giovedì 30 giugno 2022

La Risiera senza una guida in lingua slovena. Appunti e proposte di confine...

La scorsa settimana il Primorski dnevnik ha pubblicato un’interessante riflessione, suscitata da una gita scolastica a Trieste organizzata da un Liceo di Lubiana. Era prevista la visita a uno dei luoghi simbolo dell’occupazione nazista nella zona del Litorale, la Risiera di San Sabba, unico campo di sterminio collocato sul territorio italiano. Nei suoi lugubri locali sono stati rinchiusi e hanno trovato la morte migliaia di persone, appartenenti a numerose nazionalità, tra essi anche tanti sloveni, oppositori politici e cittadini inermi.

Alla richiesta di una guida in lingua slovena, la docente che guidava il gruppo si era sentita rispondere che “no, nella Risiera di San Sabba a Trieste non è prevista la presenza di una guida che conosca lo sloveno”. Ci sono i depliant multilingui e le didascalie sotto le raccolte di reperti, ma proprio non c’è una persona in grado di accompagnare i visitatori, illustrando la complessa vicenda del monumento, parlando nella lingua di tanti triestini oltre che di qualche milione di “vicini di casa” e sottolineando come esso sia collegato alla storia del popolo sloveno nel secolo breve. Docenti e studenti si sono arrangiati ugualmente, e anche molto bene, grazie all’intervento volontario di un giovane esperto autonomamente contattato. Ma è possibile che chi gestisce la Risiera non provveda all’assunzione di una guida specializzata da coinvolgere, a disposizione degli ospiti sloveni?

E’ importante questa denuncia, anche in vista dell’appuntamento di Nova Gorica e Gorizia, capitale europea della Cultura 2025. Come è la situazione nelle città di confine? C’è un adeguato supporto di personale competente – in italiano, sloveno anzitutto e poi anche in tante altre lingue – per gli ospiti che incroceranno i monumenti delle due città e dei dintorni?

La quasi totale ignoranza della lingua slovena da parte degli abitanti italiani di Gorizia – almeno di quelli che hanno più di venti anni – è un dato drammatico, consapevolmente o meno viene dato per scontato che “conoscendo quasi tutti gli sloveni l’italiano”, non sia necessario compiere alcuno sforzo per trattarsi da pari a pari, non costringendo sempre una delle due parti a rinunciare sistematicamente all’uso della propria lingua materna. Qualcuno azzarda il principio di reciprocità, “perché noi dovremmo conoscere lo sloveno o dedicare qualche strada a importanti personalità slovene, quando ciò non viene preso in considerazione a Nova Gorica?”. Anche questa frase esprime la presunzione di chi si sente superiore agli altri, non tenendo in minimo conto di come la vecchia Gorizia sia evidentemente plurilingue e la nuova no. Ciò non esclude che in un rapporto intensificato, anche gli abitanti di Nova Gorica potrebbero riscoprire l’importanza della conoscenza dell’italiano o dedicare qualche luogo a personaggi che si sono distinti nel pensiero e nell’arte, come per esempio Carlo Michelstaedter, la pittrice Emma Galli o lo scrittore Celso Macor… Sembra quasi che la maggior parte degli italiani goriziani ritenga inconsciamente che la Slovenia finisca a Nova Gorica e non sia quindi uno Stato che dalla Transalpina si protende fino all’Ungheria. “Cosa può servirmi una lingua parlata in una zona così limitata e da poco più di due milioni di persone?” si dice, escludendo a priori la possibilità di dialogare con gli abitanti di Ljubljana o di Ptuj, ma anche con i propri conterranei, ciascuno nel proprio idioma.

Questa anacronistica visione contrasta anche con i recenti studi scientifici che dimostrano come la conoscenza di più lingue, imparate nella prima infanzia, moltiplichi a dismisura e non ostacoli le competenze linguistiche delle persone. A essa sembrano ispirarsi anche gli estensori del nuovo bando per l’individuazione del prossimo responsabile del percorso verso la Capitale europea della Cultura, al quale viene richiesta la conoscenza della lingua inglese, ma non necessariamente quella dell’italiano.

Del resto, se nessuno dei due parla la lingua dell’altro, occorre comunicare con un altro mezzo, appunto l’inglese. Certo, è senz’altro giusto che si insegni uno strumento veicolare che consenta di percorrere tutte le strade del Mondo. Tuttavia c’è da porsi qualche domanda, se si procede verso la celebrazione di una capitale della Cultura scelta proprio per la sua collocazione storica e geografica “di confine” e si comincia dando per scontato che sia necessario rinunciare a confrontarsi nelle proprie lingue materne, perché “tanto basta l’inglese”.

martedì 28 giugno 2022

Cristo si è fermato a Melilla...

Ceuta e Melilla. Lo si è studiato alle scuole medie, sono due piccoli lembi di Spagna confinanti con il Marocco. In altre parole, sono l'unica frontiera terrestre tra l'Africa e l'Europa. Per fermare l'immigrazione sono stati costruiti altissimi muri che circondano le due città. Ma per chi è disperato e fugge da guerre, persecuzioni e fame non c'è barriera insormontabile. Tanti sono coloro che tentano la fortuna e provano a scavalcare l'ostacolo. Quasi nessuno riesce nell'impresa, molti restano impigliati nel filo spinato, arrestati in Spagna vengono immediatamente rimpatriati in Marocco. Da una parte e dall'altra ricevono insulti, umiliazioni e percosse. Ecco il vero volto dell'Unione Europea, impegnata a inviare armi nel calderone della guerra ucraina e dimentica della sacca di Bihac, delle isole greche, dei lager di Erdogan, di quelli libici, delle morti in mare e nei boschi dei Balcani.

Ci vuole un massacro ogni tanto, come quello dei giorni scorsi a Melilla, per suscitare un breve ed effimero risveglio dal sonno. C'è una tragica classifica nel riconoscimento della dignità delle persone, ci sono quelle che meritano di essere accolte nel miglior modo possibile, ci sono quelle più o meno tollerate e ci sono quelle che vengono respinte con violenza o recluse nei veri e propri campi di concentramento. Anche in Italia è così, anche a Gradisca d'Isonzo, dove il Centro per il Rimpatrio racconta storie terribili di gabbie di ferro invalicabili, maltrattamenti, cibi immangiabili. A due passi da quella che sarà la "capitale europea della Cultura nel 2025". Mancano solo poco più di due anni, il minimo che ci si possa attendere per non vergognarsi ancora di più, è la cancellazione dell'istituto inaccettabile dei CPR.

Un pensiero mesto va dunque ai caduti di Melilla, che si aggiungono a migliaia e migliaia di altri esseri umani che il sistema condanna, se non alla morte, all'insignificanza di una vita tutta protesa a superare la linea di demarcazione tra il mondo dei pochissimi ricchi e quello dei miliardi di poveri. E' difficile credere ancora nella Politica, in assenza non solo di autentiche proposte sull'accoglienza, ma anche della possibilità di mettere in discussione un sistema iniquo. Si spendono cifre iperboliche per rifornire d'armi i portatori di squallidi interessi multinazionali e si chiudono sdegnosamente le porte davanti a chi bussa nella speranza di poter almeno sopravvivere. E ogni ucciso, ogni respinto, prima di ogni altra definizione, è mia sorella e mio fratello, parte integrante della mia famiglia che si chiama Umanità. "Ero forestiero e mi avete ospitato", disse un giorno il Maestro identificandosi con i poveri e rilevando che la loro accoglienza potrebbe essere l'unico criterio di discernimento nel giudizio definitivo.

lunedì 27 giugno 2022

The day after, il ballottaggio a Gorizia

Grazie, Laura Fasiolo!
Lo devo ammettere, tutte le mie previsioni si sono rivelate sbagliate. Ha vinto Ziberna, in altre parole una parte importante del 58% di elettori che nel primo turno avevano espresso chiaramente e in certi casi rumorosamente il loro dissenso dal sindaco uscente, si è ricreduto e ha votato per lui.

Laura Fasiolo ha recuperato molti punti, ma non abbastanza per superare la soglia del 50%. Ha ottenuto comunque dei grandi risultati. Forse per la prima volta nella storia della Gorizia post-bellica il centro sinistra, i gruppi civici e alcuni settori della sinistra si sono riuniti, spesso sacrificando il loro nome e la loro specifica identità. Si è condiviso un programma ambizioso e innovativo, coniugando saggia prudenza e alta visione del futuro. Si è presentata con un volto credibile, coerente e leale, migliorando anche di giorno in giorno il suo approccio alla città e ai cittadini. Onestamente, non credo che né lei né la coalizione abbiano nulla di cui rimproverarsi, più di così non potevano fare. 

Personalmente ho sempre augurato ogni bene al vincitore di un'elezione, anche ai tempi del sindaco Romoli, pur essendo politicamente agli antipodi del mio pensiero.. Ma questa volta non lo ritengo necessario. C'è da dire infatti che la campagna elettorale del centro destra e in particolare proprio dell'ex/neo sindaco, soprattutto nelle ultime due settimane, è stata gravemente scorretta. Non c'è niente da eccepire su un volantino nel quale un candidato sindaco propone agli elettori i punti principali del proprio programma, chi condivide voterà, chi non è d'accordo cestinerà. Non è invece accettabile che nello stesso foglio ci si riferisca alle idee del "competitor", scrivendo una serie incredibile di falsità e collocandole sotto una bandiera con il simbolo della falce e martello. Fasiolo non ha mai parlato di "città unica", lo ha fatto nel recente passato Pettarin, non certo un esponente della "sinistra". Non ha mai detto di voler modificare la toponomastica o togliere il tricolore dal castello, anzi ha pubblicamente preso le distanze dai privati cittadini - peraltro consapevolmente travisati - che lo avevano proposto sui social, ben prima e al di fuori della campagna elettorale. Non ha mai parlato di questioni riguardanti l'accoglienza dei profughi, problematica che qualunque sindaco in ogni caso e in qualche modo deve prima o poi affrontare, come dovrebbe sapere bene Ziberna, la cui inadempienza ha costretto per mesi della povera gente a dormire nella Galleria Bombi, privati perfino di una fontanella d'acqua per lavarsi. Ed è stato lui - e non la "sinistra" - a realizzare il senso unico in Corso e poi rimuoverlo dilapidando denaro pubblico, senza aver consultato in modo adeguato la cittadinanza. Molti hanno creduto a queste fake news, soprattutto si sono spaventati vedendo la falce e il martello, non presenti in nessuno dei simboli delle liste a sostegno della candidata. Se non è una porcata questa! Stupisce - conoscendo tra essi molte persone corrette e degne di stima - che nessuno dei circa 150 candidati nelle liste a sostegno di Ziberna abbia pubblicamente preso le distanze da un'azione politica così riprovevole.

Detto questo, come sempre accade, la vita politica locale ricomincerà a scorrere, portando via i detriti e stabilizzando i rapporti tra maggioranza e opposizione. Il 2025 è alle porte e il prossimo appuntamento importante sarà all'inizio dell'autunno, quando ci saranno le elezioni anche a Nova Gorica. Nel frattempo si stanno cercando nomi e professionalità per rilanciare il percorso verso la capitale europea della Cultura, per il momento ancora piuttosto nebuloso. Al nuovo sindaco e alla nuova giunta spetterà il compito di guidare il processo, ma la minoranza consigliare - come tutti i cittadini novo e staro goriziani - non staranno certo a guardare da lontano. Occorre rilanciare un coinvolgimento attivo di tutti e di ciascuno, per evitare che un'occasione del genere si riduca alla gestione di una macchina mangiasoldi e non diventi ciò che dovrebbe essere, un nuovo modo di concepire questa terra e di costruire un vero laboratorio di pace e giustizia per tutto il mondo.

mercoledì 22 giugno 2022

Un sindaco in caduta libera...

 

Rudi, firmatario dell'orribile volantino
Anche in questa occasione mi assumo ogni responsabilità personale su quanto scrivo, a nome mio e di nessun altro.

Dispiace molto che in un volantino pre-ballottaggio si propongano tante falsità in un colpo solo, si associno idee mai espresse dalla candidata sindaco e da tutti i componenti delle sue liste a un simbolo del tutto inesistente nella tornata elettorale, si accusino gli "avversari" delle proprie clamorose colpe. E' un testo talmente offensivo e soprattutto stupido da lasciare basiti nel momento in cui si scopre che è perfino firmato. Firmato da Rudi.

Pur ovviamente avendole, non ho esternato spesso idee sull'amministrazione uscente, da sindaco so quanto sia difficile tenere insieme la propria maggioranza, gestire nel modo migliore possibile le relazioni con gli uffici, navigare tra i meandri della burocrazia. Anche in campagna elettorale, non essendo candidato con nessuna lista, non ho fatto mistero del mio voto a Laura Fasiolo e Noi Mi Nualtris, per stima profonda nei confronti della prima e per piena condivisione delle proposte e dei programmi dei secondi. Ma non mi sono mai permesso di criticare le altre idee e posizioni, rispettando la volontà e la capacità di discernimento degli elettori.

Ma in questo caso non si può tacere, perché il volantino firmato Rudi tocca le corde più profonde della sensibilità, spero di tutte e tutti i cittadini goriziani, indipendentemente dalla loro opinione politica. Ridicolizzare problemi molto seri come quello dell'accoglienza e del dramma dei richiedenti asilo, ribadire in modo ossessivo menzogne relative all'eliminazione dei simboli italiani dalla città di Gorizia, mai sognata da nessuno e meno che meno dalla candidata sindaco, generalizzare la straordinaria varietà della coalizione che ha sostenuto Fasiolo portandola sotto l'inesistente bandiera con la falce e martello, inviare accuse di "non ascolto" della popolazione proprio da parte di chi ha deciso il senso unico in Corso e lo ha poi cancellato in barba a qualsiasi seria consultazione...  Tutto ciò è segno non solo di abissale ignoranza e malafede, ma soprattutto di incredibile stupidità. 

Come è caduto in basso Rudi! Ma anche tutte e tutti coloro che lo hanno sostenuto e si sono candidati nelle sue liste. E' impossibile che oltre 150 persone si riconoscano in simile schifezza. Conoscendone e stimandone molte, mi auguro che ci sia una dissociazione pubblica di tanti da questo modo di fare politica e un loro richiamo a ritornare nell'alveo della normale e intelligente dialettica democratica. Altrimenti toccherà tristemente prendere atto di un imbarbarimento generale della classe politica cittadina.

La guerra continua...

Il Parlamento italiano ha deciso di fatto di continuare a inviare armi all'Ucraina. Da ormai quattro mesi il copione è sempre lo stesso. C'è la Russia che continua la sua aggressione, bombardando, devastando, uccidendo. C'è l'Ucraina che si difende, grazie alle risorse inviate dall'esterno, con un presidente che non sembra offrire alcuna altra alternativa che un conflitto a oltranza. Ci sono gli Stati Uniti che hanno svuotato gli arsenali di armi convenzionali e si preparano a un pericoloso innalzamento di livello. C'è la Cina che rimane la convitata misteriosa, pronta a scatenare la questione di Taiwan. C'è l'Unione Europea, preoccupata più di tutto dalla restrizione delle risorse energetiche e per ora incapace di mediare un'autentica trattativa degna di questo nome. C'è papa Francesco che richiama l'improrogabile necessità del dialogo, anche con immagini originali che rilevano le responsabilità della Nato e della sua volontà di allargamento dell'alleanza militare. Ci sono gli ex pacifisti che, giustificando la produzione e l'invio degli armamenti, invocano improbabili parentele tra i partigiani antifascisti e i sostenitori di Zelen'ski. Ci sono i convinti della necessità di una resa praticamente senza condizioni da parte degli ucraini, data la disparità delle forze in campo, negando un riarmo che non farebbe altro che prolungare l'agonia e aggravare sempre più la situazione internazionale. Ci sono i "costruttori di pace" - con numeri neppure lontanamente paragonabili a quelli riscontrati in occasione dei due conflitti iracheni - che propongono come soluzione la nonviolenza attiva, sostenendo con convinzione e forza i movimenti che in Russia e in Ucraina raccolgono le persone che - a rischio della propria vita - cercano di attuare l'insegnamento di Ghandi. E ci sono infine, ultimi ma più importanti di tutti, i poveri cristi che stanno sotto le bombe e che vengono feriti e uccisi a causa di una guerra che a parole nessuno vorrebbe.

Più passano i giorni, più diventa chiara la posta in gioco. O si raggiunge l'immediato cessate il fuoco con conseguente avvio della trattativa di pace oppure la benzina gettata abbondante sul fuoco rischia di produrre un incendio dalle proporzioni devastanti. E la discriminante, piaccia o meno, non sta nel dire che si è per la pace, ma nel ridurre gli strumenti di morte che stanno uccidendo tante persone innocenti. Chi ha approvato la risoluzione che impegna a inviare altre armi, vuole di fatto la continuazione della guerra. Chi ha votato contro, desidera un impegno disarmato per raggiungere una pace vera e duratura.

Questi sono i fatti, il resto solo opinioni.

lunedì 20 giugno 2022

Tradizione e tradizioni...

Una processione del Corpus Domini
La celebrazione del Corpus Domini è una delle più importanti dell'anno liturgico della Chiesa cattolica. Si ricordano l'Eucarestia e la Comunità dei credenti, ma anche ogni persona. Ogni uomo - con il suo carico di speranze e angosce, gioie e sofferenze, attese e delusioni, certezze e paure - è infatti "Corpus Domini", immagine e somiglianza di Dio. La processione per le vie delle città e dei paesi è ormai un gesto svuotato di ogni significato, se non quello del ripetersi stanco di una delle tante tradizioni che interessano sempre meno fedeli. E' finita l'epoca della "cristianità", nel mondo laico e pluralista altre devono essere le strade che la Chiesa deve seguire se non vuole essere completamente fuori dalla storia. E' sempre più evidente il divario tra papa Francesco che non cessa di richiamare tutti alla vera Tradizione evangelica, cioè il riconoscimento di Gesù nel volto degli affamati, assetati, profughi e la maggior parte delle comunità periferiche che cercano di portare avanti, quasi per inerzia, parole e segni che non riescono più a comunicare nulla a nessuno. La processione è ormai un ricordo del passato, un atto folkloristico fotografato dai turisti che credono di assistere a qualche strana rievocazione storica. Il Corpus Domini - cioè la presenza dell'Amore di Dio in ogni essere umano - è molto di più e merita di essere rivalutato in termini di lotta per la giustizia, per la pace e per la verità.

A proposito, sfogliando i giornali locali in questi giorni, si incontrano fotografie che fanno sorridere. Da una parte si legge della consegna di abiti violacei e rosse berrette a nuovi "monsignori", dall'altra (pagina odierna del Piccolo, Bassa Friulana), una foto che sembra scattata cento anni fa. Sembra... In realtà è un'immagine attuale. Sono preti che celebrano un loro anniversario e avanzano con vesti liturgiche di altri tempi. Certo, ci sono mille altri problemi più interessanti e non si vuole certo criticare ottime persone che cercano di dare la loro vita per qualcosa di molto importante. Tuttavia, in un momento in cui la Chiesa potrebbe essere davvero un riferimento spirituale e culturale per un'umanità in grande difficoltà, le parole di papa Francesco ai vescovi siciliani sembrano unire a un umoristico rimprovero, un serio monito a non guardare troppo indietro e a vivere con consapevolezza dentro il mondo attuale. Ciò è da tenere presente anche in piccole cose, come quelle che riguardano la scelta delle vesti liturgiche.

Ma come celebrano? Io non vado a Messa (in Sicilia), ma ho visto delle fotografie. Parlo chiaro. Ma carissimi, ancora i merletti, le bonete [berrette]…, ma dove siamo? Sessant’anni dopo il Concilio! Un po’ di aggiornamento anche nell’arte liturgica, nella “moda” liturgica! Sì, a volte portare qualche merletto della nonna va, ma a volte. È per fare un omaggio alla nonna, no? Avete capito tutto, no?, avete capito. È bello fare omaggio alla nonna, ma è meglio celebrare la madre, la santa madre Chiesa, e come la madre Chiesa vuole essere celebrata. E che la insularità non impedisca la vera riforma liturgica che il Concilio ha mandato avanti. E non rimanere quietisti. (dal sito Vatican.va, 9 giugno 2022)

domenica 19 giugno 2022

Confessioni elettorali...

Ancora una volta, forse l'ultima prima del 26 giugno, ribadisco che quanto scrivo rappresenta soltanto il mio pensiero, non essendo stato candidato e non appartenendo a nessuna lista, gruppo politico o partito.

Al primo turno ho votato Noi mi nualtris Go. Il lungo percorso di riunificazione e soprattutto di costruzione di una proposta sostenibile ed entusiasmante per il futuro di Gorizia è stato molto convincente. Ho trovato nel programma e nelle persone della lista piena vicinanza con gli ideali ai quali ho cercato di modellare la mia vita, in tanti diversi ambiti, non certo ultimo quello di una politica al servizio umile e disinteressato del bene comune e dei beni comuni dei cittadini. Non ho avuto alcun dubbio nello scegliere il simbolo, ho trovato molto difficile esprimere delle preferenze, data l'alta percentuale nell'elenco di persone molto competenti, preparate e decise a dare un contributo importante alla rinascita della città. Alla fine ne ho scelte due, come prescritto dal regolamento elettorale. Una è Eleonora Sartori, instancabile tessitrice di rapporti costruttivi, geniale e rapidissima comunicatrice, collaboratrice del Forum per Gorizia dai lontani tempi delle elezioni del 2007. L'altro è Simone Cuva, un voto idealmente allargato a Patrizia Dughero, non soltanto per la loro intelligente e delicata presenza, ma anche perché il progetto Qudu mi sembra essere una delle novità più interessanti degli ultimi anni goriziani, un investimento di amicizie e rapporti internazionali determinante in vista della fatidica data del 2025.

Ho votato anche Laura Fasiolo come prossima sindaca. L'ho fatto consapevolmente e con convinzione, conoscendola da tanti anni e avendo condiviso con lei molte idee e proposte progettuali. Per rimanere agli ultimi tempi, ho seguito con interesse la proposta in Senato sulla zona strategica transfrontaliera, ho partecipato con lei a diversi incontri con esponenti della realtà scolastica di Nova Gorica in vista di significative convergenze e ho trovato piena adesione alla proposta del Laboratorio di pace e giustizia nel cuore dell'Europa, proposta che unirebbe le parole pace e accoglienza al termine cultura. L'ho votata per molti altri motivi, pur stimando anche un altro candidato sindaco, Pierpaolo Martina, persona che ritengo molto seria, preparata e mossa dalla sincera volontà di mettersi al servizio della città e dei suoi abitanti. Certo, in un caso e nell'altro, è normale non trovare piena sintonia con tutti i numerosissimi candidati della prima e con i pochi del secondo, ma la scelta non si fa sui massimi sistemi o sulle linee politiche internazionali e nazionali, ma sulla fiducia in una specifica persona in vista del particolare compito di amministrare un Comune. In altre parole non ritengo che il disaccordo - da parte mia completo - con le posizioni politiche italiane del PD sulla guerra e sul sostegno perinde ad cadaver al Governo Draghi, possa giustificare l'astensione da una scelta che non riguarda il da farsi in Ucraina, ma soltanto il futuro di una città che, grazie a Nova Gorica, avrà l'onore di essere capitale europea della cultura nel 2025. E da questo punto di vista, ritenere che "una valga l'altro" è a mio parere pensiero ingiusto e deleterio.

Come pensiero, lo ribadisco del tutto personale, mi dispiacerebbe la ricerca dei cosiddetti "apparentamenti" con persone o liste che del tanto invocato "cambiamento" hanno ben poco. In questo senso ho trovato coerente la scelta di chi ha rinunciato ad avvicinarsi all'uno o all'altra, per non deviare dal preciso mandato dei votanti. Non credo che ciò significhi un invito all'astensione, bensì alla responsabilità che compete alla coscienza di ogni elettore. E da questo punto di vista, credo davvero che Laura Fasiolo - con o, secondo me meglio, senza apparentamenti - raccoglierà il voto di buona parte di quel quasi 58% di elettori che al primo turno hanno detto no al sindaco uscente.

Un dato molto importante su cui riflettere e da non liquidare come espressione di pigrizia o di volontà di andare al mare è quello dell'astensione prossima alla maggioranza assoluta degli aventi diritto. Chi sarà chiamato ad amministrare la città ne dovrà tenere abbondantemente conto, occorre rivitalizzare l'impegno politico, sia esso espresso nelle (troppo poche) occasioni di esercizio della democrazia partecipata che in quelle tipiche della democrazia rappresentativa.

Per quanto riguarda l'altro versante, l'elenco delle promesse non mantenute in questi ultimi cinque anni è fin troppo lungo, è un utile strumento quello offerto da chi ha raccolto gli spot del 2017, rendendo possibile il confronto con la situazione reale. Inoltre una campagna elettorale basata sulla denigrazione sistematica dell'avversario invece che sulla spiegazione delle evidenti defaillances, è sintomo di nervosismo ed estrema debolezza. La situazione ricorda quella della clamorosa sconfitta al secondo turno di Pettarin da parte di Brancati, nel lontano 2002. La destra di allora era talmente sicura di vincere da sottovalutare del tutto lo sfidante. Ed erano un forte candidato e una destra molto più compatta, convinta e unita di quella attuale! Non vale la pena neppure di parlarne, basta solo andare a votare e attendere l'esito del ballottaggio.

sabato 18 giugno 2022

Liberare Assange e sostenere il pacifismo nonviolento. L'unica via!

Sono giornate cruciali per il mondo. Alla fine di questa giornata il primo pensiero va a Julien Assange. Accusato di aver svolto troppo bene il suo mestiere di giornalista, sta per essere estradato dal Regno Unito negli Stati Uniti, dove sarà privato della libertà. Carnefici e assassini internazionali, da lui regolarmente denunciati, con prove schiaccianti raccolte accuratamente, sono liberi e occupano posti importanti nei loro Paesi. Lui rischia pene altissime per aver svelato la verità. Grazie a Stefania Maurizi e a tutte le altre persone che lo sostengono e che combattono insieme a lui una battaglia importantissima, ne va dell'idea stessa di giornalismo. E vergogna a chi non ha il coraggio di prendere posizione, capi di partito nazionali e grandi giornali italiani. Julien Assange deve essere libero, la sua condanna è un'onta che oscura la democrazia dei Paesi cosiddetti occidentali.

Tre capi di governo sono stati a trovare Zelenski, sempre più star internazionale. Hanno offerto l'ingresso nella Nato e nell'Unione Europea, senza chiedere contropartite sensibili. La guerra intanto continua, con uno stillicidio esasperante di morti e di feriti. Dove vuole arrivare Putin? E fin dove Zelenski vuole tirare la corda? Entrerà nel conflitto anche la Cina, variabile temuta da tutti e obiettivamente assai pericolosa? Gli Stati Uniti dove vogliono arrivare, oltre che a umiliare la diplomazia europea? Sono domande che trovano difficili risposte. Quello che non si capisce è perché siano messi ai margini i propositori di negoziati. Ci sono due certezze diverse da quelle propagandate dal pensiero comune. Questo è incentrato sulla necessità di favorire la resistenza armata del popolo ucraino, in contrasto con chi invece propone un'onorevole resa, tenuto conto dello squilibrio di potenza tra le due Nazioni. Ma non è così! Non ci sono solo le opzioni della possibile terza guerra mondiale o di una disonorevole resa fin troppo simile a quelle che si sono reiterate, una dopo l'altra, contro la Germania di Hitler. No, non è così! C'è un'altra strada possibile, quella che autorevolmente  viene proposta ogni giorno da papa Francesco e ancor di più - a rischio della propria stessa vita - dai movimenti pacifisti nonviolenti che agiscono in Russia come in Ucraina. Si deve dare spazio alla loro voce, l'unica davvero alternativa, quella sulla quale si potrebbe fondare non tanto una scelta rassegnata, quanto una vera e propria pace, radicata nella giustizia e nel rispetto della dignità di ogni persona, indipendentemente dall'appartenenza a uno Stato o a un altro. Non c'è alternativa sostenibile, eppure nessuno ne parla. Forse questa guerra conviene a qualcuno, ai soliti che ci guadagnano all'inverosimile, sulla pelle e sull'immane dolore di interi popoli.

giovedì 16 giugno 2022

Dalla parte degli olmi siberiani...

Foto Nevio Costanzo
Sono lì, in Via dei Cordaioli, vicino alle sponde dell’Isonzo. Hanno condiviso con Gorizia gli ultimi anni del fascismo, le tragedie della seconda guerra mondiale, il complesso dopoguerra, l’espansione un po’ disordinata del quartiere di Straccis e sono fieramente sopravvissuti. Hanno offerto ombra in estate, purificato l’aria e offerto sensazioni di armonia e di bellezza.

Oggi hanno rischiato di essere sradicati, senza pietà, nonostante le sacrosante proteste di tantissimi cittadini che hanno prospettato mille soluzioni alternative alla distruzione di un simile patrimonio naturale. Per fortuna tanti oggi si sono opposti, hanno recepito il messaggio trasmesso come un tam tam sui sociale, hanno circondato gli arbusti e li hanno salvati, almeno per ora. Resta l'amarezza del fatto che si continui ad agire in modo da non coinvolgere mai il popolo che secondo la Costituzione dovrebbe essere sovrano, da costringerlo ad essere sempre con le orecchie attente, per attuare, in caso di necessità, azioni clamorose e visibili, senza le quali si ascolterebbe soltanto la voce del padrone di turno. Del resto, qualche giorno fa, in un incontro pubblico, era stato detto che "opporsi al taglio di un paio d'alberi era una sciocchezza" e che se questo era ciò che è stato previsto, "è necessario obbedire agli ordini".

Per i ciclisti ciò che è accaduto e che è stato momentaneamente sventato, è una duplice offesa. Da una parte, in quanto amanti della Natura e sostenitori di un’urbanistica rispettosa dell’ambiente, soffrono nel vedere questa inutile strage. Dall’altra, si sentono coinvolti, in quanto il taglio degli alberi sarebbe giustificato dalla costruzione della pista ciclabile transfrontaliera. Si tratta di una spiegazione assurda, che soffoca i sogni di chi da sempre vorrebbe una città a misura di ciclista e di pedone, di chi ha proposto piste sostenibili ed ecologiche non solo nelle periferie ma anche nel centro.

Questa “ciclabile” ha già prodotto una vittima illustra, la rete storica della Transalpina e ora gli olmi siberiani di Via Cordaioli rischiano la stessa sorte. I ciclisti denunciano una totale contraddizione. Da una parte condividono la buona idea di collegare Gorizia e Nova Gorica con un percorso in grado di far conoscere le meraviglie paesaggistiche e storiche del nostro territorio. Dall’altra non riconoscono alcun segnale positivo in questo senso nella concretizzazione di progetti che calpestano la storia e la natura che appartengono a tutti. Ciclisti e non.

Poveri olmi siberiani e poveri cittadini Goriziani!

martedì 14 giugno 2022

Amministrative 2022 nel Goriziano: pensieri e prospettive, in attesa di Fasiolo sindaca

 

Quando voteremo insieme, Gorizia e Nova Gorica
Si è chiusa la prima pagina delle amministrative 2022 a Gorizia e in Regione. Lasciando alla fine un commento sulla città proiettata verso il ballottaggio, ci si sofferma sui dati di fatto.

Monfalcone rimane alla destra, con un risultato che premia oltre ogni aspettativa Anna Cisint. A destra rimane anche Cormons, un bis meno sorprendente rispetto a cinque anni fa ma non meno doloroso. In entrambi i casi, si è assistito a una campagna elettorale innovativa da parte rispettivamente dei sostenitori di Cristiana Morsolin ed Elena Gasparin, due volti nuovi e sorridenti che permettono, nonostante la bruciante sconfitta, di guardare con fiducia al futuro. Cambio di guardia a Ronchi dei Legionari, con la vittoria del candidato di area PD e grande soddisfazione nella sinistra di Duino - Devin Aurisina - Nabrežina per l'elezione dell'esperto Igor Gabrovec.

Una riflessione a parte merita la Bassa Friulana. Fino a due anni fa, quella che allora si chiamava UTI agro-aquileiese est, era formata da sette comuni tutti di area centro sinistra e sinistra. In poco tempo sono stati persi prima Aquileia, poi Aiello e ora Cervignano. In questi tre casi, a differenza di quanto accaduto a Monfalcone e Cormons, non si può continuare a sorridere e semplicemente prendersela con il destino cinico e baro oppure con l'onda lunga della politica nazionale. Le tre sconfitte devono costringere a una profonda riflessione sulle scelte e sulle strategie elettorali che hanno suscitato malumori tra i militanti e perplessità tra la popolazione. Quando prevalgono i personalismi sulla visione ideale e sui progetti comuni, si perdono clamorose occasioni e si "bruciano" ottime risorse. 

E ora Gorizia. Il sindaco Ziberna ha concluso il suo mandato nel peggiore dei modi, senza maggioranza qualificata nel voto sul bilancio e addirittura senza maggioranza semplice nell'ultima delicata fase, con (non) decisioni che graveranno moltissimo su chi risulterà eletto il 26 giugno. La sua campagna elettorale è stata scialba, molto nervosa e spesso volgarizzata da cadute di stile impressionanti, come nel caso delle false accuse sulla toponomastica o nel (letteralmente!) grottesco vanto sul superamento della drammatica emergenza richiedenti asilo nella Galleria Bombi. Ha contro buona parte della tradizionale destra goriziana, in particolare molti suoi sostenitori nella precedente consiliatura. Nonostante tutto questo, ha ottenuto un discreto risultato, superiore alle aspettative, primo con circa il 42% dei voti. Quelli sono e quelli con ogni probabilità resteranno, testimonianza della presenza a Gorizia di uno zoccolo duro di elettori che votano ancora a destra per affinità ideologiche, indipendentemente dal candidato che le dovrebbe rappresentare.

La sfidante al ballottaggio sarà Laura Fasiolo. Dopo una serena e decisa campagna elettorale, ha raggiunto un buon 30%, tenuto conto delle molte altre liste presenti, alcune delle quali con percentuali significative. Martina supera la soglia del 10% e Zotti "contro tutti" arriva clamorosamente quarto, superando con i suoi voti personali l'intera lista della Lega Nord dalla quale era stato allontanato alcuni anni fa. Fasiolo è sostenuta da sei liste, una praticamente scomparsa dall'orizzonte, quella dei 5 Stelle, un'altra lontana dai fasti di altri tempi ma in grado probabilmente di trovare comunque una significativa rappresentanza in consiglio, Gorizia è tua. La Slovenska skupnost fa la sua parte, anch'essa con risultati che consentiranno una presenza sicura nell'assise consigliare. La lista Noi Mi Nualtris apparentemente ha raccolto meno di quanto non abbia seminato. Tuttavia la vivacità della presenza e delle bellissime iniziative proposte, nonché lo straordinario curriculum dei candidati, fanno pensare che se ne sentirà parlare ancora molto, dopo questo vivace periodo elettorale. Restano la Lista Fasiolo e quella del Partito Democratico, anch'esse con discrete percentuali e con la possibilità, in caso di (probabile) vittoria al ballottaggio, di una nutrita presenza in Consiglio Comunale. 

Le previsioni sono ragionevolmente ottimistiche. Laura Fasiolo raccoglierà buona parte dell'elettorato che si è riconosciuto nei cinque candidati esclusi dal ballottaggio. Rodolfo Ziberna si riprenderà gli stessi voti del primo turno. L'unica variabile che potrebbe cambiare le sorti del secondo turno è quella relativa all'astensionismo, che ha sfiorato il 50%. Una partecipazione ancora minore potrebbe effettivamente rendere difficile qualsiasi sostenibile previsione.

domenica 12 giugno 2022

La Costituzione ai diciottenni il 2 giugno. Molti i chiamati, purtroppo pochi i presenti...

Molte amministrazioni comunali hanno lodevolmente iniziato a proporre, in occasione della Festa della Repubblica, la consegna della Costituzione ai diciottenni. Anche se non tutti i sindaci hanno compreso l'importanza simbolica della data e hanno scelto altri momenti dell'anno solare, sarebbe auspicabile che l'iniziativa non sia lasciata alla buona volontà, ma proposta a livello nazionale. Nel giorno in cui si celebra la nascita della Repubblica Italiana e nell'anno in cui i giovani raggiungono l'età nella quale acquisiscono i principali doveri e diritti di cittadinanza, si pone l'accento sulla "magna charta", il pilastro che regolamenta la comune convivenza all'interno dello Stato.

Dovrebbe essere una festa civile che coinvolge l'intera comunità, non soltanto gli interessati e le loro famiglie. La celebrazione della "maggiore età" potrebbe essere caratterizzata da un vero e proprio rituale laico, in modo da sottolineare con parole, musiche e gesti il passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Naturalmente sarebbe da prevedere un adeguato percorso di formazione, in parte portato avanti nelle scuole, in parte, per contestualizzare il tutto, nell'ambito amministrativo di riferimento. Là dove possibile e dove costituito (magari ovunque), potrebbe essere riconosciuto un ruolo organizzativo importante alle ottime istituzioni del Consiglio Comunale dei Ragazzi e del Governo dei Giovani. Naturalmente il momento rituale dovrebbe essere seguito da un significativo momento conviviale, per evidenziare l'accoglienza dei neodiciottenni da parte dell'intera comunità locale.
Dovrebbe, potrebbe, sarebbe... Perché il condizionale e non l'indicativo?
Perché si è ancora lontani da questo obiettivo e la semplice consegna, senza un prima e un dopo, non riesce a comunicare lo straordinario valore del simbolo. Una breve e superficiale inchiesta tra i Comuni vicini a Gorizia che hanno consegnato la Costituzione, ha rilevato che la risposta degli invitati e delle loro famiglie non è stata numericamente soddisfacente. Ovunque i presenti non hanno superato il 40% degli interessati, troppo poco per non porre qualche domanda sulla conoscenza e sull'interesse relativo al più importante documento riguardante la vita dell'intera nazione e di ogni cittadino.
Ci si dimentica troppo spesso che il 2 giugno non è semplicemente la festa della Repubblica, ma che senza le ulteriori specificazioni, cioè democratica e fondata sul lavoro, ci sarebbe ben poco da festeggiare. La sovranità appartiene al popolo che la esercita secondo le norme previste dalla Costituzione. Per questo è giusto consegnarla ai giovani proprio il 2 giugno. E per questo soprattutto, ogni volta che essa non è conosciuta, apprezzata e amata, si apre una falla pericolosa nella nave chiamata Democrazia.

sabato 11 giugno 2022

Con Dramsam e Kulturni dom Nova Gorica a santa Maria in vineis (e a Kostanjevica)

Il programma della bella rassegna organizzata da Dramsam e Kulturni dom Nova Gorica sta per giungere alla conclusione. Sabato 11, alle 18, ci sarà la possibilità di entrare nella splendida chiesetta di Santa Maria in vineis a Strassoldo, domenica alle 19 l'appuntamento è a Kostanjevica pri Gorici.

Come evidenziato dalla dedicazione, il sacello di Strassoldo è collocato fuori dalle mura del bel paese friulano, in un piccolo borgo che un tempo doveva essere coperto da vigne. Del resto, la tradizione vinicola non si limita all'antichità, ma è tuttora ben attestata nella zona.
La chiesa è orientata, un relativamente piccolo edificio costruito probabilmente tra i secoli XI e XII, ma affrescato nel XIV da ottime maestranze, probabilmente di scuola bolognese.
Il tessuto iconografico è particolarmente interessante, dedicato naturalmente a Maria. Tenendo presente che l'abside è stata ricostruita in tempi relativamente recenti e che quindi sono andati perduti gli affreschi che la ornavano, è curioso notare come non sia rappresentata alcuna scena relativa alla vita adulta di Gesù o al mistero pasquale.
Come caratteristico nella tradizione medievale, la parete nord è dedicata a ciò che era prima della nascita di Gesù, quindi alla storia della nascita di Maria dai genitori Gioacchino e Anna. E' una vicenda che, pur richiamando esplicitamente simili situazioni effettivamente presenti nei racconti biblici, racconta la storia di due personaggi del tutto assenti dal dettato del testo sacro. Vediamo Gioacchino che viene cacciato dal Tempio perché  la sterilità condanna lui e la moglie all'emarginazione, subito dopo si descrive il miracoloso concepimento e la nascita di Maria.  In una terza scena si trova una bellissima Madonna con il Bambino, circondata da san Nicola, santa Maria Maddalena, santa Caterina di Alessandria e san Giovanni Battista.
Ai lati dell'arcosolio, la classica rappresentazione dell'istante del passaggio tra il vecchio e il nuovo testamento, l'Annunciazione a Maria e l'inizio effettivo della storia della Redenzione attuata da Gesù. C'è anche un'altra bella immagine di Maria Maddalena, rappresentata con i capelli lunghi e fluenti, cioè nel momento della bellezza e dell'incontro con Gesù, prima della vita di penitenza seguita alla morte e alla risurrezione.
Nella parete sud, quella di solito dedicata al nuovo testamento (verso il sole), sono rappresentate le scene classiche della nascita di Gesù, dell'adorazione dei magi e della fuga in Egitto, ma con alcune caratteristiche che non si trovano nei testi evangelici. Tra coloro che si avvicinano per venerare il bambino, c' anche chi cerca di spillare un goccio di vino da una botticella, immediatamente ripreso da un altro personaggio che lo rimprovera per il gesto sacrilego, davanti al luogo della nascita del Salvatore. Nella scena della fuga in Egitto, si nota la palma che si inchina per offrire i suoi frutti a Maria. 
Nella parete occidentale, come accade quasi sempre, là dove tramonta il sole si immagina anche il tramonto della vita individuale e del mondo intero. È il momento del giudizio universale, con la valutazione della vita di ogni persona, inviata alla destra o alla sinistra del padre a seconda dei comportamenti tenuti in vita. E' evidente la contestualizzazione delle pene, con l'accento posto sui peccati compiuti dalla povera gente, una bevuta in più del necessario, il lavoro domenicale  o qualche piccolo gesto di blasfemia.
I temi delle scene non sono un'invenzione degli autori o dei committenti medievali, ma si ritrovano nei Vangeli apocrifi. Sono testi suggestivi, composti fra il II e il V secolo, con una duplice finalità. Alcuni hanno accenti fortemente filosofici, gnostici e offrono un'interpretazione molto diversa da quella codificata nei vangeli canonici della vita e delle parole di Gesù. Tra essi, lo si nota visto che la santa è protagonista di ben due affreschi, è molto interessante il vangelo di Maria Maddalena. Altri apocrifi invece hanno lo scopo didattico di rendere più comprensibile e attraente il dettato evangelico di Matteo e Luca, nella loro sostanza molto essenziali nella descrizione degli eventi. Nel nostro caso, la storia di Gioacchino e Anna ricalca lo scritto del Protoevangelo di Giacomo, reso celebre dagli affreschi di Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova. Le vicende della nascita di Gesù sono ampliate dal riferimento al vangelo dello pseudo Matteo che ricalca in parte il testo canonico dell'evangelista, ma inserisce in esso elementi nuovo e sorprendenti, tesi a dimostrare l'eccezionalità e la natura divina di Gesù, manifestate già nella più tenera infanzia.
Non mancano anche in questo caso gli angeli musicanti, soprattutto nelle scene riguardanti la Natività e il giudizio finale. I loro strumenti ispireranno la musica che chi parteciperà all'incontro avrà il piacere e il gusto di ascoltare.

mercoledì 8 giugno 2022

Pensieri sui 5 referendum...

Scrivo mal volentieri questo post. Sì, perché da convinto sostenitore della democrazia diretta come strumento importante e complementare a quella rappresentativa, mi dispiace molto dichiarare che domenica voterò ovviamente per le amministrative, ma non accetterò le schede relative ai cinque referendum sulla giustizia.

Quello dei referendum proposti dai cittadini è un istituto previsto con lo scopo di consentire a ciascuno di "contare", relativamente all'abrogazione di intere leggi o loro parti, stante l'incapacità o l'impossibilità del Parlamento di esprimersi. Ci sono stati quasi 70 referendum, alcuni di essi con campagne elettorali coinvolgenti e avvincenti, basti ricordare il primo, dedicati nel lontano 1974 alla legge sul divorzio o, tra i successivi, quello del 1981 sull'interruzione volontaria delle gravidanza, quello sull'acqua pubblica, purtroppo sostanzialmente disatteso o quello sull'utilizzo dell'energia nucleare. La maggior parte degli altri vertevano su tematiche molto particolari, quasi sempre inerenti questioni delle quali quasi tutti gli elettori non avevano nessuna competenza. Non è un caso che almeno la metà dei referendum sia stata annullata dal non raggiungimento del quorum del 50 per cento più uno. La domanda che ci si pone è se sia effettivamente un esercizio di democrazia esprimere un parere su un argomento tecnico, dove risulti assai difficile farsi un'idea non solo del contenuto del quesito, ma anche della cause e della conseguenze di un determinato voto. Si può aggiungere un'ulteriore domanda, se cioè la debolezza della democrazia rappresentativa giustifichi di per se stessa un così frequente appello al voto, su materie che dovrebbero essere analizzate, dibattute e trasformate in leggi dai parlamentari ad hoc eletti.

Per questi motivi, a differenza delle elezioni a ogni livello, nelle quali l'astensione è gesto che esprime mancanza di assunzione di responsabilità oppure protesta contro un sistema talmente malato da ritenerlo ormai non riformabile, nel caso di referendum su argomenti ritenuti non sufficientemente chiari, non andare a votare significa semplicemente demandare ai rappresentanti eletti il compito di legiferare.  

Nel caso dei cinque referendum sulla giustizia, l'impressione è che la maggior parte degli italiani non solo non sappia di che si tratti, ma neppure di essere chiamata al voto. Molti di coloro che si recheranno alle urne per eleggere i nuovi sindaci e consigli comunali si troveranno in mano altre cinque schede colorate e voteranno secondo l'istinto del momento. Inoltre, anche chi ha fatto il lodevole sforzo di studiare gli argomenti in questione, si sarà accorto di quanto sia difficile navigare tra Scilla del sì e Cariddi del no, non rendendosi ben conto di cosa potrebbe accadere nel caso di vittoria degli uni o degli altri.

Certo, anche la realtà della "giustizia" in Italia ha bisogno di un'urgente riforma. L'astensione dal voto non vuole essere una dimostrazione di disimpegno o di soddisfazione per come stiano andando le cose, ma un atto di fiducia - relativamente a questi specifici e complessi argomenti - nei confronti di un Parlamento i cui componenti sono stati eletti - da tutti noi! - proprio per svolgere questo arduo e importante compito.

Per questi motivi, non ritenendo mio compito esprimere un giudizio decisivo e sufficientemente fondato su questi argomenti, domenica non accetterò le cinque schede relative ai referendum e con questo (non) gesto intenderò invitare deputati e senatori a svolgere il loro servizio.

Il dito e la Luna... (da pagina facebook "Sì, ciclabile in Corso Italia")

Si propone oggi un'approfondita riflessione di Nevio Costanzo, tratta dall'interessante pagina facebook "Sì, ciclabile in Corso Italia" (https://www.facebook.com/groups/siciclabileincorsoitalia/). E' un modo delicato per cogliere l'occasione di una gusta polemica contingente e trasformarla in una più ampia e urgente considerazione. La foto rappresenta gli alberi del giardino dl Municipio, uno dei tanti spazi verdi della bella città di Gorizia. (ab)

C’è una giusta discussione che si è aperta sui due Olmi siberiani di via dei Cordaioli che, per realizzare la ciclopedonale progettata con i fondi del GECT, dovrebbero essere sacrificati.

Sia per la ciclopedonale che per i due alberi spendo due parole.

 

Le ciclopedonali, appartengono ad una modalità superata di realizzazione causa la poca reciproca attenzione dei due utilizzatori quali pedoni e ciclisti. A norma del C.d.S. il ciclista, in caso di affollamento di pedoni sulla ciclopedonale, dovrebbe scendere dalla bici e condurla a piedi o spostarsi sulla strada accanto. Tra l’altro, non avrebbe l’obbligo di percorre la ciclopedonale in quanto tale. E’ a sua discrezione. Una ciclopedonale, che sarà da testare sia per la sua scorrevolezza del fondo che dalla soluzione che verrà adottata all’incrocio con via dei Torriani (la ciclopedonale è bi-direzionale).

 

La ciclabile interseca i due Olmi, accanto ad un fondo privato perimetrato, da molto tempo, con una rete che delimita uno scavo, forse per edificare un edificio (interessante guardare il profilo geologico ove si notano soprattutto ciottoli di fiume). Tra gli alberi e la rete, allo spazio dedicato alla ciclopedonale  manca meno di un metro: era stato preso in considerazione, per pubblica utilità, espropriare una sezione adatta? Probabilmente il proprietario del fondo potrebbe apprezzare di avere questi due alberi per le ragioni di cui in seguito.

 

Quindi, abbatterli, non abbatterli?

 

Ogni albero assorbe una quota parte della CO2 immessa nell’atmosfera, ove una buona percentuale (15 - 20 %) è prodotta dal traffico automobilistico. Ed per ogni albero, per ogni essenza, esistono dei parametri per calcolare il valore intrinseco sia in termini economici che quantitativi sull’assorbimento degli inquinanti. Quindi, meglio salvarli anche se, immagino, sia stata fatta una richiesta alle Autorità competenti, in primis alla Forestale. Mi risulta, che nella realizzazione di questa rete di ciclabili, non solo per questo tratto, non sia stato abbattuto alcun altro albero.

 

Siamo in campagna elettorale e mediaticamente (social) si è messo in risalto questo problema. Giusto apprezzare la sensibilità per gli alberi. Per questi Olmi siberiani.

 

L’aforisma del titolo.

 

Non è stato messo sotto la luce dei social, invece, cha anche altri Olmi siberiani sono stati tolti in via Michelstaedter e sostituiti con tre piccoli Prunus; tolti ma non sostituiti in via dei Catterini, nel corso dei lavori di rifacimento del Corno, sia il solito Olmo siberiano che uno Spino di Giuda e, a memoria, anche altri. 

 

Inoltre, la valletta del Corno, sotto via Nievo, ha subito un bel repulisti, forse di infestanti come l’Acacia e l’Ailanthus (si, purtroppo sono infestanti perché tolgono lo spazio ad altri alberi causa la loro la rapida crescita) come la stessa sorte è capitata anche nel Parco Basaglia: Cedri del Libano, mi risulta…

 

Ecco perché è necessaria una visione globale del verde cittadino, al di là di operazioni di giardinaggio, che vanno anche bene, e adottare subito un piano del verde che ricomprenda anche gli alberi in ambito privato, perché anch’essi, devono “lavorare” per assorbire la CO2 e altri inquinanti e produrre ossigeno, per mitigare il calore ed il rumore, fare da condominio per insetti e uccelli, migliorano il paesaggio urbano, fungono dafrangivento, le radici depurano le acque.

 

Una ciclabile e due Olmi quindi possono convivere, ma pare, mi vorrei sbagliare, che sia sempre colpa dei ciclisti e delle loro ciclabili che occupano spazi.


Nevio Costanzo

lunedì 6 giugno 2022

Parlando di capitale europea della Cultura...

L'incontro di questa sera a Fogliano, promosso dal Festival del Giornalismo e Leali nelle Notizie, si preannuncia molto interessante.

Si parlerà di Nova Gorica e Gorizia, capitale europea della Cultura. Il tema sarà affrontato da cittadini co-protagonisti, giornalisti e operatori culturali impegnati nel versante italiano del territorio. Ci sarà anche Paolo Petiziol, presidente del GECT/EZTS dei Comuni di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter/Vrtojba. 

L'impressione è che ci siano ancora molte difficoltà nel percorso verso questo prestigioso traguardo e che, al di là dei tanti piccoli progetti finora proposti, manchi ancora una visione d'insieme. Soprattutto manca un coinvolgimento reale della popolazione che non dovrebbe essere aiutata solo a "collaborare", ma soprattutto a rendersi conto di far parte di un territorio unico, dove si parlano diverse lingue e si esprimono tante diverse culture.

Come realizzare questo importante obiettivo? Forse occorre mettere al centro della comunicazione qualche linea guida, in grado di entusiasmare le rispettive e la comune cittadinanza. Se ne è già parlato, personalmente indicherei tre linee specifiche di approfondimento.

Capitale della Cultura significa capitale della Pace nella Giustizia. L'idea del "laboratorio", dove le delegazioni di stati in guerra possano cominciare le trattative e dove addestrare i corpi civili di pace europei, è particolarmente suggestiva e attraente e qualificherebbe una terra insanguinata in passato dalla violenza bellica come un segno di grande speranza per il futuro di un mondo senza guerre e senza la necessità di produrre  vendere le armi.

Capitale della Cultura significa capitale dell'Accoglienza. Si intende con questo concetto che ogni persona che vive o transita attraverso i Comuni di Nova Gorica e Gorizia si possa sentire pienamente a casa sua. In questo senso tutte le diverse forme culturali che animano le due/una città, debbano trovare espressione e collaborare nella costruzione della visione comune del territorio. Occorre che il 2025 porti anche gesti e segni concreti di tale accoglienza, attraverso la realizzazione di luoghi di autentica accoglienza e cura dei più deboli e fragili, da coloro che giungono sul confine a piedi, dopo aver seguito la rotta balcanica, da coloro che sono costretti nel pianeta carcere o in quello della malattia. Uno sprar in comune, fra Gorizia e Nova Gorica, dove accogliere nel migliore dei modi i nuovi venuti?

Capitale della Cultura significa capitale di un Lavoro autenticamente degno di questo nome. Si tratta di rispondere alla grande sfida di coniugare le esigenze dell'occupazione con quelle della sicurezza e della salute. Sarebbe davvero innovativo incrementare ulteriormente il turismo lento, collegando le reti ciclabili e i percorsi a piedi. L'area Goriziana e al centro di due direttrici nord-sud (valle dell'Isonzo/Soča, dalla sorgente alla foce) ed est-ovest (Lubiana-Valle della Vipava- Collio- Udine) che promettono ottimi sviluppi turistici e lavorativi nel prossimo futuro. La storia e la geografia del territorio potrebbero aiutare molto in questo senso, anche attraverso una riconsiderazione di attività produttive ed economiche da collocare nello stesso contesto.

Un pensiero ancora, tra i tanti possibili. Al di là dei centri abitati di Nova Gorica e Gorizia è indispensabile pensare alla capitale della Cultura come a un elemento diffuso, coinvolgente le già citate valli dell'Isonzo e della Vipava, come pure la zona cervignanese dell'ex provincia di Udine. Ciò sarebbe tanto più interessante quanto più fosse valorizzato il riferimento alla città di Aquileia. La storia della città preromana, romana, cristiana, medievale e rinascimentale è stata una storia di autentica unità nella diversità. La famosa "eredità europea" non tanto del Patriarcato, quanto di un intero ambito culturale da leggere in chiave sincronica e diacronica, dovrebbe essere recuperata e valorizzata. Per oltre un millennio Aquileia è stata capitale culturale di una parte cospicua dell'Europa centrale. Può ancora offrire spunti interessanti per questa nuova grande opportunità che attende l'intera zona nel 2025?

sabato 4 giugno 2022

Ricordando Gino Strada e Pierluigi di Piazza...

Sabato 4 giugno, ore 18 presso il Kulturni dom di Gorizia. Si ricordano due persone che hanno avuto in comune l'impegno senza sosta a favore della pace e della giustizia nel mondo. Raul Pantaleo parlerà di Gino Strada, chi scrive insieme ai rappresentanti del Centro Balducci di Zugliano di Pierluigi Di Piazza.

Si può dire ancora molto di questi due testimoni di cosa significhi la centralità della persona. Il loro esempio e il loro insegnamento saranno sempre più radicati in coloro che li hanno conosciuti e hanno condiviso la loro visione della vita e del mondo.

Pierluigi, come Gino, ha sempre incontrato una persona alla volta e, come Gino, non si è mai girato dall'altra parte. Perché? Essenzialmente, perché è stato un uomo innamorato.

Come primo amore porrei la Persona, con la P maiuscola. Persona intesa non soltanto come valore in sé, soggetto portatore di diritti e di doveri, ma proprio come "ogni persona", trattata in modo unico e irripetibile. Le migliaia di donne e uomini, al saluto terreno di Zugliano e Tualis, non erano lì per un generico omaggio a un grande uomo, ma come amici, uno a uno, come familiari. Perché, nonostante un impegno pubblico incredibilmente intenso, Pierluigi trovava sempre il tempo per l'incontro interpersonale, per il consiglio e per il conforto, per la lettera che ti arrivava nei momenti decisivi dell'esistenza. E' in questo amore alla persona il segreto della passione per l'altro che lo ha portato a dare tutto il proprio tempo e le proprie energie a tutti coloro che incontrava, fossero i parrocchiani, mai trascurati tra le mille attività, gli studenti che gli stavano tanto a cuore, i rappresentanti delle tribù della Terra da lui incontrati nei grandi viaggi in America Latina e in Estremo Oriente, i migranti accolti fraternamente nelle strutture sempre più grandi del Centro Balducci, gli ospiti dei Convegni annuali e delle infinite serate nelle quali l'accoglienza si trasformava in progetto sociale e culturale per il bene del mondo intero.

Tra queste Persone, ne aveva scelta una della quale parlava con emozione ed enorme fascino. Si trattava, come lui stesso amava dire, di "questo straordinario Gesù di Nazareth". Il Vangelo era la sua fonte primaria, alla quale continuamente si rifaceva per comunicare, raccontare, parlare e scrivere. Per Gesù di Nazareth si era fatto prete e per lui era nella Chiesa, soffrendo molto per l'incomprensione delle strutture e per l'ottusità delle tradizioni che hanno travisato il messaggio originario. Ma il suo amore era talmente grande da fondare anche un'irreprensibile fedeltà allo stato di vita sacerdotale, senza per questo impedirgli di denunciare tiepidità, freddezze e anche palesi ingiustizie. Certo, il Pontificato del Vescovo di Roma Francesco lo aveva molto rincuorato, si era sentito confermato fin nel profondo del suo essere dalla guida della Chiesa, sentendo gli stessi accenti di passione per l'umano e di denuncia per il disumano che hanno caratterizzato l'intera sua vita. La "sua" Chiesa era quella del Vangelo, con le porte spalancate, desiderosa solo di prendersi cura di ogni persona, senza mai girarsi dall'altra parte. Nella comunità di Gesù non ci possono essere esclusi, ma ci possono  devono essere preferenze, per coloro che sono stati impoveriti da un sistema economico ingiusto, per coloro che sono discriminati per genere, religione o visione del mondo pacifista e nonviolenta.

Un terzo amore era quello per la Giustizia e su questo si fondava la sua concezione, altissima, della Politica e dell'impegno a essa connesso. Una Politica per la Persona lo aveva portato a sognare e poi realizzare il Centro Balducci per condividere il tetto con i migranti. Secondo la legge della Fraternità, nessuno poteva essere dimenticato o maltrattato e per questo, insieme alla rete DASI e ad altre reti di relazione intessute intorno e con lui, aveva sempre denunciato le miopie dei cosiddetti politici incapaci di gestire in modo umano i fenomeni migratori e di non aprire gli occhi davanti alle migliaia di morti nel Mediterraneo e nei boschi della rotta balcanica. Paragonava l'ostilità e il silenzio di fronte a queste tragedie con il silenzio colpevole di chi non aveva fatto nulla per impedire i campi di sterminio durante la seconda guerra mondiale. L'amore per la giustizia era alla base anche del suo radicale pacifismo nonviolento, dimostrato in molte occasioni davanti alla base USAF di Aviano e in moltissime occasioni in cui la sua parola - scritta o orale - è stata un faro per tutti coloro che credono che la guerra non possa essere mai considerata uno strumento per risolvere le controversie tra i popoli e le nazioni. Anche nell'ultimo periodo della sua vita, soffrendo fisicamente per la malattia ma anche per la situazione del mondo, era intervenuto per ribadire il suo autorevole no all'invio delle armi in Ucraina e la necessità di ripristinare il dialogo e la trattativa, unica via di uscita da qualsiasi conflitto. Importanti sono stati anche i suoi interventi a favore del diritto  della dignità della vita di ogni essere umano. La sua presenza accanto a Beppino Englaro fu una testimonianza straordinaria di come la visione evangelica possa correttamente ispirare anche una precisa scelta di parte, contro ogni disumano attaccamento a una malintesa concezione del diritto canonico. E' stato molto vicino anche alla famiglia Regeni, chiedendo con essa in ogni occasione e con tutta la forza possibile, verità e giustizia per Giulio.

Pierluigi è stato anche un profondo teologo. La sua tesi di laurea era stata dedicata al mistero della morte in rapporto alla fede e al senso della vita. Anche da questo punto di vista, la sua posizione era molto originale. Non si poteva certo accontentare di riproporre in modo asettico e disincarnato verità dogmatiche ormai superate dalla storia, meno che meno di applicare pedissequamente regole morali dettate in tutt'altri contesti culturali  storici. Per lui era necessario partire dalla concretezza dell'essere umano in situazione e da lì procedere ponendo al centro della riflessione la necessità di servire e di comunicare l'amore. il procedimento era simile a quello adottato nelle teologie della liberazione dell'America Meridionale. Il vangelo di Colui che libera l'uomo dalla morte si rende concreto nella liberazione dalle schiavitù alle quali popoli interi sono costretti da un sistema iniquo, agli interessi del quale si sacrifica la vita di intere tribù della terra e si violenta senza alcuno scrupolo l'ambiente, quella Madre Terra che tutti alimenta e sostiene e che a tutti deve garantire gli stessi diritti alla vita, alla libertà e alla giustizia.

Non girarti dall'altra parte, dunque! Sì perché tutto inizia dallo sguardo dell'altro e sull'altro, dalla vera centralità della Persona, senza il quale e senza la quale la Politica diventa squallido mercimonio, la Chiesa giustificazione trascendente di ogni sorta di meschinità, la relazione interpersonale una triste strumentalizzazione. Viceversa, inizia il lungo cammino verso la società della giustizia, della fraternità universale, della nonviolenza attiva, verso quell'"uomo planetario" preconizzato da Padre Ernesto Balducci, verso la visione di un secolo XXI che "se non sarà della pace, non sarà".

venerdì 3 giugno 2022

La "mia" Aquileia...

 

Oggi propongo un post più personale del solito, intorno alla Basilica di Aquileia, per me un nuovo incarico e una nuova responsabilità.

Ricordo un lunedì di Pasqua, nel lontano 1971. Mio fratello, neopatentato, mi accompagnò per la prima volta nella Basilica. Ci aggregammo a un gruppo per ascoltare le spiegazioni di una guida.

Fu talmente affascinante che, 50 anni dopo, ricordo ancora le sue espressioni, le sue spiegazioni e il suo straordinario entusiasmo. Scoprii parecchi anni dopo che quella persona così colta e gentile era l'allora parroco, mons. Luigi Marcuzzi, autore di una delle più agili e comprensibili pubblicazioni sulla Basilica.

Un paio d'anni dopo fu la volta di un concerto serale. La chiesa era strapiena di persone, si esibivano l'orchestra e il coro - a mia memoria oltre 300 cantori - della televisione di una Nazione europea. Fu eseguita la nona sinfonia di Beethoven, con l'inno alla gioia. Le note volteggiavano tra i mosaici, gli affreschi e il soffitto a carena di nave, raccolte dolcemente dall'abside e rilanciate per la beatitudine degli ascoltatori. Fu un'esperienza indimenticabile, di autentica e intensa spiritualità, a dimostrazione del fatto che la relazione con il trascendente ha a che fare con la Bellezza e non con regole o prescrizioni burocratiche. 

Ricordo poi mia madre, insegnante e poi preside di quella che un tempo si chiamava scuola media. Quante visite, quante scoperte, quante sorprese, costruendo i primi rudimentali audiovisivi, guidando persone di ogni condizione ed età, gustando i loro volti illuminati dallo stupore nell'indagare, quasi tassello per tassello, i misteri gelosamente custoditi dai mosaici.

Nella Basilica di Aquileia fui ordinato prete, il 25 aprile 1984, iniziando uno dei vari percorsi della mia vita inquieta, sempre alla ricerca di Dio e al servizio dei fratelli. Al vescovo Cromazio e all'interpretazione teologica della Scrittura nei Padri latini del IV secolo e nelle figure artistiche coeve, ho dedicato la mia tesi di licenza in teologia fondamentale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Come parroco prima, poi come insegnante e anche, successivamente, come persona impegnata in politica e nella vita sociale, ho avuto l'onore di illustrare la Basilica a centinaia di persone e di gruppi, proponendo vie ermeneutiche e ricevendo osservazioni, prospettive, visioni sempre innovative e interessanti. Tutti questi incontri sono stati sintetizzati nel libro sulla Basilica di Aquileia, pubblicato in prima bozza a uso dell'Unitre di Cormons e in un bel volume del 2017, curato per conto del Circolo Navarca di Aiello ed edito da Ediciclo.

Ho avuto anche l'opportunità di far parte della Commissione Stato Regione F-VG che ha definito l'atto costitutivo e lo statuto della Fondazione Aquileia, con la possibilità di conoscere meglio anche il mondo dell'archeologia aquileiese, con i vari interventi delle università, la scoperta della Domus episcopale e la progettazione della ristrutturazione della "casa di Tito Macro".

Aquileia è una città che ha avuto un glorioso passato, ma che vive tuttora come paese vivace e accogliente, così come la Basilica ricorda una storia di spiritualità che raggiunge e oltrepassa i duemila anni, ma continua a essere viva nella comunità cristiana che tuttora in essa prega, soffre e ama. E' uno scrigno di arte e di cultura, ma anche un organismo che trae la sua linfa vitale da una tradizione di fede straordinariamente ininterrotta, dall'epoca dei padri fino ai giorni nostri. E' una casa aperta a chiunque sappia apprezzare la bellezza e la spiritualità, oggi più vicina che mai alle origini dell'inizio del IV secolo, quando le simbologie artistiche erano quasi del tutto "laiche", che introducevano al messaggio cristiano attraverso l'uso di linguaggi comprensibili, in un tempo di pluralismo religioso e culturale.

Per questi e per tanti altri motivi, non posso che essere felice di far parte dell'ottima "squadra" della Società per la Conservazione della Basilica di Aquileia che ormai da diversi decenni "custodisce" amorevolmente questo grande tesoro.

giovedì 2 giugno 2022

Viva la Repubblica... democratica e fondata sul lavoro

Il popolo, sovrano della Repubblica Italiana
Res publica, la "cosa pubblica", cioè di tutti e di ciascuno.

Oggi è la festa della res publica, cioè di ogni cittadina e cittadino che appartiene a essa.

Non basta. Non basta essere "repubblica". La repubblica può essere anche una dittatura, come già tragicamente sperimentato dal nord Italia repubblichino. Oggi non si festeggia soltanto la vittoria della repubblica sulla monarchia, ma soprattutto la qualità e la dignità della res-publica italiana.  

Se la "cosa" è pubblica, a chi spetta il Potere di determinare le relazioni tra i cittadini, chi stabilisce le leggi della convivenza? Chi è chiamato ad amministrarla? Ci sono due possibilità. Una repubblica può essere dominata da un Capo e dalla sua cricca, i quali pensano di "fare il bene" dei sudditi, determinando in modo autocratico le leggi e i regolamenti. Il "buon cittadino", se vuole sopravvivere, deve - come diceva qualcuno - credere obbedire e nel caso combattere. E' una dimensione paternalistica e patriarcale, nella quale il popolo viene considerato alla stregua di un infante da nutrire e orientare, controllandone i pensieri e le azioni.

All'opposto, la res publica può riconoscere la stessa dignità a ogni suo componente, secondo i principi della rivoluzione francese, libertà uguaglianza e fraternità. In questo caso è necessario trovare il miglior sistema per garantire a ogni membro di una comunità statale il diritto e il dovere di partecipare alla costruzione del bene comune. 

Per questo motivo l'Italia oggi non celebra soltanto la festa della Repubblica, ma anche quella della Costituzione che stabilisce inequivocabilmente nelle sue prime parole che essa è Democratica, fondata sul lavoro. E aggiunge, senza tema di fuorvianti interpretazioni, che "la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".

In altre parole, ogni cittadino è compartecipe del governo del suo Stato, esercitando in modi diversi il compito di costruire insieme il sistema, fondato sulla "magna carta" e organizzato secondo regole precise e controlli reciproci tra le strutture legislative, esecutive e giudiziarie. Il ruolo di esercitare le funzioni del governo, in rappresentanza di tutti, è determinato dall'equilibrio e la relazione tra i diversi soggetti interagenti, espressione di diverse idee e ideologie. Le forze in campo sono determinate dal voto, espressione importante ma non unica della partecipazione di ogni cittadino alla res publica. 

E' evidente quanto sia importante partecipare attivamente ai momenti elettorali, anche a quelli referendari nei quali viene chiesto un parere diretto su questioni importanti inerenti la vita dell'intera comunità statale. Quell'apparentemente insignificante crocetta sulla scheda determina i rapporti di forza all'interno del Parlamento, come pure delle realtà regionali e comunali. E' vero che il criterio del consenso maggioritario è piuttosto fragile, nel momento in cui esistono agenzie potentissime in grado di orientare le scelte di milioni di persone, determinando di fatto spesso una "dittatura del consenso", altrettanto perniciosa del paternalismo e del patriarcato. L'unico modo per sfuggire a tale rischio è la consapevolezza, cioè la disponibilità a partecipare, approfondendo e studiando i programmi e i progetti, decidendo con la propria testa e non con  quella della televisione e degli altri media. Ciò si chiama esercitare la nobilissima arte della costruzione comune della città, in una sola parola, della Politica.

Solo un ritorno alla Politica di tutti i cittadini potrà salvare il sistema democratico dalla deriva verso nuovi autoritarismi, imposti anche dal sistema globalizzato che consente scarsi spazi di manovra all'interno del regno del Capitale. Non ci si deve mai dimenticare che ogni sistema non viene dall'alto - come si voleva far credere nel Medioevo - ma neppure è insito nella stessa natura umana. No, ogni forma è il frutto dell'immaginazione e dell'invenzione della nostra intelligenza. Ciò significa che la forza dell'immaginazione di ciascuno, unita a quella di tanti altri, può consentire di riformare ciò che sembra irriformabile e di agire per costruire uno stato, una comunità di stati, un mondo migliori.

Ecco allora il senso del lavoro, su cui è fondata la repubblica democratica italiana. Il lavoro è il modo specifico e originale con il quale ciascuno, secondo la propria capacità e possibilità, contribuisce a edificare, pezzetto per pezzetto, la casa comune. 

E' da ricordare infine - date le circostanze - che "l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali." (art.11 della Costituzione)