bonificato, messo in sicurezza e riaperto al pubblico? Fino a quando sarà bloccato dalle transenne?

4. Infine, un'ultima domanda va alla Valletta del Corno, presentata un po' pomposamente come una specie di Central Park in salsa Goriziana. Al netto delle inevitabili interruzioni provocate dalla pandemia e dei soliti fisiologici imprevisti, qualcosa si dovrebbe cominciare a vedere, dopo il superamento del limite per la consegna dei lavori. La domanda è: quando sarà aperto il Parco del Corno, giusto tributo al povero fiume, in Slovenija chiamato Koren, che ha pagato a caro prezzo gli avvenimenti politici, culturali e urbanistici dell'intero Novecento?

Ah sì, già che ci si è, a che punto si è con la ristrutturazione dell'ex Cinema Stella Matutina, la cui impalcatura tra breve rischia di essere vincolata come forma di archeologia industrale?

domenica 13 novembre 2022

La chiesa di Sveti Janez Krstnik (Giovanni Battista) a Suha

 

Nella scorsa primavera, grazie all'iniziativa dell'associazione musicale Dramsam, è stato possibile conoscere alcune chiese affrescate, nella zona di confine tra Italia e Slovenija. Si era molto parlato, in quel frangente, del particolare "presbiterio carniolino" che caratterizza alcuni piccoli capolavori, come per esempio Sveti Ahac a Prilesje o Sveti Andrej a Vrhovlje pri Kozbani. Veniva spiegato che questa forma speciale di presbiterio ad archi era influenzata dalla chiesa di Sveti Janez Krstnik (San Giovanni Battista) nl villaggio di Suha, nella periferia dell'antica città di  Škofija Loka. 

Ed ecco qua l'originale. 

In mezzo ai campi, una cinquantina di metri dalle case, ombreggiata dall'immancabile "lipa" (tiglio), c'è la chiesa. Solitaria, mostra al viandante sulla parete sinistra il grande san Cristoforo che accompagna il Bimbo oltre un fiume abitato da grandi pesci non troppo minacciosi. Sulla parete opposta, presso la sacrestia, si notano lacerti di affreschi più antichi, sopravvissuti ai vari rimaneggiamenti, ma poco riconoscibili. Il semplice atrio, funzionale alle esigenze liturgiche, presenta in una pittura moderna la storia del martirio di Giovanni Battista. All'interno, l'attenzione cade subito sui ricchi e colorati tre altari lignei barocchi, quello principale e i due collocati uno sula sinistra l'altro sulla destra. 

Il gioiello della chiesa è comunque il presbiterio gotico, completamente affrescato e recentemente restaurato. nelle pitture, della metà del XVI secolo, si riconoscono i dodici apostoli, storie evangeliche (tra le quali la parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte), angeli inneggianti alla gloria di Dio e, nel contro arco trionfale, il Cristo giudice, con alla sua destra i salvati e alla sinistra i reprobi. Interessante è notare la somiglianza dell'impianto iconografico con quello delle chiesette friulane e slovene della Primorska, segno di evidenti e costanti contatti culturali e artistici. in una zona centrale d'Europa le influenze sono reciproche e la più nota impresa artistica italiana si coniuga con le suggestioni del Nord e dell'Est.

In conclusione, un altro itinerario da non perdere. una domenica a Škofija Loka e a Kranj, con una sosta a Suha e a Crnigrob, potrebbe davvero essere alquanto remunerativa, permettendo di conoscere aspetti importanti della storia slovena, del passato ma anche del presente. Buon viaggio!

venerdì 11 novembre 2022

Nova Gorica: chi sarà Sindaco?

Mentre tra due giorni si appresta a conoscere il nome della sua o del suo Presidente, la Slovenija si prepara anche all'elezione dei sindaci di tutti i suoi Comuni. A differenza che in Italia, dove le elezioni comunali si svolgono in tempi diversi, nella vicina Repubblica si celebrano ovunque ogni quattro anni e negli stessi giorni, nel 2022 domenica 20 novembre e domenica 4 dicembre.

Chi sarà sindaco a Nova Gorica, nel prossimo importante "mandato" che durerà fino al 2026 e che includerà quindi la "capitale europea della Cultura"?

Per il momento solo la sfera di cristallo potrebbe rivelarlo, tuttavia è possibile conoscere il nome e il gruppo di appartenenza dei candidati, schierati più o meno in modo da rappresentare l'intero arco parlamentare attuale. E' da tenere presente che l'eletto dovrà costruirsi una solida maggioranza e quindi una giunta, a partire dai rapporti di forza emersi dal primo turno, a volte creando quindi, in piccolo, delle coalizioni abbastanza eterogenee pur di avere i "numeri" per amministrare.

A prima vista, tenuto conto anche dell'ottimo risultato ottenuto a Nova Gorica, in occasione del primo turno delle presidenziali, dalle formazioni filogovernative, ha una parte dei favori del pronostico il candidato di SvoboDa, Samo Turel, appartenente al gruppo politico che fa capo al premier Golob e, tra gli altri, al ministro "goričan" Matej Arčon, già sindaco fino al 2018. La "pattuglia" dei sostenitori dell'attuale governo si arricchisce con Tomaž Horvat, rappresentante dei "Socialni demokrati" (una sorta di Partito Democratico) della ministra degli esteri Tanja Fajon e con Andrej Pelicon, vivace e coinvolgente candidato della Levica (Sinistra) che a livello nazionale ha come riferimento Luka Mesec e nel "Goriziano" Marko Rusjan, valido collaboratore della Ministra della Cultura Asta Vrečko. All'area del centro sinistra appartiene comunque anche un altro grande favorito della competizione elettorale, il sindaco uscente Klemen Miklavič, espressione nella precedente elezione di Goriška.si e di altre istanze civiche dell'elettorato. Naturalmente spera di ripetere e migliorare l'inatteso éxploit della tornata di quattro anni fa, ma certamente non sarà un'impresa facile. C'è da immaginare che queste quattro forze si presentino unite nel probabile caso di ballottaggio.

Solo due sono i candidati sindaco del centro destra e destra. L'unica donna è Damjana Pavlica, del partito Slovenska demokratska stranka (l'SDS dell'ex premier Janez Janša), mentre l'area cattolica che a livello nazionale fa capo a Matej Tonin, schiera Anton Harej, di Nova Slovenija - Krščanski demokrati (una sorta di Partito Popolare cristiano). Anche questi raggruppamenti, con ogni probabilità, farebbero fronte comune nell'eventuale ballottaggio del 4 dicembre.

Ecco, queste sono le forze in campo, non ci resta che l'augurio - alla parte nuova della città di Gorica - che vinca il migliore!


 

giovedì 10 novembre 2022

Da Velehrad ad Aquileia, il "cammino" dei santi Cirillo e Metodio

 

Velehrad, Repubblica Ceca. E' il principale punto di riferimento della vicenda dei santi Cirillo e Metodio, evangelizzatori dell'Oriente Europeo. E' infatti questa cittadina il fulcro dell'azione missionaria dei due fratelli.

Nati nei pressi di Tessalonica, in Grecia, dopo una gioventù intensa di attività laiche e religiose, diventano monaci e vengono inviati dal patriarca di Costantinopoli nel centro Europa, in particolare nella Pannonia e nella Moravia, per portare l'annuncio del Vangelo di Gesù. Sono degli instancabili viaggiatori, ma anche coraggiosi testimoni. L'annuncio del Vangelo infatti, in quel periodo (e non solo in quello!), non è riconosciuto immediatamente come un fattore positivo del quale andare orgogliosi. E' concepito piuttosto come una specie di propaganda ideologica, finalizzata ad attirare i nuovi cristiani in un'area politica piuttosto che in un'altra. Insomma, più una questione di controllo internazionale che di sincera condivisione dei principi contenuti nel testo sacro. Nel caso in questione, il vescovo di Salisburgo e in parte anche il patriarca di Aquileia sentivano come dei "concorrenti" questi monaci inviati a nord del Danubio, per di più non dal papa di Roma ma dal patriarca di Costantinopoli. Mancano ancora quasi duecento anni allo scisma del 1054, ma le relazioni tra Oriente e Occidente non sono certo le migliori possibili. Per ostacolare l'opera dei due, ci si concentra nel combattere il loro originalissimo metodo, consistente nel costruire un vero e proprio alfabeto, con segni corrispondenti ai suoni della lingua locale, chiamato glagolitico. La loro convinzione era che per radicare la parola di Dio fosse necessario offrire alle popolazioni locali uno strumento formidabile e caratteristico, con il quale scrivere gli elementi fondamentali della fede. Il contrasto, una vera e propria persecuzione, induce i due fratelli a cercare un ulteriore appoggio dal "loro" patriarca di Costantinopoli. Scesi a Venezia per imbarcarsi verso Bisanzio, vengono raggiunti dall'invito del papa di Roma a raggiungerlo. Nell'Urbe ricevono, contro ogni previsione, un'accoglienza trionfale, perché portano in dono al pontefice le reliquie di San Clemente, il terzo vescovo di Roma morto martire nella lontana Crimea. Purtroppo Costantino Cirillo si ammala e muore. Riceve un funerale degno di un papa e viene sepolto proprio nella (stupenda) chiesa di San Clemente, nei pressi del Colosseo. Metodio, insignito dell'ordine episcopale, torna in Pannonia e Moravia, continuando la propria missione fino all'anno della morte, avvenuta nei pressi di Velehrad, intorno all'anno 885. In loro onore, qualche secolo dopo, la "nuova" scrittura adottata da molti popoli dell'est europeo, sarà chiamata "cirillico", una specie di congiunzione tra i segni del glagolitico e quelli del greco.

Insomma, è una storia interessante che recentemente, per opera di una specifica associazione di Zlin, il governatorato che comprende Velehrad, è divenuta la proposta di uno straordinario "Cammino", che ha già ottenuto la certificazione dall'Unione Europea, come il Camino di Santiago e la via Francigena. Tale percorso, che potrà essere svolto a piedi o in bicicletta, collega già in parte e presto collegherà i punti toccati dai santi fratelli tessalonicesi, sulle direttrici Costantinopoli - Velehrad - Baltico e Velehrad - Aquileia - Venezia - Roma. Sì, anche Aquileia, dal momento che proprio in questi giorni, alla presenza di una rappresentanza del Parlamento europeo, è stato firmato un importante accordo di collaborazione tra le realtà che interagiscono nel territorio aquileiese (Fondazione Aquileia, Comune, Società per la Conservazione della Basilica, con la collaborazione dell'Associazione Iter Aquileiense) e la realtà che segue il Cammino di Cirillo e Metodio in Repubblica Ceca, sotto l'egida del Governatorato di Zlin, dei Comuni attorno a Velehrad.

E' una nuova, bella occasione, per promuovere pellegrinaggi e iniziative turistiche, anche a piedi o in bicicletta, nel cuore dell'Europa, ovviamente attraversando e fermandosi anche a Nova Gorica con Gorizia, capitale europea della cultura 2025.

martedì 1 novembre 2022

Buona festa di noi, felici testimoni della Vita!

Buona festa di Ognissanti a tutte e tutti.

Oggi mi è arrivato un bell'augurio: "buona festa di noi, felici testimoni della vita".

Ho pensato a una famosa iscrizione, incastonata nel mosaico della pesca della Basilica di Aquileia.

In effetti l'augurio rivolto a Teodoro, vescovo dell'epoca (siamo nei primi venti anni del sec. IV), è molto simile. "Felice, o Teodoro!"

Felice perché?

Perché "con l'aiuto di Dio onnipotente e del gregge a te affidato dal cielo, hai realizzato gioiosamente tutto e hai gloriosamente consacrato".

Il motivo della felicità è la consapevolezza della compagnia di Dio, ma anche della comunità. "Tutte le cose" sono senz'altro le strutture magnifiche, i mosaici e le pitture delle primitive aule della futura basilica. Ma è anche tutto il resto, cioè la vita nel suo insieme, che è "beata", "felice", quando consapevole del dono meraviglioso che è in sé. 

La comunità è definita gregge con il termine greco poemnio che ha la stessa radice del poimen, il "pastore". Non appartiene a Teodoro, ma è a lui affidata. Anche Teodoro fa parte del "poemnio", cioè di coloro che attraverso il battesimo assumono la stessa natura - umana e divina - del pastore, che è appunto e solo Dio.

La comunità dei discepoli di Gesù è per questo un gruppo di persone "felici", chiamate ad affrontare la tempesta del Mondo, lasciandosi inghiottire e poi rigettare dal mostro marino, sfidando cioè la morte nella certezza della definitiva vittoria della Vita. Il poemnio di Dio non è composto solo dai battezzati, ma da tutti coloro che in Adamo sono stati chiamati all'esistenza, cioè da tutti i viventi. In un'antica iscrizione romana, il Maestro è definito "ichtys zonton", il pesce dei viventi, giocando sul famoso acronimo che definiva "Gesù Cristo figlio di Dio salvatore". Sì, di tutti i viventi.

Santo dunque, nel senso più consueto del termine, non è e non può essere nessuno, la Chiesa non ha alcun potere di stabilire chi possa essere tale e chi no. Nel senso più antico e avvincente, "santo", cioè "sancito", appartenente, consacrato è ogni essere umano, anzi ogni creatura transitata sulla faccia della Terra. Il battezzato è solo uno che lo dovrebbe sapere e che dovrebbe raccontare a tutto il mondo il disegno di amore che misteriosamente - sì, misteriosamente, sfuggendo a qualsiasi possibilità di controllo razionale o di impossibile spiegazione del bene e del male che autonomamente sembrano essere in continua lotta nel cuore del mondo - soggiace in tutte le cose. Anzi, dovrebbe impegnare la sua vita, individuale e sociale, affinché esso si realizzi per ognuno, quaggiù su questa terra, senza pensare a un al di là che se esiste, è senz'altro inconoscibile. L'unico modo per rendere visibile la "felicità" del "santo" è lottare contro la miseria, l'ingiustizia, il razzismo, la violenza che infangano e rendono invisibile questo progetto di trascendenti bontà bellezza e verità.

Che invece dovrebbe essere per tutti, nessuno, ma proprio nessuno, escluso.