martedì 30 novembre 2021

Andrea, forte apostolo e martire dell'Amore

Sì, Pietro tiene ancora in mano i pesci appena pescati nel Lago di Tiberiade, ma è Andrea che lo presenta al Maestro. La luce scaturisce dal dolce, femminile sguardo di Gesù, si proietta prima di tutto sulle sue mani delicate, poi sul volto di Andrea e sul mantello di Pietro, prima di finire sull'occhio spento del pesce ancora agganciato all'amo. Ah, il grande Caravaggio! Andrea indica il fratello, con la passione di chi vuole condividere qualcosa di molto prezioso con una persona cara. E Lui, chiamato il Messia, sembra più interessato alla triste sorte degli abitanti del Lago che al diffidente, futuro princeps apostolorum.

Apostolo, significa inviato, martire testimone. Andrea è inviato a raccontare al mondo il vangelo della pace e dell'amore, della fraternità e sororità universali. Per questo è perseguitato dal Potere che persegue l'autoconservazione, che divide gli esseri umani tra la famiglia del "noi" e quella del "voi", che innalza barriere tra l'"io" e il "tu", tra lo spazio mortifero dell'egoismo e quello vivificante del dono. "Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, chi la perderà nel donarsi la salverà". Quanto è vera questa Parola, per ogni persona, ma anche per le Nazioni: chi si chiude per godersi in proprio le immani ricchezze sarà soffocato dall'ingordigia, chi apre la propria Casa a chi non l'ha vivrà la gioia e la bellezza della reciprocità. Chi muore per testimoniare e difendere la potenza della Vita, vive per sempre.

Il nome Andrea deriva dalla lingua greca antica e si scrive Ανερ (genitivo Ανδρος). Significa forte, pieno o piena di coraggio, di valore. Un augurio a tutte e tutti coloro che portano questo bel nome, affinché siamo insieme "forti" nel sentirci "apostoli" e "martiri", cioè inviati e testimoni della libertà, della giustizia, della solidarietà che ci rendono essenzialmente e pienamente umani. Ricevendo lo sguardo caravaggesco, pieno della luce dell'Amore e comunicandolo a chiunque incontriamo sul nostro cammino...

lunedì 29 novembre 2021

Storie viandanti: Škabrjel, Monte San Gabriele

Ecco uno sguardo originale verso il santuario di Sveta Gora (Monte Santo).

La fotografia è stata scattata in inverno, si vede chiaramente la neve sulle colline e montagne circostanti.

Da dove? Dalla cime del monte meno noto ai Goriziani, nonostante sia visibile da quasi tutta la piana di Nova Gorica e Gorizia. E' il san Gabriele, Škabrjel in sloveno. Alto 643 metri slm, è conosciuto soprattutto per le tremende battaglie della prima guerra mondiale. Gli italiani, dopo la fatidica presa di Gorizia, all'inizio dell'agosto 1916 attraversano l'Isonzo e raggiungono Monte Santo, la cui chiesa è nel frattempo ridotta a un cumulo di rovine. Da lì, valicata l'ampia sella sopra al paese di Grgar, tentano di arrivare fino alla vetta del san Gabriele, praticamente circondando l'armata austro-ungarica dalla chiesa di santa Caterina (più o meno dove si trova oggi la gostilna "Kekec") fino a poche centinaia di metri dalla cuspide terminale. Non ci arriveranno mai e l'ampia spalla ovest testimonia tuttora la violenza della guerra, un'altra tra le tante orrende carneficine della cosiddetta Grande Guerra. 

Il San Gabriele non è però soltanto memoria di guerra. Ci son o molti sentieri che consentono di conoscere i suoi mille segreti, nascosti da una vegetazione rigogliosa e a volte rivelati da animali selvatici evidentemente non molto disturbati. Da una fonte si può ammirare l'umile inizio del fiume di Gorizia, il Koren/Corno, dai pertugi tra i rami e le foglie si intuiscono scorci affascinanti e paesaggi inattesi. La cima è completamente ricoperta dagli alberi, ma qualcuno nel tempo ha pensato giustamente fosse il caso di costruire un'alta torre metallica, una trentina di metri che consentono di innalzarsi al di sopra della vegetazione, ammirare la piramide di Monte Santo e guardare le Gorizia, slovena e italiana, placidamente distese e quasi annunciate dagli agili ponti - ferroviario e stradale -di Salcano.

Come arrivare? Il punto di partenza è a Kronberk, presso Nova Gorica. La chiesa del paese può essere raggiunta a piedi, dal centro della vecchia Gorizia, in circa tre quarti d'ora. Occorre un minimo d'attenzione per trovare il bel sentiero  che si innalza tortuoso fino al Kekec (dove si può arrivare con minor dispendio di tempo anche in bicicletta e, se proprio non se ne può fare a meno, in auto). Segue un breve tratto di strada asfaltata, poi la salita si fa ripida e davvero ci si trova proiettati in un mondo incantato, nella bellezza della natura e nella dolce voce del silenzio. Dalla cima conviene scendere verso la sella di Grgar. Un primo tratto è quasi pianeggiate, zigzagando tra le antiche trincee, poi il sentiero piega decisamente verso valle. Giunti quasi alla sella, dove è collocato il grande monumento al generale austro-ungarico che ha difeso con i suoi soldati la cime del San Gabriele, si può risalire verso il vicino Monte Santo, oppure piegare a sinistra e con piacevolissimo percorso pianeggiante, ritornare in mezz'ora al Kekec.

E' un buon consiglio per un'uscita di mezza giornata domenicale, anche con la famiglia. Occorrono soltanto un minimo di allenamento, tanta curiosità e possibilmente una buona compagnia (comunque anche una "solitaria" può riservare buone sensazioni e a volte, anche qualche improvvisa emozione (leggi verso dell'orso o qualcosa del genere).

Per ulteriori particolari mi permetto di suggerire la lettura del libro "Gorizia fra le nuvole", edito da LEG con splendide foto di Massimo Crivellari. E' scritto come una vera e propria guida escursionistica, ma anche storica e paesaggistica, ai tre monti goriziani, Škabrjel, Monte Santo e Sabotin.

domenica 28 novembre 2021

Medici di medicina generale, un prezioso servizio e un diritto (minacciato).

Un tema del quale si parla molto poco è quello dei medici di medicina generale. 

Il tempo passa e molti di coloro che sono in servizio si stanno avvicinando al giusto pensionamento. Il numero chiuso universitario è un ricordo del recente passato. Oggi la carenza di quelli che un tempo si chiamavano medici condotti e poi medici di base o di famiglia, comincia a preoccupare molto seriamente.

Nei paesi più piccoli, la convergenza astrale di due - tre professionisti andati contemporaneamente in pensione, provoca già grandi disagi, a fronte di una configurazione istituzionale non facile da dipanare. In pochi casi, il rapporto tra servizio pubblico e iniziativa privata è così importante e nello stesso tempo così complesso.

I meccanismi di sostituzione, tanto maggiormente in questo periodo di grande investimento sul covid-19 e in particolare sull'impegno vaccinale, sono difficili da comprendere per i profani e le supplenze momentanee sono talmente poco remunerativo (e remunerate!), da assomigliare fin troppo a forme di quasi volontariato.

Nelle zone più marginali il problema è dunque molto grave e tanti sono privati di un servizio strettamente collegato dal diritto individuale alla salute, tutelato solennemente dalla Costituzione. Nelle città, per il momento, se ne parla poco, anche perché il numero maggiore di medici in attività consente più agevolmente sostituzioni momentanee o aumenti sostenibili del numero degli assistiti.

Ma questo vale per i prossimi due o tre non, non certo molto più in là. A parte qualche lodevole e accorato appello da parte degli operatori sanitari più sensibili e informati, il tema sembra in genere latitare dai programmi e progetti politici. Ad Aiello si era tentato di parlarne insieme a tutti i principali attori, dai medici di medicina generale ai sindacati che tutelano i loro diritti, dall'Ordine dei Medici all'Azienda sanitaria di riferimento, per arrivare fino ai decisori politici locali e regionali. Il dialogo, avviato peraltro almeno tre anni fa, è stato importante, se non altro per rilevare l'urgenza del problema.

I risultati non sono stati incoraggianti e per il momento non lo sono ancora. Tuttavia il tema dovrebbe essere stabilmente sulla prima pagina dei giornali. La probabile privazione o inevitabile riduzione dell'efficienza a fronte di troppi assistiti per ciascuno, sta per investire pesantemente anche gli ex capoluoghi di provincia - Trieste, Udine, Pordenone e ovviamente anche Gorizia. Non accorgersene e non prevedere come correre rapidamente ai ripari, è distrazione che potrebbe rischiare, in tempi brevi, di innalzare il già alto livello di tensione sociale. Chi lo può (e lo deve) fare, agisca... e agisca, subito! 

sabato 27 novembre 2021

Referendum comunale sulla ciclabile in Corso: sorprendente voglia di democrazia e di partecipazione

In questi fine settimana si raccolgono a Gorizia le firme per la realizzazione del referendum consultivo, con il quale si vuole chiedere un parere ai cittadini intorno al mantenimento delle piste ciclabili sulla sede stradale del Corso Italia. Presso i numerosi banchetti che sono stati predisposti in varie parti della città, il dibattito è stato molto aperto e vivace. 

Molti approvano con convinzione la richiesta, firmano e aggiungono numerose proposte. Altri ritengono un'assurdità il ventilato ritorno sui controviali, senza una misurazione demoscopica della validità o meno della "sperimentazione". Tanti chiedono la rimozione della linea dei parcheggi al centro della carreggiata, qualcuno, più esperto, invoca la messa in opera dell'ormai ventennale e irrealizzato piano del traffico.

Ci sono anche coloro che protestano vivacemente contro l'attuale situazione, tra questi la maggior parte ritiene comunque giusto chiedere un voto, almeno consultivo, ai principali fruitori, ovvero gli abitanti. In questo senso, da parte di qualcuno, ci si è chiesti perché non sia stato direttamente il Comune a promuovere un'indagine sociologica, una volta affermata la volontà di sperimentare e successivamente verificare i risultati. 

Insomma, d'accordo o non d'accordo sulla posizione attuale della ciclabile, la maggior parte degli incontri ha evidenziato un grande desiderio di democrazia diretta. E' l'auspicio di poter "contare" qualcosa, nelle scelte che riguardano ogni cittadino, di poter cioè esprimere una propria idea che in qualche modo raggiunga le aule del Municipio.

La raccolta di firme che sta andando a gonfie vele verso il fatidico traguardo delle 1500 sottoscrizioni, riempie di piacevole sorpresa chi si sta tanto impegnando per raggiungere l'obiettivo. Ciò non tanto o non soltanto per la condivisione di molti, ma soprattutto per la voglia di partecipazione attiva che emerge da tutti i dialoghi. 

"Io non sono d'accordo e voterò no al quesito. Ma condivido pienamente e apprezzo la vostra iniziativa referendaria. E' giusto che almeno qualche volta il cittadino non sia considerato un "numero" chiamato a mettere una crocetta su una scheda una volta ogni cinque anni, ma possa essere ascoltata e possibilmente presa in considerazione, la sua autorevole opinione". Questo è stato il ragionamento ascoltato da molti, questo è il criterio sul quale si misura la salute di una democrazia rappresentativa che, in forza degli statuti e dei regolamenti, "sposa" la partecipazione popolare. 

venerdì 26 novembre 2021

Ad multos annos, Kulturni dom di Gorizia!

Domani, sabato 27 novembre, il Kulturni dom di Gorizia compie 40 anni.

Correva l'anno 1981. Ronald Reagan era stato appena eletto presidente degli Stati Uniti, c'era ovviamente l'Unione Sovietica (URSS), della quale era ancora presidente Leonid Breznev. In Egitto Sadat era stato ucciso e il suo posto era stato preso da Hosni Mubarak. Papa Wojtyla, il 13 maggio, era stato ferito da Ali Agca. La Comunità Europea aveva raggiunto i dieci membri, con l’entrata della Grecia. Presidente della Repubblica era l’indimenticabile Sandro Pertini, nella seconda parte dell’anno era Capo del Governo Giovanni Spadolini. Sindaco di Gorizia era Antonio Scarano, Jože Šušmelj di Nova Gorica e circondario. La Jugoslavija, un anno prima, aveva dato l'ultimo saluto a Tito e aveva intrapreso il decennale processo che l'avrebbe portata alla disgregazione. L’Arcidiocesi e la città di Gorizia all’inizio dell’anno avevano perso improvvisamente l’illuminato Arcivescovo Pietro Cocolin, sostituito fino al gennaio successivo dal Vicario capitolare Luigi Ristits.

L'edificio del Kulturni dom è cresciuto in pochi anni, trasformando il panorama della Piazzutta, proprio accanto al luogo dove sorgeva un tempo l'antico ponte sul Corno, protetto da una tuttora esistente statua di Giovanni Nepomuceno. Dal sovrastante palazzo del Seminario Arcivescovile e dalla nuova Casa dello Studente, osservando i lavori che si protraevano rapidamente, ci si chiedeva cosa stesse sorgendo, lo si sentiva come un luogo fisicamente vicino ma ideologicamente distante, parte di un'altra e diversa città. 

In realtà, appena inaugurata, la "Casa della cultura slovena" si è immediatamente caratterizzata per l'alta qualità delle proposte, sia in campo musicale che teatrale e cinematografico. In quel periodo, si andava al Kulturni per ascoltare e vedere ciò che nessun altro centro, in città, era in grado di offrire. Ricordo come, rientrato dal periodo di studio a Roma nel 1987, abituato alle offerte culturali della Capitale, fossi rimasto sorpreso dal trovare le stesse proposte nella ben più piccola e marginale Gorizia.

Con lo storico direttore e poi presidente Igor Komel, il centro culturale si è trasformato un po' alla volta in vero e proprio "dom". Con questo termine sloveno, derivato dal latino "domus", cioè "casa", intesa come un tetto sotto il quale tutti possono essere accolti, tanti hanno potuto esprimere liberamente le proprie convinzioni nelle diverse lingue che caratterizzano il territorio Goriziano. In questo modo, la Cultura Slovena ha aperto il proprio spazio a quella Italiana e a quella Friulana, senza dimenticare tutte le altre realtà nazionali e internazionali, nel cuore della nuova Europa. Ciò è stato senz'altro facilitato dal fatto che, nel periodo in cui il grande Teatro Verdi era in fase di ricostruzione, a metà degli anni '90, il Kulturni dom fosse diventato il principale centro di riferimento artistico della zona. Ma è stato reso senz'altro possibile soprattutto da una precisa scelta di apertura. di collaborazione e solidarietà che lo ha portato a diventare un insostituibile luogo di amicizia e fraternità fra persone, popoli e nazioni.

Ne è passata tanta di acqua in questi 40 anni, sotto l'asfalto che ricopre il fiume Corno e la grande Storia è transitata di nuovo più volte, splendendo del sole della pace, in una terra troppo insanguinata dalle guerre del XX secolo. I muri e i reticolati di confine sono stati progressivamente smantellati. Come dimenticare la notte del Primo Maggio 2004, con la celebrazione dell'ingresso della Slovenia in Unione Europea, nella Piazza della Transalpina/trg Evrope? O la notte precedente il Natale 2007, zigzagando tra le antiche casermette di frontiera, ormai liberate da sbarre e impedimenti? In questo mondo nuovo, non certo privo di nuove problematiche e preoccupazioni planetarie, il Kulturni dom ha avuto un ruolo determinante, ha seguito una vocazione la cui forza non è certo venuta meno. Anche in questo difficile tempo di pandemia, con le questioni sanitarie e sociali delle quali ancora non si intravvedono gli sviluppi e le conseguenze, la nostra "domus" continua ad avere il coraggio e l'intelligenza di riproporre la Cultura, come strumento di elevazione e aggregazione, porto sicuro dove affrontare le tempeste del presente e trovare l'iniziativa creativa per procedere verso il futuro. Un futuro che sembra particolarmente avvincente, in vista della preparazione e celebrazione del 2025, quando Nova Gorica, con il supporto di Gorizia, sarà capitale europea della Cultura.

Ad multos annos, Kulturni dom di Gorizia!

giovedì 25 novembre 2021

Non solo "vincere". Frammenti di idee sulle "amministrative"

"Vincere le elezioni". Questo è l'obiettivo di qualsiasi forza politica, nell'ambito di ogni democrazia rappresentativa. Ciò è tanto più vero in un contesto fortemente maggioritario come quello suggerito dall'attuale sistema elettorale a doppio turno, in uso per le "amministrative". Il ruolo delle opposizioni è ridotto a una presenza poco più che marginale, almeno per ciò che concerne il possibilità di incidenza nelle scelte principali e nei dibattiti nei Consigli Comunali.
Non bisogna dimenticare che i veri "nodi" che determinano la situazione dei cittadini, purtroppo non sono quelli su cui le giunte o le aule consigliari possono interferire. Gli "affari", quelli veri, si determinano nelle cosiddette "partecipate", ovvero nelle Società che gestiscono le fonti di energie o la rimozione dei rifiuti. In quei contesti, la presenza dei rappresentanti delle istituzioni amministrative è quasi sempre formale e la possibilità di un autentico controllo del funzionamento abbastanza remota.
Quindi la questione della rappresentanza riduce in partenza gli oggetti, tanto più che gli enti locali hanno potestà solo regolamentare e dipendono di conseguenza in toto dalle scelte normative e finanziarie delle Regioni e dello Stato. Non a caso si parla di "amministrazione", cioè di capacità di reperimento e utilizzo di fondi, la cui erogazione dipende dalla creatività (leggasi idee) e dalla competenza dei richiedenti.
Altra questione importante è il ruolo dei tecnici, che dal tempo della legge Bassanini ha assunto un'importanza preponderante, rispetto a quello dei politici. Ciò significa che senza la convinzione e l'impegno dei dipendenti dell'Ente non è possibile realizzare alcunché, tanto più in un periodo in cui i fondi non mancano, mentre è del tutto carente, dal punto di vista numerico, il personale chiamato a trasformarli in progetti definitivi ed esecutivi. I "tagli" del recente passato, dei quali alcune amministrazioni si sono perfino vantate, stanno lasciando il loro segno e se ne può facilmente accorgere chiunque abbia a che fare con gli uffici, stracarichi di lavoro e costretti agli straordinari.
Ne consegue che, nella gestione di un Comune, occorrono diverse "competenze". Anzitutto ci vogliono le idee, senza le quali non è possibile progettare o realizzare nulla. Queste presuppongono una sufficiente conoscenza del territorio, unita a una non comune capacità di ascolto delle persone e delle realtà organizzate. In secondo luogo è necessario che ci sia un'ottima collaborazione - piena di rispetto e delicatezza - con gli uffici comunali preposti alla realizzazione delle diverse proposte. Occorre anche che qualcuno abbia non soltanto passione, ma anche una specifica competenza per partecipare in modo efficace ai tavoli di lavoro e ai consigli di amministrazione delle partecipate. Nel caso di Gorizia, è indispensabile la conoscenza della lingua slovena e della lingua inglese per partecipare attivamente alle azioni previste da Nova Gorica, in vista della "capitale europea della Cultura", con una piena consapevolezza della necessità di relazioni costruttive, a tutti i livelli.
In altre parole, alla base di una proposta amministrativa, deve esserci necessariamente una visione culturale, senz'altro ampia e variegata, ma anche sufficientemente condivisa.
Tutto ciò per dire che un progetto politico non può avere come scopo soltanto quello di "vincere le elezioni". Occorre verificare prima se la coalizione di forze che si mettono insieme ha la capacità di generare un progetto che nasca dalla condivisione - almeno a grandi linee - delle idee. Altrimenti sono molto concreti sia il rischio di perdere le elezioni perché gli elettori non comprendono l'idea di fondo, sia quello di vincerle, uscendo di strada alla prima curva, schiacciati da posizioni non abbastanza chiarite in precedenza.
In questo caso, meglio sarebbe offrire nel primo turno elettorale un programma molto chiaro, dettagliato e molto originale, fortemente motivato e motivante dal punto di vista ideale, convergendo nel secondo turno su una candidatura riconosciuta non come il male minore, ma il bene maggiore raggiungibile in quel determinato momento.  

mercoledì 24 novembre 2021

In ricordo di Simon Gregorčič, 115 anni dopo...

La casa natale di Simon Gregorčič a Vrsno
Si ricorda oggi, 24 novembre, l'anniversario della morte di Simon Gregorčič, uno dei più importanti poeti sloveni.

Nato a Vrsno, nel 1844, ha vissuto i primi anni della sua vita sotto l'ombra del Krn, l'inconfondibile, bella montagna visibile da ogni angola della pianura friulana.

Hanno visto la sua infanzia e l'adolescenza i verdi pascoli, sotto quello che gli italiani ribattezzarono Monte Nero, forse per ricordare le migliaia di morti, subito dopo l'intervento nella prima guerra mondiale, forse per un errore di traduzione, confondendo Krn con Črn.

E' partito presto dai suoi monti e dalla sua Soča, il meraviglioso Isonzo al quale ha dedicato il suo più celebre poeta. Ha raggiunto Gorizia, frequentato il Seminario, studiato la filosofia e la teologia. Ed è stato parroco. Sono numerosi i segni della sua presenza, in particolare a Brajnik, vicino a Dornberk e nella parrocchia di Gradiška pri Prvačini.

Spirito religioso e profondamente umano, ha vissuto e cantato l'Amore. Ha raccontato nei suoi versi la struggente nostalgia per la Natura, la dolcezza del più naturale degli affetti, la passione per la patria slovena. E' stato inquieto cantore della Bellezza e profetico visionario, pronosticando l'avvicinarsi della tragedia della prima guerra mondiale, che avrebbe colorato di sangue lo smeraldo del fiume, "meravigliosa figlia (in sloveno il nome Soča è femminile) delle montagne".

E' morto a Gorizia, il 24 novembre 1906. L'attenzione e la simpatia suscitate dalla sua presenza sono state dimostrate dal funerale. Le cronache del tempo raccontano, con una giustificata esagerazione, di un corteo lunghissimo, dal capoluogo isontino fino al paese natale e alla chiesa di San Lorenzo, dove è stato sepolto, là dove il sottofondo musicale è offerto dallo scorrere saltellante del fiume da lui tanto ricordato.

Lo si ricorda ancora, nel racconto tramandato da nonni a genitori e da genitori a figli. Simon Gregorčič parla ancora, intensamente, ai paesi dell'alta valle, a quelli della Vipava, alla Slovenia intera che gli ha attribuito il soprannome di "usignolo del Goriziano".

Il monumento (Giardini)
E' un'altra di quelle figure che anche gli italiani che vivono in questo territorio dovrebbero conoscere e apprezzare. Gli abitanti di Goriza potrebbero conoscerlo meglio, anche attraverso il bel monumento a lui dedicato, situato nei Giardini Pubblici di Corso Verdi, dove proprio in questo giorno, quindici anni dopo l'inaugurazione, è stato intensamente ricordato, da Igor Komel, Damjan Pavlin e Kristina Knez. 

E' incredibile che una figura così importante per la storia e l'arte del territorio non meriti neppure l'intitolazione di una via, nella città che l'ha visto sacerdote, artista e poeta. Arriverà il giorno in cui le decine di strade di Gorizia che ricordano le battaglie della prima guerra mondiale, diventeranno invece occasione di memoria delle donne e degli uomini che hanno comunicato pensieri e opere di bellezza, giustizia e pace?

domenica 21 novembre 2021

Atlantide, un film da non perdere

Atlantide, del regista Yuri Ancarani, è un bellissimo film. 

Ambientato nella spettacolare Laguna di Venezia, racconta storie ordinarie di vita. Protagonisti sono alcuni giovani, dei quali vengono rappresentate poeticamente le quotidiani aspirazioni e soprattutto un inespresso, immane desiderio di vivere. Gli attori sono bravissimi, i volti, gli occhi, i gesti, i suoni, suppliscono e sostituiscono la Parola, una volta tanto rarefatta, ridotta ai minimi termini e proprio per questo maggiormente significativa e valorizzata.

Non mancano scorci sulla storia di altri tempi che si prolunga nel tempo. Il contadino taglia le stoppie su una terra arsa dal sole d'estate. Il frate lavora infondendo una serenità distante, irraggiungibile al di là delle reti che invocano il decoro che corrisponde al "luogo sacro". I turisti sembrano far parte di un altro Pianeta, mentre lo sguardo dell'obiettivo indaga esistenze che sembrano trovare il loro senso nella gioia effimera dell'istante, nell'ebbrezza di una velocità faticosamente raggiunta, nella musica sfrenata che invita a danzare e a fare l'amore.

C'è molta pace, negli sprazzi di isolotti abbandonati nella Laguna. C'è un senso di radicale estraneità, nelle scorribande dei piccoli motoscafi dei protagonisti lungo i ben noti celebri viali della Città. E c'è lo stupore della parte finale di 2001 Odissea nello Spazio nella lunga corsa finale che unisce con effetti speciali il passato al presente e il presente a un futuro tutto ancora da scoprire.

E' un film da vedere, da chi Venezia la conosce bene e può scoprire dietro alle luci e ai suoni del turismo globale, qualcosa di moto più somigliante all'autenticità della Vita. Ma è da vedere soprattutto da tutti, come una specie di guida interiore che invita ad andare al di là di ciò che si vede e di ciò che si percepisce con i sensi, per scoprire che accanto e anche dentro di noi esiste un mondo nascosto, l'enigma di una soggettività che non si svela nella distrazione che troppo spesso soffoca la passione. Un mondo nascosto, fuori di noi e dentro di noi, un mondo sommerso. Atlantide, appunto.

sabato 20 novembre 2021

Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni

Tone Kralj, Crocifissione (particolare) a Vrtojba
Anche se il Pittore lo ha inserito nella parte di coloro che hanno condannato Gesù, il suo insegnamento è quanto di più vicino esista al dettato degli Atti degli Apostoli (Nessuno tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi e case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno, At.4,34-35). 

La differenza amplia e non diminuisce l'effetto. Gli Atti si riferiscono alla "moltitudine di coloro che erano venuti alla fede" e che avevano ogni cosa in comune. Il "nostro" invece si riferisce a tutta l'umanità nel suo insieme e profetizza, inascoltato, un mondo migliore. 

Il suo pensiero è stato tradito e nel suo nome sono state perpetuate terribili ingiustizie? E nel nome del Maestro, del quale gli  Apostoli erano discepoli, quanti delitti efferati, quante guerre, quante sofferenze immani e inutili...?

Ecco allora il suo pensiero: In una fase più elevata della società comunista, dopo che è scomparsa la subordinazione asservitrice degli individui alla divisione del lavoro, e quindi anche il contrasto fra lavoro intellettuale e fisico; dopo che il lavoro non è divenuto soltanto mezzo di vita, ma anche il primo bisogno della vita; dopo che con lo sviluppo onnilaterale degli individui sono cresciute anche le forze produttive e tutte le sorgenti della ricchezza collettiva scorrono in tutta la loro pienezza, solo allora l’angusto orizzonte giuridico borghese può essere superato, e la società può scrivere sulle sue bandiere: Ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni!

Dite voi, che cosa c'è di sbagliato!

venerdì 19 novembre 2021

Verso le elezioni a Gorizia e Monfalcone

Mancano ormai pochi mesi alle "amministrative", a Gorizia, Monfalcone e in molti altri Comuni importanti, in Friuli-Venezia Giulia e altrove.

Non è che ci si capisca molto, in questa fase.

A Gorizia la stella del Sindaco Ziberna, dal giorno della sua elezione in poi, si è progressivamente oscurata, per la verità più a causa di crescenti malumori interni alla sua ormai ex maggioranza che di diminuzione di sostegno da parte dei suoi affezionati elettori. E' bene che i suoi avversari tengano presente la distanza tra i capi partito che lo contestano e la base popolare della destra goriziana che si riconosce ancora nel suo operato.

Il centro sinistra e la sinistra sembrano essere ancora nell'incertezza, nonostante la moltiplicazione di incontri in chiaro e in scuro che per il momento non sembrano aver prodotto grandi risultati. L'antizibernismo non può certo essere l'unico collante di una proposta politica seria e articolata. Tutti parlano della necessaria "unità d'intenti", qualcuno cerca di offrire un tetto sotto il quale invitare a incontrarsi, certi "lanciano" nomi per "vedere l'effetto che fa", ma, mentre il tempo passa, non sembrano esserci convergenze all'orizzonte. Forse sarebbe il caso che il partito che si suppone essere di maggioranza relativa si decida a lanciare una proposta, poi ci potrà essere il tempo per verificare se aderire a essa con più liste a sostegno di un programma da costruire insieme con un candidato sindaco comune o se al contrario utilizzare il primo turno elettorale come una sorta di "primaria di coalizione", con patto ferreo di sostegno al candidato inviato dagli elettori al ballottaggio. Non si può arrivare alla primavera senza un'idea chiara, tenuto conto dell'importanza della prossima consigliatura che porterà la/le città all'appuntamento fondamentale del 2025. Sembra per ora purtroppo irrealizzabile la "lista comune", da presentare con lo stesso simbolo a Gorizia e Nova Gorica. Peccato, si dovrà aspettare il 2042 perché si ripresenti una simile occasione.


A Monfalcone, nonostante le formali ricusazioni della sindaca Cisint, sembra difficile pensare che il suo evidente presenzialismo non porti a una ri-candidatura e che il centro destra e la destra locali non si compattino attorno a una figura che - piaccia o meno - ha saputo ritagliarsi un ruolo significativo nella politica locale e regionale. Il centro sinistra e la sinistra sembrano invece orientati alle primarie di coalizione, con tre ottime candidature che - data l'esperienza e la competenza delle persone - potrebbero interagire abbastanza serenamente, facendo sì che le diverse sensibilità si trovino comunque rappresentate in una progettualità condivisa.

A tutti un consiglio, quello di non sottovalutare mai gli antagonisti politici. L'irrisione o la denigrazione, soprattutto quelle rivolte alle persone, anche quando suffragate da elementi oggettivi e verificabili, non hanno quasi mai "pagato". Servono solo a convincere maggiormente i "propri", a compattare maggiormente gli "altri" e ad allontanare dalle urne coloro che si trovano nell'incertezza. Molto meglio è proporre programmi rigorosamente alternativi, facilmente riconoscibili come tali, evitando di scendere in polemiche inutili o a sarcasmi di dubbio gusto che avvelenano il clima e rendono difficile identificare le "ragioni" di ciascuno. La creazione del "nemico" paradossalmente lo rafforza, i martiri - reali o presunti tali - hanno sempre suscitato molta più simpatia dei loro persecutori.

giovedì 18 novembre 2021

Fratelli tutti? Magari!

Siamo "Fratelli tutti", sottraendo al Vescovo di Roma il titolo della sua più famosa enciclica? Certo che lo siamo, se ci consideriamo tutti appartenenti allo stesso genere umano. Oggettivamente, siamo "fratelli tutti". Ma questo significa che ci si tratti reciprocamente come fratelli? Forse anche sì, se pensiamo che non sempre i fratelli si vogliono bene e che a volte si scontrano fra loro quando vogliono far prevalere l'interesse dell'uno o dell'altro. Fratelli tutti sì, ma fratelli che si vogliono bene proprio perché parte della stessa famiglia? 

Non è facile affermarlo, vedendo le scene che si stanno svolgendo sotto i riflettori televisivi in questi giorni, al confine tra Bielorussia e Polonia. Non è facile affermarlo, guardando con apprensione diverse altre aree del mondo, anche a noi vicine, dove i reticolati impediscono alle persone di circolare.

Non è facile affermarlo, nella crescente divisione che si va creando su qualsiasi argomento politico e culturale, nei litigi più o meno pilotati dei salotti televisivi, nella tensione tra Destra e Sinistra, tra vax e non vax, tra opposte tifoserie calcistiche, tra schieramenti partitici.

Siamo "Fratelli tutti" fino al momento in cui non aggiungiamo, come i porci della Fattoria degli animali, "ma qualcuno è più fratello degli altri".

E questo lo facciamo molto spesso. Capita quando guardiamo con indifferenza, come se non ci riguardasse, coloro che soffrono e che muoiono, quando riteniamo di possedere il 100% della Verità e che gli altri siano al 100% nel torto, quando riteniamo che "quelli" dell'altro partito siano degli imbecilli con i quali non vale la pena di porsi in atteggiamento di dialogo, anche quando ci infastidiscono le persone che urlano al telefono nello scompartimento del treno.

Con questo sistema, anche se con buone intenzioni, approfondiamo il divario tra quelli che riteniamo "buoni" e i "cattivi", ci impediamo all'ascolto delle "ragioni" dell'altro e rendiamo sempre più difficile trovare delle soluzioni.

"Cosa fa la politica per affrontare i drammi dei migranti? Perché il Parlamento europeo non si muove compatto?" - si chiedono in molti, forse senza pensare che i seggi della più importante assise continentale sono occupati da rappresentanti eletti dal popolo e che se nessuno o pochi esprimono un soprassalto di umanità, la maggioranza ritiene che non esistano in questo momento altre soluzioni alle migrazioni che non siano gli orribili fili spinati e le forze di polizia armate a presidiare i confini.

E' anche vero che la parte più sensibile dell'opinione pubblica, che propone di "restare umani", reagisce fin troppo immediatamente alle provocazioni mediatiche. Del confine tra Bosnia e Croazia si è cominciato a parlare a livello più generale tre o quattro anni dopo l'inizio dei "game", dopo la tragedia dell'incendio del campo di Lipa. Degli altri nodi della rotta balcanica pochissimi se ne curano, così come del muro di Ceuta e Melilla, altro confine caldo, tra il Marocco e la Spagna, altro spazio di speranze disilluse e spesso contrastate con la violenza, in quest'ultimo caso nel silenzio quasi generale. 

In un sistema di potere fondato sul popolo che lo esercita attraverso la democrazia rappresentativa, per cambiare le cose e avviarsi verso un sistema più equo, con la decisa scelta di innovative ed efficaci politiche di accoglienza, basate soprattutto sul diritto al lavoro, alla casa e alla libera circolazione delle persone, c'è un'unica strada possibile. E' quella della convinzione e della creazione del consenso, "combattendo" una vera e propria guerra non con le armi ma con la forza della nonviolenza gandhiana.

La critica all'"avversario" sembra rafforzarlo, quello che può portare a sconfiggerlo, o meglio a fargli cambiare, parzialmente o totalmente idea, è una proposta alternativa, chiara, radicale, convinta. ma è anche la capacità e la creatività di trovare mezzi per amplificare la voce di chi non ha voce e quella di chi vuole salvaguardarne il diritto alla vita, alla giustizia e alla libertà. 

mercoledì 17 novembre 2021

In cammino, nella fragile speranza di un mondo migliore

In questa fotografia, scattata a Velika Kladuša tre anni fa, si può vedere l'inizio di un game. Circa in venti, hanno lasciato il misero campo in Bosnia per camminare verso il confine. Percorrono un breve tratto insieme, poi si sparpagliano nella boscaglia e cercano di entrare in Croazia. Sanno bene che è difficile, ma ci provano. Per alcuni è la prima volta, altri hanno tentato di più, qualcuno conta decine di prove. Qualcuno miracolosamente riuscirà ad arrivare in Slovenia, quasi nessuno in Italia o in Austria. La stragrande maggioranza viene fermata dalle guardie confinarie, riceve maltrattamenti denunciati ormai da organizzazioni governative e non governative, viene respinta e rimandata nel campo. Non c'è altra prospettiva, se non quella di incamminarsi di nuovo, il giorno seguente, la notte seguente, una settimana dopo, il tempo di curarsi le ferite. Qualcuno non ce la fa e viene trovato, schiacciato dagli stenti e a volte dalle percosse, a lato del sentiero lungo il quale pensava di conquistare un impossibile futuro...

Quanti esseri umani sono in cammino in questi tempi difficili! La scena della foto si è ripetuta centinaia, migliaia di volte. Purtroppo parlando del game non si può che usare il tempo presente, si è molto lontani dal trovare una soluzione, o anche semplicemente un'umana spiegazione.

Lo "spirito dei piedi" è quello che consente a milioni di donne, uomini e bambini, di lasciare la propria casa per cercare di vincere altrove l'impari battaglia contro la fame, la guerra, le persecuzioni. Camminano verso l'Unione Europea e il loro desiderio di Vita si infrange contro i fili spinati e i soldati schierati in assetto di guerra sul confine tra la Bielorussia e la Polonia. Camminano verso i Balcani e finiscono nei campi di concentramento di Erdogan in Turchia. Camminano nella Grecia e sono rinchiusi tra alte mura a Salonicco, deportati a Lesbo e nelle isole, prima di essere respinti in Turchia. Camminano attraverso il Sahara, quando e se arrivano in Libia, vengono ammassati nei lager. Camminano anche nelle Americhe, in  Asia, in Australia... E ovunque trovano mari da attraversare, boschi gelidi e inospitali, alte mura a fermare il loro slancio. Camminano disarmati e i loro volti segnati dalla stanchezza e dalla delusione gridano.

Chi li può ascoltare? "Se questa è l'Europa", titolava ieri in prima pagina l'Avvenire, presentando una copertina con la foto della bandiera europea nella quale, al posto delle stelle, c'erano i nodi del filo spinato. Ottimi giornalisti, prima fra tutti Nello Scavo, hanno riportato testimonianze terribili e hanno invocato il ripristino di condizioni minime di rispetto dei diritti, la forza di essere, almeno un po', umani. Sì, ma chi ascolta i pochi giornalisti "sul campo", se neppure l'urlo delle moltitudini riesce a valicare la nebbia ottusa di un'indifferenza che è maggiormente rassegnazione che cattiveria. Forse un po' come... la banalità del male.

Sono passati tanti anni da quando sono iniziate le migrazioni del tempo della post modernità. Eppure, nonostante le parole e i "bla bla bla" - come direbbe Greta Thunberg - una politica sistematica di accoglienza non è mai stata proposta, né dall'Europa nel suo insieme, né in ciascuno degli Stati membri. Ed è questo il vero problema, perché al di là del momentaneo sollievo che qualche individuo o gruppo "rimasto umano" cerca di portare ai singoli o a sparuti gruppetti di sfiancati richiedenti asilo, ciò che latita del tutto è la Politica (con la P maisucola). Senza un grande investimento sul diritto al lavoro, alla casa, all'istruzione multiculturale, alla sanità, tutto resterà così come è. Non si tratta soltanto di un impegno finalizzato a migliorare la situazione di qualcuno, ma di lottare per un radicale cambiamento del Sistema, per il bene di tutti, per raggiungere quel giorno, nel quale non ci si muoverà più per la necessità di sopravvivere, ma per il gusto di incontrarsi, condividendo le proprie potenzialità.   

Referendum sulla ciclabile in Corso Italia. Perché SI?

Un tratto suggestivo della ciclabile Solkan-Plave
A Gorizia, si stanno raccogliendo in questi giorni le firme per realizzare un referendum sul mantenimento della pista ciclabile sulla carreggiata di Corso Italia.

Perché è una buona idea e perché è giusto sottoscrivere?

1. Perché nel momento in cui è stata allestita, è stata presentata come un "esperimento", finalizzato a comprendere il gradimento o meno della popolazione. Ora è ventilata una costosa retromarcia, ma in realtà essa non è stata motivata con criteri di valutazione controllabili e scientifici. Avrebbe potuto esserci un sondaggio, curato da una ditta specializzata, ma in realtà non è stato fatto nulla. Per questo sono da lodare coloro che hanno deciso di fare ciò che avrebbe dovuto proporre in proprio l'Amministrazione, cioè un referendum consultivo previsto dallo Statuto Comunale. Auspicando che il Comune non decida unilateralmente prima, senza alcuna motivazione "provata", di ritornare sui suoi passi e che il referendum si tenga contestualmente alle prossime elezioni del 2022, si può essere d'accordo o meno, votare sì o votare no, ma come essere contrari a un gesto di coinvolgimento e di democrazia partecipata?

2. Perché il percorso verso un referendum spiana la strada a discussioni importanti, riguardanti non soltanto la ciclabile in Corso, i parcheggi per le automobili e il senso unico, ma l'intero piano del traffico, approvato da vent'anni e mai implementato.

3. Perché un'eventuale vittoria dei sì, "consiglierebbe" caldamente di mantenere la pista così come è, senza per questo rinunciare a discutere sulle altre questioni riguardanti la viabilità. Essa infatti potrebbe essere la spina dorsale di un percorso meraviglioso, dalla foce alla sorgente dell'Isonzo, ormai in via di completamento con l'inaugurazione del ponte sospeso di Solkan e la realizzazione del tratto tra Kanal e Most na Soči. La costruzione del già progettato ponticello di Campagnuzza, sopra la ferrovia renderebbe possibile il collegamento con il Corso e da lì sarebbe facile e remunerativo andare in tutta sicurezza fino alla stazione della Transalpina, attraversando il centro della città.  

4. Perché sarebbe un modo di coinvolgere finalmente in modo diretto, i cittadini, chiedendo a essi di esprimersi intorno a un'infrastruttura importante come la pista ciclabile nel contesto del piano generale del traffico, nella giustamente conclamata prospettiva di unire sempre di più - in modo sostenibile e rispettoso dell'ambiente - Nova Gorica con Gorizia, capitale europea della Cultura 2025.

Per questi e molti altri motivi, è giusto che il referendum ci sia... Comunque vada, a vincere sarà in ogni caso la Democrazia.

martedì 16 novembre 2021

Il rogo di Mossa: senza leggi adeguate, non sarà l'ultimo.

Ciò che è accaduto a Mossa (presso Gorizia) lo scorso lunedì è senz'altro inquietante ma non certo imprevedibile.

Brucia il capannone dell'ex ditta Bertolini, le fiamme divorano tutto ciò che vi è stato accatastato da altre realtà negli anni successivi al fallimento, comprese plastiche e materiali inquinanti. L'incendio avviene dieci giorni dopo un processo conclusosi con la condanna di alcuni personaggi. Il fumo si vede da lontano, piovono le inevitabili polemiche.

Al di là della solidarietà con gli sfortunati abitanti della zona che devono subire le conseguenze di un simile disastro, delle inchieste giudiziarie che dovranno illuminare gli eventi e dei sostenibili richiami alle probabili infiltrazioni mafiose, c'è una domanda alla quale non è facile dare risposte.

In situazioni come quella di Mossa, presenti ormai a centinaia in FVG e a decine di migliaia in Italia, chi e come deve intervenire?

Il percorso è noto. Il Comune, accertato l'abbandono di rifiuti o la discarica abusiva, dovrebbe emettere un'ordinanza contro i proprietari, ingiungendo loro di intervenire entro una data ragionevole. 

Già in questo preliminare si incontra la prima grande difficoltà. A chi inviare l'ordinanza se, come capita frequentemente, risulta difficile individuare il responsabile effettivo, a fronte di un susseguirsi di proprietà più o meno fittizie? Se poi, dopo approfondite ricerche, effettuate con denaro pubblico, si riuscisse anche ad arrivare a qualche nome, non sarebbe affatto scontata la ricezione del documento da parte del reo. "Destinatario sconosciuto", "destinatario irreperibile", è scritto spesso sui timbri apposti dalle Poste sulle raccomandate restituite al mittente. In questo modo tutto si blocca, perché, in assenza di materiali dichiarati inquinanti, il Comune, ma anche l'Azienda Sanitaria di riferimento, non può neppure violare la proprietà privata per eseguire gli accertamenti, salvo autorizzazione - da ottenere con un non breve procedimento - da parte della Procura.

Ammettiamo che qualcuno accetti la missiva e che quindi sia stato avvisato dell'obbligo di intervenire quanto prima. Quel "qualcuno" spesso si trova in carcere o si trova in condizioni talmente particolari da non poter o anche ovviamente di non aver alcun interesse a intervenire. In questo caso è il Comune che ha l'obbligo di procedere, allo scadere dell'ultimatum inviato ai colpevoli, investendo denaro dalle propri casse, con la possibilità di ricevere contributi - normalmente dopo aver già svolto il proprio "dovere" - soltanto in caso di presenza di materiali dichiarati potenzialmente nocivi per la popolazione, sempre ammessa la possibilità di definirne la natura. Ovviamente poi ci si dovrebbe rivalere sui proprietari, nel frattempo di solito resisi "uccelli di bosco". Ne consegue che l'investimento cospicuo di denaro pubblico non viene quasi mai recuperato e che perfino la proprietà degli immobili e dei terreni non possa essere trasferita all'ente che è stato costretto a intervenire. Ammesso e non concesso che il suddetto ente sia in grado di anticipare fondi propri o di dilapidare le proprie casse a fondo perduto.

Quindi...

Quindi è necessario e urgente che il legislatore ponga mano alla questione, che non riguarda solo i traffici illeciti di rifiuti o l'inquinamento ambientale - ambiti nei quali, almeno teoricamente, è possibile trovare qualche riferimento normativo - ma anche i sempre più numerosi abbandoni di rifiuti industriali, capannoni dismessi e trasformati in discariche, terreni invasi da materiali ingombranti di ogni tipo, anche se non immediatamente pericolosi. "Non immediatamente" significa che non ci sono pericoli immediati per la salute, ma che un pazzo o un criminale - per dolo o per incoscienza - potrebbe lanciare un cerino provocando una devastazione di ampie proporzioni.

Non sembra che ci sia questa volontà politica e che la proposta dell'"esproprio paesaggistico" la quale consentirebbe agli enti di diventare proprietari delle aree in questione (con conseguente possibilità di accedere a fondi regionali e statali, nonché di riqualificare gli spazi) appare ancora avveniristica, forse perché sposterebbe le responsabilità di intervento e soprattutto il suo finanziamento agli enti superiori che abbiano funzione legislativa e non solo regolamentare.

Stando così le cose, ci si augura, ma con scarso ottimismo, che il rogo di Mossa possa essere un monito a prendere in mano un problema che travalica di gran lunga le competenze di un Municipio. Altrimenti la colonna di fumo non sarà certo né la prima né l'ultima nella nostra Regione e, più in generale, nel nostro Paese.

domenica 14 novembre 2021

50 milioni di anni dopo...

Verona, Museo di Storia naturale 
Sono passati cinquanta milioni di anni. 

Cinquanta milioni.

Ne mancavano 47 alla comparsa dei primi ominidi, 49 all'irruzione di homo sapiens.

Il pesce che ha lasciato questa traccia, grazie al processo naturale di fossilizzazione, ha attraversato la Vita 50 milioni di anni fa.

E' vissuto in un atollo tropicale, ciò che era in quella fase della lenta e inesorabile deriva delle placche continentali, l'attuale Lessinia, sopra Verona.

La "Pesciara" di Bolca ha consentito di scoprire decine di migliaia di organismi pietrificati nei sedimenti del fondo fangoso. Sono così simili a quelli che possiamo vedere anche oggi, nei fiumi, nei laghi e nei mari, come pure sui banchi dei venditori.

Come tutti gli esseri viventi, avrà cercato di nutrirsi di altri simili e di evitare di essere nutrimento dei più forti. Avrà fatto di tutto per riprodursi, per permettere alla sua specie di sopravvivere. Forse c'è riuscito, se si è conservata così bene la sua impronta.

E' morto, probabilmente per cause naturali, fatto non troppo comune per un pesce, ma non c'era ancora molto tempo da trascorrere prima che arrivasse lo sterminatore universale. O forse c'è stata qualche catastrofe, di quelle relativamente frequenti sulla Terra, un asteroide di secondo livello precipitato nei dintorni, un vulcano un po' troppo vivace, un calo d'ossigeno nelle acque... Chissà?

Fatto sta che quel pesce è rimasto imprigionato per 50 milioni di anni prima nel fondale viscido di un mare in estinzione, poi nella solidificazione della materia, innalzata dai movimenti della crosta terrestre e divenuta altura, poi collina e ora montagna scavata dai torrenti prealpini.

Sono passati cento anni o poco più e la "Pesciara" è diventata una miniera. I prigionieri hanno ritrovato la luce e ci si offrono in tutta la loro bellezza. Gli organi vitali si sono decomposti ma la terra ha preso il loro posto, ricreando tutti i particolari, perfino la pigmentazione.

E ora, sono davanti ai nostri occhi. E producendo l'"ooh" pieno di ammirazione, ci chiediamo che senso abbia tutto questo. Il tempo ci sovrasta, lo spazio ci sconvolge, il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me.

Sì quest'ultima l'aveva già scritta Kant. Ma io me ne approprio, per non scomodare il solito Leopardi, chiedendomi con lui che fa la Luna in ciel, la silenziosa Luna.

50 milioni di anni fa...    

venerdì 12 novembre 2021

Incontrarsi a Monte Santo, srečati se na Sveti Gori

 

C'è una radura, sul sentiero che dalla sella di Grgar conduce alla vetta del Monte Santo. Le rocce carsiche si sono create uno spazio tra gli scotani resistenti alla bora frequente. 

Si apre la scena e lo sguardo è attratto dalle città, così uniche nella loro diversità, dall'evidente serpentina argentea, l'Isonzo/Soča che abbandona la via dei monti per proeittarsi verso il mare che brilla lontano, dal sole che si avvicina alla costa del Sabotino per sprofondarsi nel tramonto imminente.

Si intravvedono controluce i ponti di Solkan, l'arco di pietra su ferrovia più grande del mondo, il cemento della strada verso il Collio/Brda, la nuova fragile passerella sospesa che attende paziente il collaudo.

E' bello camminare nella luce tiepida dell'estate di San Martino, tanto più se la meta è così bella e significativa. Ci si può arrivare in auto, ma chi se lo può permettere può provare il gusto del cammino o della salita in bicicletta. Sveta Gora/Monte Santo accoglie tutti e ciascuno, in un contesto di profonda spiritualità, legata alla fede, alla bellezza della Natura, all'intensità delle relazioni.

Si vive ordinariamente immersi nel quotidiano e lo sguardo nella pianura consente una maggior vicinanza ai problemi del presente, ma anche una minore capacità di allargare gli orizzonti. L'osservazione dall'alto, all'opposto, permette di cogliere l'insieme individuando processi del passato e prospettive verso il futuro, anche se può far dimenticare la maestà del particolare.

C'è bisogno di questo e di quello. E se la Capitale europea della Cultura pone in primo piano la necessità di vedersi e di parlarsi al di là delle reti ormai obsolete, Sveta Gora/Monte Santo è il luogo ideale per consentire un allargamento di sguardo, un'offerta di visione complessiva, la scoperta di un'"anima", laica o religiosa, filosofica o teologica, teorica o pratica, materiale o artistica.

mercoledì 10 novembre 2021

Il bid book contro i reticolati, un bel libro da leggere con attenzione

Reticolato al Rafut, durante il lockdown 2020
Alla fine, la recinzione è caduta, ma solo per un tempo e solo per alcuni di noi. Sì, puoi attraversare il confine tra due stati europei, ma non se sei siriano o nigeriano. A rifugiati e migranti il 2020 ha portato un livello ancora più elevato di incertezza e disperazione. E una nuova ondata di odio e paura. Se finora, secondo una tipica retorica xenofoba, gli stranieri ci stavano rubando il lavoro, minacciando la nostra cultura e il nostro modo di vivere, ora sono anche una malattia infettiva ambulante.

La citazione si riferisce alle reti metalliche, ricomparse sul confine tra Slovenia e Italia nei mesi di marzo e aprile 2020, durante l'"serrande abbassate" provocate dal Covid. Il brano, totalmente condivisibile, soprattutto in questi giorni di grandi preoccupazioni per ciò che sta accadendo alla frontiera fra Bielorussia e Polonia, è tratto da un documento ufficiale molto importante, forse il più importante degli ultimi anni, per ciò che concerne il territorio Goriziano. Si tratta del "bid book", l'articolato e assai interessante "libro" programmatico, sulla base del quale Nova Gorica, con il sostegno di Gorizia, ha ottenuto il prestigioso riconoscimento di "Capitale europea della Cultura 2025". Il testo citato è parte quindi di un documento riconosciuto e fatto proprio dalle amministrazioni delle due città, ma anche indirettamente da quelle degli Stati, della Regione FVG e di tutti gli altri Comuni, in Slovenia e Italia che hanno aderito al Progetto. In altre parole, l'epoca dei reticolati e dei muri deve essere archiviata per sempre, non soltanto per chi abita su questo territorio, ma proprio per tutti. E chi sottoscrive queste linee guida, si dichiara di fatto d'accordo nel riconoscere lo stesso diritto di attraversare le barriere europee anche a chi fugge dalla guerra, dalla fame e dalle persecuzioni ideologiche o religiose. 

Per una - raccomandata! - lettura integrale: https://euro-go.eu/it/notizie-ed-eventi/eventi/bidbook2/

martedì 9 novembre 2021

La vergogna dei respingimenti

Reticolati, filo spinato, muraglie invalicabili.

Sono lontani i tempi nei quali si guardava alla Polonia come un Paese cattolico. Come lontani sono i tempi nei quali molti osservatori (non tutti, certo!) guardavano con speranza a papa Woytjla, giungendo a riconoscere in lui uno dei protagonisti del crollo del muro di Berlino.

La grande maggioranza (anche qua, non tutti, certo!) di coloro che inneggiavano gioiosi alla fine del simbolo per eccellenza della divisione tra le nazioni, non avrebbe mai immaginato che il mondo capitalista, apparentemente vincente, avrebbe edificato altre reti per "difendere i propri confini".

Difendere da chi? Forse da eserciti potenti in marcia per conquistare con le nuove armi tecnologiche il "vecchio mondo"? O da feroci persecutori spinti da ideologie imperialiste a soffocare la libertà e il benessere dell'Occidente?

No, la Polonia "semper fidelis" mobilita l'esercito e si vanta di aver respinto l'attacco di centinaia di poveri, donne, bambini, uomini disarmati alla ricerca di un futuro migliore. Il regime bielorusso cerca di sbarazzarsene favorendo le lunghe marce fino al confine, che - è da ricordare bene - è quello dell'Unione europea.

Del resto, come dimostra la foto scattata tra Croazia e Slovenia, le barriere contro i migranti che fuggono dalla guerra e dalla fame, esistono anche all'interno dell'Unione, tra Paesi membri che non solo impediscono i transiti, ma anche respingono al mittente i pochi che riescono in qualche modo a valicare le frontiere.

Del resto anche l'Italia attua, più o meno silenziosamente, le illegali "riammissioni" in Slovenia, senza particolari sanzioni da parte di una Comunità europea che purtroppo non appare soltanto sonnecchiosa, ma anche complice. I droni inviati al confine con la Bosnia, infatti, risultano utili non a rilevare violazioni dei diritti delle persone, bensì a segnalare alle autorità le colonne di profughi alle prese con il famigerato "game".

Mentre papa Bergoglio, con accenti sempre più accorati e preoccupati, richiama tutti a un sussulto di umanità di fronte alla tragedia della non accoglienza, molti osano ancora rifarsi alle "radici cristiane" dell'Europa per difendere in realtà l'incredibile egoismo della piccola parte straricca del Pianeta. 

Paradossalmente, ma forse neanche tanto, chi ha esultato partecipando idealmente allo smantellamento del muro di Berlino, ha usato poi le stesse pietre per ricostruirlo, ma dalla parte opposta. Una vergogna, della quale la Storia ci chiederà conto.

sabato 6 novembre 2021

Ciclabile in Corso Italia, una testimonianza e una riflessione.

"Andrea, sono arrivata da Trieste in treno, portando la mia bicicletta. Uscita dalla stazione non credevo ai miei occhi!"
E' il saluto di una brava giornalista di Radio Capodistria, cicloamatrice e sostenitrice del turismo slow. 
"Perché? Cosa c'era di strano?"
"Mi sono trovata davanti una pista ciclabile straordinaria, degna delle più grandi e moderne città. L'ho percorsa tutta, poi per curiosità sono andata avanti, ho attraversato qualche via più stretta e sono capitata su un confine presso un'altra linea ferroviaria. Lì mi sono innestata su un'altrettanto splendida ciclabile, fino alla stazione della Transalpina. Ma vi rendete conto della cosa bella che avete realizzato? Quanta salute in più per i cittadini, quanti spazi per chi ha delle disabilità e non vuole rinunciare a transitare in centro, quanto inquinamento in meno!" 
E' una che se ne intende, di ciclabili e percorsi a piedi in Europa e nel mondo, parla ogni settimana nei suoi programmi radiofonici.
Le ho detto che fino alla stazione italiana, forse si potrà presto arrivare anche da sud, grazie a un bel ponte sopra i binari, già a livello di progettazione definitiva. Ho aggiunto che dalla Transalpina si potrà raggiungere la strepitosa "via dell'Isonzo", valicandolo su un già realizzato ponte sospeso. Insomma, tra non molto si potrà andare dal mare ai monti, a fianco del "più bel fiume d'Europa".
"Sì, ma tutto ciò si può realizzare soprattutto grazie al coraggio di chi vuole valorizzare l'attraversamento delle città, vero punto critico per tanti progetti, affascinanti in campagna, pericolosi e poco attraenti in città. Complimenti, davvero, questo sì che è un modo di onorare la scelta di Nova Gorica con Gorizia, Capitale europea della Cultura 2025!"
Non le ho detto che qualcuno vorrebbe ritornare indietro, ai controviali pedonali, ripristinando il traffico dell'arteria cittadina a doppia corsia di marcia. Non le ho detto che forse il sogno dell'attraversamento cittadino sarà soffocato da interessi di parte, che il ponticello della Campagnuzza per il momento è pronto ma chiuso nei cassetti dei decisori, che quello di Salcano attende la sistemazione geologica delle sponde, la cui consistenza non era stata sufficientemente verificata.
Non le ho detto neppure dell'entusiasmo di oltre duecento cittadini che in meno di mezza giornata hanno sottoscritto la richiesta di avviare l'iter per un referendum che dia la possibilità di esprimersi a tutti i cittadini. 
Non le ho detto tutto questo, ma mi auguro che la sua testimonianza possa essere utile, che si arresti qualsiasi tentativo di rimozione della ciclabile di Corso Italia, che si possa svolgere la consultazione dei cittadini, da realizzare possibilmente contestualmente alle prossime elezioni cittadine.
A Trieste il mondo politico "ufficiale" si sta mobilitando urgentemente per indire un referendum finalizzato a fermare la costruzione di un'(assurda!) ovovia. Si riuscirà anche a Gorizia a ottenere un'ampia convergenza e un forte consenso? 
Chi lo sa? Di certo è evidente a chiunque osservi la situazione su un piano razionale, che non avrebbe alcun senso spendere denaro pubblico per fermare la cosiddetta "sperimentazione", prima che gli elettori indichino la "pista" da seguire o comunque prima delle ormai prossime elezioni amministrative cittadine.

Da oggi, Storie Viandanti anche con Google translate

Nota tecnica. 

Da oggi i post di questo blog possono essere tradotti automaticamente con google translate. Si può scegliere la lingua nell'apposito spazio, nella colonna a destra. Non sarà una traduzione perfetta, ma è uno strumento in più per comunicare, al di là dei confini fisici e mentali.

Buona lettura...

venerdì 5 novembre 2021

Essere o non essere? La danza della Realtà


Gli alberi, ormai spogli, si slanciano verso il cielo azzurro autunnale, i rami si incrociano generando strane forme, compagnie irregolari e disordinate che sembrano voler occupare ogni spazio lasciato libero dalla Natura.

Gli alberi, ormai spogli, sprofondano a capofitto nelle acque tranqulle, i rami sembrano soldatini assetati alla ricerca di un effimero sollevo, pronti a contendere frammenti d'ossigeno ai pesciolini argentati dalla carezza di qualche raggio superstite del sole.

Gli alberi, ormai spogli, si riflettono rovesciati nello specchio limpido del lago, i rami sorridono dolcemente agitati dai fragili cerchi generati da un sassolino impertinente, colorano di emozione una parola sussurrata sulla riva.

Si compie ancora il miracolo dell'Essere, svincolato dalle anguste categorie della Realtà.

Albert Einstein "risuscitato" dalle parole di Giuseppe O Longo

Straordinaria performance, ieri sera (giovedì 4 novembre) al Kulturni dom di Gorizia.

Un testo scritto da Giuseppe O Longo, letto dall'autore insieme all'attrice Paola Bonesi, ha consentito di ricostruire le fasi salienti della vita di Albert Einstein. L'occasione è stata offerta dalla memoria dei cento anni dall'assegnazione del premio Nobel (1921).

Le teorie scientifiche, il contesto storico, le riflessioni filosofiche e teologiche, si sono incrociate con le vicende personali, a livello familiare e professionale.

In un crescendo avvincente il racconto, reso vivo dalle lettere autentiche del grande scienziato, ha permesso di conoscere molti aspetti inediti della storia di uno dei personaggi più celebri del XX secolo. Particolarmente interessante è stata la descrizione dei retroscena relativi alla scoperta delle potenzialità dell'uranio e della fissione nucleare, all'inizio del percorso che avrebbe portato alla realizzazione delle prime bombe atomiche e di fatto all'inizio di una nuova era nella storia dell'umanità.

Il brano teatrale ricostruisce anche i dialoghi e i confronti tra i principali ricercatori dell'epoca, soprattutto l'acceso dibattito tra sostenitori del determinismo o della casualità, oltre che della celebre equazione della relatività e della teoria dei quanti.

Le suggestioni, succedute l'una all'altra con ritmo incalzante, sono sfociate, come fiumi nel mare, nell'entusiasmante riflessione conclusiva, dedicata al rapporto tra scienza e fede. Il riferimento a Spinoza chiarifica il famoso aforisma, "la religione (o la fede? ndr) senza la scienza è cieca, la scienza senza la religione è zoppa".

Grazie a Giuseppe O Longo e Paola Bonesi, avete dimostrato come l'autentica Cultura e la conoscenza della complessità possano camminare insieme alla semplicità della Comunicazione e al fascino della Parola.
 

giovedì 4 novembre 2021

4 novembre, giorno di lutto e di riflessione, per la pace e la giustizia planetarie

Fino a pochi anni fa la festa del 4 novembre era dedicata "alla Vittoria". Successivamente, comprendendo che di fronte a milioni di giovani falciati da scelte politiche scellerate e da decisioni strategiche criminali, la "giornata" si era trasformata in un mesto ricordo dei caduti di tutte le guerre e con qualsiasi divisa.

Da un po' di tempo è tornata in auge la "festa delle Forze Armate" e dell'"unità d'Italia", sottolineata particolarmente in questo ultimo anno dal centenario della traslazione del Milite ignoto da Gorizia/Aquileia all'altare della patria a Roma.

E' vero che le Forze Armate italiane non sono certo oggi quelle dell'inizio del XX secolo e che spesso sono impegnate nelle cosiddette e discusse "missioni di pace". Ma perché celebrare le "forze armate" proprio nel giorno in cui si ricorda la fine dell'inutile strage e dell'orrenda carneficina provocata proprio dalle forze armate? Perché trovare nella prima guerra mondiale l'elemento di unificazione dell'Italia? Perché non ripensare a quel terribile massacro, come un'occasione per ripudiare veramente la guerra, come dettato anche dall'art. 11 della Costituzione Repubblicana?

Il 4 novembre potrebbe essere dichiarato, con maggior coerenza e logicità, il giorno dedicato alla pace e alla giustizia in tutto il mondo, oltre che di lutto per tutte le vittime dell'immane mattanza che da sempre caratterizza ogni conflitto. I protagonisti dovrebbero essere i costruttori di pace e i sostenitori della nonviolenza attiva, propugnatori di un metodo alternativo per la risoluzione dei conflitti planetari. Gli eroi da ricordare, almeno in questo giorno, dovrebbero essere coloro che si sono rifiutati di imbracciare il fucile e di sparare contro i propri coetanei "con lo stesso identico umore ma con la divisa di un altro colore", preferendo morire piuttosto che uccidere. 

Ci avevamo provato, quando ne avevamo la possibilità e la responsabilità, a celebrare il 4 novembre la "Giornata di riflessione e preghiera per la pace nel mondo e per i caduti, civili e militari, di di tutte le guerre". Forse non se ne era compresa bene l'importanza e da quest'anno il vessillo d'Italia tornerà a sventolare sulla festa delle Forze Armate. L'ordine regna ad Aiello.

martedì 2 novembre 2021

Pensieri del 2 novembre

Mentre le foglie, dopo aver offerto il miglior spettacolo di colori autunnali, cadono per terra riempiendo strade e marciapiedi di un manto scivoloso e malinconico, si celebrano i riti dedicati alla memoria di coloro che hanno già terminato il loro cammino nella Vita.
Volto dell'uomo, crocifisso ligneo sulla via del Lussari
E' un ricordo antico, fortemente legato ai ritmi della natura, fondato sull'arcano desiderio - confinante con l'oscuro terrore - di poter, almeno per un istante, ritrovare gli affetti irrimediabilmente perduti.
Si tratta di qualche momento di preghiera o di dolce pensiero, poi tutto torna nel ritmo ordinario e le riflessioni più intense si stemperano nella monotona ripetizione della quotidianità.
Si squarcia il velo della distrazione e ci si rende conto della più ovvia e della più misteriosa realtà. Siamo mortali e l'esistenza è una linea che scorre in un binario che ha un suo inizio e una sua fine. C'è un limite davanti a noi che irride alla volontà di potenza con una tale profondità da costringerci a relegarlo nello spazio dell'oblio. Si è in cammino verso un con-fine, una linea di demarcazione oltre la quale non si sa cosa ci sia, se non un qualcosa che sfugge totalmente alle potenzialità della coscienza e alle categorie della ragione. Al di là dello spazi e al di là del tempo, l'inconcepibile ni-ente o l'inafferrabile infinita eternità.
Eppure, nella post modernità caratterizzata da un pensiero che è diventato dominatore di ogni anche minimo aspetto, la morte rimane lo spazio del non-detto e non-dicibili, della frontiera della nostra - riconosciamolo! - limitata intelligenza. La morte è la porta verso il non essere, l'unico spazio inesplorato e probabilmente inesplorabile dalla mente umana che forse un giorno raggiungerà le galassie più lontane inventando veicoli in grado di raggiungere la velocità della luce. 
La ragione ha riempito tutto, ma non ciò che è oltre. E per questo il punto di arrivo illumina con la sua luce od oscura con la sua ombra ogni frammento precedente, dal momento del concepimento all'ultimo respiro. La paura o il fascino del tristo mietitore danno senso al rischio e offrono spessore all'amore, incentivano la passione e suscitano l'eroismo, si presentano come via di uscita inattesa alla disperazione, attanagliano con la loro presa il cuore ottuso di chi è immerso nella sfera del consumo.
Siamo mortali o forse parte di un cosmo immortale. Forse ci siamo sempre stati, nel gioco apparentemente eterno degli universi paralleli. O forse siamo stati gettati nel tempo, come dadi di un infinito, apparentemente insensato gioco divino. O ancora ci sentiamo accompagnati, nel passaggio dalla Vita alla Morte, dallo sguardo umile e amorevole dell'uomo crocifisso. Non è un happy end fuori contesto, ma la manifestazione di un Amore che trascende, qui e ora, ma anche ovunque e per sempre. Ben al di là di ogni ragionamento...