Il Messaggero Veneto pubblica una relativamente ampia intervista, nella quale spiego perché la mia esperienza di Sindaco si concluderà con le prossime elezioni amministrative, nel mese di ottobre.
Ad Aiello del Friuli ho trascorso dieci anni della mia vita, cinque come parroco, tra il 1990 e il 1995, cinque come sindaco, tra il 2016 e il 2021. Sono state due esperienze totalmente diverse, quasi opposte. Da giovane prete, tutto era incentrato sulla relazionalità e fondamentalmente sulla ricerca del consenso, lasciando in secondo ordine gli aspetti più organizzativi, peraltro gestiti in piena autonomia e in forma ben poco aperta al dialogo democratico. Da adulto amministratore, ho privilegiato lo studio e la conoscenza della struttura politica e tecnica del Comune, a scapito del tempo da dedicare alle relazioni immediate con le persone. A suo tempo ho approfittato della visione ancora un po' arcaica del sacerdozio, ricevendo molto rispetto - a volte forse un po' formale - insieme a un'immediata ventata di simpatia. Ora ho apprezzato la schiettezza ruvida e la naturale diffidenza che caratterizza i cittadini nel loro porsi in qualsiasi modo nei confronti dei vari livelli di rappresentanza. Se nella prima versione sono stato decisionista, potendo contare su numerosi collaboratori disponibili a realizzare le indicazioni ricevute dall'alto, nella seconda ho accolto l'indispensabile aiuto e sostegno degli ottimi tecnici comunali (tutte e tutti, nessuno escluso), mentre l'aspetto sicuramente più faticoso del cammino quinquennale è stato la ricerca di buone pratiche condivise, soprattutto con i componenti del gruppo che mi ha invitato, nell'inverno 2016, ad accettare di lasciare Gorizia per dedicarmi alla cura amministrativa dei paesi di Aiello del Friuli e Joannis.
E' stata una bella esperienza, il livello dell'impegno del Sindaco - etimologicamente "colui che realizza la giustizia insieme" - è ancora quello della più immediata valenza della "Politica", intesa come arte di coordinare la polis. In sintesi, emergono i problemi (nel senso etimologico di "ciò che viene gettato innanzi") e si cerca di "venirne fuori insieme". A volte ci si riesce, a volte no, ma sempre si cerca di realizzare questo obiettivo partendo da una consapevolezza più alta, cioè dalla certezza che solo la Cultura deve essere il faro di orientamento e il fondamento di qualsiasi azione politica e sociale. La diversità, in ambito realmente democratico, dovrebbe proprio essere basata sulla differente visione culturale e non sulle semplici scelte quotidiane e indifferibili che tutti - di qualunque colore sia l'appartenenza politica - dovrebbero portare avanti con onestà e semplicità.
Avrei preferito essere sottoposto alla valutazione di questi ultimi anni di presenza ad Aiello, attraverso il voto espresso dalle cittadine e dai cittadini. Tuttavia l'esercizio del "potere" del Sindaco è giustamente limitato dai rappresentanti eletti e non eletti del Progetto a cui è stato legato, nel caso di Aiello la lista civica denominata appunto Progetto Comune. In ogni comunità ci si ritrova attorno a finalità e obiettivi precisi, ma portando in essa l'onore e l'onere dell'esperienza, della concezione della vita, del carattere, della sensibilità di ciascuno. A volte l'amalgama funziona e si ottengono percorsi politici entusiasmanti, in grado di valorizzare l'unità del gruppo e la specificità di ogni suo componente. A volte invece non funziona e le più affascinanti idealità vanno a scontrarsi con l'altrettanto avvincente mistero della natura umana, nella sua complessità e particolarità.
Non sono certo i miei espliciti orientamenti, decisamente a Sinistra, né alcune decisioni indissolubilmente legate alla responsabilità del "primo cittadino", il motivo della scelta di una parte di Progetto Comune di non propormi una ricandidatura che sarebbe stata naturale. E' invece il mistero della quotidianità delle relazioni tra le persone, là dove l'apparentemente marginale diventa determinante, mentre l'apparentemente fondamentale diventa elemento del tutto trascurabile.
E così mi preparo a voltare un'altra pagina della mia vita, molto contento di averla potuta scrivere, senza alcun rancore o recriminazione. Solo porto nel cuore la consapevolezza che nel cammino della vita non si cessa mai di imparare, che la regola fondamentale del viandante è l'adattabilità, la disponibilità alla permanenza come al cambiamento e che l'unica soluzione nei momenti di smarrimento del sentiero è quella di non fermarsi a piangere sul latte versato, ma continuare a marciare, in attesa del segnale successivo.