sabato 29 maggio 2021

Cosa sta accadendo in Slovenia? Decine di migliaia di persone ai moti di Lubiana...

Elezioni adesso!
Cosa sta accadendo in Slovenia? Come un fiume sotterraneo cresce una protesta intelligente, complessa e molto creativa che trova visibilità, venendo alla luce praticamente ogni venerdì sera, da quasi un anno e mezzo a questa parte.

Per molto tempo, la sua forza è stata condizionata dalle regole anti covid che si soni via via succedute. Dopo le azioni silenziose del primo lockdown ci sono stati i cortei su bicilette rigorosamente distanziate, poi con un numero crescente di persone si sono proposte manifestazioni in grado di unire la lotta politica all'espressione artistica. nel periodo della "seconda ondata" gli organizzatori non si sono stancati, continuando in vari modi, individuali o di piccoli gruppi, a tenere alta la parola della base popolare. Finalmente nell'ultimo venerdì il grido si è alzato nuovamente altissimo, unendo diverse decine di migliaia di persone intorno a movimenti politici, associazioni culturali, sindacati e organizzazioni di categoria e tanti, ma tanti semplici cittadini.

I temi delle proteste sono vari, fin dall'inizio lo sguardo è andato anche oltre la Slovenia, puntando all'ecologia, all'accoglienza dei migranti, alla pace e alla giustizia in Europa e nel mondo. Indubbiamente tuttavia l'argomento principale continua a essere la richiesta di dimissioni dell'attuale governo di Janez Janša, costellato di irregolarità, schierato dalla parte delle élite sovraniste continentali, impegnato in una lotta senza quartiere alla libertà di stampa e agli altri diritti costituzionali. Accanto alle dimissioni del Governo, si chiedono immediatamente nuove elezioni, in grado di consentire la formazione di una nuova coalizione governativa più rappresentativa delle reali istanze del Paese. 

Al di là delle problematiche specifiche, risulta assai strano che fin dall'inizio questi moti popolari siano stati poco conosciuti al di fuori della Slovenia, anche in questa occasione nella quale la marea di folla dei presenti ha assunto dimensioni davvero impressionanti. Risulta strano ed è un vero peccato, per molti motivi, tra i quali è bene ricordarne almeno un paio. 

Le manifestazioni pacifiche e nonviolente ruotano intorno agli artisti. I più importanti attori, pittori, musicisti, soprattutto poeti e letterati sono in prima fila e guidano i presenti attraverso la rappresentazione costante della bellezza e dell'umana creatività. Cosa potrebbe accadere se questa fosse riconosciuta come la miccia capace di accendere il desiderio di tutti di riprendere in mano la libertà, della quale nel lungo tunnel del covid si è sentita in modo fortissimo la mancanza? I moti di Lubiana non richiamano solo la necessità di "ripristinare", ma soprattutto di rinnovare nel profondo la politica, l'economia, la cultura, ripartendo dalla dignità della persona e della comunità che la rappresenta. Forse per questo si tende a "silenziare", fuori dai confini dello Stato, la grandezza dell'evento, perché quello che chiedono gli sloveni, giovani e meno giovani uniti nelle piazze e nelle strade, è lo stesso che vorrebbero chiedere a gran voce le cittadine e i cittadini di tutti le altre nazioni d'Europa e del Mondo. Una protesta planetaria, allo stato attuale delle cose, si configurerebbe come una vera Rivoluzione, in grado di mettere in gioco il Sistema del Capitale. Ed è forse per questo che l'arma più efficace per chi vuole difendere i privilegi acquisiti non può essere altro che il far finta di niente, individuale e generale...

lunedì 24 maggio 2021

La tragedia del Mottarone, troppo dolore e tante domande

Ci mancava solo la caduta della funivia, in un modo che traduce in realtà i più comuni e peggiori incubi. A quanto sembra, si è trattato di una fune spezzata, di un sistema di frenaggio non funzionante, di una corsa folle verso il più vicino pilone, di uno scarrucolamento e di un impressionante volo nel vuoto.

E così se ne sono andate 14 persone, coppie e famiglie felici che avevano scelto di trascorrere sul Mottarone una bella domenica di maggio. Il pensiero va alle vittime, ai familiari e agli amici. va anche al mistero della morte improvvisa, là dove meno te la potresti aspettare e dove l'imponderabile sta in agguato.

L'imponderabile? Mah, certo non è questo il momento di sparare sentenze, ma qualche domanda ce la si può anche fare, in un'Italia dove crollano i ponti delle autostrade, dove piogge non irresistibili provocano frane che travolgono strade e case, dove i treni si scontrano su binari unici privi dei sistemi di sicurezza automatizzati.

E' difficile pensare che nel 2021, in un tempo cioè in cui le leggi italiane ed europee impongono parametri giustamente molto severi alla sicurezza degli impianti di gestione, una simile tragedia possa essere imputata alla fatalità o al destino cinico e baro. Qualcosa deve essere andato storto e, una volta escluso l'attentato o l'incidente esterno (ricordate il Cermis, con l'incredibile e sostanzialmente impunito incosciente volo dei caccia americani a bassa quota?), qualcuno dovrà dare risposta a molti perché. 

Ciò è dovuto ai tanti, troppi morti e ai loro cari sopravvissuti, attesi come al solito da interminabili cause penali e civili, in grado di risuscitare costantemente l'immenso dolore. Ma è dovuto anche all'intera popolazione italiana che ha il diritto di sapere se siano sicuri o pericolosi a causa di strutture ormai deteriorate, un viaggio in autostrada, un soggiorno in montagna, una salita in funivia o la visita a un monumento antico... 

domenica 23 maggio 2021

Una giornata transnazionale al Giro d'Italia

Victor Campenaerts, il vincitore (foto Nevio Costanzo)
E' finita la giornata di festa, per tutto il territorio goriziano. Indubbiamente quella di oggi è stata una tappa del Giro d'Italia indimenticabile, a cavallo di un confine che non esiste più. Bellissimo è il percorso, su e giù per la Brda, attraverso strade conosciute e amate da tutti gli amanti della bicicletta residenti nella Goriška. I "girini" sono sfrecciati a velocità pazzesca, poco ostacolati da una pioggia battente che si è trasformata perfino in grandine. Davvero uno spettacolo unico, nobilitato da una folla numerosa e corretta, multicolore e multilingue, come è giusto in una manifestazione sportiva di questo livello. Infatti, al di là dello scatto finale del corridore che ha dominato la seconda metà della gara, ciò che ha colpito molto è stato il clima di gioia e di pace che ha accomunato le ali di folla che hanno accompagnato la variopinta carovana. Eppure la giornata era nata male, con una brutta caduta sul ponte di Grado che ha messo fuori gara alcuni protagonisti. Anche chi ha seguito la vicenda alla tv, ha potuto provare l'emozione di vedere la strade di casa "invase" dai ciclisti, ma anche dai turisti e dagli appassionati che hanno scoperto la bellezza di questa terra. Ottimo il richiamo forte alla "verità per Giulio Regeni", con un opportuno richiamo da parte dei telecronisti, la lotta della famiglia Regeni, condivisa da buona parte degli italiani, "corre" anche sulle ruote delle bici, grazie anche alle ottime iniziative di sensibilizzazione da parte della FIAB. Meno condivisibili alcune "letture" troppo superficiali delle complesse vicende storiche sull'ex confine. Ma non è certo questo un momento di polemiche, bensì di ringraziamento, per un evento che ha proiettato sulla scena mediatica anche il cammino che attende le Gorica/Gorizia verso l'appuntamento della capitale europea della cultura 2025. 
 

Lo Spirito soffia dove vuole. Buona Pentecoste

Con la Pentecoste il cristianesimo ricorda i 50 giorni trascorsi dalla Pasqua. Per l'ebraismo si tratta della festa delle Settimane, cioè il compiersi di sette settimane, sempre dalla festività pasquale. In un caso e nell'altro, la celebrazione si inserisce nel ciclo della natura, relativo ovviamente all'emisfero settentrionale. E' la festa delle primizie, al centro della primavera, parallela alle memorie religiose connesse alla fine dell'anno agricolo, con le feste del ringraziamento collocate al centro della stagione autunnale.
Gli Atti degli Apostoli raccontano l'evento della prima discesa dello Spirito Santo, con accenti interessanti che saranno ripresi e riproposti in numerosi episodi successivi. Per esempio, si parla "come di lingue di fuoco" che si posavano su ciascuno dei presenti, il miracolo dell'unità nella diversità. Si dice che tutti coloro che li avrebbero successivamente ascoltati, pur provenendo da diverse parti, avrebbero capito il loro linguaggio, anticipando il concetto moderno di plurilinguismo recettivo (o passivo, che dir si voglia). Si racconta di una forza potentissima che impregna coloro che partecipano a tale esperienza, rendendoli coraggiosi, illuminati, appassionati nel raccontare la vicenda della morte e della risurrezione di Gesù.
Il tema della giornata è lo Spirito Santo, il grande dimenticato del mistero centrale della fede cristiana, l'essenza unitaria e trinitaria di Dio. Chiedete a qualsiasi neo-cresimato delle nostre parti che cosa significhi ricevere tale sacramento e che cosa significhi "il dono dello Spirito". Il 99% delle risposte giungerà al massimo alla "confermazione" del battesimo ricevuto da bambini. Purtroppo, con la connivenza delle stessa Chiesa, la cresima - ancor più la prima comunione - sono state ridotte a feste drammaticamente commerciali, riti di iniziazione che in epoca di secolarizzazione avrebbero dovuto essere sostituiti da celebrazioni civili del passaggio dall'infanzia all'adolescenza, dall'adolescenza all'età adulta. Ma tanto è, l'Italia appare incredibilmente ancora come un Paese ufficialmente cattolico, almeno per ciò che concerne le celebrazioni connesse alla nascita, all'infanzia e alla morte..
E' un peccato che sia così, perché in realtà la riflessione sullo Spirito potrebbe essere quella più vicina alla sensibilità dell'intera umanità, indipendentemente dalla religione che ciascuno professa. Ciò è vero dal punto di vista antropologico e cosmologico, dove lo Spirito è ciò che trascende il soggetto e lo congiunge inscindibilmente con tutto ciò che è "altro". Chi ha tale consapevolezza, si sente nel contempo parte e totalità dell'universo, essere sé stesso e nello stesso tempo un'altra persona, un animale, una pianta o anche un satellite di un Pianeta ancora sconosciuto. E' la totalità che si esprime nel frammento e il frammento che manifesta la totalità. Da ciò dovrebbe derivare un sentimento infinitamente potente di fraternità e sororità con tutto ciò che esiste, al di là di ogni limite dello spazio e del tempo. dal punto di vista religioso - intendendo con il termine "religione" le sue possibili etimologie, ciò che lega insieme, ciò che si rilegge o ciò che si sceglie - l'azione dello Spirito rivela essenzialmente che "io sono Dio e Dio sono io", dove tuttavia l'"io" sta per un "noi" che non annulla l'io ma lo riempie di significato, anzi che lo trascende in un'unione ipostatica che congiunge senza confondere l'infinito e l'eterno con il limitato e il contingente.
Lo Spirito soffia dove vuole, non ha un luogo o un momento in cui incontrarlo, perché è ovunque e si può partecipare di esso non nel tempio o nel tempo, ma soltanto "nella Verità", quella che sfugge alla banalità del quotidiano o alla pretesa di possederla da parte di qualche individuo, chiesa o partito. La Verità che tutti ci accomuna è l'immensa dignità di ogni essere vivente, la consapevolezza di ciò è il fondamento di politica realmente "spirituale" e di una pace radicata nella fraternità, nell'uguaglianza e nella libertà. La dimenticanza di ciò è la base dell'antipolitica, del razzismo, del nazionalismo, dell'egoismo, della devastazione della natura, della guerra.
Buona Pentecoste allora, nello spirito e nella verità, a chi crede sinceramente in Dio e a chi non ci crede, che poi in fondo in fondo, ma proprio nel fondo dell'anima, come avrebbe detto Meister Echkart, pur non essendolo, è la stessa cosa!
Buona Pentecoste allora, anche da questo blog che porta nel suo titolo lo Spirito dei piedi... 

sabato 22 maggio 2021

C'è ancora la sinistra?

Davvero non esistono più la destra e la sinistra? No, è un inganno ordito dalla destra, nel quale non si deve cadere!

La destra esiste, eccome! Esiste nella visione populista e iperliberista, nel sostegno ai padroni (chiamiamoli di nuovo così) e non ai più deboli, nelle tendenze culturalmente sovraniste ed economicamente globalizzate. Esiste anche nelle sue derive estreme, sempre meno marginalizzate, nelle tensioni razziste e violente, anche nelle venefiche forme neonaziste e neofasciste.

La sinistra invece fa fatica a riproporre la propria storica identità e forse per questo tende verso le scelte “civiche”, a-partitiche se non addirittura anti-partitiche, strizzando l’occhio a movimenti di protesta venati di fermenti qualunquisti. Pur nella comprensione della proposta strategica, sono la tentazione e il rischio presenti anche nel timore di presentare alle elezioni simboli che in qualche modo possano riportare a visioni ideologiche precise e caratterizzate.

In questo modo effettivamente le differenze risultano essere superficiali, a livello di sottolineature riformiste, di richiami vagamente umanitari, di allineamento su posizioni neoliberiste moderate, di adeguamento ad autorità non immediatamente politiche, , come accade per esempio in questo periodo con l’esaltazione dell’”icona” di papa Francesco.

Quali dovrebbero essere allora i principi di fondo di una politica “di sinistra”?

Ha ancora un senso la famosa frase di Carlo Marx: “Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”? Ha ancora una sua autentica centralità il diritto a un lavoro sicuro, a un giusto salario, a una vita dignitosa, libera da ogni schiavitù? Ha un suo posto politico la richiesta del livellamento degli stipendi e dell’accesso generalizzato ai beni comuni? E’ ancora prioritaria la via “sociale” alla convivenza tra le persone e i popoli? C’è ancora un sano internazionalismo, declinato oggi anche come libera circolazione delle persone e non soltanto delle merci? L’ambiente naturale è considerato la casa di tutti, senza alcun privilegio o corsia preferenziale per chi sacrifica il bene comune sull’altare del dio denaro?

Si potrebbe continuare a lungo, con queste domande. Resta la sensazione che soltanto traducendo in scelte concrete questi fondamentali principi, dal livello internazionale a quello più strettamente locale, ci potrà essere ancora una Sinistra, non timorosa di pronunciare l’aggettivo “comunista”, inteso sia letteralmente come “condivisione” che concretamente come sistema alternativo a quello “capitalista”. Occorre scegliere tra salvaguardia del bene “comune” e garanzia del “capitale”. Ecco la grande, insopprimibile differenza tra destra e sinistra. Negarla e non volerla vedere, al di là di tutti i possibili e comprensibili percorsi strategici, vuol dire favorire le destra e rinunciare a essere sinistra.  

martedì 18 maggio 2021

Una pedalata sul Panovec...


Sorgenti del Koren, concerto di rane giganti


Volete farvi un giretto in bici, partendo da Gorizia e Nova Gorica e assaporando le sensazioni del mondo alpino? Basta molto poco, sì e no un quarto d'ora e siete nel bosco del Panovec. Oltre a essere il toponimo più antico del territorio, di poco precedente il famoso diploma di Ottone III del 1001, è un luogo dove, in ambiente incontaminato e raggiungibile soltanto a piedi o in bicicletta (proprio così, sembra incredibile!), si possono trovare sorgenti, alberi monumentali, sentieri e stradine pianeggianti o ripidissime, le rane più grandi della Mitteleuropa, memoria significative della prima e della seconda guerra mondiale e, naturalmente, tanti altri ciclisti e pedoni appassionati al racconto, all'incontro, all'esperienza. 

Alle sorgenti della Vrtojbica

Ci si arriva facilmente, il consiglio per i ciclisti più esigenti è trovarsi al valico del Rafut, "sputar qualche balino" per arrivare fino alla sommità della strada tra Rožna Dolina e Nova Gorica, deviare inevitabilmente sulla bella ciclabile per Kostanjevica (l'antica Castagnavizza, non Castagnevizza!!!) e poi scendere a perdifiato, imboccando il sentiero che costeggia il fiume Koren (l'italiano Corno, quello che era un bel fiume e ora forse può vantarsi di essere il corso d'acqua più maltrattato del Pianeta, "tombato" sotto o tra il cemento per buona parte del suo corso!). 

Da una parte della boscosa collina ci sono le sorgenti del Koren, un incredibile lago dove non è possibile sentire altro che il concerto delle gigantesche e un tantino inquietanti rane. I ruderi solenni richiamano l'esistenza di un poligono di tiro, attivo già ai tempi asburgici e punto finale della via del Poligono che si dipana quasi dal centro della vecchia Gorizia. Il luogo è sacro, richiama anche la vita di tanti partigiani, qui soffocata dal piombo fascista e nazista.



Salita tra i boschi del Panovec
Una bella salita sterrata, nel fresco di boschi centenari, porta fino a un passo, dal quale si discende dall'altra parte dello spartiacque. Il sudore viene ripagato dagli scorci del fiume, questa volta la Vrtojbica. Se il Koren raggiunge dopo pochi chilometri l'Isonzo, attraversando al nova e la stara Gorica, questo ruscello avrà vita più lunga. Dopo aver lambito il più che suggestivo ( ma attualmente assai maltrattato!!!) cimitero ebraico di Rožna dolina, lambisce la bella ciclabile di confine, passa dietro all'ospedale di Šempeter, raggiunge Vrtojba dalla quale riceve il nome, per gettarsi infine nella Vipava il Vipacco), nella  zona di Bilje.

Anche qui le sorgenti si caratterizzano per l'acqua limpida, per romantici luoghi di sosta raggiungibili con bei ponticelli di legno e naturalmente con le immancabili stele ricordo si persone o avvenimenti qui accaduti per portare alle nostre, successive, generazioni, un futuro di pace e di libertà.

Camminatori e ciclisti, se ancora non conoscete il Panovec, andateci, andateci, andateci!

Questo post è dedicato al tanto compianto studioso Otello Silvestri, già direttore della Biblioteca Statale Isontina, che oso definire "amico", autore del "Tiglio e la Rosa", uno stupendo e dimenticato romanzo d'amore, scritto nella seconda metà degli anni '90 del XX secolo, la cui vicenda si svolge soprattutto tra le fronde degli alberi del bosco del Panovec.   

Chiare, fresche, dolci acque (della Vrtojbica)


domenica 16 maggio 2021

Nuovi ponti e non più barriere: Riflessioni sull'intervista al sindaco di Nova Gorica Klemen Miklavič (Delo, 8.5.2021)

Ponte ciclabile sull'Isonzo/Soča
Molto interessante è l'intervista al sindaco di Nova Gorica Klemen Miklavič, pubblicata lo scorso sabato sull'inserto settimanale culturale del quotidiano sloveno Delo.

Prima di tutto consente una maggior conoscenza del primo cittadino, uomo di scienza e di cultura, impegnato nella ricerca e nella consulenza sui diversi sistemi scolastici, nei Paesi europei ed extraeuropei, in particolare nel Medio Oriente.

La maggior parte del testo è dedicata ovviamente alle prospettive del territorio goriziano, con uno sguardo speciale rivolto al prestigioso traguardo della Capitale europea della Cultura 2025. Il giovane amministratore ha le idee particolarmente chiare, la sua visione del futuro tocca i principali aspetti della vita del territorio, dalla storia all'economia, dall'urbanistica all'innovazione tecnologica, dalle relazioni transconfinarie al futuro dell'Europa.

In questo contesto Miklavič parla della nuova stagione di buone e amichevoli relazioni tra Nova Gorica e la vecchia Gorizia italiana, in modo particolare testimoniando la moltiplicazione di contatti alla base, anche durante la forzata chiusura dei confini a causa della pandemia, quando le ricostruite reti non hanno impedito, anzi addirittura incrementato i contatti da una parte e dall'altra della barriera.

Si è parlato anche della positiva relazione tra i due sindaci, tra i quali la scelta è stata quella di cercare di approfondire ciò che unisce piuttosto che i motivi di divisione. Senza negare le divergenza di interpretazione sugli avvenimenti storici del Novecento, si può cercare di guardare avanti, dilazionando i tempi per affrontare con maggior serenità problemi che in passato avrebbero impedito perfino l'inizio di un minimo dialogo e che oggi non ostacolano invece nemmeno un'impresa comune grande come la felice realizzazione del progetto della Capitale della Cultura.

Cosa raccogliere dall'intervista, i cui contenuti possono essere un ottimo strumento perché ogni abitante del territorio - individualmente o in gruppo organizzato - possa avviare una costruttiva riflessione rispetto al proprio compito e alla propria visione del mondo?

Non si può immaginare più questa zona "di confine", se non insieme, con uno sguardo simpatetico e creativo. Da questo punto di vista è indispensabile che alla proposta "dall'alto", aiutata dal percorso verso Europa 2025 e dal GECT/EZTS, corrisponda una moltiplicazione delle relazioni umane che consenta di sentire l'unione una "normalità" e non un mero obiettivo strategico.

Non è possibile cancellare le sofferenze del passato, non è da ricercare una riconciliazione che rischi di porre sullo stesso piano vittime e oppressori. Si può certamente guardare avanti, accettando con lealtà i giudizi storici degli studiosi competenti e non lasciando più che le differenti ermeneutiche rallentino i processi di collaborazione e solidarietà. 

Occorre un forte confronto e dialogo sulle alte visioni del prossimo futuro, per non ridurre l'occasione del 2025 a qualche rattoppo stradale, evento strapaesano o sagra comunitaria. Da questo punto di vista è indispensabile la creazione di tavoli di lavoro sinergici che sappiano individuare la specificità di un territorio unito nelle sue diversità, da Bovec ad Aquileia, da Vipava a Grado, con al centro il nucleo abitativo delle Nova Gorica/Gorizia. E' evidente che tale lavoro comune presuppone, almeno in parte, lo studio delle reciproche lingue, perché è difficile immaginare una Capitale europea della Cultura nella quale gli abitanti non riescano a comprendersi l'un l'altro, neppure a livello elementare.

Perché tutto questo sia possibile, è necessario che sia riconosciuto come la cultura debba essere l'autentico fondamento su cui edificare qualsiasi prospettiva e azione politica ed economica. Si sarà all'altezza di questo enorme compito? Senz'altro sì, se si accetta la sfida di un atteggiamento del tutto nuovo di ascolto, comprensione, sincerità, perché no? anche amicizia tra gli attori, ovvero tra tutti gli abitanti, nessuno escluso, di questo territorio.

Un simbolo di tutto ciò? Il ponte ciclabile, citato anche dal sindaco di Nova Gorica, sull'Isonzo/Soča. sarà davvero il punto di riferimento per un rilancio non solo del turismo, ma dell'intera vitalità di una zona che non dovrebbe più avere barriere, ma potrebbe offrire un esempio nel cuore dell'Europa, di un modo di essere innovativo, ambientalista, pacifista, sanamente produttivo e culturalmente avvincente.

mercoledì 12 maggio 2021

La fine del sacerdozio cattolico

Tone Kralj, Gesù e i bambini
Il problema teologico che il cattolicesimo deve affrontare è quello del sacerdozio. Lo stesso Concilio Vaticano II non ha osato addentrarsi in una questione che in effetti riguarda l'essenza stessa della Chiesa, ovvero il tema della "mediazione".

Chi è il mediatore fra Dio e l'essere umano, o meglio ancora fra Dio e il Cosmo? Il "sacer-dote", cioè "colui che dona il sacro", è una figura diversa dagli altri dal punto di vista ontologico ed essenziale? Un buon teologo risponderebbe di no, che c'è il sacerdozio comune dei fedeli, che tutti si è re, profeti e sacerdoti. Intanto però non viene messo in discussione, nella Chiesa cattolica, il sacramento dell'Ordine che, secondo la sacramentaria, conferisce un "carattere" indelebile, chiaramente distinto dal dono dello Spirito trasmesso nel battesimo e nella cresima. I testi dogmatici parlano ancora di "differenza ontologica", quasi che l'ordinato - rigorosamente maschio e celibe - sia innalzato al di sopra degli altri per espletare la funzione di essere "in persona Christi" in particolare, ma non solo, nella celebrazione dei sacramenti. Per quanto riguarda i vescovi, inoltre, in quanto successori degli apostoli, essi ricevono il "munus", cioè una specie di "potere", di santificare, di governare e di giudicare. Sopra di loro c'è il Vescovo di Roma, il Papa insomma, che quando parla ex cathedra, a differenza di tuti gli altri mortali, ha perfino il carisma dell'infallibilità. Qualcuno - forse perfino Francesco, quello che sta a Roma - può anche sorridere di fronte a queste parole, ma esse sono in realtà "verità dogmatica", alla quale un pio credente è tenuto a prestare "il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà".

Eppure questo messaggio - ed è qui il punto che forse è giunto il momento di prendere in considerazione, dopo oltre 1700 anni - è palesemente contrario a quanto affermato nelle fonti neotestamentarie, da nessuna delle quali è possibile intuire una volontà del Maestro riguardo alla costituzione di una "Chiesa" gerarchica, rigidamente costituita. Anzi, se appare ovvia la ritrosia di Gesù di fronte al sacerdozio ebraico, molto simile a quello post-costantiniano, l'unico documento che parla estesamente del sacerdozio è la (bellissima) Lettera agli Ebrei, dove è evidente che l'unico "sacerdote eterno secondo l'ordine di Melchisedech" è Gesù Cristo, che ha liberato dal male tutti, attraverso il "sacrificio" unico e irripetibile della propria vita. Come sia stato possibile ricostruire il sacerdozio levitico, da parte di persone che hanno letto e studiato la Lettera agli Ebrei, si può capire solo a partire dalla svolta costantiniana (o meglio teodosiana), quando la struttura di potere dell'Impero viene trasferita alla Chiesa ormai divenuta potente. I vescovi - prima semplici "sovrintendenti" che garantivano l'unità nella diversità delle comunità - diventano "sommi sacerdoti". I presbiteri - prima saggi "anziani" che aiutavano le persone ad attuare il libero discernimento del bene e del male - diventano i "datori del sacro". Il papa viene chiamato addirittura "santità", "padre dei padri". Fra tutte queste beatitudini, eccellenze, eminenze, padroni (domini, da cui deriva il "don"), qualcuno legge ancora il Vangelo che afferma: "chi vuole essere il primo fra voi sia l'ultimo di tutti e lo schiavo di tutti".

Fino a quando il sacerdozio non sarà abolito, riconoscendo con la Scrittura l'unico sacerdozio di Cristo e la partecipazione universale di tutti e di ciascuno dei credenti, non ci potrà essere autentica riforma nella Chiesa, non ci potrà essere un dialogo teologico costruttivo tra i cristiani, dal momento che uno si ritiene "infallibile". Non ci potrà essere neppure una vera umana e generalizzata fraternità, perché è impossibile parlare in modo simpatetico, quando un interlocutore ritiene di possedere "la pienezza della verità" (lo dice il Vaticano II, non il Concilio di Trento!) e - bontà sua - di decidere se mettere sul rogo oppure dialogare con i propri interlocutori, a seconda del contesto più o meno pacifico nel quale ci si trovi a vivere.

"E' arrivato il momento, ed è questo - dice Gesù alla Samaritana - in cui i veri adoratori non adoreranno più sui monti sacri o nel tempio di Gerusalemme, ma soltanto in spirito e verità". Ora che sono state costruite milioni di chiese e che vengono celebrati miliardi di riti al posto dell'"unico" di cui parla la Lettera agli Ebrei, sarà un po' difficile rinunciare alle immense posizioni di privilegio delle quali gode la Chiesa cattolica - in Occidente, ovviamente, in molti luoghi i credenti rischiano la morte per fame o a causa di persecuzioni. Eppure qualcosa deve cambiare, altrimenti l'evidente crisi di questo momento potrà essere davvero quella finale, almeno per ciò che concerne la struttura attuale dell'"una, santa, cattolica e apostolica". 

martedì 11 maggio 2021

Gaza e il Tigray, sofferenze dimenticate...

Mentre quasi da un anno e mezzo, sollecitata da una vera e propria inondazione mediatica, la gente del Nord del Mondo si preoccupa del covid-19, altrove le notizie sulla pandemia sono soffocate da altre gravi sofferenze. Mentre tuttavia il virus è un nemico strano, al punto che non si sa neppure se classificarlo tra gli esseri viventi, la guerra è generata dalle umane responsabilità, dal libero arbitrio, dalla volontà di scegliere il bene o il male.

Forse per questo le notizie di questi ultimi giorni da Gerusalemme e Gaza sembrano coglierci di sorpresa, come se la situazione di sistematica oppressione del popolo palestinese da parte non degli ebrei, ma dal governo di Israele, peraltro da essi scelto, fosse una questione recente. Nuova è soltanto l'ennesima scintilla, lo scontro tra i legittimi abitanti delle case di Gerusalemme est e i coloni che vogliono espropriarle. Da una questione giuridica, da affrontare con al forza dell'intelligenza e l'arte della parola, si passa alla violenza sistematica, con un abnorme dislivello delle forze in campo, la potenza militare di Israele che a ogni intervento semina devastazione e morte da una parte, la debole e pur sempre violenta reazione degli antiquati missili palestinesi dall'altra. E' incredibile come la comunità internazionale - in particolare le grandi potenze includendo fra esse l'Unione Europea - non siano in grado di garantire una situazione di stabile pace, radicata nella giustizia e nel rispetto dei più elementari diritti della persona. Occorre tenere desta l'attenzione su ciò che sta accadendo. Occorre fermare subito la spirale di odio, prima che esploda una nuova intifada, l'innalzamento del livello della tensione non gioverebbe a nessun altro che non sia un potente signore della guerra o un sostenitore della micidiale arma dei poveri che è il terrorismo.

E forse per questo si parla ben poco di un'altra guerra che si sta combattendo nella regione del Tigray, la parte più a Nord dell'attuale Etiopia. Ciò che vi sta accadendo è sconvolgente, da sei mesi a questa parte sono in atto feroci combattimenti tra le forze autonomiste e quelle governative del primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali (premio Nobel per la pace 2019!!!). Le notizie giungono in modo frammentario e poche sono le agenzie di stampa che si preoccupano di raggiungere - peraltro con grande difficoltà - le zone più calde. Si possono ottenere informazioni dai racconti degli operatori umanitari che cercano di penetrare nel territorio e dagli scritti di coraggiosi blogger "occidentali", come per esempio l'ottimo Davide Tommasin, uno che "dona voce a chi non ha voce". Si parla di decine di migliaia di morti, soprattutto fra civili inermi vittime di un vero e proprio genocidio, come pure di quasi due milioni di profughi dalla tormentata regione ai confini con l'Eritrea. Sì, "due milioni" di profughi. E' un numero spaventoso, in un territorio già di per sé provato dalla povertà, se si pensa che qualche centinaia di migliaia di rifugiati è in grado di mettere in crisi il sistema politico ed economico della ricchissima Europa! E' indispensabile togliere la cortina di silenzio che impedisce di vedere ciò che sta accadendo in questa e in altre zone dell'Africa, superare la tragica constatazione relativa al valore "mediatico" della vita umana, vilipesa e dimenticata in queste terre, così vicine e così lontane.

E ora ritorniamo pure a occuparci del coronavirus, ma consapevoli di come non sia l'unico problema planetario... 

lunedì 10 maggio 2021

La cattolicità in crisi. Si va (finalmente) verso un'altra Chiesa?

Volto Santo di Lucca, nella Basilica di Aquileia
La Chiesa cattolica è in evidente difficoltà. Non è certo una novità, ma in questo periodo le contraddizioni diventano sempre più evidenti, non tanto per gli scandali - dagli Atti degli Apostoli in  poi ci sono sempre stati e fanno parte della naturale debolezza umana - quanto per la crisi di alcuni suoi fondamenti.

Molti sono i fattori che hanno determinato questa grave e peraltro assai benefica crisi. La visione cattolica del cristianesimo ha radici lontane, nel falso storico della donazione di Costantino. L'unione tra Chiesa e Impero è infatti alla base di un sistema sociale, ma anche politico, militare ed economico che ha influenzato profondamente 1600 anni di storia occidentale. Dal punto di vista culturale, al di là delle prese di posizione di intellettuali illuminati, tale situazione è rimasta sostanzialmente invariata fino alla celebrazione del Concilio Vaticano II, del quale l'anno prossimo si celebrerà il 60mo anniversario dell'inizio. Ciò è accaduto, nonostante la fortissima sollecitazione della Riforma protestante e dell'in parte conseguente affermazione della svolta copernicana del pensiero e della scienza moderni.

Il cambiamento è dunque indispensabile e potrebbe portare all'auspicata fine della cristianitas medievale e a una profonda revisione del concetto stesso di "religione", collegato appunto alla "visio" cattolica.

In forma ancora embrionale e anche un po' confusa, lo stesso Vaticano II nei suoi documenti ha dimostrato da una parte la necessità di una profonda trasformazione, dall'altra l'esistenza di uno scontro neppure troppo velato tra posizioni cosiddette progressiste e tradizionaliste. E' vero che il Concilio non è andato oltre al tema dell'"adeguamento", sulla scia dei padri post-costantiniani che preconizzavano la necessità del "progresso nella tradizione". Tuttavia, alcune linee sono state tracciate e il seme gettato sembra cominciare a germogliare, sia pur oltre mezzo secolo di ritardo. Solo per citarne alcune, di grande importanza, l'approfondimento della distanza tra fede e ragione, la visione teocentrica di un cristianesimo che si riconosce timidamente una religione "inter pares", la percezione federativa delle diverse confessioni cristiane, la trasformazione non ancora avvenuta del sacerdozio "sacramentale" in presbiterato "funzionale", la libertà di coscienza nelle scelte individuali e sociali, la revisione del ruolo gerarchico e dell'autorità del vescovo di Roma.

L'attuale papa, Francesco, sembra essere il primo successore di Pietro ad aver compreso la portata rivoluzionaria dei germi contenuti nel Concilio. I suoi atteggiamenti sembrano orientare proprio verso la concretizzazione di tali intuizioni, anche se manca ancora una necessaria riflessione teologica in grado di dare spessore ai suoi gesti e un indispensabile adeguamento canonico, senza il quale gli atti da lui compiuti rischiano di restare la testimonianza solo di una persona particolarmente sensibile.

Se le parole e le azioni di Bergoglio si prolungassero in decisioni pratiche, probabilmente non esisterebbe più la Chiesa cattolica costantiniana, si realizzerebbe ipso facto l'unione tra le chiese ancora divise, non servirebbe più un potere temporale legato alla ancora potentissima Città del Vaticano, sarebbe scontato il rispetto per la libertà di coscienza e di opinione, la comunità ecclesiale apparirebbe ovunque come una casa aperta, senza alcun altra ragione d'essere che non fosse il prolungamento della testimonianza del suo Maestro e Fondatore.

E' questa la strada verso la quale ci si è incamminati? Da una parte sembrerebbe di sì, osservando "ciò che fa", da un'altra sembrerebbe di no, notando "ciò che decide", cioè molto poco, neppure su versanti abbastanza abbordabili quali il presbiterato femminile, il celibato dei preti, il riconoscimento sacramentale del matrimonio omossessuale, la trasparenza totale sugli atti (cfr i permanenti silenzi su Emanuela Orlandi), perfino l'ovvio riconoscimento della possibilità di accedere all'eucarestia da parte delle persone divorziate risposate.

Insomma, il momento è delicato. Riuscirà papa Bergoglio a superare le sue stesse ritrosie e a indicare la strada di un nuovo Concilio, nel quale portare tutto ciò a un livello normativo e definitivo? Oppure le forze reazionarie prevarranno, attendendo con pazienza al varco il suo successore e riducendo l'attuale pontificato a una parentesi caratterizzata soltanto da un carattere particolarmente originale e disinibito?

mercoledì 5 maggio 2021

Quanto sono belle le mura di Palmanova?

La città di Palmanova sta diventando sempre più importante, grazie a un sapiente investimento sul piano turistico e culturale.

In effetti, anche a livello nazionale, fino a qualche anno fa era conosciuta soprattutto per l’inconfondibile struttura urbanistica a forma di stella, rilevata dalle riprese aeree. Chi poi decideva di entrare attraverso una delle tre suggestive porte, si trovava in un abitato interessante, ma non immediatamente comprensibile nel contesto della sua vicenda storica. Ora, il forte investimento sul decoro urbano e la moltiplicazione di eventi culturali di ampio respiro hanno consentito di raggiungere il prestigioso traguardo dell’inserimento nel patrimonio mondiale Unesco.

C’è molto da vedere, da conoscere e da studiare, ma senz’altro una delle “sorprese” è costituita dal giro delle mura. Si tratta di una serie di percorsi che si intersecano fra loro e che consentono splendide passeggiate e impegnative gite in bicicletta, con diversi livelli di difficoltà.

Il “tour” richiede una mezza giornata libera, soprattutto perché a ogni svolta si aprono nuovi scorci paesaggistici, uno più affascinante dell’altro. Le alte muraglie si rispecchiano nelle acque del fossato, chiudendo lo sguardo verso il centro, dal quale tuttavia emergono il tetto del Duomo e di qualche altro edificio. Si può camminare vicino alle rive o si possono affrontare i numerosi saliscendi che consentono di visitare gli anfratti e le rovine delle cerchie più antiche. La copertura a prato, molto ben custodita, crea l’impressione di trovarsi nel cuore di dolci colline, le caverne artificiali che si aprono ovunque incrementano lo spirito di avventura.

E’ un suggerimento per un sabato o una domenica pomeriggio, per un cammino con la famiglia o per una salutare e armoniosamente salutare corsa in bici. Ma è anche l’occasione per avvicinarsi a una storia ricca di eventi, crocevia attraversato dai patriarchi di Aquileia, dai veneziani, dai francesi napoleonici e dagli asburgo, senza dimenticare le scorribande dei “Turcs tal Friul”. Da non dimenticare è infine il triste ruolo rivestito dalla fortezza di Palmanova, in particolare la caserma Piave, durante la seconda guerra mondiale, luogo di eccidi e di torture realizzati dall’autorità fascista, uno dei luoghi simbolo della Resistenza in Regione.

Insomma, si tratta di uno scrigno di momenti importanti, di monumenti interessanti e di paesaggi inattesi. Davvero, da non perdere! 

 

lunedì 3 maggio 2021

Un po' di numeri sulle vaccinazioni in fvg

Riguardo alla pandemia, la questione dei "numeri" ha sempre suscitato perplessità. Quando giungevano ogni giorno, fino a due mesi fa, due o addirittura tre dati totalmente diversi gli uni dagli altri ai Comuni, relativamente ai contagi, ci si chiedeva quali fossero quelli reali e su quali basi venissero determinati i "colori" delle Regioni.

Oggi Il Piccolo riporta le dichiarazioni del presidente della regione fvg Fedriga. Sostanzialmente egli dice che, non essendo entusiastica l'adesione degli "over 60" - sembra siano circa 73mila gli aventi diritto - sarebbe intenzionato a chiedere la cosiddetta apertura delle agende anche per i più giovani. Sostiene inoltre che si è attualmente in grado di raggiungere la cifra di 10mila vaccinazioni al giorno e sollecita i cittadini "di fascia d'anzianità" a prenotarsi in tempo, per evitare che tra breve chi chiede la vaccinazione rischi di dover attendere addirittura "qualche settimana".

Esperienza personale. Prenotazione effettuata il 15 aprile, telefonicamente, al numero unico messo a disposizione dall'autorità regionale. Richiesta (giusta) da parte dell'incaricato sulla presenza di particolari patologie e immediata assegnazione della data di vaccinazione: 21 giugno, ovvero 65 giorni dopo la chiamata.

Pensierini conseguenti. 

Se davvero si effettuassero 10.000 interventi al giorno, in 65 giorni si vaccinerebbero 650.000 persone, ovvero metà dell'intera popolazione regionale, compresi i bambini. Secondo la logica delle prenotazioni, invece, il 21 giugno non dovrebbe essere ancora esaurita la fascia dei 60-70enni.

L'evidente lunghezza del tempo d'attesa non corrisponde alle dichiarazioni preoccupate di Fedriga. Se effettivamente non fossero neppure 10mila gli attuali richiedenti e se si realizzassero 10mila vaccinazioni al giorno, basterebbe una giornata per soddisfare tutte le richieste. Perché allora 65 giorni?

Qualcosa evidentemente non funziona, non a livello medico ma della struttura organizzativa. Certo, è un piccolo problema, rispetto ai tanti drammatici cha ci stanno accompagnando da oltre un anno a questa parte. Tuttavia questa continua incertezza sui numeri e sulle loro fonti non giova di certo alla serenità e alla convinzione di cooperare in tutti i modi possibili più volte espressa e dimostrata dalla maggioranza dei cittadini.

sabato 1 maggio 2021

Nel ricordo di chi ha lottato per il diritto al lavoro e contro lo sfruttamento, buon primo maggio, živel 1.maj


Monumento ai lavoratori caduti, ex Cotonificio Goriziano

Monumento ai lavoratori caduti nella lotta per la Liberazione. Ex Safog, Gorizia