martedì 22 marzo 2022

Presidente Draghi, armi a Zelen'sky? Non in nome mio...

L'odierna giornata parlamentare segna un cambiamento di passo nell'atteggiamento del Governo italiano nei confronti della guerra in Ucraina.

Come era ampiamente prevedibile, dato lo schieramento poco meno che unanime di tutti i partiti dell'attuale maggioranza più Fratelli d'Italia e constatato il linguaggio bellicista di quasi tutti i media e di molti - anche sorprendenti - intellettuali italiani, l'Italia entra in guerra. Sceglie come proprio interlocutore il presidente dell'Ucraina Zelen'sky, presente in videoconferenza, promette l'invio di materiali di prima necessità e di armi "alla resistenza ucraina" (virgolettato dal discorso di Mario Draghi), rinuncia a un possibile importante ruolo di mediazione diplomatica nel tragico conflitto in corso.

Il Presidente del Consiglio parla "a nome degli italiani", ma non tutti gli italiani sono d'accordo con lui. esiste un'opposizione intelligente e ferma a quell'invio di armi che non potrebbe fare altro che innalzare ulteriormente il livello della tensione, già ormai ben oltre i limiti di sicurezza. Anche nella Chiesa cattolica regna la confusione e se la voce del Vescovo di Roma Francesco contro la vergogna delle armi sembra questa volta inequivocabile, ci pensa il Segretario di Stato Parolin ad aprire qualche spiraglio alla possibilità di un intervento armato. Il card. Ravasi, personaggio molto influente in Vaticano e in Italia, cita - a mio parere del tutto a sproposito - Dietrich Bonhoeffer, martire del nazismo, "se un pazzo sta trascinando la corriera verso l'abisso, devo in qualche modo fermare quel pazzo". La scelta del grande ed eroico teologo riformato di partecipare indirettamente all'attentato a Hitler è stata tremendamente sofferta e non certamente riducibile a una sua espressione decontestualizzata. Nel caso attuale, non appare così evidente chi sia il pazzo alla guida, se chi ha lanciato un attacco criminale contro la popolazione inerme dell'Ucraina o chi ha creato le condizioni perché ciò accadesse negli anni precedenti o chi soffia sul fuoco delle divisioni perché ne vuole trarre profitto. Inoltre, se "sviare la corriera" significa portarla a scontrarsi con cento altre, con effetti ancor più devastanti, il ragionamento risulterebbe ancora sostenibile?

No, i casi sono solo due. Non si tratta di invitare gli ucraini a una resa, ma di moltiplicare all'infinito gli sforzi perché i contendenti si parlino, offrendo a essi efficaci mediazioni, ascoltando le "ragioni" degli uni e degli altri, facendo di tutto per diminuire la tensione. L'alternativa alla diplomazia non è un generico schieramento "contro la guerra", ma l'impegno preciso ad armare con mezzi sempre più potenti quella che con linguaggio un po' sacrilego Draghi chiama la "resistenza". Questa non è una strada eroica, ma un vero e proprio suicidio per il popolo ucraino, ma anche - purtroppo non è un'ipotesi remota - per tutto il Pianeta.

Oggi, tra le due alternative, la Camera dei Deputati ha di fatto compiuto la scelta di stare dalla parte di Zelen'sky. Chi ha applaudito con tragico entusiasmo le funeste parole dell'ex comico ucraino e del presidente Draghi, dopo aver approvato qualche giorno fa - a larga maggioranza! - l'incremento delle spese militari, si è assunto una grave responsabilità, di fronte all'Italia e al Mondo. 

In ogni caso, non certo in nome dell'intero popolo italiano, almeno, non certo in nome mio.

4 commenti:

  1. Mi domando la Chiesa che hai citato, in queste loro posizioni, dove vede la radicalità del Vangelo? Nel momento in cui si interpreta, speso si cerca di adattare il messaggio alle nostre convenienze. Come disse un sindaco che ho conosciuto, quando qualcuno parla di pace dovrebbe rileggere il dimenticato Benedetto XV

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  2. C'è una bella differenza fra Papa Francesco e Kiril, il Patriarca di Mosca riguardo alla guerra.
    Kiril è filo Putin. I suoi silenzi prolungati, non ha mai usato la parola “guerra” e nell’omelia di domenica scorsa ha solidarizzato con i «fratelli del Donbass» e giustificato il conflitto come risposta contro chi organizza «parate gay».
    Tutte le Chiese dovrebbero parlare lo stesso linguaggio e cioè quello della pace.
    Sono sconvolta dal comportamento del personaggio che rappresenta la chiesa russa; più che un uomo di chiesa, appare come un politico al servizio del potere.

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  3. Le armi non sono richieste a nome mio.
    Questa guerra non si può incrementare
    Con le armi.

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  4. Ci dimentichiamo di un piccolo dettaglio: nessuno vuole la guerra qui in Italia, a parte una piccola minoranza al potere. Parlare a nome del popolo italiano ed inviare armi, è già di per se anticostituzionale....se poi copriamo le spalle ad una NATO, che ha fatto di tutto insieme al presidente ucraino e a quello americano per scatenare una reazione russa, mi chiedo dove sta la ragione e dove sta il torto.

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