mercoledì 31 agosto 2022

Svegliati Gorica, il 2025 è domani!

 

Mancano poco più di due anni al grande evento. Separando i fatti dalle opinioni, sembra che dopo l'exploit del bid book che ha consentito a Nova Gorica di raggiungere lo straordinario obiettivo della nomina a capitale europea della cultura, non sia accaduto granché. O meglio, sono avvenute molte cose, ma non nel senso di una decisa accelerazione del processo di avvicinamento all'appuntamento del 2025.

Il fatto è che, dopo la breve direzione affidata a Kaja Širok, chiamata giustamente poco tempo dopo la nomina da Golob nel nuovo e promettente governo sloveno, non c'è ancora un nome e un'équipe ai quali riferirsi per sapere come andranno le cose. Non c'è ancora neppure un direttore del GECT/EZTS, si va avanti da molto tempo con peraltro validi "facenti funzione". I progetti languono e quelli in via di attuazione suscitano più critiche che consensi. Due "grandi opere" simbolicamente testimoniano la malinconia del momento. Il primo è quell'ormai indefinibile pozzo senza fondo chiamato ascensore al castello della vecchia Gorizia, "fermo" nonostante i continui annunci e i fiumi di euro pubblici, da più di venti anni. Il secondo è il ponte dell'attesissima ciclabile sull'Isonzo/Soča a Solkan, completato proprio grazie al GECT/EZTS da quasi due anni e "fermato" dalla sensazionale scoperta che la riva destra del fiume rischia di franare travolgendo il percorso previsto per il collegamento con il Sabotino.  Ma possibile che gli enti preposti - al GECT la passerella, agli altri la sistemazione della collina - non si siano confrontati prima di avviare i dispendiosi lavori? I quotidiani locali annunciano il bando per la trasformazione della Piazza Transalpina detta anche Trg Evrope. 150 giorni per produrre il progetto (e si arriva a fine gennaio 2023), chissà quanti per l'esame e la scelta, chissà quanti altri per attendere il responso in caso di (ordinari) ricorsi, chissà quanti altri per il progetto esecutivo, chissà quanti altri per l'inizio dei lavori e per il loro completamento. A parte che la piazza poteva andare benissimo anche così - ma qua siamo già nell'ambito delle opinioni - ragionevolmente e con la speranza di risultare eccessivamente pessimisti, si può ipotizzare che la sua inaugurazione non possa essere prevista prima dell'anno 2027. Sempre naturalmente che non si verifichino intoppi, nel qual caso - come rispose il compianto sindaco Romoli a una specifica domanda, intorno al 2010, relativa alle opere in castello - non resterebbe altra soluzione che quella di incrociare le dita.

Al di là delle questioni tecniche e procedurali, resta l'aspetto culturale, non secondario rispetto a un evento che riguarda anzitutto la cultura. Non è che si veda qualcosa di nuovo. La lingua slovena nelle scuole italiane di Gorizia e quella italiana in quelle di Nova Gorica rimangono un sogno e ormai il tempo per sperare in qualche cosa id nuovo è quasi scaduto. Le relazioni ordinarie da una parte e dall'altra dell'antico confine non sembrano aver riscontrato particolari approfondimenti. La contrarietà radicale alla (mia e di qualche altro goriziano) proposta di tener conto anche attraverso piccole scelte simboliche e toponomastiche della pluralità culturale che caratterizza le Gorizia è diventata addirittura un cavallo di battaglia del Sindaco Ziberna nella campagna elettorale che lo ha portato per la seconda volta sulla sedia del primo cittadino. La popolazione, almeno per ciò che concerne la "stara" Gorizia, non è informata e meno che meno coinvolta in alcun particolare progetto di formazione e informazione, se si escludono alcuni convegni lodevolmente proposti dalle associazioni maggiormente sensibili all'argomento.

Insomma, se non si è al punto 0, si è molto poco più avanti. Urge un cambiamento di rotta che consenta il cambio di passo. Forse è anche necessario un maggior coinvolgimento di soggetti che di cultura se ne intendono e che potrebbero fornire la vera ossatura dell'impianto programmatico della capitale europea 2025. Mi riferisco soprattutto, ma non solo, ai due Kulturni dom, di Nova Gorica e Gorizia, che potrebbero fornire l'esperienza e la straordinaria capacità di coordinamento che hanno sempre dimostrato. Intorno a loro si potrebbero aggregare tutti gli altri enti culturali e tutte le persone di buona volontà, anche gestendo i fondi necessari a far sì che l'appuntamento del '25 non serva solo a sistemare qualche strada o ad abbellire qualche piazza, ma possa essere l'avvio di una nuova concezione del territorio, percepito e vissuto come veramente e pienamente unico nelle sue diversità.

Ma il big ben sta per dire stop. O ci si sveglia o l'occasione è irrimediabilmente perduta.

martedì 30 agosto 2022

Progetto Robin Hood

Non occorre essere profeti per prevedere un autunno molto ma molto delicato.

Le bollette relative al consumo energetico, in particolare al gas, stanno mettendo in ginocchio le famiglie e soprattutto le piccole e medi imprese. Sono in vista chiusure sistematiche, con conseguente drammatica crescita delle povertà, mentre molte grandi realtà industriali si riciclano secondo convenienza, lascando sulla strada migliaia di lavoratori.

Mentre la situazione si fa sempre più grave e la guerra tra Ucraina e Russia continua, quasi tutto il mondo politico italiano, impegnato nella finora più surreale delle campagne elettorali, sembra vivere su un altro Pianeta, strutturalmente incapace di riconoscere e affrontare i problemi.

La situazione generale, già in precedenza delicata, è precipitata contestualmente alle sanzioni votate contro la Russia e alla scelta di molti governi nazionali di investire miliardi di euro in armi che altro non sono servite che a prolungare a tempo indeterminato l'assurdo conflitto. Come nella più classica delle onde di rientro, ciò che avrebbe dovuto indebolire Putin ha invece portato i Paesi dell'Unione europea sull'orlo del collasso. I governi, compreso quello di Draghi, sostenuto con entusiasmo da un'inedita maggioranza trasversale - dal Pd alla Lega - probabilmente unita dal solo desiderio di raggiungere il tempo necessario a maturare i vitalizi per i parlamentari, hanno una grave responsabilità. E' anche a causa del loro pervicace schieramento a favore di Zelensk'ij e della scarsa iniziativa di trattativa per la pace, tanto invocata da Papa Francesco, che ci si trova in questo frangente così drammatico.    

Che fare adesso? Quali soluzioni? Un ritorno all'Agenda Draghi, incentrata sulle più convinte prospettive neoliberiste degli ultimi decenni?

No, l'unica soluzione possibile sarebbe quella indicata dal "Progetto Robin Hood", togliere ai ricchi per dare ai poveri. Occorre un sistema di tassazione diametralmente opposto a quello prospettato nella cosiddetta flat tax, è necessario aumentare la pressione su chi più ha, per poter immaginare di continuare a far andare avanti lo Stato, in particolare lo Stato sociale. 

Perché per esempio non tassare le eredità, aumentando fortemente la tassa di successione, tenendo conto che ciò che si riceve non deriva dalla propria capacità produttiva, ma solo dalla fortuna di far parte di una famiglia facoltosa, un po' come vincere al lotto?

Perché non avere il coraggio di tassare fortemente le seconde e terze case, molto spesso divenute soltanto vuoti investimenti? Si incentiverebbe la disponibilità ad affittare a chi ne ha bisogno, si ripopolerebbero centri storici malinconicamente caratterizzati dalle imposte chiuse, si ridurrebbe il consumo del suolo, reso necessario dalla cronica e colpevole mancanza di alloggi?

Perché non impedire la libera professione a chi ha già un incarico pubblico? Si colpirebbe l'odiosa tendenza a dividere l'umanità tra un piccolo gruppetto di privilegiati che si possono permettere sanità e scuola privata e la gran massa di cittadini costretti ad affrontare dei servizi pubblici sempre più carenti di personale e di strutture con livelli minimi di qualità?

L'elenco delle domande potrebbe allungarsi molto, sono le risposte la merce rara da individuare. Anche in campagna elettorale, dove sembra che un unico partito - abbastanza silenziato dai media nazionali - sembra mettere l'accento su questi e su tanti altri problemi quotidiani.

sabato 27 agosto 2022

Per non dimenticare il Lussari...

 

Questa fotografia, scattata il 18 giugno dalla cima del Monte Lussari, presenta uno degli scenari più incantevoli delle Alpi Giulie. A sinistra c'è il gruppo dello Jof Fuart (m.2666), con le cime Madri dei Camosci e la piccola Innominata. A destra lo Jof di Montasio (m.2753), con  la sua lunga e compatta cresta. In primo piano ci sono le dorsali alberate, alla base della rocciosa Cima Cacciatore (m.2081), tagliate dalla strada sterrata che sale dalla Val Saisera. Come si può vedere, è un manufatto che attraversa un terreno abbastanza franoso. La strada non è accessibile alle autovetture private, chi vuole salire senza fatica può usufruire della comoda e moderna ovovia che sale da Camporosso. Rende possibile l'accesso a land rover o auto 4x4 ai lavoratori negli esercizi turistici che circondano il Santuario, come pure ai preti della parrocchia. Alcuni anni fa, il sacerdote responsabile della chiesa, forse a causa di un malore, era uscito di strada e aveva perso la vita. In ogni caso, la strada richiede una costante manutenzione, dati anche gli sbalzi notevoli di temperatura tra i rigidi inverni e le calde estati. 

Così come era, almeno fino alla data della foto, consentiva anche qualche attività sportiva. Se è vero che i pellegrini e gli escursionisti hanno sempre preferito salire da Borgo Lussari contemplando la bella Via Crucis, i cultori della mountain bike non si sono lasciati intimorire dai quasi mille metri di dislivello, raggiungendo a suon di pedalate l'agognata vetta.

Ora, nonostante tutte le proteste e le perplessità, c'è da prendere atto del fatto compiuto. Con la scusa ufficiale della necessità di "mettere in  sicurezza" la strada, grazie a un cospicuo finanziamento iniziale di oltre un milione e mezzo di euro, una colata di cemento ha trasformato in parcheggio l'area tra l'arrivo della funivia e la scalinata della chiesa ed è stata riversata come un fiume lungo tutto il percorso fino a valle. Molti, soprattutto chi è più coinvolto nella vita quotidiana del piccolo borghetto che circonda il tempio, hanno applaudito all'iniziativa ritenendola consona alle loro aspettative. A nessuno è tuttavia sfuggito un aspetto legato alla civitas dello spettacolo. Sembra infatti ormai certo l'arrivo della penultima tappa (a cronometro) del prossimo Giro d'Italia sulla cima del Lussari, "vetrina" per lanciare il turismo di massa e occasione per portare nel cuore delle montagne friulane il grande carrozzone che accompagna la più importante corsa a tappe nazionale.

Per molti motivi queste due scelte non piacciono al mondo ambientalista, ma anche a quello degli amanti della montagna. C'è davvero bisogno di una così impattante cementificazione di uno dei più bei luoghi delle Giulia? Non bastano i già fin troppo numerosi impianti di risalita e sciistici? Non è una specie di profanazione di un mondo ancora relativamente incontaminato, un inserirsi a gamba tesa in una zona dove è ancora possibile godere - soprattutto all'alba - degli incontri con i camosci e gli stambecchi? Ha senso - sia pure per una sola giornata - portare migliaia di persone a vedere i corridori preceduti dai loro mille sponsor, dalle rombanti moto e sovrastati dagli elicotteri della televisione? Il Lussari ha proprio bisogno di un simile battage pubblicitario, non rischia piuttosto di perdere quell'aura di bellezza e spiritualità che lo rendeva meta preferita di tanti camminatori entusiasti? 

Non si tratta di impedire la realizzazione di una manifestazione importante e avvincente come è il Giro d'Italia, meno che meno di penalizzare l'invito ad andare in bici, soluzione tanto semplice quanto ovvia per risolvere i problemi di traffico e salute dentro e fuori dalle città. Ma perché cementificare la strada del Lussari, quando in Friuli Venezia Giulia e nelle vicine Slovenia e Carinzia ci sono tante bellissime salite, già belle e pronte senza dover devastare il Monte dei tre popoli, sacro alla pace, al dialogo e alla convivenza tra le diverse culture? Perché investire tanti soldi per un solo "giorno da leone" quando il turismo in bicicletta richiede con urgenza il completamento del tracciato dell'Alpe Adria, in particolare tra Udine e Moggio Udinese, nonché la realizzazione convinta dei nuovi piani del traffico all'interno dei capoluoghi?

Personalmente ho percorso il sentiero del pellegrino più di cinquanta volte, raggiungendo quasi sempre anche Cima Cacciatore. Ho visto i cambiamenti che di volta in volta, dal lontano 1975 a oggi, hanno trasformato il percorso, sempre meno selvaggio, sempre più asservito alle necessità degli sciatori e all'indotto da esse derivato. Tuttavia finora le trasformazioni hanno intaccato, ma non del tutto cancellato la meraviglia del luogo. Certo, le ferite inferte a boschi per allargare le piste non si contano, l'interramento del laghetto che si incontrava un tempo poco prima dell'arrivo al santuario ha tolto di mezzo uno dei punti più romantici e affascinanti dell'intero cammino. Comunque sia, nonostante ciò, il fascino e la spiritualità del Lussari hanno resistito finora all'assalto. Ma ora, il consumo del suolo coperto dal cemento e il grande businnes portato nelle alte quote, offriranno forse un momentaneo locale boom economico, ma certamente allontaneranno i veri appassionati della montagna, i pellegrini spirituali e anche, certamente, i ciclisti, al primo posto tra gli amanti della Natura e delle cose belle.

Poltrone o strapuntini?

Mutatis mutandis, la relazione politica in una democrazia corrisponde a quella interpersonale. 

Ogni essere umano è infatti un enigma, anzitutto per sé stesso e a maggior ragione per gli altri. Ogni sano rapporto presuppone che non ci siano né la totale estraneazione né la completa assimilazione. Nel primo caso ognuno resta completamente sé stesso, del tutto isolato dall'altro, nel secondo caso l'omologazione cancella l'individualità soffocando di fatto la specificità e l'originalità di ciascuno.

La Politica dovrebbe essere il luogo delle relazioni sociali, là dove il rappresentante eletto dovrebbe, come dice la parola, "rappresentare" le istanze dei suoi elettori. Essendoci all'interno dello Stato tante visioni della vita e concezioni del mondo quanti abitanti, dovrebbero essere identificabili alcune aree generali di riferimento che "prendano le parti" (= partiti) degli uni o degli altri. Le elezioni, determinate dalla capacità di ciascuno di creare consenso, dovrebbero servire a stabilire i rapporti di forza, sulla base dei quali individuare e approvare le leggi indispensabile alla garanzia della vita sociale. Non si tratta quindi della ricerca di compromessi minimali, meno che meno di rapporti di forza nei quali la "maggioranza" impone e la "minoranza" contesta a prescindere. Si tratta invece di una vera e propria arte della relazione, là dove ciascuno offre la ricchezza del proprio contributo e - tenendo conto dei numeri determinati dai votanti - tutti insieme si cercano non il minimo comune multiplo e non ovviamente solo l'interesse della propria parte. Si persegue invece il massimo comune divisore, ovvero la scelta che tiene in considerazione più possibile i punti di vista di tutti. 

Perché questo ideale si possa realizzare, ci sono alcune condizioni che attualmente purtroppo non sono prese in considerazione.

Prima di tutto è necessaria la riscoperta dei fondamenti filosofici di un'umana convivenza. Ciò significa che tutto il "sistema", a partire dai percorsi didattici e formativi, dovrebbe aiutare ogni persona a trovare il proprio "senso della vita" e a identificare quale sia il gruppo o il soggetto che meglio potrebbe rappresentare tali valori nelle sedi legislative e nel dibattito politico. Quando si va a votare, prima di mettere la fatidica crocetta e di scrivere (ahimé, là dove viene concesso) il nome preferito, si dovrebbe rispondere alla domanda: quale partito è maggiormente vicino alle mie idee? chi potrebbe esprimere al meglio ciò che io penso? A pensarci bene, è il contrario di quanto avviene in questa campagna elettorale, dove le domande guida sembrano essere: quale partito garantisce meglio i propri più immediati interessi? chi devo votare per impedire che possa vincere l'altro?

In secondo luogo, solo un sistema proporzionale potrebbe garantire questa concezione pienamente democratica della politica. Infatti una più ampia rappresentanza potrebbe corrispondere a un più ampio ventaglio di proposte, favorendo la negoziazione e il dialogo fra le parti. L'unica limitazione dovrebbe essere la fedeltà alla carta fondamentale, la Costituzione, unico criterio per definire chi ha il diritto di partecipare e chi no.

Terzo, ma non ultimo, anche se apparentemente populista, è il problema dei vantaggi economici che spettano ai rappresentanti eletti, in parlamento o nei consigli regionali, non certo nelle assemblee degli enti locali. Gli stipendi da capogiro e gli incredibili privilegi che spettano a deputati, senatori e consiglieri regionali portano gli "eletti" molto lontano dagli elettori, creando inevitabilmente una casta inavvicinabile e inarrivabile, come dimostrato dagli ordinari dibattiti pre e post elettorali. La soluzione ci sarebbe anche stata, ma ormai sembra difficile ritornare su questi temi. Era necessario come minimo dimezzare tutti gli stipendi e i rimborsi, non diminuire il numero dei parlamentari. Si sarebbe realizzato il risparmio, senza intaccare la democrazia.

Fino a quando i compensi - e i conseguenti privilegi - saranno così scandalosamente lauti, gli scranni di Montecitorio e di Palazzo Madama (ma anche quelli dei consigli regionali) saranno poltrone nelle quali affondare radici e non scomodi strapuntini sui quali servire veramente il bene e i beni comuni.

mercoledì 24 agosto 2022

La guerra continua

Per la povera gente dell'Ucraina che muore sotto le bombe, per le donne e gli uomini nel mondo impauriti dalla possibile distruzione dei reattori nucleari di una delle più grandi centrali del mondo, per la crescente opposizione dei russi che vogliono la pace, per il Papa che non esita a definire "pazzi" quelli che la scatenano e "delinquenti" i commercianti di armi, per i media europei e italiani che ne parlano a volte ricordando a volte dimenticando... la guerra continua.

Perché poi continui, da oltre sei mesi, è sempre meno chiaro. I russi sembrano aver ottenuto il loro dichiarato obiettivo, riportare Donbass e Crimea nella loro area di influenza. Eppure non sembrano aver alcuna intenzione di fermare l'offensiva. Gli ucraini sono sempre più agguerriti e bellicosi, affermano che il loro obiettivo non è la pace ma la vittoria totale e l'annientamento del nemico russo.

I Governi occidentali appoggiano un tipo come Zelenskij, Mattarella lo elogia calorosamente e, dopo averle seminate, toglie onorificenze di qua e di là. Draghi si schiera senza esitazioni dalla parte di chi intende risolvere i problemi attraverso l'invio di armi sempre più sofisticate, di droni in grado di minacciare i luoghi più delicati della tormentata area. Gli apparenti avversari politici, in piena campagna elettorale, sembrano (sì, "sembrano") divisi su tutto, si scatenano gli uni contro gli altri, ma su questo punto vanno (quasi) tutti d'amore e d'accordo. Tra Letta e Meloni, tra Salvini e i Calendiani si fa a gara su chi la spara più grossa, sulla necessità di salvaguardare con gli armamenti le legittime aspirazioni all'indipendenza degli ucraini (ma non le altrettanto legittime dei russi del Donbass e della Crimea).

Le impressioni sono due. La prima è che ci si trovi ancora al punto di partenza e che migliaia di morti, distruzioni sistematiche di case, fabbriche e infrastrutture non siano serviti ancora a nulla. Non solo non si parla di negoziato, ma le "ragioni" degli uni e degli altri sono meno chiare che mai. L'unica certezza è il dolore degli innocenti, dilaniati dalle trame violente, crudeli di Putin e dal sostanziale rifiuto di ogni dialogo da parte di Zelenskij. La seconda impressione è che in realtà la posta in gioco sia molto diversa da quella che viene mostrata sulle prime o seconde pagine dei giornali. Perché questa guerra assurda continua? Evidentemente perché a qualcuno ve bene così, ai costruttori e venditori di armi, agli USA, all'Unione europea, ai mercati delle risorse energetiche, al fascista Erdogan che ripulisce la sua fedina presentandosi come il negoziatore super partes, alla Cina che alza il tiro delle proprie rivendicazioni su Taiwan. Ancora una volta si manifesta il divario tra le esigenze della gente che non vuole la guerra e quelle degli interessi macroeconomici internazionali che hanno bisogno della guerra per poter alimentare il mostro del neoliberismo.

Domenica 11 settembre ci sarà una manifestazione sul monte Sabotino, promossa dal Comitato per la pace di Gorizia e Nova Gorica. Si salirà verso la cima, con quattro tappe, parlando di accoglienza e libera circolazione, giustizia e pace, legalità e ambiente, salvaguardia dei diritti di tutti. Sarà un gesto simbolico, finalizzato anche a ricordare ai Sindaci di Nova Gorica e di Gorizia la loro promessa di invitare i negoziatori di Ucraina e Russia a iniziare un confronto serio e costruttivo proprio sul nostro confine, dove nel passato si è versato tanto sangue e ora ci si appresta a diventare capitale europea della Cultura. Era solo una boutade elettorale o veramente è stato inoltrato tale invito?

domenica 21 agosto 2022

Il quotidiano abbraccio tra le tenebre e la luce

La terra è già impregnata di una greve oscurità che non riesce a sopraffare i contorni. Si intravvedono gli alberi sulla cresta, testimoni muti di un bosco potenzialmente immenso. Le alture si rivestono della dignità della Montagna, siano dolci colline che si innalzano sopra teorie di vigne in attesa della vendemmia incipiente, siano massicci rocciosi abitati un tempo dagli dei prima di essere prese d'assalto da alpinisti coraggiosi. Il buio conferisce un alone di mistero, si risvegliano i folletti nella foresta e le fate uniscono la loro voce alla tintinnante sorgente del ruscello arcano. I richiami degli uccelli notturni si uniscono al concerto degli animali alla ricerca di una succulenta preda. E' il momento del silenzio, la tregua dal combattimento esistenziale, un istante di pace, anche se non è ancora mezzanotte dottor Schweitzer.

Nel cielo prosegue intanto la danza del tramonto. Il sole cerca di respingere l'assalto delle nuvole che hanno occupato l'orizzonte nelle ore precedenti. Ecco il sereno rompe là da Ponente alla montagna... A Levante nubi plumbee ricordano il temporale recente, il vento le trascina verso la luce e i loro filamenti intessono un'avvincente danza luminosa. Si creano, svaniscono e si trasformano mille forme pennellate da una mano invisibile, mentre gli angeli dell'immaginazione proclamano con la musica celeste un vangelo che solo i piccoli possono intuire. E' il momento della Bellezza, spazio effimero di Vita, collocato tra l'Inquietudine e il Dolore. E tra poco, caro Giacomo, che fai tu Luna in ciel?... 

Il rumore di un aereo interrompe la magia. Si riaccendono il fascino e la drammaticità dell'umana avventura. Il grido dell'ingiustizia scuote le montagne e si perde nell'infinità del cielo. La speranza di una luce perfora le tenebre senza annientarle. Occorre la lotta, occorre la resistenza, occorre - soprattutto - un infinito Amore, universale e individuale, individuale e universale.

Dalla parte dello Stato sociale...

Non preoccupatevi, potete continuare tranquillamente a leggere, non ho alcuna intenzione di parlare della flat tax.

Voglio invece sottolineare un dato di fatto.

Nel corso del XX secolo, si erano confrontate e scontrate due visioni antitetiche della società e dell'economia.

Da una parte c'era la visione liberale che, in parole povere, privilegiava la libertà di azione dell'imprenditore e limitava al massimo l'intervento dello Stato. La logica di tale tale posizione nasceva - almeno a parole - dalla convinzione che la crescita dell'iniziativa di pochi illuminati imprenditori, avrebbe concorso al benessere di tutti, attraverso la creazione di posti di lavoro e la corresponsione di salari adeguati che avrebbero dovuto incrementare virtuosamente la dinamica tra produzione e consumo. Per ottenere questo risultato, sostenuto da tutti i governi conservatori, è necessario ridurre al minimo la tassazione, con conseguente affidamento dei servizi essenziali al privato, legato ai potentati economici, a discapito dell'ambito pubblico che manterrebbe, per quanto possibile, soltanto una superficiale funzione di controllo.

Dall'altra si era stabilizzata una visione più sociale, fondamentalmente animata da una concezione opposta della crescita globale. In questo caso lo Stato assume una funzione di grande importanza, garantendo a quanti più cittadini possibili condizioni di benessere e di tutela dei più importanti diritti, alla vita, alla salute, al lavoro, all'istruzione. La crescita complessiva del sistema sociale dovrebbe, in questo orizzonte, favorire anche un progresso economico complessivo, là dove l'imprenditore dovrebbe mettere a disposizione la sua competenza e capacità non del proprio arricchimento individuale ma del bene comune di una determinata realtà. Ovviamente, in questa ottica, portata avanti dai governi cosiddetti progressisti, le tasse non possono che essere elevate e determinate dall'asserto secondo il quale chi più possiede più deve mettere a disposizione di tutti, ciò che ha.

La visione liberale ha ancora un grande spazio nel mondo capitalista attuale e viene clamorosamente sostenuta anche da elettori molto lontani dal mondo dell'imprenditoria. Essi votano le compagini conservatrici, convinti della bontà delle loro promesse, enfatizzate da sapienti campagne mediatiche. Ciò accade - e sembra che la storia stia per ripetersi anche in Italia tra poco più di un mese - nonostante il fatto che tutti gli indicatori scientifici abbiano dimostrato che l'abbassamento delle tasse ai ricchi non abbia mai fatto crescere l'economia di nessun Paese, provocandone al contrario il tracollo a causa dell'indebitamento dello Stato, impossibilitato a rispondere alle più immediate necessità della stragrande maggioranza dei cittadini. Così accadde, solo per portare un esempio tra centinaia possibili, negli USA di Ronald Reagan, dove l'abbassamento sensibile della tassazione, portò lo Stato sull'orlo del collasso e costrinse il successore Bill Clinton a una politica di sacrifici e austerità per poter salvare il Paese.

Il fatto è che, ovunque si sia dato credito al principio "più imprenditoria meno Stato", il risultato è stato, a livello locale e globale, la crescita della distanza tra i sempre più numerosi e poveri poveri e i sempre meno numerosi e sempre più ricchi ricchi.

Questo è da tenere presente, al di là delle schermaglie di facciata tra gruppi d'opinione, nel momento in cui si va a votare, per sapere la posta in gioco e non essere presi in giro (per usare un eufemismo).

venerdì 19 agosto 2022

Un'opera d'arte da salvare

 

Sempre grazie a quell'acuto osservatore che è Nevio Costanzo, ho scoperto, qualche anno fa, questo affresco, in uno dei più bei luoghi "storici" di Gorizia.

Difficilmente chi non lo conosce, può sapere dove si trova. Non è all'interno di una chiesa o di una cappella. O meglio, non lo è attualmente, fino a un bel po' di tempo fa era ben custodito in un sacello. Oggi invece è al termine di un portico storico, nella sempre più bella e sorprendente Via Rastello. Occorre arrivarci sotto e alzare lo sguardo per accorgersi di questa meraviglia.

E' evidentemente una crocifissione, dipinta secondo schemi classici e tradizionali. Al centro c'è la croce, con un volto di Cristo rovinato ma ancora emozionante, nel suo luminoso sguardo carico di sofferenza e di amore. A sinistra si riesce a distinguere la Madre in atteggiamento orante, ma la figura più commovente è quella di Maria Maddalena, addolorata ai piedi della croce. Sulla destra altri personaggi, un po' confusi e appassiti dal tempo e dall'umidità, di certo Giovanni, forse Longino, il soldato romano che aveva colpito con la lancia Gesù e che poi si era convertito al punto da essere annoverato nell'elenco dei santi.

E' un dipinto artisticamente pregevole, a occhio inesperto forse espressione di qualche buon pittore del glorioso Ottocento Goriziano, probabilmente ben studiato da qualcuno dei nostri ottimi storici o storici dell'arte. E' un peccato che vada in rovina e forse non occorrerebbe aprire un mutuo per un intervento di salvaguardia e restauro.

Un appello quindi, al Comune o a chi per lui: restauriamo e salviamo l'affresco di Via Rastello. Ci avranno pensato sicuramente già altri a raccomandarlo, in questo caso soltanto mi aggrego. E' da salvare, in quanto tassello, piccolo ma significativo, di quella storia di fede, di cultura e di arte che è la vicenda di ogni abitante di Gorizia. E' un angolo nascosto, ma da non dimenticare, in attesa del 2025.

mercoledì 17 agosto 2022

C'è qualcuno? Interrogativi alla Politica...

Si sente parlare molto di programmi e più o meno si conoscono gli orientamenti generali delle vare formazioni politiche. Su alcuni temi tuttavia non è così facile sentir parlare con chiarezza. Qualche esempio?

Politiche del lavoro. C'è qualcuno che propone il classico "lavorare meno, lavorare tutti" oppure un sistema in grado di valorizzare la competenza di ognuno e di retribuire ciascuno secondo le sue effettive necessità? Che si impegna per la riduzione drastica del divario tra i quadri d'azienda e i lavoratori? Che esplicitamente si muove contro ogni retaggio di mafia, in ogni regione d'Italia, oltre che di ogni forma associativa in qualche modo finalizzata a favorire alcuni cittadini piuttosto che altri? 

Politiche del welfare e della sanità. C'è qualcuno che propone il trasferimento di enormi risorse sulla sanità pubblica, penalizzando quanto più possibile il sistema privato a scopo di lucro, con il superamento della sempre più marcata distinzione tra cittadini di serie A (pochi) e di serie Z (tantissimi)? C'è chi vuole incrementare il reddito di cittadinanza con investimenti a sostegno delle persone maggiormente in difficoltà e del vero superamento delle immense sacche di povertà presenti nel Paese?

Politiche dell'accoglienza. C'è qualcuno che propone una legge sull'immigrazione basata sull'accoglienza e non sul respingimento, in grado di sostituire la famigerata Bossi-Fini, brutta copia della precedente Turco-Napolitano? C'è chi si impegna ad abolire i CPR (in questi giorni 600 migranti in condizioni incredibili a Gradisca!) entro i primi 30 giorni di Governo? C'è chi pensa alla piena "libera circolazione delle persone"?

Politiche della scuola e della formazione. C'è qualcuno che propone una scuola pubblica statale, non finalizzata alle necessità del sistema capitalista, ma alla crescita integrale della persona, in tutte le sue dimensioni, non burocratizzata, ma fondata sulla valorizzazione piena di ogni soggetto in essa protagonista?

Politiche dell'ambiente. C'è qualcuno che propone qualcosa di concreto e alternativo contro il riscaldamento globale e a favore della mobilità sostenibile e dei servizi di trasporto pubblici? Che si impegni concretamente a contrastare ogni ulteriore cementificazione e consumo del suolo (vedi Giro d'Italia sul Lussari...) da parte delle lobby che gestiscono i mega centri commerciali o gli interessi delle compagnie petrolifere e dell'asfalto?

Politiche del carcere. C'è qualcuno che propone l'attuazione della Legge Gozzini (1986), abolendo la prigione per reati con pena inferiore ai tre anni e realizzando un efficace sistema di pene alternative al carcere, ben più corrispondenti ai diritti umani e tra l'altro molto meno onerose dal punto di vista finanziario?

Ecc. ecc.... C'è qualcuno? Sì, sono convinto che qualcuno ci sia. Bene, quello io lo voterò.

martedì 16 agosto 2022

Morire di carcere in Italia

Nelle ultime settimane le notizie che giungono dal pianeta carcere in Italia sembrano un bollettino di guerra.

Le cifre sono spaventose. Solo fino al mese di agosto 2022 ci sono stati 51 suicidi (fonte http://www.ristretti.it/areestudio/disagio/ricerca/), il che significa che più della metà dei decessi avvenuti tra le mura di una prigione sono stati determinati da un atto volontario, da una muta protesta verso condizioni di detenzione disumane.

La situazione è drammatica e se ne parla troppo poco. Ci sarà qualche programma elettorale che proporrà una riforma radicale del sistema carcerario?

La disumanità della situazione è infatti tutta politica, dipendendo essenzialmente da questioni di ordine organizzativo e dalla non piena applicazione di leggi illuminate come la famosa "Gozzini" (663/1986). Quella normativa era basata sulla concezione della pena riabilitativa come superamento e cancellazione della pena punitiva. Tra le intuizioni più importanti c'era l'avvio di un programma di pene alternative al carcere e di sostegno al rientro del detenuto nella vita ordinaria, lavorativa e familiare.

Queste ottime prospettive si sono infrante contro il sovraffollamento delle strutture, provocato anche da leggi insensate o comunque malintese, come quelle relative al piccolo spaccio di stupefacenti e soprattutto alle conseguenze delle ancora purtroppo vigenti norme sull'immigrazione. Si aggiunga a ciò l'inadeguatezza della maggior parte delle case di detenzione, spesso vetuste, prive di spazi vivibili, con camerate strette senza alcuno spazio di privatezza. E si aggiunga anche la carenza di personale, con turni massacranti che non giovano certo al bene-stare di chi in carcere è costretto a starci e di chi ci lavora.

Occorre un grande salto di qualità. Anzitutto occorre depenalizzare i reati che prevedono pene inferiori ai tre anni, liberando così una parte assai cospicua della popolazione carceraria. Naturalmente occorre investire in convenzioni efficaci con gli enti locali, le cooperative e il privato sociale, in modo da garantire efficaci percorsi di riabilitazione e di reinserimento nella vita sociale. Constatata la numerosa presenza di detenuti stranieri, è necessario anche prevedere un'efficace mediazione culturale, oltre che un'armonizzazione delle leggi esistenti. Un amico orientale, dopo aver vissuto due anni in una prigione italiana, è uscito ed è stato portato direttamente nel Centro per il Rimpatrio. Ricevuto il foglio di via, con l'intimazione ad andarsene nel suo Paese entro brevissimo tempo, ma non potendo rientrare per normativa covid, si è trovato sulla strada senza alcuna possibilità di sopravvivenza legale. Per fortuna, nel suo caso, è intervenuto don Alberto e lo ha ospitato in casa sua fino a nuovo ordine. Ma se non ci fosse stato questo straordinario personaggio, vero "apostolo dei detenuti", cosa sarebbe stato di quel povero giovane? E cosa è stato ed è di migliaia e migliaia di quasi ragazzi che si trovano nella sua stessa situazione?

Qualcuno ha detto che "il livello di civiltà di una Nazione è rivelato dallo stato delle sue prigioni". Avendone visitate parecchie, dall'Africa all'Asia e molto soprattutto in Italia, posso testimoniare che questo aforismo corrisponde senz'altro a verità. Ma, se è così, c'è poco da stare allegri. Occorre mettere mano subito alla riforma del sistema carcerario. Solo così potremo dare un senso alle 51 persone che hanno deciso di togliersi la vita in questi ultimi otto mesi. 

Il loro grido terribile e silenzioso non resti inascoltato. 

lunedì 15 agosto 2022

Tutti insieme momentaneamente...

C'è un grande dibattito in vista delle prossime elezioni. Tra le tante discussioni, una ritorna frequente. C'è davvero così grande differenza tra le due coalizioni almeno sulla carta in grado di raggranellare il maggior numero di preferenze?
"Certo che c'è!" Rispondono scandalizzati gli esponenti del Centro Destra e promettono sconquassi autoritari, ovviamente irrealizzabili all'interno dell'attuale quadro politico nazionale e internazionale.
"Certo che c'è!" Rispondono ancor più scandalizzati gli esponenti del Centro Sinistra e promettono di realizzare ciò che essi stessi negli anni precedenti non hanno fatto, pur avendone la possibilità.
"Certo che c'è!" Rispondo anch'io, ma c'è solo in teoria perché poi in realtà, alla prova dei fatti, gli uni e gli altri devono fare solo e semplicemente quello che altri, in sedi planetarie ben più influenti di qualsiasi Parlamento nazionale, obbligano senza troppi complimenti a fare.
Allora, al Partito Democratico che promette stato sociale, jus soli, pace duratura, scuola straordinaria e così via, si possono porre alcune domande, dal momento che i protagonisti attuali sono più o meno gli stessi degli ultimi trent'anni?
Perché non lo avete fatto prima? Perché non si è votato lo jus soli, quando la maggioranza avrebbe dovuto farlo? Minniti non ha fatto parte di un governo sedicente di Centro Sinistra, con i famigerati accordi con la Libia? Il sostegno perinde ad cadaver del Governo Draghi è ancora all'ordine del giorno? La "buona scuola" è stata inventata dal centro sinistra o dal centro destra? E i tristi CPT, attuali CPR, chi li ha voluti, il centro sinistra o il centro destra? E l'invio delle armi in Ucraina, chi lo ha voluto più di tutti? Per non parlare del Rosatellum, la peggior legge elettorale della storia repubblicana, di chi porta la firma? E la diminuzione del numero di parlamentari, ne vogliamo parlare, con il rischio tra l'altro che una scelta scellerata delle segreterie dei partiti (guai se così fosse!!!) cancelli per la prima volta la presenza della componente linguistica e culturale slovena dal Parlamento?
E si potrebbe andare avanti ancora molto... 
Perché questi elenchi? Per dire che nell'enunciazione dei programmi elettorali il centro destra e il centro sinistra sono senz'altro molto lontani, ma nel momento in cui devono governare effettivamente non sono poi così distanti.
E allora?
Allora anzitutto qualche piccolo "mea culpa" sarebbe gradito. "Abbiamo sbagliato sì, ci dispiace, ma non succederà più...". In secondo luogo occorre deporre quell'antipatico senso di superiorità intellettuale, che può anche essere giustificato da una capacità di analisi certamente degna di nota, ma che viene percepito sempre più dagli elettori come una sorta di distacco dalla realtà quotidiana. Lo stesso mettere in guardia costantemente dai pericoli di un'eventuale vittoria della destra, convince i già convinti e fa loro credere di essere gli unici, incrementa la distanza dalle persone ragionevoli già orientate a votare lo schieramento opposto e favorisce l'astensionismo di chi vorrebbe un vero cambiamento del sistema.
Se il centro sinistra vuole essere credibile, deve puntare a vincere convincendo la maggioranza degli elettori sulla bontà delle proprie posizioni, non certo imitando gli avversari politici ben più ferrati nel suscitare e stuzzicare le paure recondite - per lo più inventate di sana pianta - dei cittadini. E' più facile far credere alla gente l'assurda leggenda dell'Invasione dei migranti, piuttosto che dimostrare che dietro a una possibile vittoria del MSB (Meloni Salvini Berlusconi) si possa nascondere un disegno eversivo di ritorno al fascismo. Intendiamoci, non che non ci sia questo pericolo, la democrazia rappresentativa sta vivendo ovunque una crisi spaventosa, ma non la si può superare gridando "attenti al lupo", ma riconoscendo dove sia la vera tana del lupo, spesso ben mascherata da scintillanti paludamenti mediatici e ri-costruendo pazientemente i fondamenti di un autentico "potere del popolo". Il centro sinistra deve smarcarsi esplicitamente dal neoliberismo, aprire nuovi spazi e nuovi orizzonti nelle politiche del lavoro, dell'accoglienza, della pace. Devono essere spazi e orizzonti talmente nuovi da suscitare interesse e non noia, parole in grado di diventare legge e non vani slogan, a volte talmente stucchevoli, banali e imbarazzanti da far venire voglia di ritirarsi da account twitter o facebook presentati da nomi altisonanti.
Per il momento questo compito innovativo sembra esserselo assunto solo l'Unione Popolare, forse per ora forte della consapevolezza della propria (numerica) debolezza. Idee chiare e percorsi precisi per realizzarli, a livello nazionale, europeo e mondiale, anche grazie a un personaggio come De Magistris che conosce bene vizi e virtù della politica e che ha saputo amministrare bene una città difficile e complessa come Napoli. Con un po' di sforzo, non sarebbe stato poi così difficile stare uniti in un programma di autentico rinnovamento sociale e culturale, anche di volti della politica urgentemente da cambiare, se si fosse privilegiata la voglia di un reale cambiamento di sistema e di paradigma, piuttosto della necessità di stare tutti insieme momentaneamente, con l'unico scopo dichiarato di "battere le destre".

sabato 13 agosto 2022

Musica sull'acqua, a Kanal ob Soči

 

La sera del 12 agosto si è svolto un concerto straordinario, in grado di coinvolgere in un abbraccio emozionante la vista e l'udito di almeno un migliaio di spettatori.

Procedendo dal luogo, come non restare a bocca aperta davanti allo spettacolo del borgo di Kanal ob Soči? La delicata illuminazione evidenzia le forme armoniche del famoso ponte sull'Isonzo, mentre dalle case più  antiche saldamente ancorate alla roccia spunta l'originale campanile della chiesa dedicata a Santa Maria Assunta. Al termine dello spettacolo ha voluto rendersi presente anche la Luna, infondendo un ulteriore tocco magico a un panorama già di per sé mozzafiato.

Ma veniamo alla musica. Su una piattaforma ancorata al centro del fiume, al pianoforte siede un ottimo musicista. Si tratta di Ivan Skrt. Prima che inizi a suonare, si fa sentire con la sua dolce cantilena anche l'Isonzo/Soča, nello scorrere continuo delle acque increspate dal vento, tra i sassi levigati dal tempo.

Si inizia con un brano del compositore sloveno Marij Kogoj (1892-1956), "pezzo" d'obbligo, omaggio a un autore che ha vissuto gli anni della crescita proprio a Kanal. Le note vivificano il ricordo di un genio irrequieto e complesso. Non può mancare Fryderyk Chopin (1810-1849), anche le onde sembrano fermarsi ad ascoltare. Jules Massenet (1842-1912) tiene tutti con il fiato sospeso, accompagnando lo sguardo verso l'alto. Irrompe poi Sergej Rahmaninov (1873-1943), con la potenza trascinante dei suoi accordi. Conclude la serata Maurice Ravel (1875-1937), quasi un delicato augurio di buona notte, seguito da un applauso entusiasta e caloroso, quasi in contrasto con una temperatura esterna sorprendente, un freddo inatteso nel cuore di una delle più calde estati degli ultimi decenni.

Un grazie a chi ha organizzato questa straordinaria "lungo il fiume se sull'acqua". Arrivederci di sicuro al prossimo anno.

Trasporti pubblici tra Nova Gorica e Gorizia. Anno 0?

 

Un autobus a Gorizia (foto scattata il 13.8.2022)
Ci saranno state sicuramente valide motivazioni dietro la decisione di interrompere le corse dell'autobus transfrontaliero tra Gorizia e Nova Gorica. Comunque sia, oltre a essere stata molto discutibile, essa ha evidenziato due problematiche delicate, una simbolica, l'altra fino troppo concreta.

La prima riguarda l'eliminazione di un servizio pionieristico, avviato contestualmente all'ingresso della Slovenia nell'Unione europea, nel 2004. Si trattava di un importante "primo passo" verso quella normale integrazione di rapporti e relazioni che dovrebbe (ahimé, il condizionale è d'obbligo!) essere alla base della celebrazione di Nova Gorica e Gorizia capitale europea della Cultura 2025. Togliere di mezzo quella felice intuizione significa di fatto cancellarne l'alto valore simbolico e profetico, non in nome di una migliore efficienza, ma del nulla.

E questa è la seconda problematica, quella concreta. Se l'autobus transfrontaliero doveva essere il seme di una nuova concezione delle infrastrutture intracittadine tra Nova Gorica e Gorizia, occorre constatare che purtroppo da esso non sono nate né foglie, né fiori, né frutti. Allo stato attuale delle cose, non esiste un collegamento inter-nazionale cittadino. Non c'è più, dagli anni '70 del XX secolo, quel treno che si "prendeva" presso il mitico "binario 3" della stazione di Gorizia Centrale. Non c'è più l'autobus che passa in Slovenia dal confine di Via San Gabriele/Erjavčeva e consentiva di raggiungere il parcheggio delle corriere nel centro di Nova Gorica . Non c'è ancora neppure il Gorica bike, collegamento sulla carta non impossibile al livello raggiunto dalla tecnologia attuale, tra le colonnine di prelievo delle bici nelle due parti della città, da sempre invocato, da qualche anno promesso e per ora mai realizzato. Insomma niente di niente. L'auspicio è ovviamente quello che la musica cambi totalmente grazie all'occasione dell'EPK2025 (chiamiamola così oppure EPK/CEC2025 e non solo CEC2025, dal momento che l'assegnazione della capitale riguarda anzitutto Nova Gorica e la Slovenia). E' indispensabile un piano condiviso dei trasporti pubblici, rivedendo radicalmente le linee attualmente esistenti e proponendo una trasformazione totale degli itinerari, da rendere tutti transfrontalieri, tenendo conto delle esigenze dei cittadini, dell'efficienza dei servizi e della loro economicità.

Occorre pensare e fare, con urgenza, anche per favorire quell'utilizzo del trasporto pubblico che permetterebbe, insieme alla rete ciclabile, di migliorare in modo molto sensibile, la qualità dell'aria nella/e città e paesi confinanti. 

In conclusione una battuta semiseria, riguardo l'urgenza. Non sia quella delle inserzioni pubblicitarie sugli autobus goriziani. Come si vede nella fotografia, sembra un po' fuori tempo portare in giro il 13 agosto 2022 la proposta di partecipare al (bel) festival della danza di Nova Gorica e Gorizia che si è tenuto dal 28 al 31 ottobre 2021. Mancanza di nuovi sponsor o costo eccessivo della pulitura?

mercoledì 10 agosto 2022

Concerti in Basilica. La Bellezza, per la Pace nel mondo...

In Basilica (foto M.Vecchi)
Nella stupenda cornice della Basilica patriarcale di Aquileia continua un'eccezionale stagione estiva di concerti. Nell'anno internazionale dedicato ai giovani, gli organizzatori hanno scelto rigorosamente gruppi caratterizzati da un'età media molto bassa, con risultati veramente sorprendenti. Si sono alternati organisti dai nomi che presto saranno famosi a cori affermati come i minipolifonici di Trento o il coro giovanile del Teatro della Scala di Milano, senza dimenticare le voci bianche della Cappella Sistina, chiamati per iniziativa regionale in occasione dei Santi Patroni Ermagora e Fortunato. Come dimenticare i "Discanti Aquileiesi", proposti da Dramsam o la performance del Coro Monteverdi?

Tutto molto bello, ma il concerto dei "Filarmonici Friulani" tenutosi martedì 9 agosto ha superato ogni aspettativa. Già la Basilica si è presentata nella veste delle grandi occasioni precedenti la pandemia, con un pubblico numerosissimo che ha affollato le sedie, le stuoie appositamente calate sul pavimento musivo e le basi delle colonne. 

Ottaviano Cristofoli (foto M.Vecchi)
L'orchestra ha eseguito musiche di Haydn e di Mozart, lasciando letteralmente senza fiato l'uditorio. L'entusiasmo ha raggiunto il culmine quando si sono presentati il trombettista Ottaviano Cristofoli e il clarinettista Alessandro Beverari. Il primo, 36 anni, gli ultimi quindici dei quali trascorsi in Giappone, protagonista di una carriera folgorante, ha guidato l'orchestra nella parte dedicata ad Haydn, il secondo, 34 anni, anche lui impegnato in Giappone, ha diretto magistralmente il pezzo di Mozart. Alla fine, i due insieme hanno proposto un'inedita esecuzione di una musica classica giapponese per clarinetto e tromba. Indimenticabile, chi vuole un "assaggio" può accedere alla breve sintesi curata dall'organizzazione: https://www.youtube.com/watch?v=q1aA-gQI5ug

Alessandro Beverari (foto M.Vecchi)
Che dire? In un tempo di preoccupazione per tutto ciò che accade e di constatazione delle mille ingiustizie che intristiscono il mondo, partecipare a un simile momento di arte e cultura è un atto di pace e di armonia. Il senso della vista consente di contemplare i linguaggi della fede che si sono succeduti in oltre 1700 anni di storia, dai mosaici dell'aula teodoriana (inizio IV secolo) agli affreschi voluti dal patriarca Poppo (XI sec.), da quelli realizzati nella cripta massenziana nel XII secolo agli archi gotici del XIV, dai pulpiti e dai soffitti istoriati del XVI alle memorie della tragedia del primo conflitto mondiale incarnata nel volto del Cristo morente, per arrivare fino alle passerelle sospese finalizzate alla fruizione globale, anche turistica dell'ambiente. Il senso dell'udito permette di "sposare" l'arte figurativa con quella musicale, proposta a livelli pienamente consoni e degni dell'ambiente. Nell'ultimo concerto, per esempio, Cristofoli e Beverari sembravano dare voce ai manufatti e le opere musive e pittoriche sembravano partecipare, quasi vivificate dalle note trascinanti e struggenti. Il risultato è una straordinaria emozione che consente non tanto di staccarsi per un momento dalla realtà, quanto di desiderare ardentemente che tale Bellezza possa diffondersi ovunque trasformando, come scrive la Bibbia, le lance in falci, gli strumenti di guerra in aratri, la vendetta in perdono. L'offerta gratuita a tutti coloro che lo desiderano di questi meravigliosi concerti serali è, a suo modo, un impegno che la Basilica di Aquileia propone, come piccolo contributo culturale alla pace nel mondo e alla dignità di ogni persona.

lunedì 8 agosto 2022

Ancora sul Lussari e sul Giro. Perché no? Alcuni chiarimenti...

 

Il piazzale tra Funivia e scalinata (foto A. Pantanali)
1. "In fondo, è soltanto una cronoscalata. Non saliranno tutte le auto della "carovana", ma solo le ammiraglie per qualche eventuale problema tecnico". 2. "La gente del luogo è d'accordo, per la visibilità turistica che il Giro porterà e per l'indotto che permetterà a una zona abbastanza marginale di ritrovare speranze e sorrisi". 3. "Si deve ringraziare chi si è adoperato per realizzare un simile sogno. Sarà una straordinaria passerella per l'intero Friuli-Venezia Giulia". 4. "E' una grande valorizzazione della bicicletta e della riscoperta del suo ruolo popolare di mezzo di trasporto ecologico, salutare ed economico". "Eccetera eccetera...".

Queste e molte altre sono le motivazioni a sostegno della realizzazione della tappa del Giro d'Italia che si dovrebbe concludere presso il santuario del Monte Santo di Lussari.

Verso Sella Lussari (foto A. Pantanali)
1. Le questioni principali sono tre. La prima è la cementificazione di una delle più belle e panoramiche vette delle Alpi Giulie, resa necessaria dall'afflusso di centinaia di vetture più o meno coinvolte con la corsa e di decine di migliaia di appassionati. Si noti nella prima fotografia in alto il mare di cemento che ha già inondato il tratto tra l'arrivo della funivia e la scalinata che conduce al Santuario. E si noti nella foto a fianco "l'effetto che fa", in particolare nella ripida salita che da Sella Lussari conduce alla cima. La seconda è dettata dalle esigenze televisive. D'accordo che i corridori saliranno uno alla volta, ma sarà necessario riprenderli da vicino e dall'alto e per far questo sarà necessario - come è accaduto sullo Zoncolan e in altri importanti arrivi di tappa - tagliare molti alberi per sgombrare la visuale. La terza questione riguarda la tutela della montagna, ambiente delicatissimo per ciò che concerne la flora e la fauna, ma anche la tenuta delle rocce già messe a dura prova dal calore estivo. E' proprio necessario un intervento così invasivo? Non toglierebbe forse molto del fascino e della suggestione dei quali il santuario e il piccolo borgo che lo circonda hanno sempre goduto?

2. Perché si va sul Lussari? Perché nel tempo è diventato un monte così importante? Non anzitutto per motivi sportivi. Da centinaia di anni la "Via del Pellegrino" ha visto salire con gioiosa o sofferta fatica popoli interi, molte persone addirittura camminando con i ginocchi sul selciato composto da pietre lisce. Il successo straordinario del "Cammino Celeste", dieci giorni a piedi da Aquileia al Monte Lussari dimostra che, sia pur nella diversa forma dei percorsi moderni, il sito è ancora in grado di affascinare pellegrini, viandanti ed escursionisti. Certo, poi la costruzione delle funivie ha trasformato la zona in un importante comprensorio sciistico, senza per questo snaturare troppo (un poco sì, per la verità, in cambio di alcune tra le più belle discese delle Giulie e della Carniche) l'ambiente, non disturbato da troppi rumori e non violentato da colate di asfalto. Si è riusciti tra l'altro a salvare la Via del Pellegrino che continua a essere percorsa ogni giorno - soprattutto ma non solo in estate - da migliaia di persone letteralmente innamorate del percorso, con la contemplazione delle stazioni della Via Crucis tuttora riportanti le copie dei begli affreschi di Tone Kralj. Dunque, si è proprio sicuri che l'apertura al turismo di massa - peraltro già abbastanza tutelato con i mezzi di risalita - non risulti piuttosto un boomerang, portando gli amanti della natura a cercare mete più silenziose, suggestive, spirituali o romantiche? E' davvero un investimento conveniente, è stato redatto un efficace studio sul rapporto tra costi e benefici?

3. Una passerella per il Friuli- Venezia Giulia? Si ha proprio bisogno di un altro altare sul quale sacrificare la bellezza austera della montagna? Non è bastato lo Zoncolan, in una situazione del tutto diversa con strade già precedentemente esistenti e la realizzazione di una delle tappe più seguite dell'intero carrozzone mediatico sportivo del Giro? Ci sono mille belle salite, anche nella scorsa edizione si sono visti degli inediti interessanti, quali per esempio la ripidissima ascesa al Livek o, nell'anno precedente, i "muri" del Collio sloveno. Il Matajur è sempre lì, pronto per ospitare una bella ascesa di ausi mille metri di dislivello, sarebbe un'ottima cronometro da concludere su un ampio piazzale già bello e pronto. E' proprio necessario inventare ogni anno qualcosa di nuovo, non sarebbe meglio intensificare la conoscenza di ciò che già si ha, senza per questo rinunciare, nei servizi televisivi che precedono e seguono ogni tappa, a permettere di scoprire gli angoli più interessanti e nascosti che non hanno bisogno di grandi promozioni, ma solo di delicate indicazioni.

4. Mai si pensi che la contrarietà al fiume di cemento che sta per riversarsi sulla carrareccia da Valbruna al Lussari sia una critica nei confronti del mondo dei ciclisti! No, non è proprio così, tutt'altro. I cicloamatori hanno a disposizione la formidabile Alpe Adria, sull'antico tracciato della ferrovia Udine Villaco, per godere panorami inenarrabili e godere del frutto delle loro fatiche. Possono anche proseguire fino quasi a Lubiana con le ciclabili slovene e fino a Klagenfurt con quelle carinziane. Anzi, nulla vieta tuttora che i più forti si cimentino con le mountain bike sullo stesso tracciato che dovrebbe diventare tappa della corsa rosa, inerpicandosi lungo i tornanti e pedalando sul già fin troppo battuto tracciato già esistente. Non è necessario il Giro d'Italia sul Monte Lussari per convincere tutti a ritornare quanto prima e con urgenza all'uso della bicicletta, in città come in periferia. Occorre piuttosto investire urgentemente e seriamente in ciclabili intelligenti che impediscano al povero malcapitato di trovarsi all'improvviso fuori rotta, in mezzo ai campi o nelle zone industriali cittadine della Regione, senza alcuna possibilità di raccapezzarsi perché il Comune di turno non ha ancora approvato il proprio specifico piano. 

Il Lussari richiama la bellezza dell'unità nella diversità, popoli che parlano lingue diverse, si incontrano e raccontano storie di rispetto e di autentica amicizia. Lo si può raggiungere a piedi, i più attrezzati in bicicletta da montagna, chi non può camminare in funivia. Lasciamo questo meraviglioso sprazzo di cielo e di luce ai veri amanti della montagna, ai pellegrini dello spirito, a coloro che prediligono l'emozione unica di raggiungere una vetta e di contemplare attorno a sé no colate di asfalto o cemento, ma immense meravigliose montagne e delicate valli ai loro piedi.

Per questi e tanti altri motivi, si invita a firmare la petizione promossa da Legambiente su Change.org, nella speranza che non sia già troppo tardi: https://www.change.org/p/no-all-arrivo-di-tappa-del-giro-d-italia-2023-sul-monte-lussari?recruiter=false&utm_source=share_petition&utm_medium=facebook&utm_campaign=psf_combo_share_initial&utm_term=signature_receipt&recruited_by_id=9b2f4880-1716-11ed-99aa-1f66852d29dc&utm_content=fht-34135959-it-it%3A4

A Melinki, nei boschi che sovrastano lo Judrio

Non tutti sanno dove sia il villaggio di Melinki. Lo conoscono di sicuro il ciclisti perché lo incontrano all'altezza dell'ultimo ampio tornante sulla ripida strada che conduce da Britof, nella valle dello Judrio/Idrija a Lig e al santuario di Marjino Celje. Dalla valle dell'Isonzo/Soča si raggiunge risalendo da Kanal e scollinando nei pressi di Nehovo, ma la via più panoramica da Gorizia è senz'altro quella che attraversa la Brda/Collio, sale fino al Korada per scendere leggermente fino a Lig.

C'è un pittoresco cartello, "Musej Melinki". E' invitante, ma il ciclista boccheggiante non vede l'ora di arrivare alla fine della salita, getta uno sguardo distratto e poi procede. E sbaglia. Sbaglia come tutti coloro che non si lasciano tentare dall'indicazione e tralasciano di raggiungere il "centro" del minuscolo paesino. 

Il "Muzej", avviato nel 2008, contiene infatti una serie di importanti reperti, raccolti con grande pazienza e competenza da Franc Jerončič. Non è lui ad accogliere oggi i visitatori, dal momento che, da novantanovenne assai in forma, ha lasciato questa incombenza al figlio Zoran, reperibile in loco, nella casa di famiglia, ogni domenica e comunque su prenotazione, previa semplice telefonata, in qualunque momento della settimana.

E' indispensabile essere accompagnati perché i reperti, raccolti in una fascia di territorio che va dalla cima del monte Korada al paese di Livek, sopra Kobarid, nel racconto di Zoran ritrovano la loro vita. La prima sala è dedicata alla prima guerra mondiale. 

Insieme ai classici pezzi di granata, elmetti italiani o austro-ungarici, strumenti per l'igiene personale, ci sono numerosi interessanti documenti, storie incredibili avviate nella sofferenza dell'inutile strage o nell'assurdità della dittatura fascista e proseguite attraverso incontri fortuiti che hanno trasformato gli antichi nemici in amici, i discendenti degli usurpatori in componenti della più ristretta cerchia delle conoscenze più intime. Si viene a sapere che il Presidente Pertini ha combattuto proprio in questi luoghi, si partecipa all'epopea di uomini che rientrano a piedi dalla Siberia, si provano gli stessi brividi dei protagonisti, ascoltando la voce della guida che parla di vicende antiche come se fossero accadute l'altro ieri.

La seconda sala viene definita "etnografica" e sorprende subito per l'assoluta semplicità che quasi contrasta con la solennità del titolo. 

In realtà, sempre grazie a Zoran, gli utensili di uso quotidiano narrano una storia di altri tempi, intrisa di sudore, di fatica, di esposizione al gelo e alle intemperie, ma anche di capacità inventiva e creativa, di calorosa accoglienza e di straordinaria umanità. Tra falci, macine da mulino, rudimentali strumenti per riscaldare i pagliericci e i letti, fotografie d'epoca, si risale dall'inizio del XX secolo fino al secondo dopoguerra, celebrando la nobiltà del lavoro, la forza della famiglia, la naturale ribellione contro l'ingiustizia e l'anelito a una duratura fraternità. Si è a poche centinaia di metri, in linea d'aria, dal confine con l'Italia, una linea di frontiera molto particolare, "lo Judrio segna il più antico confine europeo, conta ben cinquecento anni", afferma la nostra guida con una punta d'orgoglio, ma anche con piena consapevolezza degli onori e degli oneri di tale primato.

La terza sala, piano superiore, è dedicata ai lavori in legno di Franc Jerončič. Ha iniziato tale attività relativamente tardi, negli ultimi 30 anni, ma è riuscito a riempire l'intero spazio con centinaia di bellissimi manufatti. Ci sono statue a grandezza d'uomo, ritratti di personaggi famosi e meno noti, ricordi di guerra e di pace. Padre e figlio hanno scritto molti libri, collegando in essi i reperti ritrovati nei boschi circostanti con tante vivaci vicende legate alla piccola e alla grande storia ed elaborate con partecipazione, autentica conoscenza e anche un po' di sano umorismo. Zoran coglie l'occasione per raccontare la vita del padre, nato e cresciuto sotto l'occupazione fascista del territorio, inquadrato nell'esercito italiano all'inizio della seconda guerra mondiale, poi attivista partigiano, successivamente responsabile di cooperative e organizzatore della vita sociale della zona. A solo un anno dal compimento del secolo, è ancora in grado di riconoscere le persone nelle fotografie di gruppo degli anni '50 e ricorda con dovizia di particolari la guerra di Liberazione jugoslava.

A Melinki oggi abitano soltanto pochissime persone, quasi tutte le poche case - in posizione panoramica e con architetture popolari originali - sono di fatto in rovina, il passo pesante della Storia ha abbandonato da tempo queste contrade che per qualche anno sono state "prima linea" nella prima guerra mondiale. Resta solo il tempo di salutare e ringraziare Zoran Jerončič, tra l'altro atletico e appassionato allenatore di pallavolo. Non ha solo permesso di istruirci sul XX secolo nella valle dello Judrio, ma soprattutto ha condiviso la sua esperienza e le sue conoscenze. Sono state due ore ricche di semplice, profonda, autentica Umanità. 

Prima di andare via, al tramonto di una calda domenica estiva, vale la pena alzare lo sguardo e vedere il Krn e il Matajur che chiudono a nord-est la valle, la pianura verso Dolegna e Cividale dalla parte opposta e i villaggi oltre il fiume, sparsi come fiori nel verde dei boschi che hanno occupato gli antichi pascoli. Ovunque si intravvedono i segni del cambiamento di un'epoca e l'oscurità delle nuove foreste, interrotta da qualche fragile luce serale, suggerisce sensazioni intrise di mistero. 

domenica 7 agosto 2022

La politica dell'"attenti al lupo!"

Attenti a Berlusconi! Attenti a Salvini! Attenti a Meloni! Attenti attenti attenti!!! Da trenta anni una parte del centro sinistra va avanti confidando che il timore che l'avversario vinca sia di per sé un elemento convincente e soprattutto vincente. Sulla base di questo teorema, si sono elaborate complicate leggi elettorali che hanno reso l'Italia sempre più difficilmente governabile, mentre si è capito sempre meno in che cosa consista e in che modo possa essere portata avanti un'"agenda" (per usare un termine alla moda) autenticamente di sinistra. E così ci si accorge troppo tardi del vero arrivo del lupo, il capitalismo iperliberista che semina violenze e guerre in tutto il mondo, al fine di difendere e garantire i propri interessi.
La riforma dell'ultima legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum, è una di quelle azioni di cui sempre si parla e che mai si realizzano. Così come è, rischia veramente di incrementare a dismisura l'astensionismo, supportato da forti e gravi ragioni.
La necessità strategica di costruire coalizioni per poter ambire ai seggi minaccia infatti il dibattito democratico. Il sistema di rappresentanza è infatti basato sull'incarico affidato agli eletti di legiferare e di determinare i governi sulla base di un adeguato bilanciamento delle visioni ideali e ideologiche presenti nella società. Nell'attuale momento post ideologico, la creazione del consenso non ha come obiettivo un governo sufficientemente espressivo della volontà popolare quanto l'impedimento all'avversario di raggiungere l'obiettivo.  Ciò consente l'effimera creazione di alleanze elettorali finalizzate "a che non vinca la destra" o "a che non vinca la sinistra", destinate a sciogliersi più che neve al sole all'indomani delle votazioni, come ampiamente dimostrato nelle ultime legislature.
Chiedere ai cittadini di votare i componenti di un debole patto destinato a svanire in quattro e quattro otto, tenuto conto anche dell'ampia divaricazione programmatica esistente tra i singoli componenti, è fondamentalmente un invito a non esercitare un diritto destinato a essere calpestato e ridicolizzato subito dopo essere stato espresso. E' vero che la Costituzione non prevede l'elezione diretta del Capo del Governo, tuttavia le ultime due campagne elettorali erano state impostate in modo da far credere all'elettore che il nome maggiormente indicato sarebbe stato naturalmente il premier. L'ovvia inefficienza delle regole elettorali ha invece moltiplicato i presidenti "non eletti", Conte 1 (di destra), Conte 2 (di "sinistra", detto solo per intendersi) e Draghi (di destra e di sinistra insieme), solo per rimanere negli ultimi quattro anni e mezzo.
"Se voto uno e salta fuori un altro, se voto a sinistra e poi mi trovo un governo con la destra, se le nuove alleanze mi portano a dover scegliere figure che hanno sempre avuto idee opposte alle mie, soprattutto se "per non far vincere la destra" devo votare una coalizione composta da chi ha voluto gli accordi con la Libia e non ha proposto uno straccio di legge sull'accoglienza, è favorevole all'invio di armi in Ucraina, persegue una politica estera atlantica a favore degli USA, propone politiche neoliberiste e sostiene un rappresentante della globalizzazione economica del calibro di Draghi... Se tutto questo e molto altro, se chi si presenta fuori dalle coalizioni ha poche o nulle possibilità di diventare deputato o senatore, perché mai dovrei andare a votare?"
E chi potrebbe dar torto a chi ragiona in questo modo?
Tuttavia da questa melma occorre uscire e lo si può fare soltanto cercando adeguate soluzioni. Due per esempio, tra le tante, potrebbero essere una immediata, l'altra più complessa, anche se inevitabilmente collegata. La prima è l'urgenza assoluta di cambiare la legge elettorale, quasi come primo atto del prossimo Parlamento, possibilmente in termini radicalmente proporzionali, con la possibilità quindi di dare voce anche alle posizioni minoritarie e di costruire, fra forze diverse ma ideologicamente affini, legami di governo successivi al voto, invece di alleanze strategiche precedenti destinate inevitabilmente a fallire. La condizione perché un proporzionale puro funzioni è quella di ritrovare la nobiltà delle idee e del dialogo ideologico fra le diverse posizioni come fondamento di una politica rappresentativa. 
Senza queste prerogative, continuerà il triste declino della democrazia, a tutto vantaggio delle forze economiche e finanziarie multinazionali, i veri centri di Potere del XXI secolo. 

sabato 6 agosto 2022

In ricordo del caro don Oskar Simčič

Mons. Oskar Simčič (da Novi Glas)
Sabato 6 agosto, nel Duomo di Gorizia si sono tenute le esequie di mons. Oskar Simčič. Se ne è andato dopo 96 anni, una vita lunga e molto impegnata. Sono stati ricordate le sue origini, a Medana, nel cuore della Brda da lui sempre talmente amata da portare ogni primavera gli amici a contemplare la stupenda fioritura dei ciliegi. Si è fatto cenno ai difficili anni dell'occupazione italiana e della dittatura fascista e anche alla sua capacità di trasformare la vendetta in perdono e in passione per la costruzione di relazioni tra le diverse culture e nazionalità del territorio. Intensa è stata la sua vita pastorale, impregnata di preghiera, di studio e di ricerca. E' stato parroco, stimatissimo insegnante di religione nelle scuole superiori slovene, insegnante di teologia morale in Seminario, cancelliere della Curia, consigliere molto ascoltato da vescovi italiani e sloveni, responsabile per circa venti anni di tutto il clero sloveno della diocesi di Gorizia.

E' stato soprattutto un uomo di rara intelligenza e sensibilità, con un carattere che manifestava nello stesso rigorosa serietà insieme a profonda umana simpatia. Sono indimenticabili le lezioni di morale spirituale, con l'analisi antropologica della festa e la rilevanza sociologica del rito e del mito. Era aggiornato dalla lettura e dalla conoscenza di alcuni fra i più eminenti teologi che hanno reso possibile la celebrazione del Concilio Vaticano II e aveva un'autentica venerazione per il vescovo di Roma che più di ogni altro aveva desiderato e sofferto la riforma generale della Chiesa, ovvero Paolo VI.

Aveva una passione innata per la Bellezza e per l'Amicizia. Questa si esprimeva nell'amore alla montagna e all'arte. Ricordo la sua commozione quando, disceso dal Sabotin, dopo una camminata pomeridiana, mi illustrava la "via slovena sud", che sarebbe diventata dopo il suo racconto una delle mie mete preferite degli ultimi vent'anni. Al termine della spiegazione, con le lacrime agli occhi, mi aveva detto: "è stata la mia ultima volta sul Sabotino". Portava gli amici a scoprire i segreti della Brda, con orgoglio la chiesa di Gradno con i dipinti di Spacal e di Mušič, con giovanile baldanza le gole sottostanti Kozbana. Il suo impegno pastorale lo portava ogni giorno presso le brave suore di Maria della Medaglia Miracolosa e ogni domenica nella chiesa del Crocifisso, alla Subida presso Cormons. Era una sua piccola parrocchia, dove aveva contribuito a costruire una vivace comunità, particolarmente empatica e accogliente. Ogni mese, per un lungo periodo, aveva raggiunto Milano, dove celebrava la Messa per gli sloveni residenti nel capoluogo lombardo e si prodigava nel proporre e organizzare importanti momenti di incontro culturale e spirituale. Conosceva tantissime persone ovunque e aveva una straordinaria capacità di condividere le sue amicizie. Si trattasse di Como piuttosto che di Cerkno, di Lubiana o di Roma, ovunque lo si accompagnasse si aprivano nuove conoscenze e nuovi mondi.

E' stato un vero costruttore di ponti, dedicando molta attenzione alla lettura del passato e alla ricerca dei "luoghi" della sofferenza di un territorio provato da due guerre e dagli assolutismi del XX secolo. Ha sostenuto la crescita del movimento Concordia et Pax, lavorando per la riconciliazione tra i popoli che vivono sul confine. Ma soprattutto è stato profeta, interpretando con le sue azioni e le sue parole, già da diversi decenni, lo spirito di umanità, accoglienza e fraternità raccomandato dall'attuale papa Francesco. Ciò gli ha consentito di essere annoverato tra le persone illuminate che hanno contribuito a gettare in un terreno difficile ma fecondo i semi che hanno portato alla fioritura di Nova Gorica con Gorizia, capitale europea della cultura nel 2025.

Era evidente il suo grande radicamento nel cuore della storia e della cultura della Slovenia, come la straordinaria gioia vissuta negli indimenticabili giorni della caduta del confine. Nonostante ciò, il suo funerale è stato stranamente celebrato in lingua italiana, con qualche frammentario inserto nella lingua materna di don Oskar. Tuttavia i fedeli presenti, grazie al coro e alle splendide canzoni slovene, hanno potuto ugualmente partecipare con emozione alla celebrazione. E' anche accaduto un fatto assolutamente emblematico e inatteso. La più famosa orazione cristiana è stata introdotta e avviata in italiano, ma durante la recita si è manifestato, quasi con forza, un clamoroso cambiamento, cosicché progressivamente ma con sempre maggior decisione l'assemblea ha imposto coralmente la lingua slovena e così la preghiera, iniziata come Padre Nostro, si è conclusa come Oče Naš!

mercoledì 3 agosto 2022

Ascensori al Castello. L'avevamo detto noi...

Memorandum...
Ogni tanto il quotidiano locale riporta lo stato di avanzamento (si fa per dire...) dei lavori per la costruzione del famigerato ascensore da Piazza Travnik al castello di Gorizia. L'inaugurazione, prevista per la scorsa primavera, è rinviata all'autunno. Di quale anno, non è dato saperlo.

Fin qua, niente di nuovo. Progettato intorno all'anno 2000, tenacemente voluto dai sindaci che si sono succeduti e dalle loro giunte, contrastato da un numero di cittadini che la burocrazia dei regolamenti ha impedito di "contare" bocciando il sacrosanto referendum proposto e presentato con il firme immediatamente raccolte nel 2008 da Forum per Gorizia e apposito Comitato, l'impianto di risalita è stato un pozzo senza fondo che ha inghiottito tempo, energie e milioni di euro buttati al vento.

Nonostante fosse ovvio che i lavori non sarebbero andati avanti come da programma - il blog del Forum testimonia la presentazione di mille prove relative alla natura del terreno, alla presenza di migliaia di ordigni della prima guerra mondiale, ai possibili e poi confermati ritrovamenti archeologici e così via - il centro destra compatto si è da sempre incaponito sul Piavesco "tacere bisognava e andare avanti". Il povero Romoli, in verità, non sembrava tanto entusiasta della grana ereditata dai suoi predecessori, ma aveva sperato in una rapida soluzione del problema, annunciando ritualmente, circa ogni tre quattro mesi, che "entro la stagione successiva i lavori sarebbero finiti". Qualcuno, come l'allora assessore Devetag, si dimostrava molto più entusiasta definendo addirittura il manufatto "il volano che avrebbe rilanciato il turismo goriziano". Quanta acqua è passata sotto i ponti... Ziberna ha ereditato l'impegno, continuando la linea degli annunci e delle promesse puntualmente smentiti. E' riuscito a vincere le elezioni, nonostante la mancata inaugurazione, forse ora non ha bisogno di particolari spot. I soldi finiti nella voragine hanno raggiunto proporzioni gigantesche e qualcuno riesce ancora a pensare di essere creduto quando assicura che "entro Natale avremo funiculì funiculà".

Che sensazione amara quella di chi, inascoltato, ha messo in guardia chi di dovere della sorte certa di una determinata impresa e pensa a quante risorse sarebbero state risparmiate se si fosse presa in considerazione la proposta di fermare i lavori prima che fossero iniziati, pagando la penale che sarebbe costata cento volte di meno dello sperpero che invece è seguito. Ma in politica, si sa, "l'avevamo detto noi" non paga, né in termini di riconoscimento, né in quelli di consenso elettorale, né in quelli di buon senso.

Nell'attesa della prossima scadenza e del prossimo rinvio, un buon resto di estate e un buon autunno a tutte e tutti voi...