Mancano poco più di due anni al grande evento. Separando i fatti dalle opinioni, sembra che dopo l'exploit del bid book che ha consentito a Nova Gorica di raggiungere lo straordinario obiettivo della nomina a capitale europea della cultura, non sia accaduto granché. O meglio, sono avvenute molte cose, ma non nel senso di una decisa accelerazione del processo di avvicinamento all'appuntamento del 2025.
Il fatto è che, dopo la breve direzione affidata a Kaja Širok, chiamata giustamente poco tempo dopo la nomina da Golob nel nuovo e promettente governo sloveno, non c'è ancora un nome e un'équipe ai quali riferirsi per sapere come andranno le cose. Non c'è ancora neppure un direttore del GECT/EZTS, si va avanti da molto tempo con peraltro validi "facenti funzione". I progetti languono e quelli in via di attuazione suscitano più critiche che consensi. Due "grandi opere" simbolicamente testimoniano la malinconia del momento. Il primo è quell'ormai indefinibile pozzo senza fondo chiamato ascensore al castello della vecchia Gorizia, "fermo" nonostante i continui annunci e i fiumi di euro pubblici, da più di venti anni. Il secondo è il ponte dell'attesissima ciclabile sull'Isonzo/Soča a Solkan, completato proprio grazie al GECT/EZTS da quasi due anni e "fermato" dalla sensazionale scoperta che la riva destra del fiume rischia di franare travolgendo il percorso previsto per il collegamento con il Sabotino. Ma possibile che gli enti preposti - al GECT la passerella, agli altri la sistemazione della collina - non si siano confrontati prima di avviare i dispendiosi lavori? I quotidiani locali annunciano il bando per la trasformazione della Piazza Transalpina detta anche Trg Evrope. 150 giorni per produrre il progetto (e si arriva a fine gennaio 2023), chissà quanti per l'esame e la scelta, chissà quanti altri per attendere il responso in caso di (ordinari) ricorsi, chissà quanti altri per il progetto esecutivo, chissà quanti altri per l'inizio dei lavori e per il loro completamento. A parte che la piazza poteva andare benissimo anche così - ma qua siamo già nell'ambito delle opinioni - ragionevolmente e con la speranza di risultare eccessivamente pessimisti, si può ipotizzare che la sua inaugurazione non possa essere prevista prima dell'anno 2027. Sempre naturalmente che non si verifichino intoppi, nel qual caso - come rispose il compianto sindaco Romoli a una specifica domanda, intorno al 2010, relativa alle opere in castello - non resterebbe altra soluzione che quella di incrociare le dita.
Al di là delle questioni tecniche e procedurali, resta l'aspetto culturale, non secondario rispetto a un evento che riguarda anzitutto la cultura. Non è che si veda qualcosa di nuovo. La lingua slovena nelle scuole italiane di Gorizia e quella italiana in quelle di Nova Gorica rimangono un sogno e ormai il tempo per sperare in qualche cosa id nuovo è quasi scaduto. Le relazioni ordinarie da una parte e dall'altra dell'antico confine non sembrano aver riscontrato particolari approfondimenti. La contrarietà radicale alla (mia e di qualche altro goriziano) proposta di tener conto anche attraverso piccole scelte simboliche e toponomastiche della pluralità culturale che caratterizza le Gorizia è diventata addirittura un cavallo di battaglia del Sindaco Ziberna nella campagna elettorale che lo ha portato per la seconda volta sulla sedia del primo cittadino. La popolazione, almeno per ciò che concerne la "stara" Gorizia, non è informata e meno che meno coinvolta in alcun particolare progetto di formazione e informazione, se si escludono alcuni convegni lodevolmente proposti dalle associazioni maggiormente sensibili all'argomento.
Insomma, se non si è al punto 0, si è molto poco più avanti. Urge un cambiamento di rotta che consenta il cambio di passo. Forse è anche necessario un maggior coinvolgimento di soggetti che di cultura se ne intendono e che potrebbero fornire la vera ossatura dell'impianto programmatico della capitale europea 2025. Mi riferisco soprattutto, ma non solo, ai due Kulturni dom, di Nova Gorica e Gorizia, che potrebbero fornire l'esperienza e la straordinaria capacità di coordinamento che hanno sempre dimostrato. Intorno a loro si potrebbero aggregare tutti gli altri enti culturali e tutte le persone di buona volontà, anche gestendo i fondi necessari a far sì che l'appuntamento del '25 non serva solo a sistemare qualche strada o ad abbellire qualche piazza, ma possa essere l'avvio di una nuova concezione del territorio, percepito e vissuto come veramente e pienamente unico nelle sue diversità.
Ma il big ben sta per dire stop. O ci si sveglia o l'occasione è irrimediabilmente perduta.