sabato 30 marzo 2024

Buona Pasqua, un augurio di autentica pace

 

Aquileia, Giona rigettato dal pesce (inizio IV secolo)

Una delle possibili etimologie della parola “pasqua” deriva dall’ebraico “pesach” che significa “passaggio”.

Gli ebrei vivono una situazione drammatica in terra d’Egitto, ridotti alla schiavitù dal faraone di turno. La loro condizione sembra disperata e irrisolvibile. Il libro biblico dell’Esodo racconta una storia inattesa, un intervento del trascendente consente loro di “passare” attraverso le acque del mar Rosso e il deserto, per raggiungere la terra promessa.

Cosa c’è dietro a questo racconto che porta tutte le caratteristiche di un mito fondatore della coscienza identitaria del popolo ebraico? C’è una storia di sofferenza, di ribellione, di resistenza, di liberazione, di oppressione. Come ogni vicenda umana, come ogni esperienza di popolo. La “pasqua” è la rilettura teologica degli avvenimenti quotidiani, una specie di fuga dall’ordinarietà della classica successione schiavitù, liberazione, nuova oppressione che sembra caratterizzare ogni autentica rivoluzione. E’ il riconoscimento dell’assoluta e non derogabile responsabilità individuale e collettiva relativa all’andamento del mondo. Ma è anche una possibile apertura fiduciale nei confronti di un possibile “senso della storia” che in ogni caso può essere attinto esclusivamente nella dimensione della fede.

Tanto più questo è vero, se ci si riferisce alla prima pasqua cristiana. Il “passaggio” in questo caso è ancora più sconvolgente, riferendosi alla madre di tutte le paure, quella della morte. I vangeli narrano la vicenda con un linguaggio molto profondo, dove il “prima” del Gesù storico è chiaramente distinto dal “dopo” del Cristo della fede, per usare un’espressione celebre del teologo Rudolf Bultmann. La vita pubblica, la sofferenza e la morte di Gesù fanno parte dell’orizzonte della ragione. Sono quanto di più reale ci possa essere, il fascino di una condivisione dell’umano che coinvolge anche il momento supremo della fine. E’ un assassinio in piena regola, perpetrato dai capi religiosi e militari del momento. Lo si può studiare, analizzare, perfino provare con le documentazioni letterarie e archeologiche che arricchiscono di giorno in giorno la conoscenza. La risurrezione è “un altro mondo possibile”, un evento che non riguarda l’al di là, ma il modo di essere in “questa” vicenda. E’ un’altra storia che si nasconde (o si rivela) in questa storia. L’una è irriducibile all’altra, la morte nasconde la vita, ma non ne può disporre.

Ecco allora l’annuncio pasquale che per sua stessa indole è universale, non certamente limitato alla sola dimensione della fede credente, meno ancora a una specifica forma religiosa. La risurrezione afferma la possibilità dell’inattesa vittoria della Vita sulla morte, in una prospettiva che è contemporaneamente immanente e trascendente. E’ immanente, perché non toglie neppure un minimo segno alla scelta umana di costruire pace piuttosto che guerra, perdono invece che vendetta, amore e non odio, tutti termini da considerare anche nella loro essenziale ambiguità e non immediata traducibilità. E’ trascendente, perché apre una nuova possibilità in una nuova dimensione che coinvolge l’essere in un’altra storia. In altre parole, si può vivere da risorti in questa vita, così come si può vivere da morti pur essendo vivi.

Forse è un altro modo per dire ciò che proponeva Carlo Michelstaedter, parlando di persuasione e rettorica. Si tratta dal passare dalla dimenticanza all’essere pienamente se stessi, con tutta la drammaticità che questa scelta comporta. “Passare”, appunto, dalla morte alla vita.

Che sia una Buona Pasqua allora, per il mondo intero!

Ogni catena è una violazione dei diritti dell'uomo

Le immagini di Ilaria Salis incatenata alle mani e ai piedi, tenuta con un guinzaglio di ferro da una guardia, sono di una violenza inaudita. Lo stesso è da dire per centinaia di migliaia di esseri umani che subiscono lo stesso trattamento in diverse parti del mondo.

No, non può esserci alcuna giustificazione davanti a una palese violazione dei diritti della persona. Cosa è stato fatto per evitare questo scandalo? Cosa ha fatto il governo Meloni per evitare che di nuovo la Salis apparisse in queste umilianti condizioni? Non si dica che una pressione di un governo "amico" - Meloni su Orban - non avrebbe potuto produrre alcun cambiamento! E se questo, come è stato a volte ribadito, è il modo di fare con tutti i detenuti in Ungheria, cosa si aspetta a espellere l'Ungheria dall'Unione europea per manifesta violazione dei principi fondamentali del diritto?

Lo stesso vale per tutti, anche per Chico Forti. Già Di Maio aveva annunciato la prossima estradizione e poi non se ne fece nulla. Meloni un mese fa ha annunciato di aver ottenuto il risultato, ma il tempo passa e si comincia a pensare che non è solo la burocrazia il motivo del prolungamento dei tempi.

A molti prudono le mani, i leoni inveterati da tastiera scrivono commenti da brivido sulla "giustezza" dei modi attuati nei tribunali ungheresi. Il consenso crescente alla violenza è un ulteriore motivo di preoccupazione, in un contesto di progressivo avvicinamento a una catastrofe che deve essere in qualsiasi modo evitata, attraverso l'impegno efficace di tutte e tutti gli abitanti del mondo.

Quindi, non occorre essere schierati a destra o a sinistra per gridare contro qualsiasi sistema di potere che usi le catene come deterrente nei confronti di presunti crimini di chicchessia o anche che non faccia nulla per evitarlo, facendo finta di non vedere che cosa accade. Come gli struzzi che nascondono la testa sotto la sabbia quando hanno paura.

giovedì 28 marzo 2024

Il sacerdote alpinista Valentin Stanič sulla "vetta" del campanile di Aquileia

 

In occasione del giovedì santo, ecco una curiosità. Valentin Stanič, una delle figure più interessanti della storia dell'Arcidiocesi di Gorizia, oltre al Grossglockner (II salita assoluta, il giorno dopo i primi salitori), al Watzman (I assoluta) e naturalmente al Triglav (determinazione definitiva dell'altezza), ha "scalato" anche il campanile di Aquileia.

Non è stata una "prima", ma la sua firma è la prima di una lunga serie. Grazie all'intelligente scoperta del professor Alessandro Saša Quinzi, nella cella campanaria della maestosa torre è possibile leggere chiaramente su un mattone la scritta V. STANIC, con la data presumibile del 1810.  

Stanič è nato a Bodrež, frazione di Kanal ob Soči, nel 1774. Ha compiuto studi approfonditi in varie città europee e ha svolto il suo incarico pastorale nel territorio Goriziano. E' ricordato per aver contribuito al disegno del ponte di Kanal, distrutto durante la prima guerra mondiale, per essere stato ottimo scrittore e poeta, per aver messo in piedi una delle prime case editrici della città di Gorizia, per aver fondato una delle più importanti associazioni ambientaliste e di protezione degli animali in Europa, per la carriera alpinistica di alto livello con la conquista di cime per quella volta ritenute ai limiti delle capacità umane. A Gorizia il sacerdote sloveno è ricordato soprattutto per aver fondato e costruito con le proprie mani la sede della scuola per i sordi, durata quasi centocinquanta anni e finalizzata a "dare la parola" a chi non era in grado di comunicare con gli altri. E' morto a Gorizia il 29 aprile 1847 e a lui è tuttora dedicato il più importante premio alpinistico della Baviera. 

Insomma, don Valentin Stanič è un stato un personaggio indimenticabile e meriterebbe, in città, ben di più che la menzione sul  piccolo parcheggio sottostante la sinagoga, accanto alle strutture scolastiche da lui stesso volute. La sua firma sul campanile di Aquileia è un chiaro segno del suo passaggio, della sua predilezione per la città punto di riferimento per l'intero Centro Europa e della passione per le altezze e per le bellezza dell'arte e dei paesaggi.

giovedì 21 marzo 2024

Inizio di primavera con Libera a Roma e Gradisca

 

Anche se dal punto di vista astronomico la primavera è iniziata già ieri mattina, il 21 marzo è la data convenzionale nella quale si avvia, nell'emisfero nord, la stagione della rinascita della natura.

E' proprio in questo momento di speranza e di poesia - è anche la Giornata internazionale della Poesia - che si celebra la XXIX Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo della vittime innocenti delle mafie. E' un'iniziativa promossa da Libera, che propone a tutte e tutti di incontrarsi nelle piazze, per ricordare coloro che hanno perso la vita nelle lotta contro la mafia e per ribadire il proprio impegno per la libertà, la verità e la giustizia, contro ogni forma di mafia. Esserci - se non con la presenza almeno con il pensiero - è più che mai necessario, dal momento che il sistema mafioso è purtroppo ben radicato nella realtà italiana e internazionale. La "Giornata" è un segnale della volontà dei cittadini, ma anche la presa di coscienza della necessità di combattere e vincere la mafia, anche nelle piccole realtà e scelte di fronte alle quali la nostra esistenza ci pone ogni giorno.

La manifestazione nazionale sarà a Roma, per chi è in zona l'appuntamento è a Gradisca, oggi pomeriggio, 21 marzo, alle ore 17.30 in piazza Unità, con la lettura del lungo elenco dei nomi delle vittime innocenti, cadute sotto i colpi della mafia in questi ultimi decenni.

Buon 21 marzo e buona Primavera!

martedì 19 marzo 2024

Na Sabotinu, sul Sabotino...

Dalla O di Tito Nova Gorica e Gorizia sono proprio Gorici, duale femminile, le due Gorica.

La salita al Sabotin è sempre una bella esperienza, anche se ripetuta qualche decina di volte ogni anno. E' una cima vera, nonostante i suoi soli 609 metri, poco più di 500 di dislivello dal ponte di Solkan. 

Ci si può arrivare dalla južna pot, superando balze e ghiaioni, con vista mozzafiato, attraversando la famosa scritta che si vede da tutta la pianura, raggiungendo i ruderi di San Valentino.

Ma perché il Sabotino si chiama Sabotino? E' tanto tempo che  cerco una risposta a questa domanda, ma non la trovo. Qualcuno dice che sia una contrazione di San Valantin, il nome dato dai friulani alla montagna, ma la cosa non mi convince o, almeno, non ci sono sufficienti documenti per dimostrarlo. E se fosse una reminiscenza delle tradizioni aquileiesi legate a Santa Sabida (o Sante Sabide), collegando il nome, per qualche misterioso motivo, alle suggestioni ebraiche e alle derivazioni alessandrine, secondo molti studiosi evidenti nella teologia aquileiese? Mah, è soltanto un'ipotesi fondata sul nulla, ma chissà... Monte del Sabato, perché no?

C'è poi la solita aerea cresta, sempre munifica di scorci sulla sottostante Soča, qui frenata nel suo impeto adulto dalla diga costruita nei primi anni '80 del secolo scorso. Oh, il secolo scorso, che impressione usare queste parole... Quasi metà della mia vita l'ho passata nel secolo scorso, quando non c'erano i telefonini, non c'era l'intelligenza artificiale, neppure internet, et cetera et cetera, bla bla bla... Quando ci si mette, il fiume si offre in colori indescrivibili e anche irriproducibili, blue, verde, marrone, a volte perfino rosso, spesso smeraldo. Un vero gioiello. Uno sguardo di qua ed ecco Sveta Gora, il Monte Santo dalle molte lingue e dalle tante culture. Dall'arco gotico, ciò che rimane dell'eremo antico  di San Valentino, si fa inquadrare nella più immancabile delle foto ricordo. Uno sguardo di là ed ecco la piana goriziana, incastonata tra il Trstelj e la valle della Vipava, tra le alture di San Floriano ed il Calvario. Una meraviglia.

Cammina cammina e giunsero a una torretta. No, non è una favola, è uno dei tanti resti della prima guerra mondiale che qui, come altrove, è stata un inutile strage. Lontano, quasi vicino al fiume, la tozza tomba cumulativa di Oslavija ricorda l'assurdità di ogni guerra, tanto più accentuata dalla bellezza del panorama e dalla gioia di marciare al ritmo veloce dei passi e del fiato. Se le bombe hanno falciato indifferentemente i soldati da una parte e dall'altra, i ropi, le malattie e la fame hanno completato il lavoro. Un vero disastro. Ma ecco la vetta.

Solitudine, silenzio, sensazione di possedere ogni cosa senza essere posseduti da nulla. E' l'emozione di ogni volta, l'incontro con un sasso o un cespuglio diventati ormai familiari. E' il sussurro leggero dell'aria e lo sforzo di una primavera che sembra voler scaturire dal nulla, da un istante all'altro. E' il sentimento dell'attesa, la percezione del sacro, tremendum et fascinans. E' il ricordo di tanti altri giorni, felici e tristi, trascorsi quassù. E' sempre e comunque, un istante di bellezza.

Sento il fragore del vento leggero che attraversa silenzioso le mie ossa inumidite. Mi abbaglia lo splendore della città illuminata dal sole. Mi lascio sorprendere da un pensiero d'Amore, nel mirabile risveglio di una nuova primavera. Lo sguardo corre lontano, oltre le colline frastagliate dell'Essere. S'intravvede il Mare, sepolcro e fonte della Vita. Amen

domenica 17 marzo 2024

Riflessioni per una via crucis di pace, Malnisio 17 marzo 2023

E' una via crucis, ma non è un gesto religioso. Forse si potrebbe dire spirituale, nel senso antropologico del termine. Non è possibile camminare insieme, senza ricordare Pierluigi Di Piazza, che 26 anni fa ha ideato questo gesto di pace e senza pensare a Bepi Mazzon, amico di tutti, sempre presente in tutte le edizioni passate.

Ovviamente in chiave introduttiva, diamo voce al vescovo di Roma Francesco: no alla guerra a oltranza, sì alla trattativa; fermare immediatamente le armi del genocidio di Gaza, cercare insieme una soluzione negoziale. In generale, basta con la politica degli armamenti, avanti con gli strumenti di pace. "Trasformeranno le lance in falci e i carrarmati in aratri". 

Nel caso della prima via crucis, 2000 anni fa, chi sono stati i mandanti dell'assassinio di Gesù? Coloro che hanno obbedito agli ordini, prima di tutto senz'altro i sommi sacerdoti, gli scribi, i capi religiosi dell'antico Israele. Hanno voluto la morte di Gesù, perché riportava alla loro essenza le infinite regole della Torah e metteva così in discussione il loro potere. Lo hanno consegnato all'autorità romana che, impersonata da Pilato, ritiene di lavarsene le mani e di dare il reo in mano ai soldati, per non disobbedire all'imperatore. I soldati hanno ritenuto di fare il loro dovere e a loro volta, come il comandante di Auschwitz, hanno obbedito ai loro superiori". C'è un po' di spazio anche per i discepoli. Pietro ritiene di difendere Gesù usando la violenza contro la violenza e viene rimproverato per questo. Dopo di che, ecco anche un certo pacifismo che non sa più che pesci pigliare: se siamo contro la forza delle armi, se i media non ci danno spazio, se sono anni che diciamo sempre le stesse cose e non incidiamo in nulla sulle decisioni dei capi, tanto vale che cerchiamo di salvarci la pelle... Ecco, tutti questi - a volte anch'io, a volte anche noi - collaborano al mandato di morte.

Ma ci sono, nella via crucis, i mandanti di pace? Non ci sono "i" mandanti, ma ci sono "le" mandanti. Solo le donne restano accanto a Gesù, in tutto il percorso e nel momento supremo. Morendo Gesù grida perfino l'abbandono di Dio, ma Maddalena, la madre Maria, quella di Giacomo e Giovanni, Giovanna, Susanna sono lì, presenti fino all'ultimo momento, portando con loro la forza travolgente dell'Amore. E' forse per questo che saranno le donne le prime testimoni dell'avvenimento che sovverte i piani della storia. La risurrezione non è l'happy end di una vicenda andata storta, ma la rivelazione dell'essenza stessa del Creato, quella nascosta dentro le effimere apparenze di una storia che ritiene che i vincitori siano la ricchezza, la forza e il Potere, in tutte le sue dimensioni.

La risurrezione non è un progetto politico o una strategia alternativa. E' un equivoco nel quale sono ancora incastrati gli apostoli il giorno dell'Ascensione: "E' questo il segnale per scatenare l'inferno e per rovesciare il potere dei romani, instaurando finalmente il regno di Israele?" E' l'equivoco che ha portato Costantino e soprattutto Teodosio a immaginare che l'impero cristiano sarebbe stato il regno di Dio sulla terra. E' un ritornello che giunge fino a oggi, là dove in tempo di democrazia liberale, le varie forme di Democrazie Cristiane hanno ritenuto che bastasse ottenere il consenso e raggiungere gli scranni del Potere per avviare il tempo messianico della giustizia e della pace sulla Terra.

La risurrezione è un mandato di vita non affidato all'imperatore o al presidente, ma a ogni essere umano, nessuno escluso. E' l'invito alla conversione, ovvero, come dice l'etimologia della parola in greco, meta-noia: finora si è pensato così, d'ora in poi si scopre che la Verità dell'essere è un'altra. E la verità dell'Essere è che l'Amore vince, l'amore vissuto, in tutte le sue dimensioni, in ogni istante della vita. Per questo la pace o la guerra non saranno decise dalle trame dei potenti, ma neanche dal numero dei partecipanti alle manifestazioni o dall'acquisizione di spazi importanti sui giornali. Sarà decisa da donne e uomini che decidono di vivere da risorti, ovvero sperimentando in questa vita la bellezza e la gioia di pensare con la propria testa, di anteporre l'interesse comune a quello proprio, di rispettare la natura, dono meraviglioso della nostra madre terra. E lo faranno in gesti quotidiani, comprando in un modo piuttosto che nell'altro, ponendo come linea da seguire il dono e non il possesso, la condivisione invece che l'accumulo, la sobrietà invece del consumo. E lo faranno con l'impegno politico, non intruppati in ordini di scuderia partitici o religiosi, ma ragionando con una coscienza formata dalla profondità dell'amore, in grado di decidere, volta per volta, cosa sia giusto o cosa ingiusto nelle inevitabili scelte che la nobile arte della Politica ogni giorno impone.

La risurrezione segna uno spartiacque, da una parte genera la fede in un'immensa speranza trascendente, dall'altra libera la ragione umana da ogni riferimento all'assoluto. Solo l'Uomo è artefice del proprio destino, non esistono provvidenze o disegni divini ai quali appellarsi. Le scelte che determineranno la guerra o la pace nel pianeta, riguardano solo ed esclusivamente la responsabilità della propria coscienza di consapevoli appartenenti alla famiglia umana.

Oggi, domenica 17 marzo, è già Pasqua, se ognuno di noi tornerà a casa con il desiderio profondo di amare e con esso si tufferà in ogni istante, pienamente presente nella condivisione del mistero del Dolore, del tutto responsabile nel dare concretezza culturale e politica all'annuncio fattivo della Risurrezione, cioè dell'Amore accolto e condiviso ogni giorno della nostra vita. 

domenica 10 marzo 2024

Il comandante di Auschwitz, di Thomas Harding

Avete visto il film "La zona d'interesse"? 

Sì o no che sia, il consiglio è di cogliere l'occasione per leggere lo straordinario libro dello scrittore Thomas Harding, Il comandante di Auschwitz.

Quando lo si apre, non ci si riesce a staccare dalla lettura. E' interessante come e forse più del film, con la differenza che in questo caso tutto è basato su una documentazione rigorosa e la storia raccontata è clamorosamente vera, dalla prima all'ultima pagina.

La pluricitata "banalità del male" non viene testimoniata dalle dolci immagini di una famigliola che vive serena incosciente di ciò che accade al di là del muro. E' invece trattata con un approfondimento storico e psicologico che, nella sua essenzialità, suscita brividi di estrema inquietudine.

Come Plutarco, Harding presenta due vite parallele, una delle quali a lui molto vicina. Da una parte c'è infatti Alexander Howard Harvey, detto Hanns, il prozio dell'autore. Dall'altra c'è Rudolf Höss, il comandante di Auschwitz, il criminale che ha deciso da solo la morte del maggior numero di persone in tutta la storia. L'uno cresce nella Germania, assiste all'ascesa di Hitler e si trasferisce in Gran Bretagna prima della catastrofe. L'altro sogna di diventare un bravo contadino, accudendo gli animali in qualche amena fattoria della Baviera. Il primo si prefigge la distruzione del nazismo e la cattura dei gerarchi che, in un modo o nell'altro, hanno avuto a che fare con la Shoah. L'altro, dopo l'incontro quasi casuale con il mondo delle SS e in particolare spinto da una vera e propria infatuazione per Heinrich Himmler, percorre la carriera di custode dei campi di concentramento fino a diventare comandante ad Auschwitz. 

I due personaggi sono descritti nella loro vita quotidiana, dalla nascita alla morte. E' vero, si ha l'impressione che entrambi siano come qualunque altra persona, desiderosi di vivere una vita serena con la propria famiglia e di avere un buon lavoro. Soltanto che il primo fa parte dell'enorme gruppo delle vittime del nazismo e sente come propri amissione quella di smascherare il più orribile sistema di produzione di razzismo, violenza e morte che l'umanità abbia mai escogitato. Il secondo ritiene di essere nel giusto, obbedendo agli ordini superiori, senza porsi alcuna domanda di ordine etico o empatico sulle proprie azioni. A differenza di quasi tutti gli altri processati a Norimberga, il comandante di Auschwitz ammette le proprie colpe, scrive il numero spaventoso degli uccisi nel campo di sterminio, forse addirittura comprende il proprio mastodontico errore quando, prima dell'impiccagione, augura al figlio di "pensare sempre con la propria tesa e mai con quella degli altri. Non suscita alcuna compassione, ma nella concretezza e crudezza della sua testimonianza si rende molto simile a chiunque, in ogni momento del tempo, pensi di "difendere le ragioni della propria parte", non accorgendosi, se non addirittura contribuendo, alla distruzione dell'altro riconosciuto come il "diverso".

Il film e il libro sono molto diversi fra loro, l'unico punto in comune è il protagonista, ritratto nel cinema attraverso un'analisi psicologica fondata sull'orrore della "normalità" in un contesto radicalmente "non normale". Lo straordinario scrittore Thomas Harding, invece, grazie a un'analisi spietata di testi documentari raccolti in tutta Europa e alle coinvolgenti interviste ai familiari di Höss, ci restituisce veramente la figura di "un uomo come noi". E' uno che si è trovato nel posto più sbagliato possibile, attraverso una sequela clamorosamente ordinaria di scelte quotidiane, dettate da squallidi ma comunissimi interessi quotidiani. Il carrierismo, la raccomandazione, la promozione, l'aumento di stipendio, possono essere i gradini apparentemente insignificanti che fanno salire un possibile bravo imprenditore agricolo fino alla direzione del più spaventoso mattatoio umano della Storia. 

martedì 5 marzo 2024

Gorizia 9 marzo, per la pace in Corso (Verdi)

 

Ecco il manifesto pubblicato dal Comitato per la Pace di Gorizia per invitare la cittadinanza a partecipare all'iniziativa pubblica che si terrà sabato 9 marzo, in Corso Verdi a Gorizia. Ed ecco anche il testo proposto dagli organizzatori per riflettere insieme, in accordo con altre decine di migliaia di persone che manifesteranno sabato con le stesse motivazioni, in Italia e nel Mondo. 

I venti di guerra soffiano sempre più forte.

Le vittime del genocidio nella Striscia di Gaza sono ormai oltre 30.000, buona parte delle quali bambini. La sofferenza del popolo palestinese è talmente grande da suscitare timide reazioni di perplessità perfino in chi, dall’inizio, continua a giustificare questa guerra. Si ritiene infatti che sia normale e giustificata una simile terribile strage, in quanto reazione agli attentati del 7 ottobre scorso.

La guerra fra Ucraina e Russia segna il suo secondo anniversario. Si parla di centinaia di migliaia di morti, tra soldati e civili, oltre che di immani distruzioni. Fin dall’inizio era chiaro che l’unica possibile via di uscita fosse quella negoziale. Invece… invece gli Stati Uniti e con loro l’Unione europea hanno deciso di prolungare il conflitto all’infinito, inviando continuamente armi, con il rischio che da un momento all’altro possa scoccare la scintilla per un tragico ulteriore aggravamento della situazione.

In altre parti del mondo si combattono almeno 84 guerre, per lo più dimenticate dai media, ma non dai costruttori e trafficanti d’armi che speculano sul dolore umano e costringono intere popolazioni alla miseria più assoluta.

In Italia chi esprime dissenso viene mediaticamente azzittito, quando addirittura non si giunge ai manganelli per fermare l’impeto giovanile di tanti studenti che hanno l’unica colpa di voler dichiarare la loro contrarietà a qualsiasi forma di guerra armata. Eppure, in un contesto in cui il Paese sembra sempre più saldamente in mano a una maggioranza trasversale che sostiene Netanyahu e arma Zelensky, l’unica forma possibile di pressione è manifestare.

Esprimiamo pubblicamente il nostro chiaro e dettagliato no alla guerra, no cioè all’invio delle armi nei Paesi in conflitto, al sostegno alla campagna criminale di Israele nella Striscia di Gaza, alle parole dei governanti europei e mondiali che gettano benzina sul fuoco delle controversie internazionali.

Esprimiamo pubblicamente il nostro sì all’impegno per portare i contendenti sul tavolo delle trattative, alla costituzione dei corpi civili di pace europei, all’investimento di risorse umane e finanze per creare le condizioni affinché cessino immediatamente i bombardamenti e gli scontri, all’assunzione della lotta nonviolenta come forma autenticamente degna dell’intelligenza umana.

Esprimiamo piena solidarietà con gli obiettori di coscienza e i disertori, presenti in tutte le Nazioni coinvolte nei vari conflitti. Sono i veri eroi, coloro che si rifiutano di imbracciare un fucile o di lanciare una bomba. Rischiano il carcere e a volte anche la vita per testimoniare quanto sia importante che la pace non sia mai armata, se non dalla consapevolezza di appartenere tutti alla medesima umana famiglia.

Richiamiamo con forza i nostri governanti europei e italiani perché fermino immediatamente questo apparentemente ineluttabile declino. Ci vadano loro al fronte, con l’elmetto in testa, a garantire gli interessi del dio Capitale. Ci vadano loro e lascino stare i nostri giovani che hanno il diritto di sperare in un possibile pacifico e laborioso futuro.

Comitato per la pace di Gorizia

domenica 3 marzo 2024

Sta per uscire Nova Gorica Gorizia, due città in una, la guida bilingue per idealisti, viandanti e ciclisti

 

Mancano due mesi.

A cosa?

Ma è logico, al 3 maggio.

Embhè?

Come embhè? Sta per uscire!

Sta per uscire che cosa?

Eh, non ti dico ancora...

E allora, perché mi dici che mancano due mesi, se poi non puoi dirmi per cosa?

Perché volevo tirarla un po' per le lunghe...

E allora?

Allora il 3 maggio uscirà la guida per conoscere le Culture (con la C maiuscola) della due Gorica.

Come "della due Gorica"?

Sì, si parlerà di "due città in una" e per questo ci si può permettere anche di stravolgere perfino la grammatica. L'edizione slovena è facilitata, basta dire Gorici, grazie al bellissimo e originalissimo duale, ecco riassunte in un'unica parola Nova Gorica e Gorizia. Con i loro bei dintorni, ovviamente.

Quindi sarà in due lingue?

Sì, per ora sì, un'edizione in sloveno (ZTT Trieste) e una in italiano (Ediciclo), poi si penserà anche all'inglese...

A chi è rivolta?

A chi ama camminare e andare in bici, sulle strade della Capitale europea della Cultura. Ciclisti e viandanti di tutto il mondo, unitevi!

E chi l'ha scritta?

Beh, questo te lo dirò un'altra volta. Intanto, save the date: la "prima" presentazione sarà venerdì 3 maggio, ore 18 presso il Kulturni dom di Gorizia. Rigorosamente, in italiano e in sloveno.

Lep pozdrav, dragi bralec!

venerdì 1 marzo 2024

Fermiamo la guerra!

 

Una bella iscrizione su un muro di Pistoia
Putin, Zelensky e von der Leyen, come Netanyahu e i capi di Hamas, ma anche Biden e tanti guerrafondai di casa nostra, stanno ulteriormente e pericolosamente innalzando i toni dello scontro.

La "guerra mondiale" non è più una parola tabù, si comincia a prenderla in considerazione, a pensarla come una necessità. Magari triste, magari orribile, ma pur sempre una necessità.

Se questo piano inclinato non viene raddrizzato, i venti di guerra rischiano di diventare autentica tempesta. E' necessario interrompere subito questa deriva che può mettere in gioco il futuro stesso della vita su questo meraviglioso e drammatico Pianeta.

Sì, ma come fare? Come convincere i governanti del mondo a compiere scelte oculate, ragionevoli, degne dell'umana intelligenza? Come convincere un'opinione pubblica sempre più succube del potere straripante dei media? Come urlare la propria contrarietà, se anche dei giovani studenti indifesi vengono presi a manganellate perché cercano di far sentire la loro voce?

Occorre chiedersi chi può guadagnarci qualcosa da una possibile immane carneficina. Forse gli stessi che già ora si sfregano le mani per il fatto di riuscire a svuotare arsenali e aumentare il pil costruendo nuove e sempre più sofisticate armi. Forse coloro che approfittano di queste industrie di morte per creare posti di lavoro, nell'illusione di poter garantire ai propri cittadini condizioni di vita migliori, dimenticando che tutte queste eventuali apparente conquiste, in caso di guerra, gli si ritorcerebbero contro. Ci vadano loro sotto le bombe o il tiro delle mitragliatrici, non inviino al macello i nostri fratelli, figli o nipoti.

Le parole di questi giorni stabiliscono il fallimento delle speranze del Novecento. Si pensava che il superamento dell'epoca del fascismo e del nazismo, come pure i massacri delle due guerre mondiali avrebbero aperto una nuova strada per l'umanità. Si sperava nella distruzione degli arsenali bellici e nella riconversione delle fabbriche d'armi. Si auspicava una vera società delle Nazioni, dotata di forza giuridica e non solo morale, per poter affrontare e risolvere con le trattative le controversi interne ed esterne a ogni Paese. Si immaginava perfino un mondo senza più confini, la fine di ogni nazionalismo, la centralità dell'essere umano in quanto tale, la libertà di circolazione delle persone ovunque, il superamento degli abissi di differenza tra l'estrema povertà dei sud e la ricchezza dei nord del mondo.

Si desiderava tutto questo e molto di più. E' del tutto svanito questo sogno? Non c'è alcun modo di impedire la catastrofe? Sembrerebbe di no, osservando la farneticante richiesta di aumento di spese militari della presidente della Commissione europea o le commesse per la Leonardo volute dal nostro governo. Ma forse la speranza è l'ultima a morire e quindi qualche barlume ancora c'è. E' importante esprimere la propria contrarietà, "no in nome mio", far capire che si può immaginare una relazione tra le persone non basata sulla difesa dei propri confini, ma sull'eliminazione di ogni barriera divisoria. E' indispensabile uscire dalla logica perversa del "noi contro voi", per mettere al centro il diritto della Persona, di ogni essere che prima di essere italiano, ivoriano, turco, americano o russo, è sempre anzitutto un appartenente alle specie umana o, per dirla in termini più spirituale, una sorella o un fratello facente parte della mia sessa famiglia.

Manifestiamo quindi, perché il violento non è chi protesta contro la guerra, ma chi, seduto sulle poltrone paludate e asettiche del Potere, minaccia di condurre l'umanità al suo definitivo tramonto.