mercoledì 30 giugno 2021

Abbandono di rifiuti ed esproprio paesaggistico

Abbandono di rifiuti, terreno privato, pubblico paesaggio 
Oltre alla questione del consumo del suolo, che ha trasformato una parte cospicua di Veneto e Friuli Venezia Giulia in distese di cemento e asfalto al servizio di mega centri commerciali e di fragili zone industriali, c'è in ballo il presente e il futuro di centinaia di capannoni che "ospitano" i residui di un tempo che fu.

Non passa giorno senza la segnalazione di un gigantesco abbandono di rifiuti, "scoperto" in qualche fabbrica dismessa. Normalmente non si tratta, almeno a prima vista, di materiali inquinanti che imporrebbero interventi immediati da parte dei responsabili sanitari e degli enti pubblici. Sono invece distese di plastiche, di carta, di materiali inerti di ogni tipo, di metalli, lasciati a marcire da un fallimento dopo l'altro, con grave detrimento per il paesaggio e preoccupazione per gli abitanti delle zone circostanti.

Cosa si deve fare? L'iter normale, a seguito della segnalazione della guardia Forestale o di chi per lei, è quello dell'ingiunzione, da parte dell'ente pubblico competente, di intervento da parte dei proprietari che in tempi ragionevoli dovrebbero provvedere alla rimozione dei rifiuti.

Semplice vero?

No, non è per niente semplice e questo spiega non solo la moltiplicazione di simili siti, ma anche il senso di impotenza che attanaglia gli amministratori quando si trovano di fronte a questa tipologia di problemi.

Prima di tutto, è ordinariamente quasi impossibile risalire agli autentici proprietari, dal momento che una catena di passaggi da ditta a ditta, da azienda ad azienda, da società a società fa sì che il malcapitato sito risulti "gestito" da persone o sigle assolutamente non riconoscibili, quasi sempre disperse nei meandri dell'Europa o del Mondo. Non si può procedere neppure nei confronti di eventuali curatori fallimentari, i quali - così numerose sentenze del tar - non possono essere identificati come i destinatari degli "avvisi".

Se non si trovano i proprietari, in assenza di un pericolo conclamato, non c'è nessuno a cui indirizzare le ordinanze di sgombero. Anzi, non c'è neppure nessuno che possa autorizzare un sopralluogo, se non altro per quantificare i costi (molto elevati!) che potrebbero essere necessari per completare l'opera e restituire lo spazio e il paesaggio ai cittadini. 

Dunque, in pratica, senza reperimento dei proprietari non si può fare proprio nulla, neppure cercarli, dal momento che gli organi del Comune non hanno la possibilità di svolgere attività di polizia giudiziaria. certo, possono chiedere l'intervento e la ricerca da parte degli organi di tutela ambientale, rstituendo così la palla a chi aveva iniziato la partita, segnalando l'illecito.

Se per un caso fortuito fosse possibile risalire a dei concreti proprietari, in carne e ossa, non è affatto detto, anzi è molto improbabile, che essi si impegnino nella costosa ripulitura oppure in un secondo momento a risarcire il danno, nel caso di un intervento diretto da parte dell'Ente Locale a ciò obbligato. Così, oltre al danno di essere costretto a un investimento tale da dilapidare le sue risorse, senza contributi pubblici dal momento che l'intervento si svolge su terreno privato, il Comune o chi per lui (cioè in altre parole la collettività) subisce la beffa di non entrare neppure in possesso del terreno eventualmente liberato dai rifiuti, potendolo trasformare in parco giochi o in altra opera al servizio della Comunità.

Insomma, la normativa attuale è troppo complessa e vincolante. Ciò accade perché essa è no riconosce un'elementare verità: il terreno sarà pure privato, ma il paesaggio è pubblico, appartiene a tutti, nessuno escluso. Il paesaggio è un bene comune e come tale deve essere garantito, custodito e tutelato. nel caso degli abbandoni sempre più frequenti di rifiuti deve essere esplicitamente garantito l'"esproprio paesaggistico", nei confronti di chi non è in grado di mantenere a posto le proprie strutture. Non potendo individuare fisicamente dei proprietari, l'ente locale deve entrare in possesso dell'area. Certo, spetterà a esso l'onere della ripulitura e della sistemazione, ma ci saranno i vantaggi del possibile accesso a contributi pubblici statali e regionali, come pure, soprattutto, dell'acquisizione della proprietà dell'area che potrebbe quindi essere dedicata al benessere degli abitanti.

Senza una legislazione adeguata, non c'è scampo, il territorio sarà sempre più costellato da cattedrali nel deserto e non avrà senso il rituale (peraltro effimero) stracciamento di vesti seguito a ogni ritrovamento.  

lunedì 28 giugno 2021

L'Italia del pallone inciampa sul razzismo

Il calcio italiano sembra impazzito. Dopo aver scalato l'Olimpo mediatico infilando tre vittorie consecutive nella fase a gironi del campionato europeo, la Nazionale approda di quarti di finale con molta fatica, dopo i tempi supplementari, mentre l'avversaria di turno, l'Austria, deve "risalire le valli che aveva disceso con orgogliosa sicurezza".  

Ma a tenere banco non sono in questi giorni le imprese sportive, bensì una questione molto seria, letteralmente ridicolizzata dal balletto di contradittorie comunicazioni, improvvisato da Uefa, FGCI e calciatori singoli e nel loro insieme.

Si tratta dell'adesione alla particolare protesta del movimento BLACK LIVES MATTER, letteralmente "Le vite nere contano", consistente nel genuflettere pubblicamente, non per esprimere una preghiera ma per stigmatizzare il terribile atto con il quale un poliziotto USA ha ucciso il giovane George Floyd. Alcune équipe hanno deciso di condividere il segno in ogni occasione, come per esempio la squadra del Belgio, prendendo atto dell'importanza di "utilizzare" una simile scena internazionale per sensibilizzare gli spettatori sull'importanza di una concreta e sistematica azione contro il razzismo. Altre hanno espresso dissenso, ritenendo di non creare commistioni tra sport e politica. C'è anche chi ha lasciato la libertà di decidere a ciascuno dei calciatori, senza dare particolari indicazioni ufficiali.

Gli italiani si sono distinti per una sconcertante confusione. 

Nelle prime due partite, il problema non si è posto perché Turchia e Svizzera, come l'Italia, hanno semplicemente ignorato la protesta. I giocatori del Galles si sono invece inginocchiati, tutti. Gli italiani, confusi e impreparati, hanno agito "di cuore" o forse "di imitazione". Cinque hanno abbassato il ginocchio sul prato, gli altri li hanno guardati sorpresi e incerti sul da farsi.

Che fare con l'Austria? "Ognuno faccia come crede", "No, meglio non fare", "Aspettiamo, sentiamo prima cosa fa l'Austria" infine "no, non ci si inginocchia, perché ci sono tanti altri modi di combattere il razzismo (senza dire quali, naturalmente)". E così, il prato di Wembley non ha assaggiato i ginocchi dei giocatori, almeno nella fase preliminare della partita.

Il "dramma" si trasforma ulteriormente in farsa dopo l'accoppiamento ai quarti con il Belgio. Sì, accidenti, proprio con quelli che si inginocchiano tutti! E adesso?

Esce un primo, veramente incredibile comunicato stampa, poi ridimensionato dalla Federazione del Gioco del Calcio come iniziativa sostanzialmente "privata": ai quarti ci si inginocchia, pur non  condividendo la forma della protesta, ma "per solidarietà", non nei confronti del movimento antirazzista più grande del mondo, ma dei giocatori del Belgio che si inginocchiano (!!!). Si è arrivati tanto in là che la FGCI ha sentito la necessità di intervenire per smentire l'incauto "addetto stampa" definito "non autorizzato". E l'ultimo intervento (ultimo finora, perché i quarti sono ancora lontani!) risulta abbastanza confuso, sostenendo in pratica che... ciascuno faccia quello che gli pare.

Veramente un balletto vergognoso, la speranza è che qualche singolo giocatore rompa gli schemi e sfugga alla volontà omologante che cancella il valore di un gesto estremamente importante, sia per chi lo realizza con convinzione ma anche per chi si assume la responsabilità di contestarlo. Ma non in questo modo, confuso e infantile!

Peccato. Per gli amanti del calcio, questa forse è la migliore Italia vista sui campi di gioco dai tempi del Mondiale 2006. Ma l'incertezza su un tema così delicato e importante come quello del razzismo ha sicuramente raffreddato molti entusiasmi. Comunque vada a finire, la faccia all'"Europeo" è ormai, almeno in parte, perduta...

Medici di Medicina Generale: davvero il problema è solo la carenza di personale?

Dopo le prese di posizione nella Bassa Friulana, si muove anche Gorizia, come riportato oggi su un'intera pagina del Piccolo di Gorizia. Ritorna il tema dei medici di medicina generale che evidentemente scarseggiano ovunque, tenuto conto anche dell'età che avanza e del prossimo pensionamento della maggior parte di essi.
Al di là della drammaticità del problema, che coinvolge in modo speciale persone anziane e malate e al di là degli effettivi scarsi "numeri", ci sono alcune carenze organizzative e politiche che non possono essere sottovalutate e che conducono alla domanda se effettivamente l'unico vero problema sia la mancanza di personale.
Prima di tutto, si parli di età pensionabile. 70 anni possono essere tanti o pochi, a seconda dei punti di vista. in ogni caso, il medico di medicina generale a 70 anni se ne deve andare, anche nel caso in cui sia disponibile a rimanere, almeno fino al reperimento del sostituto. Non è possibile e ciò ha una logica, evidentemente si riscontra che a quell'età, generalmente, sarebbe meglio non cimentarsi in impegni troppo delicati. Tuttavia, il medico in pensione può tranquillamente continuare a esercitare, in privato e a pagamento, fatto questo particolarmente incomprensibile là dove non sia possibile alcun accesso "pubblico" nelle vicinanze della propria abitazione.
Si passi poi a esaminare il meccanismo di assunzione, ovvero la messa in bando di un posto libero di mmg. Si può concorrere su più ambiti, scegliendo quello più conveniente. Ciò significa che le zone periferiche non possono sperare in tempi brevi di avere un medico titolare, anche perché non esiste una graduatoria da scalare ma, assegnato il primo bando, occorre attendere un altro anno perché ne sia indetto un altro.
Nel frattempo vengono inviati dei "sostituti" che non hanno gli stessi diritti dei titolari e che di conseguenza, una volta prospettata una migliore sistemazione sotto il profilo della distanza da casa o dell'accesso alle attrezzature, del tutto comprensibilmente se ne vanno, lasciando tuttavia centinaia di persone senza nessun diritto.
C'è sì una graduatoria dei sostituti, sembra che in fvg la maggior parte di questi sia impegnata attualmente nei centri vaccinali, ma ci sono anche molti che cercano un posto stabile di lavoro, ma non lo riescono a trovare a causa di mille difficoltà burocratiche.
Davvero non c'è modo di rivedere tutto questo? Davvero il problema è la carenza di medici o soltanto essa? Non si potrebbero aggiornare le regole per le assunzioni del medici di medicina generale? Non dovrebbe essere rivisto anche il loro status giuridico e amministrativo, in accordo con l'ordine dei Medici e le Aziende Sanitarie territoriali?
Intanto la gente pone domande semplicissime alle quali sembra complicatissimo dare risposte. Chi mi scrive una ricetta? Come faccio se sto male? A chi mi devo rivolgere, se non ho mezzi per spostarmi? Se i medici di medicina generale, "gravati" da altre improvvise centinaia di presenze, non sono più in grado di compiere visite domiciliari, dove si deve rivolgere chi è allettato? o i suoi familiari?
Si sente di gente - esasperata dalla mancanza di punti di riferimento - che si trova costretta ad andare in Pronto soccorso per sentirsi dire di "andare dal proprio medico di base", 
C'è davvero il rischio che i pazienti diventino sempre meno "pazienti". E forse non senza molte importanti ragioni che tecnici e politici devono assolutamente ascoltare.

mercoledì 23 giugno 2021

Un Concilio per Francesco

Sinagoga di Roma e Basilica di San Pietro
Stupisce lo stupore. In realtà, i nodi vengono al pettine. Se un Papa si presenta (giustamente) come semplice "vescovo di Roma", compie gesti molto significativi, pronuncia parole importanti, ma non affronta i nodi filosofici, teologici, canonici e politici, non può che deludere sia i cosiddetti tradizionalisti che i progressisti. I primi si scandalizzano per gli atteggiamenti che sconfessano - a loro parere - il vissuto bimillenario della chiesa cattolica, i secondi si sentono spiazzati da pronunciamenti teorici e scelte pratiche che non corrispondono alle aspettative.

A livello filosofico, l'intervento del Vaticano che invoca la modifica del disegno di legge Zan è pienamente in linea con  il passato. La pretesa di possedere la "pienezza della Verità", grazie alla custodia del "depositum fidei", consente ai filosofi e teologi cattolici di imporre una specifica idea di "natura" non solo ai "propri" fedeli credenti, ma anche a ogni essere umano, anzi, a ogni vivente. se la Natura è "una" e la Verità su essa è "una" e il magistero della Chiesa ha ricevuto il compito di proclamarla, allora è giustificato, anzi doveroso, ogni intervento pubblico finalizzato a salvaguardarla. 

Si può essere d'accordo con questa tesi medievale oppure contestarla, sull'onda lunga del pensiero moderno e postmoderno. Anche chi si riconosce nel cattolicesimo può legittimamente esprimere dubbi su tale pretesa. Il problema si pone quando il magistero cattolico si esprime da una sede istituzionale internazionale quale è lo Stato della Chiesa (sì, lo so, si chiama Città del Vaticano, ma è una struttura di Potere come tutte le altre, anzi, forse l'unica monarchia assoluta esistente al mondo), investendo la propria autorità civile e il proprio prestigio culturale nell'intervento a gamba tesa in un dibattito politico che si sta portando avanti in uno Stato democratico.

Francesco ormai è al crocevia decisivo e tutti i problemi - finanziari, scandalistici, organizzativi, ecc. - che si stanno accavallando lo devono portare alla decisione su quale strada prendere.

Quella che sembra più ovvia, confermata dagli ultimi sviluppi relativi all'assurdo divieto di benedire le coppie omosessuali e alla richiesta di modifica del ddl Zan, è una conferma della visione "costantiniana", solo in apparenza in contrasto, in realtà legittimata dal Papa gesuita che salendo la scaletta dell'aereo con la valigetta in mano sembrava voler demolire l'insostenibile dogma dell'infallibilità del pontefice quando parla ex cathedra.

Le stesse totalmente condivisibili prese di posizione sull'accoglienza, accompagnate da interessanti nomine vescovili di "preti di strada" in sedi prestigiose, rischiano di non andare oltre a un generico appello alla fraternità, senza concrete decisioni che rafforzino l'influenza spirituale della Chiesa demolendone nel contempo la venefica e satanica potenza economico-politica.

La situazione è talmente delicata da richiedere un nuovo Concilio, dove mettere a tema, tra tutto il resto, la libertà di coscienza, la democratizzazione delle comunità cattoliche, la presunzione della custodia della "Verità", la parità nel dialogo interreligioso, la visione federativa dell'ecumenismo, per arrivare a normative più semplici da attuare quali il riconoscimento del valore sacramentale del matrimonio omossessuale, il presbiterato femminile, l'abolizione del celibato obbligatorio e anche la reale e non fittizia fine del potere temporale della Chiesa, con l'abolizione volontaria della Città del Vaticano e del sistema di nunziature a esso connesso e il ritorno alla situazione fondativa della Chiesa pre-costantiniana  delle origini.

lunedì 21 giugno 2021

Un ospedale e una tipografia, nella foresta di Tarnova: Bolnišnica Pavla in partizanska tiskarna Slovenija, v trnovskem gozdu

Tipografia "Slovenija" a Vojsko

In queste calde giornate di giugno, senza allontanarsi troppo da Gorizia, vale la pena di dedicare una giornata di vacanza a un "tour" nell'immensa foresta di Tarnova. Certo, bastano pochi chilometri per vedere la colonnina di mercurio scendere di almeno 9-10 gradi. Se si è appassionati di camminate o pedalate, è un autentico scrigno di bellezza e di soddisfazioni, anche se è senz'altro utile un po' di conoscenza e di prudenza, per evitare di perdersi nel reticolo di splendide stradine sterrate o di incorrere nelle insidie che ogni bosco che si rispetti può senz'altro nascondere ai meno esperti.

Oltre alla natura incontaminata di uno dei più grandi "polmoni d'Europa", a panorami mozzafiato che sia aprono nelle rare radure e alla poesia dei piccoli paesi che ancora sopravvivono sull'altopiano, la foresta di Tarnova offre spunti storici di grande interesse, in particolare per ciò che concerne la guerra di Liberazione dall'occupazione nazi-fascista.

Occorrono pazienza, curiosità, una cartina particolareggiata per individuare i luoghi e un po' di allenamento. Ed è necessaria un po' di intraprendenza e possibilmente di conoscenza della lingua slovena, anche per ascoltare storie e suggerimenti degli abitanti del luogo, soprattutto dei più anziani che volentieri aggiungono ai luoghi la forza dei loro ricordi e del loro "vissuto".

In questo contesto, c'è spazio solo per portare due esempi.


Molti conoscono l'ospedale partigiano di Franja Bidovec, qualche chilometro sopra Cerkno. Non tutti sanno che di strutture del genere, di varie dimensioni, ne esistevano parecchie, ben nascoste tra i picchi e le gole del territorio circostante la valle del fiume Idrijca (Idria). Tra queste è da ricordare l'Ospedale Partigiano "Pavla Jerina Lah", dal nome della dottoressa che ha legato la sua storia a quella di questo sito. Non è rimasto molto di questo dispensario, dove sono stati curati centinaia di partigiani. C'è un originale monumento, con due pietre, una sollevata verso il cielo, l'altra incastonata nel terreno, a ricordare l'eroismo di chi ha trascorso gli anni più infuocati della seconda guerra mondiale, curando le ferite o purtroppo, spesso accompagnando le ultime ore di vita dei colpiti. La storia dell'ospedale "Pavla" è raccontata in un libro di memorie, scritto nel 1994 dalla stessa protagonista di tale grande "avventura".


Molto ben conservato è invece un altro sito, la tipografia partigiana collocata presso un ruscello, in un sito invisibile e da lontano apparentemente inaccessibile, a metà costa tra il corso del fiume Idrijca e il paese di Vojsko. Il racconto del bravo custode è avvincente. Per un anno e mezzo, in questo luogo impervio, ogni giorno - anche in pieno gelido inverno - sono state stampate fino a 5000 copie del giornale Partizanski dnevnik, che dopo il 1945 si trasformerà nel Primorski dnevnik. Gli strumenti per la stampa - non limitata al solo giornale, ma anche a una miriade di altri prodotti - macchine tipografiche di ultima generazione, efficienti ciclostili e quant'altro, sono stati fatti arrivare in modo rocambolesco da Milano e poi allestiti, in mezzo a difficoltà di ogni genere. Tra operatrici e operatori, tecnici e corrieri, un centinaio di persone hanno lavorato in questo luogo, nel nascondimento assoluto, impossibilitati perfino a scaldarsi per evitare che il fumo potesse svelare la presenza della tipografia. Se l'informazione è uno dei mezzi più importanti per trasmettere notizie e per suscitare coesione e collaborazione, in particolare durante una guerra, si può certo dire che l'autentico eroismo di questi operatori della comunicazione è stato uno degli elementi decisivi nell'epopea della lotta per la liberazione dal nazismo e dal fascismo, nel corso della seconda guerra mondiale.


A volte il revisionismo storico e una grande superficialità portano a dimenticare ciò che è accaduto in quegli anni. Una visita ai "luoghi" della reazione contro la violenza, il razzismo e l'oppressione esercitati dai totalitarismi affermatisi in Italia e in Germania, schiarisce la memoria, suscita ammirato stupore e fa pensare con gratitudine a chi ha rischiato e spesso perso la vita per garantire un futuro libero, equo e solidale alle generazioni successive.

 



giovedì 17 giugno 2021

Crisi della produzione, tra pandemia ed eccesso di domanda

Se ne parla poco, ma è un problema grande. Mentre dallo Stato piovono contributi finanziari un po' ovunque, i lavori pubblici, ma  anche quelli privati, rischiano la paralisi.

Perché? Perché durante i periodi del più intenso lockdown il reperimento delle materie prime e la loro lavorazione ha subito un fortissimo rallentamento, mentre improvvisamente, in questo ultimo paio di mesi e anche grazie ai vari "bonus" governativi, la domanda è letteralmente impazzita facendo "saltare" il mercato.

In altre parole, i produttori non sono in grado di soddisfare tutte le richieste che ricevono perché non attrezzati a simili ritmi. In questo modo in cantieri rischiano di fermarsi a tempo indeterminato, con il conseguente sforamento dei limiti di tempo previsti per l'ottenimento dei benefici e, spesso, la necessità di restituire i contributi già stanziati.

Tale grave situazione si aggiunge a quella derivata dalla chiusura di tante piccole imprese, gestite soprattutto da stranieri che preferiscono tornare nella propria patria, lasciando quindi molti "buchi" difficili da riempire per ciò che concerne l'indotto, in un sistema produttivo nel quale da una parte ognuno ha bisogno dell'altro, dall'altra l'assenza di uno penalizza tutti.

In altre parole, c'è il concreto rischio di assistere a una serie di fallimenti a catena o di vedere tanti cantieri bloccati, tristemente rinchiusi in squallidi recinti in attesa di tempi migliori. E i soldi piovuti dal cielo (dai governi nazionali e regionali) ritornano in cielo, senza aver prodotto altro che ulteriore consumo d'ambiente, povertà e disoccupazione. Miracoli del Capitalismo...

La scomparsa dei medici di base dai paesi

In questi giorni il medico di medicina generale titolare di Aiello lascia il servizio per raggiunti limiti di età. nello stesso tempo la dottoressa sostituta del medico andato in pensione lo scorso anno, lascia la zona per assumere altro incarico. Si aggiunga, purtroppo, la scomparsa della terza titolare, avvenuta circa tre anni fa e il quadro è completo. Tra Aiello, Campolongo Tapogliano San Vito e Visco, oltre 2000 persone rimangono senza medico e - ammesso e  non  concesso che ne trovino qualcuno libero - devono rivolgersi a Cervignano, a Palmanova e oltre.
Si può immaginare il disagio che si è venuto a creare, soprattutto per quanto riguarda le persone anziane e quelle più deboli, sprovviste di mezzi di locomozione. Si tenga presente che anche i trasporti pubblici, nelle zone periferiche, non inducono a positivi pensieri. 
Quali sono i motivi di questo disastro, più sentito in questa zona ma presto, senza sfera di cristallo, c'è da prevedere che si allarghi ben al di là di questi piccoli Comuni della Bassa Friulana?
I medici in realtà non mancano, ma la burocrazia è incredibile.
Se un operatore di medicina generale va in pensione, si rende disponibile la sua sede che può essere assegnata con un concorso che si tiene praticamente verso la fine di ogni anno. Può vincerlo un solo medico e non esiste una graduatoria. Se il vincitore, che può concorrere anche per altre sedi, rinuncia o sceglie quella più conveniente, l'altra sede deve aspettare un anno per vedere indetto un nuovo concorso. Nel frattempo si invia un medico "sostituto" che tuttavia non ha gli stessi diritti del titolare, in particolare non può accrescere il numero dei pazienti, con la conseguenza di essere fortemente penalizzato anche sul piano economico, tenendo presente che in ogni caso deve gestire due o tre ambulatori, pagando l'affitto, le utenze e gli strumenti informatici indispensabili. E' intuibile che, non appena intravvede soluzioni più consone, il sostituto, come si suol dire, lasica la via vecchia per la nuova.
E se il medico che ha raggiunto l'età pensionabile volesse continuare a servire il territorio, in mancanza di giovani reclute pronte a venire al suo posto? Assolutamente non può, gli è vietato da astrusi regolamenti, perfino in questo periodo dominato dall'emergenza covid. Può tuttavia tranquillamente continuare la sua attività in privato, a pagamento o volontario oppure perfino sostituire colleghi titolari che si prendono qualche giorno di vacanza. Ma assolutamente non può continuare in ambito pubblico.
Mah!!! Chi ci rimette in tutto questo? Ancora una volta la povera gente, quella che non si può permettere la visita privata e che non ha i mezzi per raggiungere, fino a venti chilometri più in là, chi può scrivere una ricetta o prescrivere una visita ospedaliera.
E' ancora una volta la dimostrazione della valorizzazione del privato e della penalizzazione della sanità pubblica. Sembrerà forse a tanti un'esagerazione... Attenzione, perché continuando così le conquiste dello Stato sociale saranno tutte smantellate, una dopo l'altra. 

sabato 12 giugno 2021

Martedì 15 giugno, da Klajnšček a Oslavje, presentazione del libro di Zorko Jelinčič

La traduzione del libro autobiografico di Zorko Jelinčič consente di aprire una finestra su un periodo con il quale la maggior parte degli italiani non vuole ancora gettare il proprio sguardo.
Per la verità non mancano ottimi testi storico-scientifici i quali, sfuggendo a una crescente censura da parte di una pseudopolitica implicitamente neofascista, consentono a chi lo desidera di colmare tale lacuna.
Tuttavia è emozionante leggere gli stessi avvenimenti raccontati da una persona che ha letteralmente donato la propria vita per difendere i più elementari diritti del proprio popolo. Dopo il Trattato di Rapallo e l'incongrua assegnazione all'Italia di territori che nessuno aveva mai rivendicato in precedenza, nel territorio della Primorska slovena e dell'Istria croata si assiste a una progressiva opera di violenta italianizzazione che culmina con l'instaurazione e il consolidamento del regime fascista di Benito Mussolini. 
Le memorie di Jelinčič e i frammenti del suo diario consentono di comprendere le radici profonde di una ribellione che ha trovato la sua più organizzata espressione nel movimento TIGR, acronimo di Trst Istra Gorica Reka. Leggendo il testo, si è condotti nelle anguste stanze delle case goriziane o triestine, oppure nei più ameni e difficilmente raggiungibili villaggi delle valli dell'Isonzo e del Vipacco. Lì, intellettuali e operai, giovani e meno giovani, discutono sulle azioni da svolgere per richiamare al mondo la sofferenza del popolo oppresso, si confrontano sui sistemi sociali unendo le istanze del comunismo a quelle del cristianesimo sociale, studiano percorsi di liberazione ed emancipazione sociale della donne e degli uomini, attraverso la salvaguardia della lingua, della cultura e della dignità personale.
Jelinčič e i suoi compagni prendono posizione, contestano l'inconsapevole incoscienza dei tiepidi, organizzano moti eclatanti preoccupandosi di seminare meno dolore possibile. La loro azione è efficace e convincente, al punto da suscitare la reazione violenta dei fascisti. Si moltiplicano i rozzi atti di intimidazione, vergogna per un'Italia che l'autore stesso non esita a definire patria di grandi artisti e letterati. Si celebrano i primi processi e vengono eseguite le prime condanne. A Basovizza vengono fucilati alcuni dei protagonisti di questa drammatica stagione, altri saranno costretti al carcere e all'internamento, in diverse parti del regno d'Italia, privato degli affetti familiari e costretti a condizioni di vita ai limiti della possibilità di sopravvivenza.
L'autore torna dalla prigione solo nel 1943, dopo la caduta di Mussolini e si mette a disposizione del fronte di liberazione nazionale jugoslavo. La sua salute, ben temprata dalla montagna e dai fiumi della Primorska, è ormai vacillante e gli consentirà soltanto ancora di vivere una ventina d'anni, tra il 1945 e il 1965, l'ultimo dei quali dedicato alla stesura, su quaderni scolastici, delle memorie, pubblicate in sloveno per la prima volta nel 1994 e ora, finalmente, anche in lingua italiana.
Insomma, è un libro da leggere, una fonte di nozioni importanti, anche grazie all'ottima introduzione storica di Milica Kacin Wohinz che disegna con brevi ma precisi tratti il contesto. E' una sorgente di intense emozioni, sottolineate anche dalla duplice prefazione del figlio Dušan e della sorella Rada. E' uno strumento importante per comprendere come gli eventi del Novecento nel cosiddetto confine orientale d'Italia (o occidentale della Slovenia) debbano essere eletti nel loro insieme, trovando la loro radice venefica e portatrice di tanto dolore nei trattati del primo dopoguerra e soprattutto nella crescita dei nazionalismi e delle ideologie fascista e nazista.

mercoledì 9 giugno 2021

Vse najboljše, Primož Trubar (9.6.1508-28.6.1586)!

La commemorazione odierna a Rubja

Si ricorda il 9 giugno la nascita di Primož Trubar (1508-1586). La fotografia propone la casa natale a Raščica, una ventina di chilometri a sud di Ljubljana, opportunamente ricostruita e trasformata in semplice e affascinante museo.
La famiglia abitava nel mulino, il padre macinava il grano per trasformarlo in farina e poi nel pane che consentiva la sopravvivenza agli abitanti del paese, a quei tempi molto povero.
Il giovane Trubar lascia presto la sua patria, la sua intelligenza e un innato desiderio di conoscenza lo portano a studiare la filosofia e la teologia. Diventa sacerdote e incontra sulla sua strada la Riforma luterana, soprattutto attraverso il vescovo di Trieste Bonomo e successivamente quello di Capodistria Vergerio (il protagonista di un famoso romanzo di Fulvio Tomizza). 
Divenuto protestante, si dedica a un'instancabile attività di predicatore e di scrittore, convinto anche dalla straordinaria capacità di affrontare lo studio delle lingue - in particolare, oltre ovviamente allo sloveno, l'italiano e il tedesco - della necessità di offrire al popolo lo strumento della lingua scritta. 400 anni prima di don Milani, si rende conto che soltanto chi sa utilizzare il formidabile strumento della parola può avvicinarsi consapevolmente alla parola di Dio e può trovare in essa il fondamento della libertà individuale e collettiva.
Per questo, seguendo le intuizioni della "Libertà del cristiano" di Lutero, si dedica non solo a un'intensa opera di proclamazione della Sacra Scrittura, ma anche all'elevazione culturale delle persone, soprattutto dei più deboli, scrivendo in lingua slovena un importante Catechismo, numerosi testi e traducendo il Nuovo Testamento e i Salmi. Per questo viene ricordato sia come il più importante annunciatore dei principi della Riforma a sud del Danubio che come il "padre" della letteratura slovena.
Ha operato molto nel Goriziano, quasi tutta la popolazione, anche grazie alla sua convinzione e alla sua capacità oratoria, si è avvicinata al luteranesimo. Ha soggiornato a Vipavški Križ, ha predicato dal balcone della casa Ungrispach nell'attuale Piazza Cavour di Gorizia, è transitato per il castello di Rubbia, dove ogni anno viene ricordato con una semplice cerimonia intorno a un bel monumento edificato in sua memoria.
Colui che è nato nella casa dove il grano veniva trasformato in pane, ha saputo macinare la voce umana trasformandola nel pane della parola, l'alimento fondamentale dell'umana libertà.

martedì 8 giugno 2021

Scegli il tuo cammino estivo...

L’estate è sinonimo di cammini! Per questo Terre di mezzo Editore, leader in Italia nella pubblicazione di guide ai cammini con la sua collana Percorsi, organizza Scegli il tuo cammino estivo, un evento online unico nel suo genere: i partecipanti potranno interagire in diretta con esperti e autori delle guide ai cammini, che presenteranno le migliori proposte di itinerari a piedi nel panorama nazionale e saranno a disposizione del pubblico per rispondere a dubbi e necessità.

L’evento, su iscrizione, si svolgerà sulla piattaforma Zoom mercoledì 16 giugno alle ore 18. Per partecipare è necessario aprire questo link: https://ilgrandetrasloco.falacosagiusta.org/scegli-il-tuo-cammino/ e cliccare su “Iscriviti ora”. A tvostra disposizione oltre 30 itinerari tra cui scegliere. 

Io, Andrea Bellavite, curerò la presentazione del Cammino Celeste.


Da non perdere...

domenica 6 giugno 2021

Tra primo e secondo turno: suggestioni elettorali

Si stanno avvicinando le elezioni in molti importanti Comuni italiani. Tralasciando per il momento le piccole realtà, dove il sistema elettorale maggioritario implica necessariamente accordi previ e coalizioni da subito molto forti, ci si può soffermare maggiormente sul sistema a doppio turno che caratterizza i centri abitati con più di 15mila abitanti.

In questo caso, le possibilità sono due. 

La prima è quella di costituire da subito un'ampia aggregazione tra coloro che si riconoscono in una visione almeno orientativamente condivisa sul piano ideologico, programmatico e strategico. Ciò presuppone una lunga costruzione di relazioni che può portare alla formazione di una o più liste a sostegno di un unico candidato sindaco. Il vantaggio evidente è quello di offrire maggiore forza alla proposta, oltre che naturalmente maggiore "manodopera" in vista della campagna elettorale. Lo svantaggio - certamente meno netto - sta nell'esclusione di elettori che non riconoscendosi nell'una o nell'altra delle forze in campo preferirebbero l'astensione. In ogni caso, l'obiettivo finale potrebbe essere raggiunto con un tavolo di confronto che dovrebbe necessariamente essere molto chiaro, in grado di accogliere gli spunti specifici di ciascuno, pur presupponendo anche la disponibilità a rinunciare a una parte della propria posizione. 

La seconda è quella di trasformare il primo turno elettorale in una sorta di quelle che fino a non molto tempo fa si chiamavano le "primarie". Mentre queste ultime erano riservate soltanto a poche persone, più impegnate nei partiti e nei gruppi politici, il primo turno elettorale consente a tutte e tutti di scegliere democraticamente chi inviare al ballottaggio. Vantaggi e svantaggi sono speculari alla prima ipotesi. Lo svantaggio sta nell'aver meno forza di convinzione e nel dover in qualche modo "combattere" non solo contro lo schieramento opposto, ma anche contro realtà idealmente più vicine. Il vantaggio sta nell'offrire all'elettore incerto più possibilità, sul piano politico attraverso la proposizione dei tradizionali simboli di partito o su quello antipartitico, offrendo anche programmi e persone precedentemente svincolate da appartenenze ed esperienze pregresse. In effetti, pur essendo un periodo nel quale è evidente la crisi delle ideologie, c'è ancora chi ritiene necessario non rinunciare a un proprio simbolo, espressione di una visione anche culturale della società e più in generale di una "concezione del mondo".

In altre parole, nel primo caso è necessario premettere un lungo, faticoso, ma interessante e indispensabile lavoro di tessitura tra situazioni e posizioni molto diverse fra loro che devono convergere, in modo paritetico, sull'unico simbolo. Nel secondo caso  è invece da presupporre un accordo previo sul sostegno al secondo turno elettorale, dove ovviamente il prescelto e il suo gruppo avranno una posizione più esposta rispetto a quella degli altri candidati e gruppi che peraltro dovranno trovare una rappresentanza programmatica e personale, senza la quale non potrebbe esserci sostegno nel ballottaggio.

Quale delle due vie è la migliore? Entrambe sono valide ed efficaci, l'unico modo per scegliere è creare una struttura di riferimento, con rappresentanti scelti in un'assemblea generale con votazione da ogni forza partitica e/o politica. Essi, in contatto stretto con la loro base, cercheranno una risposta alla domanda, confrontandosi con la situazione concreta nella quale si è chiamati al voto, con le reali possibilità di un'interlocuzione costruttiva e con le eventuali legittime preclusioni od opposizioni degli uni e degli altri.

mercoledì 2 giugno 2021

Festa della Repubblica, 75 anni dopo...

E' una grande festa civile, quella odierna. Sì, proprio "civile", ovvero di ogni "civis", cittadino. La Repubblica è la realtà istituzionale alla quale ognuno appartiene e che ognuno possiede, in uno scambio tra ciò che si dona e ciò che si riceve mirabilmente sintetizzato nel primo articolo della Costituzione: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul Lavoro".

L'augurio di quest'anno, mentre sembra vicina l'uscita dal tunnel della pandemia, è che dopo aver constatato i limiti, i pericoli e le ingiustizie che hanno caratterizzato spesso la "res privata", si riscoprano le fondamentali equità e solidarietà insite nel concetto di "res publica". Tutto appartiene a tutti, in un contesto determinato dalla Legge fondamentale dello Stato che è appunto la Costituzione.

In tutti i settori della vita sociale, occorre ritrovare la bellezza e l'importanza della dimensione pubblica, dalla scuola al lavoro, dalla cultura alla tutela dell'ambiente, dalla salute all'accoglienza, dall'arte alla gestione dell'economia e della politica. La "res publica" non mortifica l'individuo, al contrario moltiplica le sue potenzialità, rendendo possibile a ciascuno di essere nel contempo soggetto e oggetto, protagonista della "cura" dell'intera comunità umana e sociale.

Buona festa della Res publica, viva la nostra bella Costituzione!

martedì 1 giugno 2021

Cronache glocal...

Un fatto di cronaca occupa i giornali nel tempo necessario a suscitare qualche interrogativo e un po' di dibattito tra i lettori. In breve tempo passa nel dimenticatoio e si procede senza pensarci più.

Non è così quando l'evento ti coinvolge da vicino, in questo caso le domande si moltiplicano e non si ha voglia di discuterne, perché non si sa che cosa dire, se non sensazioni svincolate da qualsiasi affermazione competente o scientifica.

La "notizia" che riguarda un paese che mi sta a cuore (vedi biografia in alto a destra), nella Bassa Friulana, è veramente sconvolgente. La Guardia di Finanza ha scoperto e sequestrato, in una casa disabitata, 100 chili di droga, secondo gli esperti avrebbe "servito" almeno 500mila dosi. Il giro di soldi è inimmaginabile, si parla di diversi milioni di euro. In un paese tranquillo, conosciuto soprattutto per le ville asburgiche, le risorgive, il museo della civiltà contadina, le oltre cento meridiane, il Cammino Celeste, qualcuno ha voluto collocare un deposito carico di illegalità, certamente non destinato al commercio locale, ma internazionale.

Tutto ciò è molto inquietante, la globalizzazione del crimine non risparmia quella che un tempo veniva chiamata "la provincia" e richiama il fatto che si è tutti legati e quindi tutti ci si dovrebbe impegnare insieme, non solo risolvendo i problemi immediati di ogni territorio, ma anche cercando di cambiare l'intero sistema.