venerdì 31 gennaio 2025
Verso l'8 febbraio. Un'intervista
A qualche giorno dall'8 febbraio, propongo, se a qualcuno può interessare, un'intervista curata da Ornella Rossetto per Radio Capodistria. Ecco il link: https://radiocapodistria.rtvslo.si/podcasts/punto-e-a-capo/106615709/175105315
giovedì 30 gennaio 2025
Caso Almasri, preoccupante, molto preoccupante
Segni di torture sulla rotta balcanica |
Dal punto di vista politico, è abbastanza facile pensare che il rimpatrio con tutti gli onori del libico non sia il frutto di distrazione, ma la prova dei contatti sempre più stretti tra il governo italiano e l'attuale dirigenza libica. Insomma, è un bel favore a chi impedisce le partenze verso il Mediterraneo e l'Italia, costringendo a condizioni disumane coloro che vorrebbero partire. Il carnet dei crimini di cui è accusato Almasri fa venire la pelle d'oca: assassinii, stupri e violenze su minori, umiliazioni d'ogni sorta, torture. E le scoperte della Corte dell'Aia sono corroborate da migliaia di testimonianze di coloro che sono malcapitati sotto le sue sgrinfie.
C'è anche un aspetto etico, anche questo veramente preoccupante, derivato dall'informativa di Piantedosi e dai piagnistei della Meloni. Secondo loro, la magistratura avrebbe liberato l'accusato e il Governo, ritenendolo un individuo pericoloso, lo ha immediatamente rimpatriato in Libia con procedura d'urgenza. Cioè, un personaggio ritenuto colpevole di terribili misfatti, purché non mini la sicurezza degli italiani, può andare a compiere le sue "imprese" dove meglio gli aggrada.
Non so se sia stata del tutto compresa la portata delle spudorate ammissioni del ministro degli interni e della capa del Governo. I diritti umani, la dichiarazione universale, la costituzione italiana, la solidarietà, la cooperazione internazionale... tutto ciò viene dopo "la sicurezza degli italiani". Dicono che bisogna "difendere i confini", impedendo a ogni costo l'arrivo di migliaia di poveri che desiderano soltanto vivere, che bisogna perseguire in tutti i modi gli scafisti e nello stesso tempo si permette il ritorno in patria da eroe di un autentico macellaio. Si presidiano i confini sospendendo il trattato di Schengen per mettere in carcere i presunti terroristi (almeno, questa è la scusa ufficiale) e quando viene beccato uno dei più pericolosi torturatori malviventi, viene immediatamente lasciato libero, in ossequio agli squallidi interessi e alla propaganda dello Stato. In nome della "sicurezza nazionale", si sta smarrendo non soltanto la fiducia nella collaborazione tra popoli e nazioni, ma anche il senso stesso della parola "umanità".
Giorgia, la madre, la cristiana... E chi se ne frega se centinaia di esseri umani saranno uccisi, umiliati e vilipesi dalla violenza di Almasri? E chi se ne frega se Ben Salman è a capo di un regime assolutista e teocratico, presunto mandante di assassinii di livello internazionale? E chi se ne frega della vicenda di Giulio Regeni e dei torturati in Egitto? L'importante è che la Libia blocchi in qualsiasi modo i profughi, che con l'Arabia Saudita si possano fare più affari possibili e che Al Sisi compri le navi militari, che favorisca il made in Italy. Viva la ragione di Stato, addio fraternità e sororità universali!
domenica 26 gennaio 2025
Giornata della Memoria 2025
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Luce e Cici Einstein, in un momento spensierato |
E' una goccia nell'oceano di dolore costruito dal nazismo e dal fascismo, un milionesimo dell'immane tragedia della Shoah e dell'annientamento di interi popoli nei campi di sterminio e nelle infinite stragi che si sono verificate in Italia e in Europa.
Ma ogni individuo è un mondo a sé stante, portatore del mistero dell'esserci. Contemplando il particolare, ci si rende conto dell'universale e guardando all'insieme, si scopre che in esso si realizza l'umana avventura di ciascuno. Il razzismo ha massacrato milioni di persone - non solo ebrei, ma anche rom, testimoni di Geova, omosessuali, portatori di disabilità, oppositori politici - non tutte insieme ma una a una e ogni uccisione ha spento una fiammella della luce che è la Vita.
Non ci può essere atto più orribile del cancellare l'esistenza di un'altra persona. Chi uccide un uomo, uccide l'intera umanità e - come scrive il Corano - chi salva un uomo salva tutta l'umanità, perché siamo tutti indissolubilmente legati gli uni agli altri e all'intero regno dei viventi. L'unica possibile giustificazione della violenza è la consapevolezza che non ci possa essere altro strumento per impedire una immensa, maggiore sofferenza. Ed è per questo che l'unica guerra non ingiusta del XX (e del XXI) secolo è stata quella partigiana, finalizzata a sconfiggere il mostro razzista nazifascista che aveva condotto l'umanità intera sull'orlo della catastrofe finale.
E' giusto ricordare che i campi di sterminio e le stragi non sono stati frutto di una disgrazia o di un fenomeno naturale. Sono stati invece l'esito di libere scelte, attuate da persone con un nome e un cognome, ispirati da ideologie perverse alle quali avevano consacrato la loro vita. Non si può trascorrere un'intera Giornata della Memoria, senza nominare i criminali che hanno provocato la tragedia che in essa viene ricordata e senza essere grati a chi ha messo a repentaglio la propria vita, combattendo perché quell'orrore potesse finire. Non si può inorridire davanti a ciò che è accaduto, senza dichiararsi antifascisti.
Altrimenti, quel "mai più", oltre che illusorio, rischia di essere anche ipocrita, in un mondo in cui ovunque le stragi degli innocenti si stanno quotidianamente ripetendo, sotto lo stesso sguardo impotente o complice dei cosiddetti Grandi di ogni tempo.
L'onda gialla di Giulio Regeni
Il 25 gennaio è ormai da nove anni giorno di memoria, di impegno, di ascolto, di festa. E così è stato anche ieri, a Fiumicello.
L'"onda gialla" ha increspato un mare di persone, provenienti dal Friuli Venezia Giulia e da tanti altri luoghi d'Italia. E' un mare che travalica la fisicità e si dilata online, nelle tante piazze virtuali collegate via internet.
Giulio Regeni "fa cose", come più volte si è sentito ripetere durante l'avvincente serata. Giulio Regeni soprattutto unisce, al di là dei confini di Regioni e di Stati, donne, uomini e bambini che gridano il loro desiderio di verità e giustizia. E' un grido che si fa candela accesa, flashmob, intensa parola, anche impressionate voce del silenzio in una piazza gremita, nell'ora dell'ultimo contatto con il giovane ricercatore di Fiumicello.
Giulio parla per Alberto Trentini, cooperante italiano sparito e a quanto risulta detenuto senza accuse nelle prigioni del Venezuela, per tanti altri "scomparsi" in tutto il mondo, per i torturati nelle celle dei regimi dittatoriali, per i giornalisti uccisi - si sono sentiti i nomi del grande Enzo Baldoni, di Ilaria Alpi, di padre Paolo Dall'Oglio, di troppi altri eroi della comunicazione che hanno cercato di coinvolgerci, a prezzo della loro vita, nell'avventura della Verità. Ai nomi citati, sarebbero da aggiungere tantissimi altri, tra i quali non devono essere dimenticati quello di Maria Grazia Cutuli, assassinata in un agguato in Afghanistan nel 2001 e di Nicola Calipari che ha perso la vita in un conflitto a fuoco, ucciso dai soldati americani a Baghdad mentre accompagnava la giornalista Giuliana Sgrena verso la libertà.
Dopo l'ormai tradizionale fiaccolata e camminata verso il palazzetto dello sport, ci sono state quattro ore di testimonianze, inframezzate da momenti musicali e accompagnate da splendidi disegni espressivi delle emozioni dei vari passaggi. Magistralmente guidata da Giuseppe Giulietti, l'assemblea ha vissuto con grande attenzione momenti di profonda commozione, alternati ad altri più "leggeri", a volte anche divertenti.
Tra tanti interessanti racconti ci sono state anche sacrosante attualizzazioni: l'Egitto proclamato "Stato sicuro" dall'attuale Governo a fronte dei racconti terribili sul trattamento di chiunque non vada nel Paese per turismo o per affari; l'incredibile caso Almasri, macellaio libico arrestato, immediatamente rilasciato e portato in Libia con aereo di Stato, dove è stato ricevuto con tutti i possibili onori; il rigetto di migliaia di esseri umani in Italia e in Europa, il gruppo di profughi incatenati fotografato ed esibito come una specie di trofeo negli Stati Uniti mentre sta per imbarcarsi sull'aereo del rimpatrio; e molto, ma molto altro.
Il vertice della serata è stato comunque l'intervento dei principali protagonisti di questa vicenda, la famiglia Regeni - Paola, Claudio e Irene - e l'infaticabile avvocata Alessandra Ballerini. Sono loro che hanno raccontato il lungo percorso che ha portato all'apertura di un processo nei confronti di quattro imputati coinvolti nel sequestro, nelle torture e nell'assassinio di Giulio. La loro tenacia, come pure la loro straordinaria capacità di trasformare il dolore individuale in eccezionale percorso politico, hanno reso possibile ciò che molti ritenevano impossibile. E ciò è accaduto anche grazie a una mobilitazione di massa che ha coinvolto giornalisti, personaggi dello spettacolo, sportivi, scrittori e registi, politici, ma soprattutto una miriade di europei. La forza incredibile di un popolo giallo non incline al pessimismo e alla rassegnazione ha dimostrato che, se si vuole, si possono salvare le ragioni della Democrazia, della Costituzione e dell'autentica Libertà.
Un grazie immenso a chi ci ha creduto fin dall'inizio e continua a lottare, non soltanto per Giulio Regeni ma per tutti gli oppressi del mondo. Grazie perché l'impegno di un'immensa onda gialla rende ancora possibile credere che valga la pena vivere ogni istante, per cercare sempre e ovunque, con passione e convinzione, la Verità e la Giustizia.
lunedì 20 gennaio 2025
Ripartire da Schengen, subito!
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I marciatori della pace al Rafut (Foto E. Tofful) |
E allora? Allora quasi tutti avevano capito che la finalità del presidio sul confine fosse quella di intercettare i profughi e i migranti della rotta balcanica, per condurli al CPR di Gradisca (cosa sta succedendo là dentro?) e poi appena possibile respingerli. Dopo quasi un anno e mezzo sembra chiaro che non sia neppure questa la motivazione, bensì un'altra, essenzialmente politica. I blocchi bicolori, le serpentine come nei check point di antica memoria, i giovani in divisa armati con ben poco rassicuranti mitra, non servono ad altro che a far crescere la tensione. Da una parte sollecitano l'immaginazione di possibili invasioni di poveri disarmati alla ricerca delle fonti per la sopravvivenza, dall'altra rassicurano fittiziamente l'elettorato di destra, mostrando i muscoli e garantendo la salviniana "difesa dei sacri confini".
Pochi credevano all'emergenza dei sei mesi, c'è in giro troppa voglia di mimetiche per far cessare così presto un segnale praticamente così inefficace, ma simbolicamente così potente. Così il primo semestre si è trasformato in un anno, poi in un anno e mezzo. Proprio oggi, a sconfiggere i facili ottimismi di chi guardava all'imminente apertura dell'anno della capitale europea della cultura, lo stesso ministro Piantedosi ammette che "fino a giugno" le barriere resteranno, anche se non saranno invasive, sarà come se non ci fossero. Giustamente qualcuno si chiede: ma se fosse così, perché non toglierle immediatamente?
In realtà, se la Capitale della Cultura 2025 vuole celebrare la nuova situazione di due città, Nova Gorica con Gorizia, non più separate da un confine, la cessazione del trattato di Schengen è un vulnus intollerabile. Offriamo all'Europa uno sguardo su un territorio che è stato diviso e proprio sul più bello realizziamo nel cuore delle città, sulle vie di collegamento, minacciosi posti di blocco che non hanno altra funzione che quella di suscitare inquietudine e paura.
Almeno questo allora: prima dell'8 febbraio si ripristini Schengen, vengano smantellati tutti i check-point e l'abolizione dei confini non resti soltanto un bello slogan astratto, ma sia nutrita di fatti concreti!
domenica 19 gennaio 2025
Bora scura e bora chiara...
Quasi un segno premonitore. La scorsa settimana, il vento forte ha danneggiato gli alberi che circondano il monumento agli "eroi di Bazovica", demolendo la stele eretta in loro memoria. I quattro, Zvonimir Miloš, Fran Marušič, Ferdo Bidovec e Alojz Valenčič, sono stati uccisi in quanto antifascisti il 6 settembre 1930, dopo un vergognoso processo politico tenutosi a Trieste. Il loro impegno per la libertà e la salvaguardia dei diritti del popolo sloveno, è stato sottolineato qualche anno fa dalla presenza in loco del presidente della Repubblica di Slovenija Borut Pahor e del presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella.
Il monumento sarà presto riedificato e prima o poi gli assassinati di Bazovica avranno piena riabilitazione e postuma giustizia.
Ma la bora nera che ha soffiato sul Carso è arrivata fino a Gorizia, trasformandosi nell'ormai reiterata celebrazione dei macellai della X mas, le cui gesta ben poco eroiche sono state magistralmente descritte dallo storico Luciano Patat, nel corso di un'assai partecipata conferenza, svoltasi al Trgovski dom. Di parole, su questa vicenda, ne sono state spese tante, particolarmente coinvolgenti quelle dei giovani presenti alla manifestazione promossa dall'anpi lo scorso sabato. A esse non c'è molto da aggiungere, se non qualche domanda: è davvero legittimo che un assessore, delegato dal sindaco, partecipi in forma ufficiale, con tanto di fascia tricolore, a un raduno di reduci di un corpo paramilitare fiancheggiatore del nazifascismo? E' legittimo che i labari di tale associazione entrino nella Casa del Comune, ricevendo tutti gli onori possibili? Quale è il senso di questa ennesima provocazione, dopo quella costituita dalla mancata cancellazione del nome di Mussolini dal libro d'onore del Municipio di Gorizia?
Presso la sede dell'UGG è stata allestita, in occasione di questo fine settimana, una mostra dedicata proprio ai soldati della Decima, a quelli del Battaglione Mussolini della RSI e alla battaglia di Tarnova. Accanto a fotografie d'epoca e a cimeli provenienti dai campi di battaglia, sono stati esposti documenti, con un criterio talmente unilaterale e fazioso da suscitare perplessità e delusione in chiunque si fosse soffermato, procedendo da un sincero interesse storiografico, a osservare gli oggetti. Insomma, non si tratta di una ricostruzione storica, per quanto possibile scientifica, ma di una vera e propria celebrazione, un inno alla guerra, al nazionalismo e alle ideologie che hanno portato l'Europa e il mondo alla catastrofe. Gli interrogativi precedenti si rafforzano ulteriormente. Negli spazi pubblici, ciascuno può tranquillamente esporre ciò che desidera, anche immagini e testi che inneggiano esplicitamente a formazioni militari inequivocabilmente fasciste? Non esiste alcuna possibilità di controllo, da parte di chi mette a disposizione gli ambienti, tanto più in un sito prestigioso come quello dell'Unione Ginnastica Goriziana, che tanto ha dato a Gorizia in termini di formazione sportiva delle nuove generazioni e di valorizzazione di nuovi e vecchi straordinari talenti?
Ci si augura che siano gli ultimi sussulti di una nostalgia funesta e che il vento gioioso della capitale europea della cultura spazzi le scorie del neofascismo e promuova l'inizio di un nuovo modo di intendere la storia del passato, la convivenza del presente e la visione di un glorioso futuro.
Nessuno tocchi Aquileia!
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Il Sole dietro al campanile (foto N.Akkad) |
Il solo nome di Aquileia suscita brividi di stupore. Le zone archeologiche consentono di salire sulla macchina del tempo, camminare su strade saltellando sulle pietre antiche, visitare case che hanno percorso secoli di storia, commuoversi davanti ai monumenti che ricordano le vicende personali degli aquileiesi di duemila anni fa: altri contesti, ma la stessa gioia per i brevi momenti luminosi, la stessa tristezza di fronte al mistero della fine. I due musei sono gioielli impareggiabili, quello archeologico con i depositi da poco messi a disposizione del pubblico e quello paleocristiano, con la testimonianza di tre basiliche con splendidi mosaici, la lunga storia del monastero delle benedettine e le lapidi più coinvolgenti dell'intero Nord Italia.
E poi, naturalmente, c'è la basilica, elemento indimenticabile del paesaggio. C'è il campanile, che si cerca e si incontra già a un primo sguardo, da lontano, visibile nelle giornate limpide perfino dalle alte Alpi Giulie. E c'è la basilica patriarcale che nella sua caratteristica forma romanica e gotica, nasconde i tesori dell'inizio del IV secolo, certamente il più completo racconto esistente al mondo della teologia di una comunità cristiana particolare che vive nella libertà di ricerca precedente la convocazione del Concilio di Nicea (325), il primo della storia della Chiesa.
Già si sa, tutto questo, anche se si scopre sempre qualcosa di nuovo, soprattutto nei volti dei visitatori. L'altro giorno, per esempio, si era insieme, cattolici, protestanti, ebrei, musulmani, preti, rabbini, imam. E per tutti la Basilica si è offerta come casa, per incontrarsi, per amarsi, per costruire insieme la pace nella giustizia. Che meraviglia tutto ciò!
Eppure, sembra che qualcuno non lo capisca e c'è chi propone la realizzazione di un vero e proprio parco fotovoltaico, che andrebbe a inferire sulle campagne che custodiscono gelosamente altri e nuov9 segreti, ma sarebbe realizzato a ridosso di quella che è stata già delimitata come area archeologica. Un'area da rispettare, come richiede il prestigioso riconoscimento di sito UNESCO, ottenuto già 26 anni fa. Tutti sembrano decisamente contrari: il Comune di Aquileia, la Soprintendenza, la Fondazione Aquileia, ovviamente la cittadinanza tutta. Nessuno nega l'importanza delle energie rinnovabili, ma ciascuno chiede un ovvio rispetto per una realtà così importante, della quale tutti si devono sentire comproprietari e corresponsabili, in quanto patrimonio dell'umanità.
Dunque, a chi giova? A chi giova uno sfregio inaccettabile, anche per la democrazia, nel caso non si tenesse in alcun conto le motivate ragioni di una sacrosanta protesta. Chi può, soprattutto chi deve, interrompa immediatamente l'iter autorizzatorio e pensi subito ad altre, innumerevoli, alternative.
giovedì 16 gennaio 2025
Rai Storia e Rai news sulla Capitale europea della Cultura
In questa settimana sono stati trasmessi, a livello nazionale, due interessanti servizi su Nova Gorica con Gorizia capitale europea della Cultura 2025. Sono stati intervistati diversi personaggi del territorio, tra i quali molti cari, competenti e intelligenti amici che hanno saputo presentare una lettura del territorio avvincente, dialettica e piena di speranza. Per chi se li fosse persi, eccoli in questi link, il primo relativo a RaiStoria, il secondo a Rainews. Buon ascolto e un grande grazie ai registi, giornalisti e operatori che hanno realizzato i due programmi!
https://www.rainews.it/rubriche/24mm
sabato 11 gennaio 2025
Invece della riesumazione della Contea, perché non pensare a un'"europrovincia"?
Ai tempi del presidente della regione FVG Riccardo Illy, si parlava molto di "euroregione" Alpe Adria. Nel 2013 l'idea, che coinvolgeva anche il Veneto, sembrava essersi concretizzata con la sottoscrizione e l'avvio di uno specifico GECT tra le Regioni confinanti. Il sogno iniziale era quello di coinvolgere realtà amministrative appartenenti territorialmente all'Italia, all'Austria, alla Slovenia e alla Croazia.
Come stia procedendo tale struttura non è facile desumerlo, anche perché il sito dell'"Euregio Senza Confini" non risulta particolarmente aggiornato. Tuttavia è ancora molto attuale e affascinante l'idea originaria, quella di ricreare e di approfondire le dinamiche storiche di relazione tra popoli, lingue e culture differenti fra loro nel cuore dell'Europa.
La questione si collega direttamente con l'ormai prossima apertura dell'anno nel quale Nova Gorica con Gorizia saranno capitale europea della Cultura. Avvicinandosi la data e soprattutto essendo stato avviato il dibattito in regione FVG sulla futura distribuzione delle (neo) province, c'è chi propone di riportare il territorio cosiddetto exAu sotto l'egida della città di Gorizia. Le motivazioni storiche sono evidenti, sottolineate anche dall'ancora esistente Arcidiocesi di Gorizia, la cui giurisdizione si spinge ben al di là del confine geografico e politico con l'ex provincia di Udine. Anche dal punto di vista culturale si può riconoscere un certo affiatamento tra la realtà dell'Agro Aquileiese e quella del Goriziano. Bisogna però anche dire che tale struttura relazionale si sta sempre più assottigliando, essendo legata abbastanza strettamente alla frequentazione delle scuole. E' finito infatti il tempo di un maggioritario numero di studenti iscritti negli istituti superiori di Gorizia, oggi essi sono equamente divisi con la forte concorrenza di Udine e anche di Palmanova.
Allora, perché fermarsi a discutere di questioni identitarie che se non sono di livello archeologico poco ci manca? Perché non cogliere l'occasione strepitosa della capitale europea della cultura per avviare un ragionamento quasi del tutto nuovo? Si scrive "quasi" perché qualcosa - e non poco! - già c'è, cioè il GECT/EZTS tra Gorizia, Nova Gorica e Šempeter/Vrtojba. E' possibile immaginare una specie di "europrovincia inter-nazionale" (la definizione è del giornalista Marko Marinčič e risale ai tempi in cui era assessore provinciale nella Giunta Gherghetta) , con organismi elettivi, in grado di coniugare le esigenze amministrative dei territori delle valli dell'Isonzo/Soča e della Vipava/Vipacco? Potrebbe essere un semplice allargamento del GECT/EZTS uscito molto positivamente dagli anni di preparazione al grande evento del 2025? Oppure potrebbe essere un ente locale parallelo, in grado di rappresentare i Comuni collocati da una parte e dall'altra dell'antico confine? In altre parole, invece di riproporre antiche Contee confinate nelle soffitte della storia, non sarebbe meglio lanciare un'innovativa proposta che possa ridare a Nova Gorica e Gorizia l'iniziativa politica, oltre che culturale, per proporsi come naturale e geografico centro della futura, auspicata e funzionante Euroregione dell'Alpe Adria?
Se così fosse si potrebbe riprendere anche la visione ideale dei tempi illyani. Essa prevedeva, anche dal punto di vista economico, produttivo e finanziario, di riconoscere come crocevia centrale degli scambi proprio l'asse tra gli autoporti di Gorizia, Tarvisio e Fernetti e i porti di Monfalcone, Trieste e Koper. La zona poteva diventare lo snodo tra l'allora famoso "Corridoio 5" da Lisbona a Kiev (e quella volta si auspicava possibilmente a Mosca) e l'asse da reinventare tra Koper/Trieste e Amburgo e i porti del Nord.
E ancora possibile sognare in grande? Aquileia, ma anche Palmanova e Cividale da una parte, Ajdovščina, Tolmin e Idrija, in questo caso potrebbero essere davvero recuperate, nell'ambito dei centri amministrativi di Nova Gorica e Gorizia, come capitali morali dell'europrovincia prima e dell'euroregione. Esse testimoniano il grande progetto "dal preromano al postmoderno" con le vestigia del passato, ma anche con la vivace proposta di un turismo sostenibile, giovanile e innovativo.
Lasciando in pace il Conte Leonardo e la bella Paola Gonzaga.
lunedì 6 gennaio 2025
Andrej Tarkovskij, tra speranza e sacrificio
Il protagonista non è lui, bensì un vecchio ossessionato dalla possibile autodistruzione del mondo. Questi, identificando la minaccia nella sua forma di vita ordinaria, un tempo si sarebbe detto borghese, decide di dare fuoco a tutto ciò che rappresentava il suo sistema esistenziale, per proiettarsi negli spazi di una libertà svincolata dalle tenaglie della materia.
Sono passati quasi 40 anni dalla morte del grande regista russo e il suo messaggio è più attuale che mai. Dagli anni '90 del XX secolo si è aggiunto il pianeta virtuale che alla sicurezza fornita dal possesso dei beni materiali ha aggiunto quella resa possibile dalla fuga nella realtà globale consentita da internet, dai personal computer e dai telefonini cellulari.
Bombardati da mattina a sera da miliardi di informazioni, senza alcuna possibilità di verifica della loro plausibilità, avvolti nel continuo fragore di musiche assordanti, accecati da luci psichedeliche, passiamo buona parte della nostra giornata ad adorare piccoli e grandi schermi. In treno, per strada, in famiglia, ovunque, ci pervengono costantemente parole e immagini che ci raccontano la Verità di quei pochi che ne posseggono i codici. Se usciamo di casa senza lo smartphone ci sentiamo smarriti, non vediamo l'ora di ritrovare il nostro aggancio con l'"al di là", sapere che cosa google ci propone come fatto importante accaduto nell'ultima mezz'ora o vedere quanti "amici" hanno lovvato (che neologismo!!!) la nostra pagina facebook.
Il mondo fisico e spirituale, dal quale i più si sentono sempre maggiormente staccati, continua con il suo immenso carico di poche gioie e di tanti dolori. Anch'essi ogni tanto bucano la virtualsfera dell'apatia, ma a intermittenza, cosicché ci si riesce a piccole dosi ci si riesce ad abituare perfino al mistero della nascita, dell'amore e della morte. E' una vaccinazione morale che impedisce al virus della Realtà di attecchire nelle nostre menti e soprattutto nei nostri cuori, indebolendo ragioni e sentimenti, accompagnandoci verso la triste realtà di morti che camminano, facile preda del Potere di turno. E' il trionfo della Retorica - direbbe il buon Carlo Michelstaedter - il soffocamento della Persuasione.
La forza omologante del Sistema può essere depotenziata proprio dalla Speranza, quella del bimbo alle prese con il ramo secco sulla riva del mare. Ci sono alcune condizioni esistenziali che rappresentano questa apertura d'orizzonte, alcune persone le vivono integralmente e diventano dei segni, dei veri maestri che senza parole indicano un atteggiamento che dovrebbe essere quella di tutti. Sono i senza tetto e i pellegrini. Spesso la situazione degli uni e degli altri è la stessa. Sono coloro che non possono rispondere alle classiche domande che poniamo a chi incontriamo per la prima volta: dove abiti? che lavoro fai? con chi vivi? Essere senza casa, senza una professione dalla quale ricavare il sostentamento, spesso senza un punto di riferimento affettivo stabile. Molti si trovano in queste condizioni per costrizione, altri per scelta. Sono i profughi che abbandonano tutto per cercare altrove sopravvivenza, i viandanti che non sopportano più il tran tran quotidiano, le persone ai margini della società cosiddetta "civile", i carcerati, i rinchiusi nei cpr.
La possibilità di vincere il degrado del mondo, di fermare la sfera terrestre nel suo rotolare sul piano inclinato della rovina, non sta nell'idealizzare la condizione di chi non ha un tetto sotto il quale dormire, ma nel cogliere da questa enorme massa di persone che vivono nella povertà assoluta l'indicazione di un modo totalmente alternativo di usufruire di ciò che si "possiede". La libertà spirituale dal possesso è la condizione per poter sperare, oltre che la fonte naturale della condivisione interpersonale e della solidarietà sociale.
domenica 5 gennaio 2025
Da Aquileia un messaggio di misericordia e di speranza
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La basilica di Aquileia (foto M.Vecchi) |
Sarà perché l'ambiente è di quelli che non lasciano mai indifferenti, sarà per la sobrietà dei gesti, dei canti e delle parole, sarà per l'intensa omelia dell'Arcivescovo, sarà perfino per il freddo che penetrava nelle ossa e per la non proprio massiva partecipazione... Fatto sta che la celebrazione è risultata molto coinvolgente, a tratti anche emozionante.
Si può essere credenti o meno nella dimensione trascendente del cristianesimo, ma due parole che hanno dominato questo periodo natalizio devono essere prese seriamente in considerazione: speranza e misericordia.
Entrambe possono essere declinate in termini del tutto laici.
La speranza è la virtù di coloro che, constatando e denunciando l'ingiustizia e il male presenti nel mondo, si rimboccano le maniche per portare un contributo efficace a un cambiamento. Non esiste situazione nella quale non sia possibile trasformare la violenza in azione costruttiva, la vendetta in perdono, l'iniquità in profonda giustizia. In fondo, tutto ciò è dimostrato anche dal prossimo inizio della capitale europea della cultura 2025. Tanti sottolineano la domanda "chi l'avrebbe mai detto?" In realtà, lo avrebbe detto chi ci ha creduto fino in fondo e che per quasi ottanta anni, da una parte e dall'altra del vecchio confine, ha richiamato la bellezza della diversità linguistica e culturale, ha varcato senza paure e con piacere il confine, ha costruito relazioni e amicizie, ha lottato per garantire a tutti il diritto di esprimersi nella propria lingue nei luoghi pubblici, ha incentivato il plurilinguismo, ha studiato in modo oggettivo la storia, ha rispettato il dolore dell'altro. In altre parole, che Nova Gorica e Gorizia si sarebbero congiunte, lo hanno detto le donne e gli uomini di speranza che dal 1947 a oggi hanno operato perché tutto questo accadesse.
La misericordia è la capacità di credere che ci sia sempre un'altra possibilità. In questo senso, i gesti simbolici compiuti a Rebibbia e, nel nostro piccolo, davanti alla casa circondariale di via Barzellini, potrebbero essere molto importanti, se esprimessero una forte volontà di accoglienza di coloro che hanno commesso degli sbagli, da parte delle persone che fanno parte delle comunità che tali segni propone. Due realtà sembrano soffocare la vita collettiva e quella individuale. Da una parte l'incapacità di comprendere il senso del termine perdono. Ovunque si invoca la pena, al punto da far dimenticare i tanti tentativi di creare delle alternative e al sistema carcerario, più consone al bene e alla dignità della persona. Chi ha sbagliato, deve pagare! Questa è la legge delle caverne, riproposta nel mondo postmoderno con un sistema di prigionia che ha provocato, solo nello scorso anno, quasi cento suicidi. La società, sempre alla ricerca del colpevole, ha bisogno di un nuovo punto di vista, impregnato appunto di misericordia, la forza di trasformazione che rende possibile trasformare le spade in aratri e le lance in falci.
L'altro versante della questione, più legato alla dimensione individuale, è il senso di colpa. La vera pena da scontare, quando si compie un atto ingiusto o si provoca nell'altro un dolore, è proprio il senso di colpa che attanaglia e rende impossibile l'azione, incrementando l'arroganza e la presunzione oppure sprofondando la persona nella disperazione. La prevenzione del male non passa attraverso l'incentivazione del senso di colpa, al contrario quest'ultimo è la radice di una violenza inaudita contro gli altri e contro sé stessi. La misericordia verso sé stessi non è solo un atto che consente di continuare a vivere, ma è anche un toccasana per la società. L'errore, inquadrato nella pazienza verso sé stessi e verso gli altri, viene depotenziato, svuotato della sua carica distruttiva. Se invece enfatizzato dal senso di colpa, continua a produrre i suoi effetti in un crescendo tragico nel quale l'orgoglio ferito dalla propria debolezza e il senso di potere vilipeso, si trasformano in volontà di offesa che può giungere fino all'omicidio. Il senso di colpa è tipicamente maschilista e patriarcale, la misericordia è profondamente femminile e matriarcale.
Il Giubileo, laico o religioso che sia, è un momento privilegiato nel quale cancellare il senso di colpa con la misericordia e nel quale vincere la tentazione della passività pessimista con la rivoluzionaria speranza in una nuova umanità.
giovedì 2 gennaio 2025
Trilogia della frontiera, obmejna trilogija, il 9 gennaio al Kulturni dom
Viva attesa per la triplice presentazione che si terrà giovedì 9 gennaio, alle ore 17.30, presso il Kulturni dom di Gorizia.
Saranno presenti Giustina Selvelli, autrice di "Capire il confine", Alessandro Cattunar, della "Storia di una linea bianca" e Andrea Bellavite, autore della guida pubblicata da Ediciclo in italiano con il titolo "Gorizia Nova Gorica, due città in una" e da ZTT in sloveno con "Gorica Nova Gorica povezani mesti". Introdurrà l'incontro la storica Anna Di Gianantonio e interverranno Anna Cecchini ed Eleonora Sartori, oltre a molti altri.
Ciascuno dei libri è stato già più volte presentato, anche nell'ambito dell'ottima rassegna "il libro delle 18.03".
Ora i tre testi, molto diversi come contenuto e approccio metodologico, ma molto simili dal punto di vista ideale e filosofico, per iniziativa di Anna Cecchini vengono rivisitati insieme, consentendo un interessante dialogo, nel quale
plausibilmente ogni intervento completerà e arricchirà quello degli altri.
E' un contributo interessante e significativo, anche in vista dell'ormai prossima scadenza dell'8 febbraio quando finalmente, dopo tanta aspettativa, inizierà il percorso della Capitale europea della Cultura. In modi diversi infatti Selvelli Cattunar e Bellavite richiamano la dimensione popolare e coinvolgente dell'esperienza goriziana, in particolare anche se non esclusivamente nel Novecento. La Capitale culturale d'Europa non è tale per i suoi peraltro cospicui monumenti storici o per le meravigliose potenzialità naturali, ma per la capacità degli abitanti di dimostrare quanto sia bello e costruttivo vivere in una terra caratterizzata dalla diversità linguistica e culturale.
Sarà bello ascoltare persone che parlano da tanti diversi punti di osservazione e inviare un messaggio interessante e importante all'intera comunità del "Goriziano". Veramente, da non perdere!
Auguri matematici
Nessuno può prevedere come sarà l’anno nuovo. Tuttavia, dal punto di vista matematico si può già essere sicuri: il 2025 è certamente straordinario. Corrisponde infatti a 452; è il primo anno “quadrato” dopo il 1936, il prossimo sarà il 2116; è il prodotto di 92 x 52; è la somma di 402 + 202 + 52; infine è la somma dei cubi dei numeri da 1 a 9 (13+23+33+43+53+63+73+83+93). Provare per credere! In ogni caso, a chi legge auguro infiniti auguri che, elevati al quadrato o al cubo, restano sempre infiniti…
mercoledì 1 gennaio 2025
...e l'anno che viene. Un'esperienza lungo il bellissimo Iter Goritiense
E' stata una bella esperienza di Capodanno.
13 persone, provenienti da Italia Slovenia e Inghilterra, hanno percorso la seconda parte dell'Iter Goritiense (o Goriški camino o Cammino goriziano, come dir si voglia).
Il punto di incontro è stato il monumento alla pace di Cerje, dove immediatamente è iniziata la bellezza di un incontro tra persone con lingue, storie, culture, esperienze molto diverse fra loro, ma con in comune il desiderio di camminare insieme, in amicizia e fraternità.
La natura ci ha messo del suo, le giornate del 30 e del 31 dicembre sono state tra le più belle e limpide dell'anno, cosicché i passi sono stati accompagnati dallo sguardo verso la piana di Gorizia e Nova Gorica, i "monti goriziani" e le Alpi Giulie lontane, con lo splendore della neve a raccontare le vette del Triglav, del Krn e del massiccio gruppo del Kanin.
L'itinerario è magnifico. La dorsale del Fajt/Trstelj ha consentito di ricordare la seconda tematica, quella delle ferite che la prima guerra mondiale e poi il fascismo e il nazismo hanno tracciato sul tessuto vivo di popoli che fino a quel momento hanno convissuto in una relativa pace, favorita anche dal clima culturale e spirituale che aveva le sue radici nella gloriosa storia del Patriarcato di Aquileia.
Dal suggestivo colle di Mirenski grad, dopo un'indispensabile visita agli affreschi di Tone Kralj nella chiesa di Maria, i viandanti hanno raggiunto il cimitero di Miren, approfondendo l'assurda storia di tombe attraversate dal filo spinato di un confine tracciato nel 1947 e rettificato soltanto nel 1974. I campi di Vrtojba hanno poi accolto tutti, con il passaggio accanto al museo della torretta confinaria, gestito dal Goriški muzej e da molti considerato il "più piccolo centro espositivo d'Europa". Dalla piazza di Šempeter alla sede di tappa, l'ostello di via Seminario in Gorizia, è stata una lunga meditazione sulla rinascita del progetto di città che oggi vengono additate all'Europa come capitale della Cultura. Il parco Basaglia ha consentito di pensare alla figura del grande Franco Basaglia e all'abbattimento dei muri e alla cancellazione dell'istituzione negata che era il manicomio, il centro storico ha consentito di entrare nel vissuto di una terra nella quel ogni angolo consente di scoprire la mescolanza, la drammaticità, ma anche il fascino dell'incontro tra le diversità.
Graditissima è stata l'ospitalità nei locali di via Seminario 13, un tempo Seminario teologico, poi casa di riposo per sacerdoti anziani o malati e ora luogo di squisita accoglienza per pellegrini e viandanti, giovani e adulti, impegnati sulle cie dei cammini territoriali, nell'anno del Giubileo della Speranza e della Capitale europea della Cultura.
Nell'ultimo giorno dell'anno si è attraversata tutta Nova Gorica, cominciando dal meraviglioso Parco Rafut, salendo a Kostanjevica per poi soffermarsi nel cuore della città. Presso la Knijgarna Kavarna Maks si è stati sorpresi dalla gentilezza delle persone presenti. Hanno offerto a tutti caffé, the e ottimi dolciumi. C'è stato anche il tempo per godersi la vista di un luogo che sta favorendo in ogni modo l'intreccio fra le culture, offrendo anche una selezione libraria in più lingue di primo ordine.
Architetture e urbanistica del XX secolo, insieme a monumenti interessanti e a personaggi che hanno costruito la storia del territorio, si sono affastellati nella mente e nel cuore dei camminatori. Si è rivelata almeno in parte la verità della scelta di una capitale culturale non determinata dalla specificità dei peraltro assai interessanti particolari, ma dal protagonismo delle persone, gli abitanti chiamati a essere e sentirsi parte non più di una sola, ma di due città profondamente congiunte fra loro.
C'è stato il tempo per contemplare l'Isonzo Soča, attraversando la nuova passerella ciclopedonale nei pressi del Kajak club, costeggiando il fiume e riattraversandolo sopra il ponte costruito sulla base del Trattato di Osimo, del quale nel '25 si ricordano i 50 anni dalla sottoscrizione. Naturalmente, per chi non conosceva la zona, non poteva mancare un'espressione di stupore davanti al ponte ferroviario di Solkan, quello con la luce 'arco di pietra più grande del mondo.
Presso la parrocchiale di Santo Stefano inizia il ripido sentiero che supera circa 600 metri di dislivello che separano la frazione dalla cima di Sveta gora, nome sloveno che sta per Monte Santo. E' un luogo di dolorose memorie belliche, evidenti anche qua nelle ferite inferte dalla bombarde alla montagna. Ma è anche punto di riferimento spirituale e culturale, grazie alla vivace e avvincente presenza del rettore, pater Bogdan Knavs. La sua accoglienza è stata straordinaria. Nella sala grande del Santuario si è tenuta una grande cena per tutti gli ospiti, alla fine della quale tutti i presenti hanno condiviso le loro storie ed esperienze di vita. Anche pater Bogdan ha raccontato la sua ammirazione per coloro che hanno versato il loro sangue per la libertà e la giustizia, come pure per la difesa del diritto di parlare la propria lingua e di sentirsi parte di uno specifico mondo culturale. La sua benedizione, al termine del pasto, è stata accolta con commozione come segno di vicinanza divina per alcuni e per altri del dono di una nuova, profonda amicizia.
Anche l'ospitalità nella casa "Mir in dobro", sistemata anche grazie al progetto di collaborazione transfrontaliera tra la Basilica di Aquileia e il santuario di Sveta gora, è stata eccezionale. Si è trascorso il momento della mezzanotte con allegria ma anche con consapevolezza, certi di aver ricevuto, con questo "cammino di speranza" non soltanto conforto, ma anche a percezione della responsabilità di portare in tutti i meandri del nuovo anno nascente il senso di gioia e di speranza che si è respirato in questi giorni di salutare fatica condivisa.La conclusione, nelle prime ore del nuovo anno. non poteva che essere sotto l'agile statua di san Francesco, nell'estremità orientale della cresta del Monte. Lì ci è fatta memoria delle troppe guerre che insanguinano il pianeta e della sofferenza di chi bussa alla porta del mondo ricco, senza trovare ospitalità e accoglienza. La vicinanza e l'esempio di san Francesco accompagneranno il ricordo dei partecipanti per tutto questo anno 2025, da molto tempo ormai atteso, sperato e anche un po' temuto. Che dire, se non "grazie" per questi due giorni, circa trenta chilometri e poco più di 50 ore di serena e assai costruttiva convivenza?