Certo, per il movimento per la pace non è più (solo) il tempo del "senza se e senza ma". La condanna di ogni aggressione di un Paese da parte di un altro vale sempre, senza alcuna esitazione e con la convinta affermazione della forza della nonviolenza, si tratti dell'Iraq di Saddam Hussein che invade il Kuwait o degli USA che invadono l'Iraq, i sovietici che invadono l'Afghanistan o la NATO che bombarda Belgrado e ovviamente della Russia che devasta l'Ucraina.
I se e i ma vengono subito dopo il "no alla violenza". Devono esserci e in termini nobili si identificano con la parola "Politica". E' l'arte individuale e sociale del cercare di affrontare e risolvere i problemi tra le Persone e tra le Nazioni. E' l'esercizio della diplomazia, fondata sul negoziato e sul confronto tra le ragioni dei contendenti, la forma più alta di risoluzione degli inevitabili conflitti che, se affrontati bene, possono diventare occasione di una nuova e migliore qualità della convivenza. E' un lungo processo, come dimostra il caso del territorio Goriziano, che presuppone due elementi fondamentali, sine qua non, la cessazione immediata delle ostilità armate e la piena disponibilità ad ascoltare le reciproche storie e ragioni. Cosa c'entra tutto questo con il pacifismo?
C'entra moltissimo, per un'articolata serie di proposte delle quali dovrebbe farsi convinto portavoce. Il primo orizzonte è quello del disarmo generale, delle armi di distruzione di massa ma anche degli arsenali convenzionali, proponendo la riconversione della Basi militari in Parchi tematici dedicati alla formazione del personale diplomatico, con il sostegno degli istituti di studi e di ricerca internazionali. Un secondo ambito è quello dei corpi civili di pace, i cosiddetti "caschi bianchi", per il momento ristretti a gruppi riconosciuti di volontari che operano al margine delle guerre per alleviare le sofferenze della popolazione. Altra cosa è la formazione di giovani in grado di intervenire professionalmente, con coraggio, creatività, preparazione e intelligenza, direttamente nei conflitti sostenendo la necessità di affrontare le trattative invece di attaccare o difendersi con l'uso delle armi. un terzo e non certo ultimo ambito è quello della riforma dell'ONU, ormai ridotta a un'organizzazione di pura formale rappresentanza. E' sotto gli occhi di tutti la necessità di un arbitrato internazionale, con cessione di potere da parte di tutti gli Stati del Mondo, con il potere di intervenire nelle controversie con un'autorità non ostacolata dai veti del Consiglio di Sicurezza o dall'incongrua quantificazione del potere di voto.Si tratta insomma di ribadire che le armi non servono ad altro che a innalzare le tensioni e a provocare contesti di odio sempre più intensi, con il pericolo di una "corsa" della quale è fin troppo facile immaginare la conclusione nel precipizio finale della Storia. Si tratta nel contempo di proporre e costruire - ciascuno per la propria parte - una nuova civiltà nella quale non ci sia più posto per la guerra.
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