sabato 21 ottobre 2023

A volte ritornano... i confini

 

Sono scene che non si vorrebbero più vedere. Sono ripresi questo sabato pomeriggio i controlli sul confine.

In nome della dea Sicurezza, si interrompe, sembra momentaneamente, la libera circolazione delle persone entro i confini tracciati dal Trattato di Schengen. L'Italia controlla gli ingressi dalla Slovenia, la Slovenia quelli dalla Croazia.

Perché poi?

La versione ufficiale è il controllo delle frontiere, in modo da impedire che qualche terrorista possa arrivare, transitando per i più importanti e presidiati posti di blocco europei. Il motivo, se la situazione non fosse tragica, sarebbe risibile. Come immaginare infatti che qualche malintenzionato possa lasciarsi spaventare dalle camionette della polizia schierate sui valichi, quando la linea di confine è lunga quasi 200 chilometri e la si potrebbe attraversare senza alcun problema ovunque? E come poi fare di ogni erba un fascio, prendendo spunto dal recente attentato in Belgio per accomunare milioni di persone in fuga dalla fame e dalle guerre a un unico, esasperato "lupo solitario"?

La realtà è un'altra e l'ha proclamata con molta enfasi la stessa presidente del consiglio Meloni: "Abbiamo chiuso la rotta balcanica". In altre parole, si è presa la palla al balzo, strumentalizzando i terribili eventi che si stanno verificando in Israele e in Palestina, per risolvere alla radice la questione degli arrivi quotidiani di migliaia di persone che cercano di entrare in Italia (o in Slovenia, naturalmente). Ancora una volta si evidenzia la strategia esclusivamente difensiva di un mondo ricco che con tutti i mezzi a sua disposizione per affrontare nuove politiche del lavoro e della casa, non trova altro rimedio che il rifiuto e la chiusura in se stesso. La guerra che si combatte è quella dei ricchi contro i poveri, di un cosiddetto Occidente demotivato e denatalizzato, ma terrorizzato, contro un Sud del Mondo ghettizzato e soffocato, ma desideroso di vivere e di prosperare.

No, non sarà la chiusura dei confini a sconfiggere il terrorismo, neppure una riforma di servizi segreti mai così vulnerabili o il riversare tonnellate di bombe - generando ulteriori odio e violenza che impregnano adulti e bambini -  su una città ormai allo stremo come è Gaza. L'unica strada possibile per una pace giusta e duratura è esclusivamente quella di appianare lo spaventoso baratro di iniquità che separa una parte del Pianeta dall'altra, costringendo la prima a una difesa disperata, la seconda a cercare in ogni modo di lottare per la propria stessa sopravvivenza. 

"Niente paura, non ci saranno particolari disagi per gli abitanti di Nova Gorica e Gorizia" - assicura sornione il sindaco Ziberna. In realtà, tirare fuori dal portafoglio una carta d'identità non è certo un problema. La vera preoccupazione è per le folle di migranti che saranno giuridicamente e di fatto rese invisibili, con tutto il disagio che si creerà in loro e nelle popolazioni che incontreranno. Ma la tristezza deriva anche dal constatare quanto sia facile perdere le conquiste degli ultimi decenni, siano esse le libertà democratiche, lo stato sociale, o il diritto di circolare ovunque, spinti soltanto dal desiderio di conoscere e amare.

Emanuele Luzzati e Coca Frigerio a Gorizia

 

Questo fiabesco scenario si trova nel Giardino Farber, intitolato a un bambino di pochi mesi, originario di Gorizia, vittima della barbarie nazista, ad Auschwitz, nel 1943. 

Ci si trova in via Ascoli, esattamente dietro la Sinagoga, una delle più importanti e belle dell'Europa Centrale, frequentata da un'importante Comunità ebraica, annientata nel 1943 dalla deportazione nei campi di sterminio. Sarà aperta ufficialmente al culto fino al 1969, poi resterà come monumento alla memoria e come luogo di numerose celebrazioni decentrate dalla vicina comunità di Trieste.

Il bellissimo scenario realizzato nel Giardino ha dei benefattori che lo hanno restaurato nel 2019, i membri del CTA, Centro del Teatro di Animazione e Figure. Ha un tema avvincente, la festa del Purim, nella quale si ricordano le gesta della regina Ester, raccontate nell'omonimo libro della Bibbia, ma anche i festeggiamenti annuali connessi, con maschere, balli e ogni sorta di cibi e dolciumi naturalmente consentiti dalla tradizione.

Ma ci sono anche due firme notevoli. Il bozzetto è stato richiesto dall'assessorato all'istruzione del Comune di Gorizia, nel 2007, a Emanuele Luzzati (Genova 1921- Genova 2007), un vero genio, maestro di ogni forma di arte applicata, assai conosciuto come scenografo e illustratore. E' stato accanto ai più grandi registi, attori e artisti del XX secolo, giungendo per ben due volte fino alla nomination per il premio Oscar. 

La realizzazione è stata affidata a un'altra personalità straordinaria del teatro di animazione e più in generale dell'arte italiana. Si tratta di Coca Frigerio, un'intera vita professionale impegnata come insegnante, illustratrice, maestra d'arte. Ha collaborato con i più importanti musei italiani, con una particolare attenzione al mondo dei più piccoli. Ha fondato con Bruno Munari, nel 1976, i Laboratori Creativi raccolti sotto il titolo di "Giocare con l'arte". Anche lei genovese, è nata nel 1937 ed è morta soltanto pochi mesi fa, il 31 maggio 2023. E' giusto ricordarla, anche per questa avvincente artistica "parte di lei", lasciata alla contemplazione, nel cuore dei luoghi dell'ebraismo goriziano.

giovedì 19 ottobre 2023

Sul ripristino dei controlli di frontiera. Comunicato stampa di ICS.

Sul tema del ripristino dei controlli di frontiera interni all'Unione Europea, si pubblica un interessante comunicato stampa proposto da ICS (Consorzio Italiano di Solidarietà). Come al solito, ICS aiuta la comprensione degli avvenimenti, offrendo una serie di spunti che procedono da una straordinaria competenza ed esperienza nell'ambito delle migrazioni. Si consiglia caldamente la lettura.

In base al Codice frontiere Schengen (Regolamento (UE) 2016/399) il ripristino dei controlli di frontiera interni può avvenire “solo come misura di extrema ratio (…) in caso di minaccia grave per l'ordine pubblico o la sicurezza interna di uno Stato membro” (Codice, art. 25) per il tempo più breve possibile. Il rischio di “attentati o minacce terroristiche” (Codice, art. 26) può motivare il temporaneo ripristino dei controlli di frontiera, ma tale rischio deve essere concreto e specifico. Le motivazioni fornite dal Governo italiano per giustificare la decisione di ripristinare i controlli di frontiera con la Slovenia appaiono del tutto vaghe e inadeguate; in particolare l’inserimento, nelle motivazioni, dell’esistenza di presunto problema dell’arrivo in tutto il FVG di un modestissimo numero di rifugiati (circa 1.500 persone al mese nel corso del 2023), in assoluta prevalenza provenienti dall’Afghanistan, risulta risibile e del tutto privo di alcuna connessione logico-giuridica con i criteri richiesti dal Codice Schengen per legittimare una scelta così estrema quale il ripristino dei confini interni. ICS ricorda che il ripristino dei controlli di frontiera non può comportare alcuna compressione o limitazione del diritto d’asilo in quanto “gli Stati membri agiscono nel pieno rispetto (…) del pertinente diritto internazionale, compresa la convenzione relativa allo status dei rifugiati firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 («convenzione di Ginevra»), degli obblighi inerenti all'accesso alla protezione internazionale, in particolare il principio di non-refoulement (non respingimento), e dei diritti fondamentali”. (Codice, art. 3). Anche durante il periodo di temporaneo ripristino dei controlli di frontiera rimane dunque inalterato, alla frontiera italo-slovena, l’obbligo da parte della polizia, di recepire le domande di asilo degli stranieri che intendono farlo e di ammettere gli stessi al territorio per l’espletamento delle procedure previste dalla legge. Tanto l’inadeguatezza delle motivazioni fornite dal Governo italiano nella decisione del ripristino dei controlli, quanto la strenua e costante difesa delle riammissioni illegali attuate dall’Italia nel 2020 attuata da larga parte della classe politica nazionale e regionale rendono non infondato il sospetto che la decisione del ripristino dei controlli di frontiera attuata dal Governo italiano ben poco abbia a che fare con la difficile situazione internazionale, bensì rappresenti una misura propagandistica e uno stratagemma, attraverso le quasi già annunciate proroghe della misura, per riproporre gravissime condotte illegali al confine italo-sloveno tramite respingimenti di richiedenti asilo che sono tassativamente vietati dal diritto internazionale ed europeo. In un pericolosissimo effetto domino, la situazione potrebbe facilmente degenerare in uno scenario di respingimenti collettivi a catena, radicalmente vietati dal diritto internazionale, in ragione della decisione assunta dalla Slovenia a seguito della decisione italiana di ripristinare a sua volta i controlli di frontiera con la Croazia e l’Ungheria. ICS attuerà nei prossimi giorni uno stretto monitoraggio sull’evoluzione della situazione. 

sabato 14 ottobre 2023

La danza dell'intreccio e la responsabilità dell'"umano"

 

Srebrenica, tragico esempio di genocidio identitario
Quando qualcuno ritiene di essere l'unico possessore della Verità, la Terra degli umani si riempie di cimiteri. In nome di ogni Assoluto, sia esso chiamato con i nomi di Dio o con quelli derivati dalla dea Ragione (con la R maiuscola), si è sempre negato il diritto all'esistenza dell'umile e frammentato "Relativo". Occorre prendere atto che l'Assoluto non c'entra con la Storia, se c'è, si trova nello spazio della trascendenza e della fede, incompatibile con quello immanente della ragione (rigorosamente con la r minuscola). La vicenda terrena è determinata invece dalla gloriosa responsabilità del Relativo, cioè dalla libera e consapevole scelta di ogni essere umano.

Sì, perché in ogni massacro, ovunque e comunque venga compiuto, c'è sempre una presunta "Ragione", in nome della quale si legittima l'uso delle armi costruite e distribuite con un unico scopo, quello di uccidere. L'ipocrisia derivata dalle inenarrabili tragedie del XX secolo porta oggi ogni contendente a mascherare la propria volontà di sopraffazione dell'altro con l'esigenza della "sicurezza". Tutti vogliono garantire un avvenire dignitoso e sicuro agli appartenenti alla propria parte. E chi sta al di fuori - per quanto sia possibile stare al di fuori nell'epoca della globalizzazione - deve necessariamente fare proprie le posizioni degli uni o degli altri, radicalmente, come si suol dire dai tempi del secondo conflitto iracheno, "senza se e senza ma".

E' un modo totalmente sbagliato di affrontare le questioni. Deriva essenzialmente dall'incapacità di sentirsi parte di una comune umanità, nella quale le differenze di lingua, cultura, religione, concezione della vita, dovrebbero essere considerate una grande occasione di reciproco arricchimento. E' la fregatura dell'innalzamento del vessillo dell'"identità". Chi sono io? Sono un essere umano, che vive su un potenzialmente meraviglioso Pianeta, dove anche la Natura invoca, ahimé inascoltata, rispetto. Ma sono anche una persona cresciuta in uno specifico ambiente culturale, che è stata trasformata dalle migliaia di incontri quotidiani, che - volente o nolente - si è sentita interpellare e cambiare nel profondo, da ogni parola ascoltata, stretta di mano, sorriso offerto e ricevuto, chiacchierata intensa o superficiale. Come diceva Hegel (riportato magistralmente dal filosofo Mirt Komel in un'assemblea in Transalpina la scorsa domenica) io sono io, ma anche non io. In questo essere e non essere sta lo spazio di un rapporto con l'"altro da me" che si costruisce nella vicinanza, ma anche nel riconoscimento della distanza. In questa "danza dell'intreccio" si crea lo spazio intermedio dell'incontro, nel quale entrare e uscire continuamente. E' un vero e proprio amplesso, dal quale si concepisce e genera ininterrottamente il mistero dell'autentica Cultura, manifestazione sublime e sempre in cambiamento dell'unione nella diversità delle culture.

Perché allora schierarsi sempre, o totalmente da una parte o totalmente dall'altra? Perché non riconoscere il diritto di ciascuno - soggetto individuo o società collettiva - a possedere delle "ragioni", le une diverse dalle altre? Perché non promuovere costantemente la possibilità di sedersi attorno a un tavolo o al centro di un ponte, per discutere le diverse "ragioni", anche solo per ascoltarle e capirle, pur senza necessariamente condividerle? Perché ritenere che l'unico deterrente alla violenza sia produrre altra e più potente violenza? Eppure dovrebbe essere sotto gli occhi di ognuno che ragioni, svincolandosi un attimo dalle "passioni dell'appartenenza" o dalla "difesa dell'Identità", la prova evidente della totale inutilità di ogni escalation di guerra scatenata per vendicarsi di un'altra azione bellicosa, a sua volta determinata da una precedente offesa cruenta, a sua volta scaturita da un'altra ingiustizia e così via all'infinito, fin dalla fondazione del mondo... E non giova chiedersi chi ha cominciato prima, se non per una giusta esigenza scientifica di comprensione dell'evolversi delle situazioni storiche. Sì, perché ci sarà sempre un "prima" che potrà spiegare ogni "dopo", ma se non si andrà oltre alla logica del "prima" e del "dopo", si rischierà di perdere l'"Adesso", cioè quell'unico infinitesimale frammento del tempo nel quale si determina il destino dell'universo. 

Insomma, utopia delle utopie. Questi giorni di grande angoscia non devono far dimenticare tante altre simili sofferenze che si stanno verificando ovunque, non soltanto in Israele e Palestina, non soltanto in Ucraina e in Russia. Potranno aiutare a riflettere e a superare la logica degli Assolutismi, trovando la strada del dialogo e superando la logica del farsi tanto del male per difendere le ragioni degli uni o degli altri? Ogni ragione che per affermarsi ha bisogno di soffocare quella dell'altro diventa immediatamente un inaccettabile torto. Ogni ragione che si confronta umanamente con quella dell'altro, costruisce una nuova civiltà, una società nella quale le identità non si contrappongono ma si mescolano in un meraviglioso esempio di generativo moto perpetuo. 

domenica 8 ottobre 2023

Non solo Barcolana

 

Come criticare un evento popolare come la Barcolana?

Non si può, senza offendere il comune senso della bellezza. Le migliaia di barche a vela che riempiono il golfo di Trieste sono uno spettacolo indimenticabile. A chi poi ama appassionatamente questo sport, come negare la possibilità di vedere da vicino la barca vincitrice, Argo, il Moro di Venezia, famoso ai tempi dei mondiali di Auckland, quella del Prosecco, ecc., veri bolidi da competizione, gioielli di bellezza e di tecnologia, come le automobili della Formula uno?

Infatti non c'è niente da criticare, tanto più camminando in mezzo a una folla immensa di gente soddisfatta, di giovani che si incontrano e celebrano il gusto della chiacchierata, della musica a volte un po' assordante, della gioia di affrontare con leggerezza il mistero della Vita. E' bello anche che ci siano gli spazi per dire altro, per esprimere accordi e disaccordi, anche in modo simpatico e colorato come quello espresso dai contestatori dell'edificanda - Dio, o chi per lui, ci restituisca il tram de Opcina, finché siamo ancora in tempo! - ovovia. Una complessa organizzazione si è dimostrata impeccabile e tutti hanno avuto la possibilità di immergersi in questo oceano di spensieratezza.

Tutto è stato bello, tutto buono, anche gli innumerevoli eventi intorno all'iniziativa. C'eravamo perfino noi, con lo spettacolare mosaico, il nodo di Salomone del gruppo mosaicisti di Ravenna, esposto all'Immaginario Scientifico (che meraviglia, non perdetevelo!!! L'immaginario scientifico di Trieste, intendo, ma ovviamente anche il nodo di Salomone che ritornerà mercoledì nella Basilica di Aquileia), esempio di arte "accessibile" a ogni forma di disabilità.

Strano che tutto vada bene. No, non va affatto bene, ma non è colpa dell'incriticabile e immarcescibile Barcolana! E' colpa di un mondo che divide i poveri dai ricchi, le barche fantascientifiche che affrontano l'Adriatico davanti al castello di Miramare dai barconi fatiscenti che trasportano i migranti nel Mediterraneo, esposti ai frequenti naufragi che comportano incredibili stragi. E' colpa di un Pianeta nel quale decine di migliaia di persone godono di una magnifica serata triestina, mentre altre centinaia raggiungono la Piazza davanti alla stazione di Trieste, qualche metro più in là rispetto all'epicentro della festa, dove pochi volontari - per lo più ridicolizzati invece che esaltati dalle istituzioni cosiddette democratiche - cercano di alleviare le ferite delle mani, dei piedi e delle schiene provate dalla rotta balcanica. E' colpa di un'opinione pubblica che ritiene giusto mettere a disposizione metà piazza Unità delle forze militari - esercito marina, polizia e carabinieri - con tanto di invito ai bambini a visitare i mezzi costruiti per fare la guerra, senza dedicare neppure una piccola tenda alle miriadi di "costruttori di pace" che ritengono che si possa ancora superare la conflittualità con la sola forza della nonviolenza. Poveri illusi? O deboli fiammelle incapaci di farsi notare?

Ecco tutto, emozioni e sentimenti di una serata di vigilia della Barcolana 2023.

Niente bandiere oggi, solo solidarietà agli oppressi

Niente bandiere oggi, se non quella piuttosto consunta della pace.

Pur comprendendo la sofferenza cronica del popolo palestinese, in particolare quello rinchiuso nella striscia di Gaza e nei Territori, non riesco a provare solidarietà nei confronti delle azioni di Hamas. Capisco bene che in una guerra ad armi totalmente impari, l'unico strumento a disposizione della parte militarmente più debole sia l'azione terroristica, ma non posso accettare che una qualsiasi causa, per quanto condivisibile, debba essere sostenuta con mezzi che prevedano l'uccisione di civili inermi. Quindi, esprimo tanta solidarietà nei confronti delle vittime delle crudeli repressioni israeliane, ma non penso che la soluzione dei problemi stia nella "chiamata alle armi" dei kamikaze pronti a far saltare in aria i luoghi della vita ordinaria in Israele e nel resto del mondo.

Non comprendo e non giustifico in alcun modo né l'atteggiamento ottuso di Israele né il sistematico rifiuto di un dialogo urgente e oltremodo indispensabile con la realtà palestinese, costretta di fatto alla fame dalle politiche di Netanyahu e complici. Tali posizioni non meritano alcun sostegno, la reazione cieca e furiosa delle armate israeliane è totalmente inaccettabile e non porterà altro che ulteriore violenza e vendetta. Ciò non impedisce di esprimere solidarietà alle tante vittime innocenti degli attacchi di Hamas, così come a tutta la povera gente che in ogni guerra deve pagare il conto delle incoscienze e incapacità dei loro governanti.

Quindi, l'auspicio - ahimé, facile prevedere che siano parole al vento - è che cessino immediatamente tutte le forme di azione violenta e che i contendenti si ritrovino intorno a un tavolo negoziale, sotto l'egida dell'ONU. E, ancora una volta, perché non offrire gli spazi  già individuati a Nova Gorica e Gorizia per favorire l'avvio di colloqui che possano portare a una pace equa e duratura?

martedì 3 ottobre 2023

La frontiera insapettata, Luisa Contin al Kulturni dom.

E' molto bello e interessante il libro di Luisa Contin che sarà presentato giovedì alle 18.03 presso il Kulturni dom, nell'ambito dell'edizione autunnale della tradizionale rassegna.

Il concetto di frontiera non viene indagato attraverso un'analisi storiografica, ma con la mediazione dello sguardo del presente e del passato, rivolto a un momento particolarissimo della storia della nostra terra.

E' il momento in cui, finita la prima guerra mondiale, tornano i reduci in un'Aquileia dilaniata tra le memorie del dissolto impero Austro-Ungarico e i primi inquietanti passi degli invasori (o liberatori, secondo gli opposti punti di vista) italiani.

Alla base c'è una profonda e radicata conoscenza, ma essa viene tradotta in un linguaggio avvincente, dove i protagonisti reali della stagione delle lotte contadine nella Bassa Friulana intrecciano la loro vicenda con quella - assai delicata e affascinante - di creature "inventate" dall'autrice, fantasiose certo, ma del tutto plausibili e compatibili con l'"esprit du temps".

La "frontiera inaspettata", azzeccatissimo titolo dell'opera, è certamente quella del trattato di Rapallo che ha diviso popoli e culture precedentemente caratterizzato da una relazione dialettica e simpatetica. Ma è anche quella tra i ricchi e i poveri, tra la speranza e la delusione, tra la fedeltà e il tradimento, tra la libertà e la dittatura, tra la gioventù e la vecchiaia, tra il passato e il presente. Si discuterà un po' di tutto questo giovedì al Kulturni, ascoltando, riflettendo e approfondendo insieme.

Per chi non vorrà perdersi Patty Smith, sarà un'ottima introduzione, anche per raggiungere in seconda serata la piazza della Casa Rossa, ascoltare un'icona della musica contemporanea e forse scoprire un'altra frontiera inaspettata, quella tra chi si può godere una serata di grande musica e quella di chi è costretto a dormire al freddo o sotto la pioggia, meno di cento metri più in là, aiutato da pochi volontari che impiegano ogni notte le proprie energie per portare un po' di conforto a chi sembra essere dimenticato da tutti.

Giornata della memoria e dell'accoglienza

 

Un pensiero mesto,  al termine della ricorrenza odierna.

Sono state 368 le vittime della tragedia di Lampedusa, avvenuta il 3 ottobre 2013. Se ne è parlato molto oggi, in concomitanza con la "Giornata di memoria e di accoglienza" stabilita per legge nel 2016.

Di memoria si è parlato molto, senza dimenticare che prima e dopo la catastrofe di allora, di momenti altrettanto drammatici se ne sono verificati tanti, si parla di 27.000 morti nel Mediterraneo negli ultimi dieci anni. 27.000 persone, ciascuna delle quali soggetto unico e irripetibile. 27.000 sorelle e fratelli, colpevoli solo di cercare una vita migliore, di fuggire dalla fame, dalle guerre, dalle persecuzioni decise dal Nord del Mondo e pagate dal Sud. 27.000 nomi e cognomi, reti di relazioni familiari e amicali, gioie e dolori, speranze e delusioni. 27.000, uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, deici, unidici, dodici,..................

Il Papa ha sintetizzato il tutto con una sola parola: "Vergogna". Ma "vergogna" per chi? Per un'Europa incapace da decenni di assumere una posizione comune e di attuare un piano sostenibile di coordinamento del lavoro, reperimento della casa, facilitazione dei ricongiungimenti familiari. Per un'Italia divisa tra fallimentari politiche del centro sinistra e del centro destra, entrambi paralizzati dalla paura di aprire le frontiere, decisi a "difendere i propri confini" da eserciti di poveri che hanno speso tutto ciò che avevano per darlo ad altri poveracci poco meno sfortunati dei primi, manovrati a proprio piacimento e senza alcun deterrente dalle mafie internazionali. Per chi vuole impedire il salvataggio in mare di tanti naufraghi aiutati anche dalle encomiabili organizzazioni non governative. Per chi gira la testa dall'altra parte e fa finta di non accorgersi di nulla, sia di ciò che accade nel mare che di quello che avviene sulla rotta balcanica, compresi gli incredibili, gelidi bivacchi presso la Casa Rossa di Gorizia che si appresta a festeggiare nella stessa piazza il tutto esaurito per l'arrivo di Patty Smith. Vergogna per ciascuna e ciascuno di noi, forse anche per lo stesso Pontefice e la Chiesa cattolica da lui guidata, perché se tutti ci si fosse impegnati di più, oggi i morti non sarebbero 27.000 e i sopravvissuti non sarebbero rinchiusi in Centri per il Rimpatrio orribili come quello di Gradisca d'Isonzo, dove le sbarre di ferro disseminate ovunque sono molto più inquietanti di quelle che si costruiscono al circo per impedire la fuoriuscita delle bestie. 

Per questo la Giornata di oggi, pur indispensabile per la memoria, non è triste soltanto perché si ricordano tanti morti, ma anche perché all'orizzonte non si vedono motivi di speranza. Perfino l'accoglienza diffusa, con il sistema sprar/siproimi/sai sembra voler essere cancellata dalla costruzione di nuovi enormi hotspot, disumani e costosissimi. Sembra che solo il settore non governativo e il mondo del volontariato tentino di alleviare la sofferenza dei nuovi arrivati. Le istituzioni non sanno che pesci pigliare, giungendo perfino a dichiarare la propria totale impotenza: "se offro un tetto ai cento che questa notte dormono all'addiaccio sotto la pioggia, domani ne arriveranno duecento. Meglio lasciarli in queste condizioni, sarà un deterrente per chi non si è ancora messo in viaggio". Sì, è stato detto anche questo... 

Ecco tutto, ecco perché trovo difficile celebrare questa "Giornata" senza rischiare l'ipocrisia di quel "mai più!" che risuona molto spesso come una formula autoassolutoria che non giova a nulla, neppure a confortare la propria coscienza.

domenica 1 ottobre 2023

Domenica 1 pomeriggio: Aquileia, San Martino del Carso, Transalpina: le radici, le ferite, la rinascita.

 

Si conclude oggi pomeriggio, domenica 1 ottobre, la quattro giorni del Convegno "Scònfinati o Sconfìnati" del Centro Culturale d'accoglienza Ernesto Balducci di Zugliano.

L'appuntamento, nel segno dell'avvicinamento all'EPK/CEC2025, è alle 14 davanti alla Basilica di Aquileia. Si rifletterà sulle Radici storiche e spirituali di un territorio caratterizzato per millenni dall'incrocio tra popoli e culture, a volte realizzato nella pace, altre volte reso incerto dai conflitti identitari.

Ci si recherà poi a San Martino del Carso, dove Marko Marinčič aiuterà i partecipanti a contemplare le terribili ferite inferte dalla prima guerra mondiale a un territorio, diventato suo malgrado memoria di tanto sangue versato e inizio di quella che Luisa Contin ha opportunamente chiamato "La frontiera inaspettata", nel suo ultimo bel romanzo che sarà presentato giovedì 7 ottobre alle 18.03 presso il Kulturni dom di Gorizia.

Si arriverà infine alla piazza della Transalpina/Trg Evrope - una piazza, due nomi, segno di permanete divisione o affermazione dell'unità nella diversità? Si ascolteranno riflessioni e testimonianze sulla possibile rinascita di un territorio e delle persone che lo abitano. Igor Komel, del Kulturni dom e don Alberto De Nadai spiegheranno il senso dell'incontrarsi sulla piazza che ha visto lo smantellamento della rete confinaria che aveva diviso il territorio per quasi sessanta anni. Il filosofo Mirt Komel offrirà una vera e propria Lectio Magistralis sul concetto di identità nel mondo e a Gorizia, proponendo un'originale e avvincente lettura di Hegel. Eva Susnik e Yuliya Furiv racconteranno il presente e il futuro di un'"architettura di confine". Alcuni testimoni porteranno un contributo di buone prassi, Majda Smrekar, responsabile del centro umanitario Kid di Nova Gorica, Massimo e Tamara, volontari impegnati ogni notte nell'assistenza ai profughi nella stazione ferroviaria di Gorizia, Elisabetta Tofful, referente della Marcia internazionale della Pace che si terrà tra Gorizia e Nova Gorica il prossimo 31 dicembre 2023.

Accompagneranno gli interventi le note musicali della Scuola di Musica San Paolino di Aquileia, diretta dal Maestro Flavio Sgubin. Il presidente del Centro Balducci Paolo Iannaccone proporrà l'introduzione e la conclusione dei lavori. Al termine è previsto un breve, simpatico rinfresco presso la storica stazione della ferrovia Transalpina.

Davvero un pomeriggio straordinario, da non perdere!