domenica 21 luglio 2024

A Komenda, nel paese di Pogačar

 

Dopo quattro anni, eccoci di nuovo a Komenda. L'altra volta non lo conosceva quasi nessuno e la lotta con Roglič, vinta all'ultimo chilometro, aveva diviso i tifosi sloveni. C'era un clima elettrizzante, un misto di sorpresa e stupore, stemperati da un buon bicchiere di spumante offerto per un brindisi liberatorio a risultato ottenuto.

Questa volta il luogo del raduno era più organizzato, ormai il loro "Pogi" è una stella dello sport planetario. Il suo trionfo al Giro d'Italia aveva riportato in auge l'interesse sopito per il ciclismo, il suo atteggiamento da asso pigliatutto al Tour de France ha confermato che ci si trova davanti a un fenomeno. Certo, i ripetuti eventi degli ultimi decenni non riescono a fugare del tutto dubbi relativi ai mezzi che trasformano un buon pedalatore in "monstre". Tuttavia il sorriso rassicurante, le parole sagge e l'autentica gioia di vivere dimostrata dal Tadej nazionale sembrano soffiare come la bora sulle nuvole dell'incertezza.

E per un giorno le guerre nel mondo, le preoccupazioni per il domani, il candidato democratico alle prossime presidenziali americane, la violenza, il razzismo e l'egoismo dilaganti ovunque, vengono messi da parte. Tra una birra e un piatto di patatine forniti a ritmo industriale dai bravissimi gestori del Rifugio Alpino, nei boschi a un paio di chilometri dal paese, gli occhi e il pensiero di tutti sono incollati all'uomo in giallo. Divora i chilometri come se fossero noccioline, salendo a mille all'ora e scendendo suscitando l'impressione di rompersi da un momento all'altro l'osso del collo. E invece no.

Uno dopo l'altro arrivano gli avversari, accolti sempre da uno sportivo applauso, ma quando arriva Lui, tutti si alzano i piedi, al grido reiterato di "Pogi, Pogi", le mani alzate al cielo quasi ad accompagnare il gesto del Vincitore. Lo sconfitto - il bravissimo Vingegaard - prorompe in un inatteso pianto dirotto, dovuto alla stanchezza e alla delusione, prontamente consolato dalla moglie e dai compagni di squadra. E' la dura legge dello sport, ieri hai vinto, oggi hai perso, devi fartene una ragione!

L'entusiasmo è molto contenuto, perfino quando viene suonato l'inno sloveno in onore di Pogačar e della sua Nazione, tutti sì, ovviamente si alzano in piedi e cantano, ma in modo sommesso e discreto, quasi a non voler disturbare. Niente esagerazioni, niente eccessi, Komenda e dintorni non sono in vacanza, non ci si può permettere di stancarsi troppo, domani si va a lavorare!

E' probabile che il paese della Gorenjska riservi al suo eroe un'accoglienza meravigliosa e una festa trionfale. Tuttavia la sobrietà di questa sera rimarrà nel ricordo, come il segno della bellezza di un'umanità semplice che, anche di fronte a una performance eccezionale come quella del vincitore di tre Tour e quest'anno della prestigiosa accoppiata Giro/Tour, riesce a mantenere la calma e a esprimere con semplicità soltanto una grande gioia e un timido orgoglio.

Detto questo, non resta che dire: čestitke Tadej in čestitke Slovenija!

domenica 14 luglio 2024

Giuseppe Tornatore, premio Amidei all'Opera d'Autore

 

Giuseppe Tornatore (foto Giuseppe Longo)
Il premio internazionale alla miglior sceneggiatura cinematografica Sergio Amidei, si svolge a Gorizia da ben 43 anni. E' uno straordinario appuntamento, dal punto di vista culturale senz'altro uno dei più importanti dell'anno, che ha consentito alle cittadine e ai cittadini - da sempre in questo caso senza confini - l'occasione di vedere film meravigliosi e incontrare alcune fra le grandi personalità del cinema mondiale.

E' in pieno svolgimento in questi giorni, tra l'11 e il 17 luglio. Proprio ieri è stato assegnato il premio Amidei all'opera d'autore al Maestro Giuseppe Tornatore, il regista di film indimenticabili come Nuovo Cinema Paradiso, Malena, La leggenda del pianista sull'Oceano, meravigliosa rielaborazione del bel libro di Alessandro Baricco intitolato Novecento e tanti altri. Contemplare le immagini e partecipare idealmente ai dialoghi, significa entrare negli aspetti più veri e profondi della nostra storia personale, italiana ed europea.

E' un altro tassello nello stupendo mosaico che il festival Amidei sta realizzando anno dopo anno, a Gorizia e Nova Gorica, aiutando a crescere culturalmente e umanamente il territorio. Mente e cuore di questa e di mille altre iniziative legate al cinema, insieme a decine di collaboratori, è Giuseppe Longo, che da questo blog ringrazio con tutto il cuore anche per la fotografia che mi onora e rallegra. 

sabato 6 luglio 2024

Settimana sociale dei cattolici a Trieste: benvenuto papa Francesco!

 

Con la visita e il discorso di papa Francesco, si conclude la Settimana Sociale dei Cattolici che si è tenuta a Trieste in questi ultimi giorni. 

L'eco dei vari interventi - dal presidente della Repubblica Mattarella al presidente della Conferenza Episcopale Italiana Zuppi - insieme a quella delle mille esperienze "di strada" presenti un po' ovunque in città, rimbomba in Italia e nel mondo suscitando una sensazione di grande positività.

O meglio, la Chiesa del tempo di papa Francesco, almeno in Italia, sembra riunirsi, accogliendo la chiamata a una vera e propria crociata di pace, incentrata sull'antimilitarismo, su una sorta di anticapitalismo riformista, sull'accoglienza illimitata dell'altro in quanto persona, sul sostegno a una democrazia che abbia come base la tutela del bene e dei beni comuni.

E' evidente che tali posizioni in parte spiegano l'opposizione crescente alla linea dell'attuale pontefice argentino. Posizionare la comunità cattolica sul fronte avanzato della giustizia e della libertà, privilegiando il sociale piuttosto che il privato, fa scattare immediatamente la reazione di chi ritiene che la Chiesa non si debba ridurre alla stregua di un qualsiasi partito politico, ma debba salvaguardare i valori fondanti della sua spiritualità. Il paradosso è abbastanza evidente: il Papa, richiamando una spiritualità cristiana molto profonda, più vicina al protestantesimo del XX secolo che al magistero dei suoi immediati predecessori, fonda l'impegno per l'Uomo - in tutte le sue dimensioni - sulla base del vangelo e viene accusato di materialismo. I suoi oppositori, richiamandosi a una lettura unilaterale dei testi fondanti e soprattutto a una tradizione della Chiesa decisamente vetusta e fuori dalla storia, lo accusano di trascinare la cristianità verso una vera e propria evaporazione.

E' molto significativa la vicenda della Madonna di Linz. Di cosa si tratta? Di una totalmente inedita, a parere di chi scrive meravigliosa opera d'arte che ritrae Maria nel momento del parto - sofferente come ogni altra donna, dentro le immagini e i colori dell'iconografia classica. Il vescovo di Linz l'ha fatta collocare nella grande cattedrale della città austriaca. Apriti cielo. Da una parte si è tuonato contro la bestemmia, dall'altra si è sostenuto la necessità di ripresentare la fede cristiana in  modo comprensibile al mondo attuale. La violenza di chi non ci sta - supercattolici tradizionalisti sostenuti dalle destre agnostiche europee - è arrivata fino a tagliare la testa della statua, un segno inquietante dell'ottusità ma anche della pericolosità di chi rimane ancorato a un passato che ormai non potrà mai più tornare.

La settimana triestina richiama tutto ciò e in fondo non c'è niente di nuovo. Il buon Cromazio fa costruire una nuova chiesa e nuovi mosaici sulla primitiva basilica teodoriana aquileiese perché i mosaici originari erano diventati scandalosi, troppo legati alla quotidianità per comunicare un Mistero che - almeno così la pensavano - con Teodosio aveva trovato modo di giungere fino a determinare la ordinarie vicende dell'uomo e della storia.

Papa Francesco riporta la chiesa alla dimensione delle origini e al centro della sua riflessione non c'è la teoria, ma la pratica, o meglio la prassi, come dicevano i dimenticati sociologi del '68 europeo. E' del tutto vero che in questo modo mina le fondamenta della chiesa imperiale postcostantiniana, ma è un rischio da correre. E non sarà indolore. Una chiesa che si china sulle ferite dell'umanità non avrà bisogno di fuffignessi come l'8 per mille o i mille privilegi tuttora esistenti. Entrerà sommessamente e semplicemente nella storia, riportando al cuore della democrazia la ventata di una Speranza trascendente e per questo incontrollabile, quella della vittoria definitiva della vita sulla morte. E' la forza di questa speranza a portare anche i cattolici a lottare per un'autentica democrazia, radicata nella ricerca di un'identità multipla ideale e svincolata dalla mera e squallida voglia di Potere.

Forse tra breve non avranno più senso le settimane "dei cattolici" e forse il gigantesco potere che ancora caratterizza la Chiesa in Italia e nel Mondo sarà messo in discussione e forse addirittura sarà spazzato via dalla storia. Sarà in quel momento che la testimonianza di chi crede nell'evento irripetibile della Risurrezione potrà ritrovare dentro e fuori di sé l'inarrestabile forza del potere dei senza potere. C'è ancora qualche passo da fare, ma il futuro è più vicino di quanto non si possa pensare!

martedì 2 luglio 2024

Un nuovo ruolo delle religioni per la pace

 

La parola Islam contiene la radice del termine shlm, nella quale è facile riconoscere il riferimento al concetto di "pace".

E' fin troppo immediato riconoscere come il testo sacro del Koràn, come tutti i fondamenti spirituali della religione musulmana, siano essenzialmente improntati alla realizzazione della pace interiore ed esteriore. 

Certo, come è accaduto e purtroppo ancora accade all'ebraismo e al cristianesimo, la traduzione dei principi spesso si è accompagnata a un'interpretazione restrittiva dei testi e soprattutto a una pericolosa politicizzazione della pretesa di essere detentori della Parola dell'Assoluto.

E' interessante notare che in ogni caso le tre vie religiose - sempre diversificate al loro interno da mille diverse concezioni e confessioni - sono accomunate dalla proibizione di nominare o farsi immagine del divino. Tale condizione dovrebbe preservare ogni potere umano dal pretendere di farsi incarnazione nella storia del Dio che invece trascende ogni spazio e ogni tempo. La dichiarazione dell'assolutezza e della non piena conoscibilità di Dio - qualunque nome metaforico gli si attribuisca - dovrebbe condannare qualsiasi imperialismo, ovvero qualsiasi pretesa dell'uomo di sostituirsi a Dio, con tutte le conseguenti tragedie.

Per millenni le religioni dell'assoluto si sono drammaticamente poste come ispirazione di mattatoi provocati dall'appartenenza all'uno o all'altro schieramento portante il vessillo "in nomine Dei". Negli ultimi secoli, con la creazione degli Stati Nazionali e con il diffondersi del veleno del nazionalismo, non ci si è più scannati "in nomine Dei", ma "in nomine Patriae", ovviamente come sempre con i poveri immolati sull'altare del Dio denaro dai pingui e felici sacerdoti del capitalismo. Le religioni sono diventate scuse piuttosto fragili, al punto da non saper coniugare appartenenza spirituale e nazionale, divenendo grottesco sostegno di eserciti formati da persone votate a diverse forme religiose, pronte a fare strage di "nemici" che utilizzavano (e utilizzano) armi benedette dalle guide delle stesse comunità religiose, cattolici contro cattolici, protestanti contro protestanti, cristiani romani contro cristiani uniati e ortodossi, musulmani contro musulmani e così via.

Cosa devono fare allora le religioni? Probabilmente prendere atto - senza drammi e forse anche con un senso di profonda liberazione - di essere state marginalizzate dal neoliberismo imperante. La loro forza potrebbe essere proprio al loro attuale debolezza. Potrebbero, rigorosamente insieme, rinunciando all'assolutezza del "proprio" Dio per accogliere con convinzione la consapevolezza della sua irriducibile e inconoscibile "unicità". E in questa rinuncia creativa le religioni possono portare effettivamente un messaggio di speranza, tanto più forte quanto più svincolato da interessi di parte.

Tale messaggio potrebbe incentrarsi su una parola cara a tutte le tradizioni mediterranee e non solo: la misericordia. Nell'Islam è uno dei tanti nomi di Dio (ma quello più vero nessuno lo può conoscere) e il termine arabo che lo rappresenta, corrisponde all'utero materno, il luogo attraverso il quale ogni essere umano è transitato per venire al mondo. L'annuncio di una dimensione di misericordia generativa potrebbe essere il fondamento di una nuova concezione dell'umanità e delle sue relazioni. Nel termine misericordia ci si può riconoscere tutti - credenti o non credenti - come espressione del bisogno profondo che alberga in ogni cuore e come atteggiamento di costruzione di una nuova società fondata sull'azione del "miseris cor dare".

Insomma, invece di temerlo e ostacolarlo, l'Islam richiede di essere conosciuto in tutte le sue espressioni e di non essere ridotto a una frangia di interpreti "violenti", infinitesimale frazione all'interno di un Oceano di profonda spirituale bellezza.

giovedì 27 giugno 2024

Mirt Komel a Medsočje, contemplando Il tiglio spezzato

 

Questo post ripropone un articolo scritto per il notevole settimanale Novi Matajur. E' l'occasione per segnalare un'interessante e bella lettura.

Introdotto da una spettacolare copertina, è stata infatti pubblicata l'edizione in lingua italiana del libro Il tiglio spezzato, del filosofo e scrittore Mirt Komel . L'autore di Nova Gorica, già conosciuto in Slovenia per i suoi pregevoli romanzi, può così essere apprezzato anche in Italia, grazie all'ottima traduzione di Miha Obit e alla disponibilità della piccola ma assai benemerita casa editrice Qudu di Gorizia.

Nell'originale, il testo si intitola Medsočje e si riferisce a un affascinante paesino della valle dell'Isonzo, dove si verificano diversi eventi che ne sconvolgono l'apparente serenità. Ci sono tutti gli elementi del giallo, con una scrittura lineare che rende l'intrigo avvincente. Non entrando ovviamente nella trama che coinvolge il lettore dalla prima all'ultima pagina, c'è da dire che il romanzo si presta a diverse letture.

La prima è storico filosofica, là dove i contesti immaginari intrecciano e trovano spessore nelle reali vicende quotidiane della Soška dolina e della Repubblica di Slovenia È interessante la descrizione di un presente complesso, sospeso tra un passato in grado ancora di essere divisivo e un futuro incerto. La domanda, classica ma in questo contesto originale, è quella di sempre, ovvero il senso stesso della realtà, ammesso che essa esista e in ogni caso se ne possa parlare.

La seconda è psicologica. Mirt Komel ci accompagna in una viandanza vertiginosa nei meandri del conscio, dell'inconscio e del subconscio. Si è costretti a immedesimarsi nei diversi personaggi e da ogni pagina si esce con la netta sensazione di essere parte integrante della vicenda narrata. Il "chi sono io?" rimbomba nella mente con il fragore di un’impetuosa cascata e obbliga non tanto a una risposta, quanto alla percezione consapevole della drammaticità, individuale e collettiva, della domanda.

La terza è paesaggistica e naturalistica. Per chi conosce e frequenta la valle dell'Isonzo non è difficile perdersi nella memoria e lasciare spazio alla creatività. Si accompagna volentieri il giornalista per le vie di una Medsoče che potrebbe essere Kanal, Tolmin oppure anche Spodnje Nehovo o qualche altro borgo abbandonato alle pendici del Korada. Si cammina per i boschi pieni di anfratti e nascoste sorgenti, ci si affaccia dai ponti della Soča (Isonzo), che scorre orgogliosa, incurante delle vicende degli umani e dello sfruttamento provocato dalle dighe e dagli scarichi industriali.

Sulla fragile linea di confine tra l’essere e l’apparire, tra l’io e la collettività, tra la natura e l’uomo, tra la vita e la morte, c’è anche la terra di nessuno dove si misurano, pur senza incontrarsi, il trascendente e l’immanente. Il “mistero” – nel senso etimologico del termine, “ciò di cui non si può parlare”, è in agguato, ma rimane ineffabile, in-comprensibile. Nella scrittura intelligente, profonda, libera e spesso molto divertente di Mirt Komel, si riscontra uno sguardo simpatetico e quasi amorevole su tutto ciò che è “umano”, nelle sue dimensioni del visibile e dell’invisibile.

Assolutamente da non perdere, cinque asterischi su cinque disponibili.

sabato 22 giugno 2024

Walk to Spirit, Iter Goritiense, il Cammino da Aquileia a Sveta Gora

 

Le foto sono di Mattia Vecchi
E' stato in questi giorni segnalato lo stupendo "Iter Goritiense", un percorso a piedi dalla basilica di Aquileia al santuario di Sveta Gora (Monte Santo).

L'iniziativa, chiamata Walk to Spirit, nasce nell'ambito degli small projects finanziati dal GECT/EZTS in vista dell'appuntamento del 2025 e unisce due realtà già profondamente unite da legami di collaborazione e amicizia. I due project manager sono Nace Novak e Mattia Vecchi, protagonisti anche della realizzazione della significativa segnaletica, durante la passeggiata sperimentale da giovedì 20 a domenica 23 giugno.

La prima tappa, da Aquileia a Sagrado, è abbastanza impegnativa, di circa 28 chilometri, con dislivello irrilevante. In questo primo tratto si indagano le RADICI storiche, culturali e spirituali di un territorio votato all'unità nella diversità fino dal primo millennio avanti Cristo. Si tratta di una zona nella quale culti religiosi ed espressione artistica si sono intrecciati mirabilmente, come testimoniato dai reperti custoditi nel Museo Archeologico e visitabili camminando nelle zone archeologiche. Particolare importanza riveste la storia del cristianesimo, con quello che forse è il primo sistema di culto pubblico cristiano al mondo, la prima chiesa di Teodoro costruita con i mirabili mosaici forse all'indomani dell'editto di Milano del 313. Da segnalare l'epoca dei martiri, in particolare con il passaggio attraverso le memorie di san Canzian d'Isonzo e le tracce del Patrarcato che nel medioevo e nel rinascimento è stato faro di cultura per tanti popoli dalle diverse lingue e culture. Ci si può godere anche la vista dell'Isonzo, il fiume ormai avviato verso la foce ancora lontana, dai mille colori e dalle invitanti spiagge di ghiaia.

La seconda tappa, da Sagrado a Mirenski Grad, di 23 chilometri con un dislivello complessivo di circa 600 metri in salita, consiste nel suggestivo attraversamento del Carso Goriziano. Si possono contemplare i luoghi delle ferite e delle CICATRICI. Le trincee della prima guerra mondiale si alternano alle pietraie sconvolte dalle granate, i paesi testimoniano storie di distruzione ma anche volontà di ricostruzione, sembra di sentire con il rumore delle esplosioni anche la voce della letteratura e della poesia, Ungaretti, Voranc, Hemingway e tanti altri. Dopo i paesi di san Martino e di Vrh (San Michele) si scende nel Vallone, per risalire tra arbusti e vegetazione lussureggiante, verso il confine con la Slovenia e l'ultima parte del cammino, sperimentando con inquietudine anche i passi nelle zone sconvolte dagli incendi dell'estate 2022. Ferite inferte tra "uomini contro" e ferite della Natura trovano pacificazione nel Monumento di Cerje, con la memoria del cammino storico del popolo sloveno e dei primi movimenti antifascisti in Europa (TIGR). Una breve ripida discesa e si è a Mirenski Grad, dove rifocillarsi e trovare riposo.

E' tempo di incamminarsi verso "le" Gorizia, dove, insieme alla capitale europea della cultura, si può contemplare la bellezza della RINASCITA. La terza tappa è decisamente più breve delle prime due e consiste in una piacevolissima camminata dapprima superando e costeggiando la Vipava (Vipacco), poi attraversando il centro storico di Miren, vedendo il cimitero un tempo tagliato in due dalle assurdità del Trattato di Parigi (1947), affrontando poi l'amena campagna goriziana, tra orti e campi coltivati. Si arriva dopo 8 chilometri a Šempeter, in tempo per gustarsi qualche bel Tone Kralj nella parrocchiale e per ritornare in terirtorio italiano nel parco Basaglia. Dopo il giusto e universale omaggio al demolitore dei muri che circondavano i manicomi e all'inventore del welfare di comunità, i non locali non possono evitare di seguire un'importante proposta di transito cittadino, incontrando i principali luoghi della cultura e dell'arte, giungendo, dopo 13 chilometri (gli ultimi cinque dedicati alla visita alla città antica), nel piacevole rifugio della centrale Casa dello studente/ex Seminario diocesano.

L'ultimo giorno si sale. Sempre per i non locali, il consiglio è di visitare un'altra parte della città, poi salire al castello, scendere al Rafut e risalire allo storico santuario di Kostanjevica, per giungere poi nel cuore della Nova Gorica e scoprire buona parte degli stili urbanistici internazionali della seconda metà del XX secolo. Dopo un'imperdibile visita alla piazza Transalpina/Trg Evrope, si giunge a Solkan e si attraversa due volte la Soča/Isonzo, prima sulla passerella ciclabile, poi sul ponte cosiddetto di Osimo, con scorci indimenticabili. Dalla piazza della ritrovata Solkan, si sale decisamente verso il monte San Gabriele, si attraversa poi in costa fino al Preval e si sale finalmente verso Sveta Gora, il punto d'arrivo dal quale si può contemplare a ritroso l'intero cammino percorso, poco più di 80 chilometri e, nell'ultimo tratto, almeno 600 metri di dislivello, quelli dell'ultima bellissima ascesa. Sul monte, oltre alla basilica del santuario, ci si può ricreare con la visita all'appena inaugurato - nell'ambito dello stesso progetto - centro di accoglienza Mir in Dobrro (Pace e Bene), ottimo ostello e porto di spiritualità. 

Dall'alto è ancora più chiaro il perché della scelta del logo, da una parte il richiamo a uno dei più frequenti mosaici aquileiesi, il nodo di Salomone, dall'altra al miracolo dell'unità nella diversità, due corde intrecciate che mantenendo la loro specificità formano una nuova figura geometrica. Proprio come sono Nova Gorica e Gorizia, capitale congiunta della cultura europea 2025, ma anche - si auspica - capoluogo dell'accoglienza, della giustizia e della pace. Il camminatore, viandante o pellegrino che sia, sarà accompagnato in tutti i suoi passi da questo segnale, dal quale sarà confermato di essere sulla giusta strada e che in certo momenti sarà tenuto a cercare con attenzione, per non perdersi nelle lande della pianura o tra gli innumerevoli viottoli del Carso. Il progetto Walk to Spirit prevede, nel prossimo anno e mezzo, anche una serie di momenti artistici e musicali, oltre a dialoghi sul presente e sul futuro dell'Europa, il primo dei quali, curato da Stojan Pelko, Fabiana Mertini e Pater Karel Gržan, si è già tenuto proprio nel Santuario con gran concorso di pubblici ed entusiasmo degli ascoltatori. Non resta che augurare a ciascuno e a tutti un Buon Cammino, fisico ed esistenziale!

martedì 18 giugno 2024

Perché il male? L'insolvenza della domanda...

 

Su una domanda si infrange la teologia, intesa nel senso letterale come "discorso su Dio".

La domanda è il perché dell'esistenza del male. Si intende il male fisico, la sofferenza dell'anima, il dolore esistenziale, il male morale che ha singolarmente lo stesso nome di quello fisico.

Se c'è un elemento che congiunge ogni essere vivente, di ogni genere e specie, è proprio la sperimentazione del male, subito o provocato che sia.

Se in qualche modo ce la si può cavare con la responsabilità umana, quando ci si riferisce alla guerra, alla fame o alle torture persecutorie, la scorciatoia non porta da nessuna parte quando si pensi alle inevitabili apparenti bizze della Natura, alle malattie che devastano il corpo e l'anima, alla morte dei bambini tra atroci spasmi.

E' logico che di fronte a tutto questo ci si chieda perché. E' meno logico pretendere che a questa domanda ci sia una risposta. Forse le religioni, con i loro complessi sistemi rituali-mitologici-morali riescono a dare delle provvisorie spiegazioni generali, attribuendo ciò che accade a un disegno provvidenziale che sfugge all'umana comprensione. Il cristianesimo si fonda sulla realtà di una condivisione del dolore fino al momento supremo della morte, anzi, perfino all'abbandono stesso del divino generatore dell'essere. Ma proprio tale affermazione proietta la soluzione della questione in una dimensione irraggiungibile dalla ragione. L'abbandono nel Dio che abbandona è un atto di fede illimitato, se non irrazionale almeno transrazionale, là dove negazione e affermazione fondamentalmente coincidono. Nella contemplazione dello Stabat Mater si congiungono compenetrandosi la più radicale esperienza di fede e il più convinto ateismo filosofico.

La debolezza delle religioni storiche sta forse proprio nel tentativo impossibile di razionalizzare l'esperienza del sacro, nel senso di rifiutarla proprio nel momento in cui la si riporta dall'orizzonte originario del tremendum et fascinans a quello ben più controllabile del dogma, della dottrina, della regola. In questo modo la religione diventa un formidabile strumento di consolazione, cancellando alla radice la tragicità dell'interrogativo esistenziale, ma anche di oppressione, vincolando la concezione del divino a un'unica visione umana e attribuendo a posizioni essenzialmente immanenti la potenza indiscutibile dell'irruzione dell'Assoluto. Il relativo si riempie di assoluto e diventa a sua volta assoluto, totalitario, in permanente scontro dialettico con la concorrenza delle altre religioni.

Non può non essere così e se anche nella società meno secolarizzata di quanto non sembri, diventa imperativo categorico il dialogo tra le religioni alla ricerca di un incontro sul punto di scaturigine comune, tale impresa risulta destinata al fallimento per un unico decisivo motivo. Il fondamento delle sacre scritture, delle regole etiche, dei miti e dei riti, non può essere raggiunto dalla ragione, può essere attinto esclusivamente nel fondo dell'anima (Maister Echkart!), là dove ogni ragionamento viene annullato dalla luce in-conoscibile della fede. E' il divieto di nominare il divino presente nelle religioni cosiddette  rivelate che paradossalmente da una parte postulano l'essere totalmente altro di Dio, dall'altra pretendono di rivelarne la volontà non solo relativamente alle grandi linee della creazione, ma anche all'esperienza storica e quotidiana di ogni essere vivente.

Ordunque, la domanda sul perché dell'esistenza del male non può trovare risposta nelle religioni. Anzi, non può e non deve trovare alcuna "risposta". Affermare questo è l'unico modo per "salvare Dio" ed evitargli un catastrofico processo da parte delle miliardi di vittime di un universo ritenuto finalizzato. Se Dio non c'entra, non c'è bisogno di mettere sotto processo nessuno, basta solo ergere la propria dignità di fronte alla tempesta del dolore cosmico e affermare che la grandezza dell'uomo, anzi di ogni vivente, sta nell'esserci, senza spiegazioni, consolazioni o recriminazioni, se non quelle da rivolgere con forza ai propri simili. Sì, perché se ciò che accomuna così drammaticamente l'umano è il mistero della sofferenza globale, il fondamento di ogni etica non è da ricercarsi nel trascendente, ma nell'immanente. E' l'impegno a lottare contro il male fisico e morale, con tutte le proprie forze, l'indignazione per la violenza e la guerra, l'azione convinta e indefessa a cercare di vincere quotidianamente le piccole battaglie, ben sapendo di dover soccombere, a testa alta e con il coraggio della speranza, nella madre di tutte le battaglie, quella contro la morte.

Oltre la quale tutto sarà finalmente chiaro. E Dio continuerà a essere, ma come era, è e sarà, al di là di ogni spazio e di ogni tempo.

lunedì 17 giugno 2024

Save the date! Proposte per la settimana...

Oggi solo un promemoria, con alcuni degli appuntamenti più interessanti di una settimana ricca e intensa.

Martedì 18 alle 11 nell'edificio della Regione FVG a Udine, sarà presentata la ricca stagione dei "Concerti in Basilica" della basilica di Aquileia. E' un programma particolarmente intenso e bello, con molti appuntamenti finalizzati a rendere più artistica, avvincente e spirituale la nostra estate.

Rimanendo sempre nell'ambito della Basilica di Aquileia, ecco altri due importanti momenti, nell'ambito del bel progetto Walk to Spirit, che propone un itinerario di fede e di cultura tra Aquileia e Sveta Gora (Monte Santo), nell'ambito del percorso di realizzazione degli eventi relativi a Nova Gorica con Gorizia, capitale europea della cultura 2025. Mercoledì 19, alle ore 11, verrà solennemente inaugurata la casa "Pace e Bene", realizzata nell'ambito dello stesso progetto per dare ospitalità ai pellegrini, soprattutto giovani, che si avventureranno lungo i più di 70 chilometri che uniscono l'antica città con il santuario venerato da secoli dalle popolazioni italiane, slovene e friulane che vivono ai suoi piedi. Inoltre, da giovedì 20 a domenica 23 giugno un piccolo gruppo di organizzatori "proveranno" le tappe del cammino, denominato Iter Goritiense. Saranno quattro camminate, senza pernottamento, con partenza ogni giorno alle ore 8, dalla Basilica di Aquileia (20.6), dalla casa canonica di Sagrado (21.6), dal santuario di Mirenski Grad (22.6) e da Gorizia, Via Seminario 13 (23.6). Chi lo desidera, si può unire a uno o più percorsi, con propria responsabilità, facendosi trovare agli appuntamenti prefissati.

Per quanto riguarda venerdì 21 giugno, segnalo due interessanti conferenze. La prima si svolgerà presso il Kulturni dom di Deskle, alle ore 19, con la presentazione della versione in sloveno del libro di Luciano Patat sui deportati transitati per il carcere di Gorizia, prima di essere inviati con i treni in germania, nel corso della seconda guerra mondiale. Ne parleranno Igor Komel, presidente del Kulturni dom di Gorizia insieme ai traduttori Igor Tuta e Pia Lešnik. Alle ore 21, presso la sede dell'ARCI GONG di Via delle Monache a Gorizia, sarà presentata la pièce teatrale di Alessandro Carfagna, "I17 di via Rasella", avvincente racconto del più importante attentato antinazista nell'Europa occidentale.

Da segnare sono soprattutto due avvenimenti di fine settimana: sabato 22 giugno, alle ore 18 in piazza dei Popoli (Piazza Libertà, davanti alla stazione) a Trieste, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, si terrà una manifestazione di sensibilizzazione sulle problematiche relative all'accoglienza. Domenica 23 giugno invece, proposto da Rete Dasi fvg, è previsto alle ore 10 un interessantissimo incontro online (vedi link you tube nella parte destra del blog) sulla costruzione della pace, con la presenza, fra gli altri, di Moni Ovadia e Luisa Morgantini.

Infine, last but not least, due presentazioni del libro Nova Gorica Gorizia, due città in una, povezani mesti. Mercoledì 19 giugno, alle ore 21.15, nella piazza principale di Ronchi dei Legionari, con la partecipazione di Boris Peric e Giovedì 20 giugno, alle ore 19 presso la cantina vinicola di Komjanc Alessio a Jazbine (Giasbana), nell'ambito del bel festival Cinebike, con la presenza di Barbara Urizzi e Igor Komel.

Insomma, proposte non mancano. E non sono sicuramente le sole interessanti nel panorama goriziano e regionale.

lunedì 10 giugno 2024

Oltre le "europee": stasera il grande incontro a Sveta Gora (Monte Santo)

Tu, io, noi persone che viviamo in Europa, dove stiamo andando? 

L'incontro-dialogo che si terrà questa sera a Sveta Gora (Monte Santo) sopra Nova Gorica e Gorizia, sarà la miglior occasione per trascendere la contingenza dei risultati elettorali e cercare di comprendere meglio il ruolo del Vecchio Continente nell'attuale scenario geopolitico del Pianeta.

Parleremo di Europa, non solo di Unione europea, intendendo un concetto più sociologico che prettamente geografico, in ogni caso, come minimo e come diceva il Wojtyla, "dall'Atlantico agli Urali. I relatori saranno davvero straordinari. Si potranno ascoltare Fabiana Martini, coordinatrice di Articolo 21 in Friuli Venezia Giulia, paladina dei diritti civili e della libertà di stampa;  Stojan Pelko, profondo filosofo, acuto osservatore delle dinamiche antropologiche contemporanee e responsabile dell'attuazione del programma del 2025; pater Bogdan Knavs e pater Karel Gržan, due tra le personalità più interessanti dell'attuale Slovenia, testimoni di un cristianesimo radicato nella società come elemento di costruzione di liberazione e di pace nella giustizia. Veramente, da non perdere...

Nell'orizzonte di questo illuminante incontro, che dire dei risultati elettorali nelle "europee" di questi giorni?

Cominciando dai dati preoccupanti, si può osservare anzitutto che in Italia un avente diritto su due non è andato a votare. Tenendo presente che c'erano contemporaneamente numerose elezioni di amministrazioni locali, il dato non si allontana molto da quello generale dell'intera Europa. Perché la gente non si avvicina più alle urne? E' importante non liquidare la domanda con il solito slogan secondo il quale "se non scegli tu, saranno gli altri a scegliere per te". Il disagio è un segnale troppo forte per non interpellare la salute stessa della democrazia, ma anche il sistema nel suo insieme. Se quando si vota, l'esito non viene tenuto conto e si affidano i centri di potere ai non eletti, che senso ha recarsi alle urne? Oppure, nel caso specifico del parlamento europeo, è così importante scegliere dei candidati che affolleranno un'aula dalle prerogative assai ristrette, dal momento che la Commissione - non eletta dal popolo - riveste di fatto quasi ogni forma di potere? Ogni elezione sembra essere un test per i governi nazionali e nelle campagne elettorali si parla di tutto meno che di Europa, quali informazioni può possedere un elettore per esercitare il suo diritto in modo consapevole?

Certo è che in queste condizioni, meno sono i votanti, più è facile che gruppi ai limiti dell'eversione possano trovare spazio e raggiungere percentuali altrimenti impensabili. I trionfi dell'estrema destra in molti paesi d'Europa sono alquanto preoccupanti, come i finora sottovalutati fenomeni di neofascismo e neonazismo che si stanno verificando ovunque, compresa la Slovenia. I risultati elettorali mettono in guardia, una sponda "nera", eletta democraticamente, potrebbe davvero favorire la liberalizzazione di ideologie razziste, totalitariste e disumane. Chi esce purtroppo sconfitto da queste elezioni è chi crede in un'Europa libera, accogliente, pluriculturale, pluriideologica, plurireligiosa e pluri via dicendo...

Queste ultime osservazioni valgono anche per la Slovenia e per l'Italia. Nel primo caso, la (risicata) vittoria delle destre, se non è tale da mettere in discussione l'attuale compagine governativa, è un forte campanello d'allarme, tanto più se si pensa all'estromissione di una Levica (Sinistra), uscita con un molto miglior risultato dalle ultime politiche. Sorprendente è stata la performance del gruppo ambientalista Vesna, che è riuscita a collocarsi al terzo posto, a superare il 10% dei consensi e a ottenere un parlamentare europeo. Gli sloveni del centro sinistra si intestano d'altra parte anche la vittoria nei referendum - peraltro consultivi - voluti dal governo Golob su alcuni diritti civili, in particolare sull'eutanasia e sulla legalizzazione della cannabis in medicina e per uso ricreativo.  

La Vesna italiana è stata l'Alleanza Verdi Sinistra, partita per raggiungere l'asticella del 4% e proiettata alla fine oltre il 6%. L'inequivocabile posizione sulla pace, sul non invio delle armi in Ucraina, insieme alla geniale candidatura di Ilaria Salis come pure di Mimmo Lucano, ha permesso al partito di raggiungere un risultato in questi temi straordinario. La compagine di Santoro, Pace Terra Dignità, più o meno schierata di fatto sulle stesse dinamiche, è costretta a chiedersi oggi - dopo la prevedibile estromissione - se non sarebbe stato meglio partecipare alle elezioni insieme ad avs, piuttosto che correre da sola pur sapendo di non poter andare molto oltre a una significativa testimonianza di coerenza e di convinzione pacifista. Per il resto, niente di imprevisto, nell'eterno saliscendi interno alle compagini alleate o simil-alleate in ambito nazionale. Sale di poco Fratelli d'Italia (che ha comunque il 20% in più rispetto alla precedente tornata continentale), sale significativamente Forza Italia e scende la Lega, che si becca il 20% in meno (guarda caso!) rispetto alle europea di cinque anni fa. Sull'altro versante, cresce bene il Pd targato Elly Schlein (torna intorno al 24%, la segretaria può essere giustamente soddisfatta per un buon 6% in più), recuperando in blocco i voti passati in precedenza al Movimento 5 Stelle, malinconicamente confinato intorno al 10%, (con l'8% in meno rispetto al 2019, anche qua, guarda caso), tallonato perfino dai vituperati forzitalisti. Non hanno raggiunto il 4% neppure Calenda e l'inedita coppia Bonino/Renzi, nonostante una campagna elettorale d'assalto. Forse farebbero bene a considerare come la loro parabola politica sia ormai giunta al capolinea.

Insomma, numeri e numeri per richiamare un'importante verità: l'Unione europea e l'Europa nel suo insieme, se vuole contare qualcosa, deve ritrovare la strada delle idee, dei valori e delle coraggiose visioni lungimiranti che l'hanno in origine voluta. Al di là dei risultati, di questo o di quello, è importante riprendere la piena consapevolezza di ciò che si è. Ed è per questo che, proprio in questa giornata di esultanza per alcuni, di depressione per gli altri, il convegno di Sveta Gora assume un'eccezionale importanza, un messaggio che nasce dalla prossima capitale culturale d'Europa e si diffonde in tutti gli angoli della Terra.
 

domenica 9 giugno 2024

Avventure ferroviarie, per sorridere un po'...

Comunque sia, per il momento i treni continuano ad arrivare in ritardo! Con i mille gravi problemi del momento, ai classici disagi delle ferrovie in Italia si può solo affidare il compito di suscitare un sorriso.

Dunque, la rassicurante app di Trenitalia ha avviato un nuovo geniale modo di prenotare i biglietti. Si armeggia un po', si scelgono data e orario. Dopo di che ci si deve autodichiarare presenti con il check in, da effettuare prima dell'orario ufficiale di partenza del treno, per evitare una salata reprimenda. Ma se si è ligi alla richiesta, non sempre le cose finiscono nel migliore dei modi. Per esempio, stasera un guasto tecnico manda in tilt la stazione di Verona. Come colombe dal disio chiamate, centinaia di passeggeri galoppano da uno schermo all'altro, per cercare di capire il proprio destino. "Niente paura", sembra dirmi il televisore oggetto di brama da parte di decine di occhi, "il tuo treno parte alle 19.22 dal binario 7 e non è previsto nessun ritardo". Non che ci creda troppo, soprattutto dopo un annuncio che dichiara risolto il malanno ferroviario e il prossimo ritorno alla normalità. Tuttavia prevedo la malparata e faccio il famigerato check in il più tardi possibile, appena alle 19.21, quando il treno, dato in perfetto orario, non compare ancora, stagliato nel cielo arrossato dal tramonto incipiente. Si sente un corale "oh" verso le 19.30, quando per un istante la scritta riguardante il treno, annunciato fino a quel momento al binario 7, sparisce e ricompare, ma senza l'indicazione del binario. "Da dove mai partirà il regionale veloce?" Si domandano tutti, interpellandosi a vicenda chi bestemmiando, chi ridendo, chi cogliendo l'occasione per mettere da parte il telefonino e intessere qualche relazione interpersonale non virtuale. Alle 19.35 viene indicato un ritardo di 15 minuti che alle 19.45 diventeranno 25. A Mestre, un'oretta dopo, scopriremo che il treno, annunciato con un ritardo di 55 e poi di 60 minuti, alla fine era stato soppresso. Nel frattempo i capitalisti se la godono: è bloccato tutto il traffico proletario, arrivano e partono solo gli eleganti convogli dell'Alta Velocità, confidenzialmente chiamata AV. Chi non vede l'ora di arrivare a casa, chi ha la mamma senza cellulare che aspetta ignara alla stazione successiva, chi - come il sottoscritto - ha la necessità di non perdere la coincidenza a Mestre per evitare il ritorno a ore antelucane. Basta un complice cenno di capo, tutti provano onestamente a prenotare la prima Freccia per Venezia digitando vanamente sullo screen e poi, essendo impossibile entrare nel sito, quasi fossero accomunati da un'irrefrenabile volontà di trasgressione, si gettano a capofitto nel sottopassaggio per risalire al binario 4 e assaltare in gruppo compatto la Frecciarossa 2000 in servizio da Milano a Venezia Santa Lucia. C'è da dire che appena saliti, il gruppo si divide in tre parti, rovinando così la solidarietà tra gli insorti. Una parte confida di sfuggire ai controlli spostandosi strategicamente da una carrozza all'altra. A questo settore appartengono soprattutto quelli che scendono alla prima stazione, Vicenza e suppongono - a ragione - di poterla far franca. Una seconda parte sembra rassegnata a tirare fuori il portafoglio per non incorrere in guai peggiori. La terza, ormai ridotta a un manipolo di coraggiosi, decide di affrontare con decisione l'incauto controllore. Tuttavia, ahimé, al posto di un truce leguleo compare all'orizzonte una giovane sorridente e gentilissima capotreno. Le spieghiamo le nostre ragioni, con una verve polemica assai diminuita dalla delicata attenzione che ci viene rivolta. La controllora, un po' imbarazzata e un po' convinta, spiazza tutti sposando immediatamente la causa dei ribelli. "Avete totalmente ragione" - disse - "dovete sporgere reclamo, se non altro recuperare i soldi spesi per il biglietto perduto". Si tira un sospiro di sollievo, wow, ce la siamo cavata! "Eh no - dice tristemente l'autorevole ferroviera in divisa - quando vi ho visto ho chiesto alla direzione dell'Azienda se potevamo abbuonarvi la sopratassa, ma i nostri capi hanno detto niet!" Quindi, piaccia o dispiaccia, 27 euri, uno dopo l'altro, lasciano le tasche dei poveri viaggiatori ed entrano nel calderone di mamma Trenitalia, tramite la macchinetta mangiasoldi dell'assolutamente incolpevole controllora. Che ringrazia e saluta, "sperando di rivedervi sulle nostre belle Frecce".  Insomma, in conclusione si è presa la coincidenza e si è arrivati a destinazione in orario. Dispiace solo per la carenza di informazioni nella stazione di Verona e soprattutto per quei 27 euri, che avrebbero potuto trovare ben più nobili destinazioni!

giovedì 6 giugno 2024

Lunedì 10 a Sveta Gora (Monte Santo): Martini, Pelko, Gržan, una serata da non perdere!

 

Lunedì 10 giugno, alle ore 18 presso il santuario di Sveta Gora (Monte Santo), ci sarà il primo dei tre "dialoghi" previsti nell'ambito del bellissimo progetto Walk to Spirit, l'itinerario che congiunge la Basilica di Aquileia con il centro di spiritualità collocato sopra la Capitale europea della Cultura 2025.

I relatori, che saranno salutati dal rettore del santuario Bogdan Knavs e dal direttore della Società che gestisce la basilica di Aquileia Andrea Bellavite, sono veramente alquanto esperti e interessanti.

Stojan Pelko, responsabile del programma Go2025, acuto filosofo, conoscitore delle dinamiche del pensiero europeo, condurrà la conversazione, ponendo interrogativi e offrendo riflessioni sul tema della serata: In cammino. Uomo europeo, dove vai? Stojan è un tessitore di reti culturali, capace di unire non soltanto le diverse idee, ma soprattutto le persone, in uno sguardo di autentica pace. La sua visione apre le menti verso orizzonti internazionali, là dove il locale costruisce il globale e l'universale trova la sua realizzazione soltanto nel leale incontro e approccio con il particolare. In questa e molte altre luci, ci si troverà all'indomani delle elezioni europee non per commentare vittorie o sconfitte di questo o di quel partito, ma per chiederci se l'Europa ha ancora un ruolo nell'indicare al mondo una rotta di pace e di condivisione o se si è ridotta alla tutela di soli interessi economici e finanziari. 

Padre Karel Gržan è dottore in scienze letterarie, vive in una delle più belle valli della Slovenia, innamorato della Natura, accudendo la sua unica vicina di casa, la "signora Kapra", un'ormai anziana cavalla. Uomo spirituale, di grande e lunga esperienza esistenziale, parla con una voce fievole dicendo concetti fortissimi, unendo profondità e attualità, comunicando anche con la potenza dei suoi occhi buoni. Di famiglia partigiana, ha deciso da giovane di diventare prete. E' un presbitero abbastanza particolare, ascoltatissimo, soprattutto dai giovani sloveni. La sua "teologia" è l'invito a passare dal litigare al completarsi a vicenda, dalla competizione alla cooperazione. E' un vero mistico, ma sempre presente tra le persone per alleviare le loro difficoltà. Per lui il futuro è nei giovani, che sentono e già comprendono il Nuovo Mondo. Per lui, tutto ciò che conta è amare ed essere amati.

Fabiana Martini, cittadina di Trieste ma con il cure aperto al Mondo, è coordinatrice di Articolo 21, il gruppo di giornaliste e giornalisti che a livello nazionale e internazionale si battono per il raggiungimento dell'obiettivo della libertà di stampa. E' stata vicesindaca del capoluogo del Friuli Venezia Giulia, attivista nell'ambito della pace, dell'accoglienza universale, del rispetto dei diritti di ogni persona. Propone un giornalismo aperto e inclusivo, capace di denunciare con coraggio ogni ingiustizia, ma anche di testimoniare la bellezza di una vita impegnata nei sentieri dell'autentica solidarietà, In prima linea nella richiesta di "verità e giustizia per Giulio Regeni", è presente con i suoi scritti e la sua sapiente parola in ogni ambito sociale e culturale della Regione.

Insomma, è una serata da non perdere. Ogni relatrice e relatore parlerà nella propria lingua, ma non ci saranno problemi di comprensione, essendo prevista la traduzione simultanea di tutti gli interventi. 

Arrivederci a lunedì sera!

martedì 4 giugno 2024

Verso le elezioni europee: per la pace sulla Terra, per la dignità di ogni essere vivente

 

L'ideale è che ci siano soltanto gli Stati Uniti del Mondo, confederazione di tutte le realtà esistenti sul Pianeta. E' un'utopia, un'invenzione umana, così come invenzioni umane sono tutti i concetti che, razionalizzati, hanno determinato le forme dell'umana convivenza: la patria, la nazione, la famiglia, lo stato... in fondo altro non sono che frutti dell'immaginazione. Per difendere tali bandiere, esistenti soltanto in quanto generate dall'uomo, quanti milioni di morti, quante inutili stragi, quante persecuzioni...

Mentre si vorrebbero gli Stati Uniti del Mondo, l'Unione europea va al voto. Si noti, l'Unione europea, non l'Europa, perché sono molti gli stati dell'Europa che non appartengono all'Unione europea. Che cosa votare? Non è così facile rispondere a questa domanda, anche perché, soprattutto in Italia, si è parlato molto di più di problematiche locali che della visione che si vorrebbe avere dell'Europa.

Eppure le elezioni dell'8 e 9 giugno sono molto importanti, perché orienteranno il Parlamento e la Commissione continentali verso decisioni importanti per il futuro. Per esempio, si andrà verso la Terza Guerra Mondiale o l'Unione europea sarà proiettata verso la costruzione del sistema planetario delle Nazioni unite? Si vorrà fare dell'Unione una Rocca inespugnabile chiusa alla correlazione con popoli e culture o si considereranno le migrazioni dei popoli come la chance per potersi trasformare, fondandosi sull'umanità condivisa e non esclusivamente sugli interessi economici? Sarà un faro nella costruzione di politiche sostenibile e rispettose dell'ambiente? Si preoccuperà del futuro dei giovani, affrontando con competenza e creatività il rapporto fra crescita industriale e salvaguardia dei viventi? Avrà una struttura autenticamente democratica, in grado di favorire il dialogo e il confronto fra le diverse posizioni, rifuggendo e contrastando ogni nostalgia nazista e fascista? Contribuirà a creare tavoli di dialogo diplomatico per i popoli in conflitto? Oppure considererà prioritaria la soluzione apparentemente più facile, ma dalle conseguenze disastrose, dell'affidamento alle armi e agli strumenti di distruzione e di morte? 

Si è a un crocevia importante nella storia del Mondo. Cinque anni fa ero candidato alle elezioni europee, con il piccolo partito allora chiamato semplicemente "Sinistra". Avevamo prodotto approfonditi documenti su tutte le grandi questioni di allora, non troppo dissimili rispetto a quelle odierne. Abbiamo portato ovunque un'idea di un'Europa fondata sul lavoro, aperta alla libera circolazione delle persone, promotrice di giustizia e pace, ecologica, rispettosa dei diritti individuali e collettivi. Non abbiamo avuto molti mezzi per farci conoscere e i risultati non furono numericamente entusiasmanti. Occorre creare un maggiore consenso, ricostruire il volto di un impegno deciso, urgente e finalizzato alla salvezza stessa di una terra in crisi.

Per chi votare allora? Evitando le tentazioni del "voto utile", la strada da percorrere è quella di dare un segnale. In particolare il mondo del pacifismo deve mostrarsi forte e compatto, anche attraverso l'eventuale voto di testimonianza. Tre partiti in Italia hanno espresso esplicitamente la loro contrarietà all'invio delle armi in Ucraina, posizione simbolica importante nella quale si riconoscono tutti gli assertori della nonviolenza attiva come metodo di risoluzione delle controversie. Da ricordare, davanti alle urne, nella speranza che qualche convinto rappresentante riesca a raggiungere la sponda del Parlamento europeo...

venerdì 31 maggio 2024

Materani a Gorizia: incontri immaginari tra capitali europee della cultura (3: Solkan e Sveta gora)

 

Non c'è la possibilità del bagno in mare, ma aprire le finestre sul Collio di prima mattina, è un'esperienza elettrizzante. Le colline si rincorrono l'una con l'altra, divise da valli scavate da torrenti impercettibili, i colori dei vigneti si mescolano con quelli degli alberi da frutta, risuonano ovunque i festosi rintocchi delle campane che sembrano voler collegare i paesi in un meraviglioso concerto all'aria aperta. E' uno scenario da sogno, che ricorda qualche parte della Toscana, ci sono perfino i paesi abbarbicati sulle cime e i tozzi castelli dall'aria ammiccante... 

La colazione non fu da meno, tra una marmellata e una fetta di salame, Carmelo, Nunziata e Ninetto ebbero la possibilità di scambiare due parole con la famiglia di ospiti seduta al tavolo vicino. Il giovane, che cominciava a essere un po' stufo della compagnia dei soli suoi genitori, aveva adocchiato la ragazza e aveva cercato di capire da dove venissero. Un po' con il suo stentato inglese, un po' con gesti e tirando fuori dalla borsa una cartina, riuscì a capire che anch'essi erano venuti a visitare la capitale europea della cultura e che provenivano da un'altra "capitale", di qualche anno prima: Maribor. Si stupì che anche Jana avesse la stessa guida del territorio, ma ben presto si accorse che era l'edizione in lingua slovena: Gorica Nova Gorica, povezani mesti. Non c'era molto tempo per i convenevoli, Carmelo disse: "Su dai, dobbiamo andare, ci troveremo di sicuro in giornata da qualche parte". In qualche modo si salutarono e, per farla breve, ripresero l'auto e ridiscesero verso la città. 

Giunsero a Solkan proprio mentre dal ponte della strada cosiddetta di Osimo, alcuni ardimentosi si gettavano a capofitto verso l'Isonzo, sostenuti da corde elastiche che consentivano voli impressionanti. Trascurarono per il momento l'originale museo della falegnameria - "Ci passeremo domani!" - e giunsero a Vila Bartolomej, la sede del Goriški Muzej, dove li aspettava un'importante disanima della storia del Novecento: l'inizio sotto l'Impero Austro-Ungarico, la prima guerra mondiale, poi l'Italia e il fascismo, la seconda guerra mondiale e la liberazione, la presenza dell'esercito jugoslavo e poi quella degli alleati, la linea di confine, il tempo della Jugoslavia con la nascita di Nova Gorica e poi della Slovenia indipendente, l'ingresso nell'Unione europea, poi in area Schengen e infine la capitale europea della cultura. "E' un viaggio incredibile nel cuore dell'Europa", disse Ninetto emozionato. "Nel cuore del mondo", aggiunse Nunziata. "Avete visto molto, ma al vicino castello di Kromberk vi potrete godere alcuni grandi pittori, Zoran Mušič, Lojze Spacal, Tone Kralj, Avgust Černigoj, conoscere le storie e le opere di letterati straordinari, entrare nel cuore di una delle più vivaci e interessanti storie culturali della Mitteleuropa". Le parole del direttore del Museo erano alquanto convincenti. Era necessario rimanere ancora qualche giorno a Gorizia e Nova Gorica, avere anche il tempo per una corsa su per la strada dell?Isonzo, verso Kanal e Kobarid... "Ah Kobarid, quello della rotta di Caporetto", non si trattenne Ninetto, che ricordava ancora il suo professore di storia che parlava del Sabotino, del Podgora e delle battaglie della Bainsizza. "I luoghi di Uomini contro, il film con Gian Maria Volonté!" disse Carmelo per fare il saputello, confondendo peraltro il Carso e il Collio con l'altopiano di Asiago. "Sì - aggiunse Nunzia - ma oggi cerchiamo almeno di finire il percorso della grande mostra della capitale della cultura. Ci manca Monte Santo". "Sveta Gora" si sentì una voce dietro di loro. Era Jana con i suoi: "se volete, andiamo su insieme - disse in un ottimo inglese - tra l'altro lassù si mangia anche molto bene!".

Fu così che i sei risalirono i tornanti, lanciando sguardi sempre più interessati al panorama che si andava aprendo sull'intera piana di Gorizia, là dove le città sembravano essere un unico grande agglomerato raccolto tra dolci colline. La visita al santuario fu molto interessante, un giovane francescano raccontava la storia del sito, Jana cercava di tradurre in inglese per Ninetto e lui a sua volta parlava in italiano con i suoi. Era un modo un po' complicato per comunicare, ma alla fin fine parlavano più i sorrisi della comprensione dei termini, tanto che Jana e Ninetto uscirono dalla chiesa tenendosi per mano. A Nord si stagliavano le Alpi Giulie, il Kanin, il Krn e il Triglav salutavano i visitatori, a Sud, facendo capolino dietro la mole massiccia del Sabotin, salutavano le due Gorizia unite, risplendenti sotto il sole dell'estate. L'Isonzo si intuiva nel profondo della valle, sembrava quasi di ascoltare il suo fragoroso e allegro mormorio. Era tempo di entrare nei locali interni del santuario, dove era allestita la parte della mostra riguardante la storia del popolo sloveno e della conversione al cristianesimo negli oscuri secoli tra il VII e il IX. I gitanti di Maribor sembravano ovviamente conoscere meglio quelle storie, per gli italiani era tutta una novità: il ruolo del patriarcato di Aquileia, i contrasti con Salisburgo, Carlo Magno e la conversione forzata dei popoli provenienti dall'est, Paolino d'Aquileia e la proposta di convertire con la convinzione e non con la costrizione, il grande poeta sloveno France Prešeren e il racconto dei leggendari Črtomir, Bogomila, Valjhun... Era una storia estremamente interessante, raccontava incontri e scontri tra culture, lingue intrecciate e poi disciolte, vicende di pace e di guerra. Era così chiaro adesso il percorso, erano poste le radici, erano spuntati i tronchi, cresciuti i rami, prodotte le foglie, generati i fiori. E ora ci si poteva godere in tutta la sua ampiezza quel territorio, lontano da Maribor, lontanissimo da Matera. "Grazie a chi ha realizzato questa mostra in così tante e differenziate sedi. Ci avete aiutato a entrare nella vostra vita". Aveva scritto Carmelo sul libro dei visitatori e gli altri due avevano firmato. Ninetto aveva lanciato un'occhiata anche a Jana che stava scrivendo qualcosa dopo di loro. Non aveva capito nulla di ciò che era scritto, ma presentiva che quell'incontro non sarebbe stato l'ultimo.

Visitata la grande mostra della capitale europea della cultura, era tempo di tornare a valle e di conoscere le "due città in una", possibilmente camminando oppure, perché no? andando in bicicletta. I tre materani telefonarono al bed and breakfast della sera prima, sarebbero rimasti in zona almeno altri tre o quattro giorni. "ora che non dobbiamo più seguire il percorso dal preromano al postmoderno, tira fuori la guida, con quel magnifico colore, decidiamo che fare nei prossimi giorni" ordinò quasi ridendo Nunzia al suo Ninetto, che vedeva un po' smarrito. "Sì, dai, verranno anche gli amici di Maribor, magari piano paino impariamo qualche parola di sloveno!" Carmelo disse: "Vediamo di affrontare già oggi pomeriggio il primo degli otto itinerari proposti da Nova Gorica Gorizia, due città in una". "Chissà chi è questo autore, dal cognome promettente?" "Mah, chissà, forse lo incontriamo, camminando per il centro della parte vecchia o della parte nuova. Sarebbe bello farci guidare da lui..."   

Finito il sontuoso arrosto e consumato l'ultimo bicchiere di cabernet, assai soddisfatti si tuffarono nella ripida e stretta strada che li avrebbe riportati in città. (3. Fine)

mercoledì 29 maggio 2024

Materani a Gorizia: incontri immaginari tra capitali europee della cultura (2: Santa Chiara, Castagnavizza, Transalpina)

 

La mattina dopo, dopo il bagno mattutino in mare, i tre lasciarono Grado per dirigersi verso Gorizia. Questa volta avevano affittato un auto, per essere più  liberi e avevano pensato di seguire un'altra strada, per fermarsi almeno una mezz'ora a san Canzian d'Isonzo, citato dalla guida come "secondo sito archeologico più importante della Regione". Nunziata aveva un po' protestato perché avrebbe voluto vedere i casoni della Laguna - "mi hanno detto che assomigliano ai trulli", aveva detto rivendicando ancora una volta le sue origini pugliesi distinte da quelle del marito e del figlio rigorosamente lucani. "Avremo tempo nei prossimi giorni, adesso non vediamo l'ora di essere a Gorizia!"

Conobbero la fulgida storia dei santi martiri canziani e proseguirono verso Sagrado e Gradisca, salirono sul san Michele e diedero uno sguardo, col cuore triste, alle innumerevoli trincee e ai segni della sanguinosa Grande Guerra. Scesero verso la città, adagiata fra i colli, sotto la collina del castello che - come recitava la guida alla mostra pluricentrica del 2025, "aveva dato il nome alla città, riportato in un documento con il quale l'imperatore Ottone III donava al Patriarca di Aquileia Giovanni villa quae sclavorum lingua vocatur Goriza", cioè piccola montagna, ovvero collina.

"Andiamo subito in centro, a vedere la mostra nel museo di Santa Chiara". Tutti tre una volta tanto erano d'accordo, parcheggiarono vicino al bel mercato coperto e tirarono fuori il biglietto cumulativo: dopo i musei di Aquileia, era la volta di quelli del Goriziano. Anche qua l'argomento era il rapporto tra popolo, religiosità e arte. Un piano permetteva di contemplare i bei reperti del tesoro della Cattedrale di Gorizia, dettagliati pannelli illustrativi ne raccontavano la storia, dal 1751, anno della soppressione del Patriarcato di Aquileia e dell'erezione della nuova Arcidiocesi. In un altro piano venivano presentati altri culti e opere d'arte presenti sul territorio. Si parlava della predicazione di Primož Trubar, della sua grande figura di fondamento della letteratura slovena, del primo  protestantesimo diffuso a macchia d'olio fino alla scelta per il cattolicesimo degli Asburgo. Si invitavano i visitatori a visitare le chiese della città, come pure a un passaggio presso quella evangelica metodista, costruita a metà dell'800 dalla famiglia degli industriali tedeschi Ritter, ai quali tanto si deve della sopravvivenza del territorio. All'ultimo piano si raccontava la storia dell'ebraismo, dei ghetti della Cocevia e dell'attuale via Ascoli, della costruzione della Sinagoga, di Graziadio Isaia Ascoli, dei Michelstaedter, di Carolina Luzzato, dei Morpurgo. "Qua c'è scritto che non si può andare via dalla zona senza aver visto il cimitero ebraico di Valdirose. Io ci andrei subito dopo la visita a questo interessantissimo museo" - propose Ninetto, aggiungendo che nella guida acquistata ancora a Matera c'era scritto che in Slovenia avrebbero trovato delle ottime "gostilne", cioè ristoranti. "In effetti, mi sta venendo su una fame indescrivibile" - chiosò Carmelo, invitando gli altri due ad affrettarsi.

E fu così. Attraversarono il confine alla Casa Rossa e andarono a vedere la suggestive tombe ebraiche, nomi importanti, simboli affascinanti, l'acqua versata sulla terra, Giona inghiottito dal pesce. Si rinfrancarono con un breve spuntino e notarono come il santuario della Castagnavizza, successiva meta del museo diffuso "dal preromano al postmoderno", fosse proprio sopra di loro. decisero di andarci a piedi, costeggiando lo spettacolare parco Rafut e la villa Laščak. Sotto il sole non  fu proprio una passeggiatina, ma appena arrivati furono ampiamente ripagati.  Il monastero era bellissimo, con una chiesa, ricostruita quasi interamente dopo la prima guerra mondiale, molto accogliente e riservata. Sotto il pavimento c'erano le tombe dell'ultimo re di Francia Carlo X e di diversi dignitari della sua corte, finiti a Goriyia seguendo il bizzarro scorrere degli eventi storici. Una gentilissima studiosa parlò loro del grande linguista Stanislav Škrabec, vissuto oltre 40 anni nel convento, responsabile dell'avvio dell'ormai quasi bicentenario meraviglioso giardino delle rose: "ma per capirne la bellezza dovete tornare in maggio,  potrete vedere i colori e sentire i profumi... Per ora accontentatevi della quarta parte della nostra mostra del 2025, sulla religiosità popolare. I  tre materani erano veramente colpiti, non si sarebbero mai aspettati tanti reperti, cassapanche, ex voto, semplici tavolette di legno, a ricordare la fede semplice  e nello stesso tempo solida dei contadini e dei montanari delle valli dell'Isonzo e del Vipacco. "E non è tutto - vedrete tantissime altre testimonianze, anche molto misteriose e originali, al Goriški Muzej di Solkan. E' la penultima tappa della mostra, dedicata agli eventi dell'ultimo secolo... Però prima godetevi gli incunaboli del Monastero e anche, in esclusiva per questo periodo, le incredibili miniature dei codici aquileiesi".

"Carmelo - disse Nunzia uscendo dal santuario e contemplando la città di Nova Gorica ai loro piedi - ma qua le mostre ci stanno raccontando una storia straordinaria, ma se non ci fermiamo di più rischiamo di non goderci le città". "Già - disse Ninetto - perché non cerchiamo da dormire da queste parti questa notte." Provo in qualche paese sul Collio, dicono che siano molto accoglienti e che abbiano un vino straordinario...". "Affare fatto" - dissero all'unisono Ninetto e Carmela.

Scesero così alla Transalpina, la stazione antica, meravigliosa. Notarono che la piazza in Slovenia si chiama Piazza dell'Europa, ricordando l'ingresso della Slovenia nell'Unione europea. Videro il piccolo museo della stazione e chiesero notizie. Un gentilissimo custode disse. "Vi conviene finire la mostra principale, vi mancano il museo di Solkan e Sveta Gora (in italiano Monte Santo). Se poi vi fermate ancora qualche giorno, vi consiglio il museo diffuso sul confine: ci sono tanti piccoli luoghi di esposizione che raccontano come si viveva quando qua c'era il confine. Non certo una cortina di ferro, ma senz'altro uno sbarramento che oggi non esiste più."

E fu così che i tre, sempre più entusiasti di aver deciso di venire a Gorizia e a Nova Gorica, ordinarono una birra al bar della stazione e decisero di rinviare al giorno successivo la visita agli ultimi due luoghi di esposizione della grande mostra "dal preromano al postmoderno", anche perché sapevano che avrebbero dovuto affrontare il tema più complesso dell'intero lungo itinerario: il Novecento Goriziano. Prenotarono su internet le stanze di un bed and breakfast in un paese che si chiama Medana e si prepararono a un indimenticabile tramonto, condito dalla locale ribolla gialla e da uno strepitoso piatto di čevapčiči. (2. continua)

martedì 28 maggio 2024

Materani a Gorizia. Incontri immaginari tra capitali europee della cultura (1: Aquileia)

 

Madonna annunziata, chiesa S.Spirito a Gorizia
"Nova Gorica e Gorizia... le ho sentite nominare delle volte. Erano in Jugoslavia, mi pare." "Ma no, Carmelo, una è in Jugoslavia, l'altra in Italia, l'hanno divisa in due dopo la guerra, almeno così mi hanno insegnato a scuola". "Ma siete proprio come i nostri antenati che vivevano nei Sassi! La Jugoslavia non esiste più da trent'anni, da quelle parti. Nova Gorica è una città modernissima e Gorizia è antica. Ne parlano ora al telegiornale perché sono diventate proprio come noi nel 2018, capitale europea della cultura." "E cosa hanno di bello?". "Hanno che se le sono date di anta ragione per mezzo secolo e ora si vogliono talmente bene da essere la prima capitale della cultura condivisa tra due stati, Ma scusate, per capire meglio, perché non ci andiamo?" "Sei matto? Fino lassù?". "Ma dai, saranno sì e non quatto ore tutto compreso con l'aereo, non siamo mica all'età della pietra...". "Sì, dai Carmelo, andiamo! Hai sentito, c'è un itinerario che permette di capire tutta la loro storia, chissà che interessante!".

E così Carmelo, Nunziata e Ninetto giunsero all'aeroporto di Ronchi e andarono subito all'albergo. L'agenzia aveva proposto loro di andar ea dormire a Grado e da lì cominciare il loro percorso. Un bel bagno mattutino nono glielo avrebbe tolto nessuno, uno sguardo al centro storico - "ma è proprio una piccola Venezia!" - e via in corriera ad Aquileia. Non si poteva che cominciare dal museo archeologico. Ninetto era stato a Roma ma qui, grazie anche all'aiuto della guida delle mostre della capitale culturale, era molto più facile orientarsi e comprendere. C'erano i culti preromani, l'arte legata agli dei classici della Grecia e di Roma, le novità delle are a Mitra e a Beleno, perfino i segni degli Egizi, statuette di Iside e di Osirirde... Che immensa emozione. 

E poi arrivò il cristianesimo. I tre di Matera furono grati a chi consigliò loro una bella passeggiata, Videro il suggestivo sepolcreto, camminarono sulle pietre della strada di Aratria Galla, si goderono il Foro e arrivarono al museo paleocristiano di Monastero. Entrarono quasi in punta di piedi, videro con stupore i mosaici delle tre basiliche, sempre sostenuti dalla guida completa alla conoscenza del territorio, "dal preromano al postmoderno". Scoprirono i segreti delle incredibili lapidi che parlavano delle questioni ordinarie e straordinarie della vita, dell'amore e della morte. Non si stancarono di contemplare, fin quando Carmelo, molto pratico, disse che era ora di andare a mangiare. Non sapevano cosa li avrebbe aspettati nel lungo pomeriggio estivo. Visitarono il porto antico e la casa di Tito Macro, poi arrivarono nella piazza del Capitolo e  rimasero folgorati da tanta bellezza. "Ma chi se lo sarebbe mai aspettato?" - si dicevano l'un l'altro. Non si può neppure descrivere l'emozione dell'entrata nella Basilica, prima il luminoso battistero con la Sud Halle, poi gli strabilianti mosaici dell'inizio del IV secolo, le cripte, le absidi medievali, un tripudio di luci, di suoni e di sensazioni. I tre non volevano più andarsene, ma sapevano che erano appena all'inizio della loro avventura nella capitale europea della cultura. "Andiamo un salto anche la cimitero di guerra dietro alla basilica" - disse Ninetto fresco di studi. "E' lì che ci sono i dieci militi ignoti, protagonisti della scelta di Maria". "Che Maria?" - chiese Nunziata incuriosita. ""Ma la Maria Bergamas! Non ti ricordi la mamma che è svenuta su una bara proprio nella basilica di Aquileia?" "Ah già, hai ragione, adesso mi ricordo bene, ho tanto pianto vedendo quel film... Pensavo come avrei reagito se fosse capitato a te di morire in guerra..." "Ma cosa c'entra? Andiamo, su, andiamo a vedere!"

Ai tre sarebbe piaciuto andare anche sul campanile, ma la guida delle mostre goriziane lo sconsigliava. C'era scritto: "è tempo di andare dall'altra parte della piazza, nel palazzo Mezljk, dove si trova la Mostra del Patriarcato". "Bon dai, saranno le solite robe, quattro calici, tre vesti per preti, un ostensorio" - disse il solito Carmelo. "Chissà? Magari possiamo capire qualcosa di più su Nova Gorica e Gorizia, adesso che abbiamo scoperto la bellezza di Aquileia...". Entrarono, accolti dal mosaico del IV secolo, il buon pastore dell'abito singolare. E poi cominciarono ad addentrarsi in una storia talmente incredibile da far fatica a credere che fosse vera. Sembrava una nuova Pentecoste: ungheresi, austriaci, croati, macedoni, serbi, italiani, sloveni, tedeschi, ebrei sembravano uniti da una forza interiore, mentre parlavano lingue diverse e si donavano reciprocamente la bellezza di storie e culture sconosciute. Il Patriarcato - "Ma che brutto nome" - disse ridendo Nunziata che da giovane aveva partecipato alle lotte femministe assai mal digerite nella sua Puglia. Sì, il Patriarcato occupava buona parte del Centro Europa, per qualche secolo aveva avuto anche giurisdizione civile e in ogni caso aveva delineato fino quasi al giorno d'oggi confini ed enucleato problemi. I reperti esposti erano uno più bello dell'altro, ma la cosa più interessante era capire il ruolo del cristianesimo, poi del cattolicesimo, nella costruzione della nuova Europa. 

"Dopo aver visto tutte queste cose" - disse Carmelo - "non ci resta che tornare in albergo e guardare gli orari delle corriere. Domani ci attendono Nova Gorica e Gorizia." Con espressione fiorita Ninetto commentò: "Un po' come i frutti maturi dei semi gettati ad Aquileia". "Maturi sì ora, ma nel passato anche un po' marci" - chiosò Carmelo che aveva sentito dal padre i racconti della Resistenza che avevano creato in lui uno spirito indipendente e decisamente antifascista". "Sì, la guida dice che non siamo neanche a metà del nostro viaggio" - commentò Nunziata. "Beh insomma, non ci resta che concludere la giornata con un buon bicchiere di Traminer dei patriarchi". "Oh no, ancora 'sti patriarchi!" (1. continua)       

lunedì 27 maggio 2024

Per la Pace, ma dalla parte di chi è di parte...

 

Dopo l'ennesima, ingiustificabile strage di Rafah, nella Striscia di Gaza, non c'è più alcuna alternativa alla chiarezza, non c'è più spazio per l'ambiguità. Se non si è direttamente coinvolti, si rischia di assuefarsi alle tragedie o di anestetizzare l'orrore con un pacifismo da salotto.

Non basta dire di essere per la Pace. E' indispensabile dare un nome preciso agli eventi che stanno accadendo, un giudizio pesante sulle responsabilità, una chiara proposta per uscire dal drammatico vicolo cieco nel quale ci si è infilati.

Cominciamo con il nome preciso agli eventi e la denuncia delle responsabilità. Dire che "non dovrebbero soffrire né gli israeliani né i palestinesi" è affermare una cosa talmente ovvia da essere banale, è come dire tutto e il contrario di tutto. In ciò che accade, è indispensabile prendere posizione, l'equidistanza serve solo a chiamarsi fuori dalla mischia. E se quello compiuto da Hamas il 7 ottobre è definito "terrorismo", si deve dire che ciò che sta perpetrando Israele nella Striscia di Gaza è "genocidio". E se si evidenzia il dolore degli ostaggi e dei loro parenti, non si può non nominare esplicitamente il bombardamento sistematico delle città palestinesi che ha portato all'uccisione di migliaia e migliaia di persone, quasi la metà bambini. E se si condanna - giustamente - il crudele gesto terroristico, come si può sorvolare su quasi ottanta anni di tremende vessazioni subite dal popolo palestinese da parte di Israele, che non giustificano ma spiegano. Se non si dice pane al pane e vino al vino, si rischia uno stucchevole infantilismo, da bandierine sventolate al vento senza tenere conto delle proporzioni della tragedia in corso.

Ciò vale anche per l'interminabile guerra in Ucraina. Coloro che si stracciano le vesti per l'ingiustificabile invasione dell'Ucraina e sostengono come la soluzione sia il continuo invio delle armi al guitto Zelensky, sono gli stessi che giustificano l'invasione di Israele nei confronti della Striscia di Gaza, ritenendo necessario disarmare radicalmente gli invasi. E' fin troppo facile capire come dietro a posizioni così contradittorie, non ci sia affatto una ragione ideologica, ma soltanto la tutela di interessi macroscopici, non ultimi quelli legati alla produzione e alla vendita - legale e illegale - delle armi. Le industrie belliche stanno andando a gonfie vele, compresa la Leonardo in Italia e i suoi "successi" sono salutati dagli inchini e dalle visite di alti esponenti del centro destra e anche del centro sinistra. Quella che si sta svolgendo in Ucraina è un'inutile strage cronicizzata e mentre i soldati cadono sotto i colpi reciproci e i civili muoiono bombardati perfino nei supermercati, qualcuno pensa di riproporre il mito del povero Milite Ignoto per appellarsi a una cultura di pace. Sì, l'intera generazione di europei (e non solo), falcidiata nell'orrenda carneficina che è stata la prima guerra mondiale, dovrebbe urlare al Mondo: basta con le guerre, basta con le armi e con gli eserciti, basta. E si dovrebbero additare come esempio, più che gli incolpevoli militi ignoti mandati al macello da politici incoscienti e generali crudeli, le migliaia di disertori che sono stati fucilati dai carabinieri perché si rifiutavano di uscire dalla trincea, di uccidere altri giovani simili a loro, "con lo stesso identico umore, ma con la divisa di un altro colore", come cantava il grande Faber.

Non si può farla passare liscia a Netanyahu che se ne frega dei pronunciamenti della Corte dell'Aia e perfino delle implorazioni del suo amico Biden, trascinando i suoi elettori davanti al tribunale della storia e seminando - lui sì - pericolosi semi di antisemitismo pronti ad attecchire nel terreno del neonazismo europeo. Non bastano le parole di circostanza di Meloni e Tajani, occorre riconoscere immediatamente lo Stato Palestinese, come hanno fatto la Spagna e la Slovenia. Gutierrez, dal seggio più importante dell'ONU e Bergoglio, dalla sede principale della cattolicità, hanno indicato la strada della diplomazia e della nonviolenza attiva come unica possibilità per uscire da questa situazione con una speranza di pace e non con la sempre più concreta possibilità di catastrofe globale.

Si è ancora in tempo per invertire la rotta. Ma accadrà soltanto se si avrà il coraggio di lasciare la facile strada lastricata di buone intenzioni di chi semina ovunque la parola "pace" senza dare a essa contenuti precisi e renderla fondamento di scelte pratiche efficaci. Finora chi si è smarcato da questo sdolcinamento finalizzato a far dimenticare gli autentici problemi oppure - soprattutto le nuove generazioni - è stato azzittito dai media oppure ha assaggiato i colpi dei manganelli. Se i gesti non disturbano, anzi sono lodati dai manovratori, significa che sono inefficaci. Forse è il momento di pagare di persona, pur di aiutare a crescere un'opinione pubblica che è sicuramente contro la guerra ovunque, ma non riesce a far sentire la propria voce, a trasformare in voti - e quindi in consenso - l'istanza accorata, documentata e competente di chi ai vani terribili massacri oppone la necessità del dialogo e non dell'omologazione tra le diverse parti, della diplomazia, della nonviolenza attiva e del disarmo universale.

sabato 25 maggio 2024

Hvala, grazie Pogi!

 

Foto Nevio Costanzo
Non è il Monte Grappa e la maglia non è rosa. Con il suo 8% comunque la salita ci mette del suo, senza contare il panorama, tra i monti goriziani, presso i binari che si proiettano orgogliosi verso il ponte di Solkan. E insomma, una pedalata dopo l'altra da qualche parte prima o poi si arriva...

No, non sono andato fuori di testa, ma non potendo inserire le foto del gran Tadej in quanto coperte da copyright, uno spunto dovevo pur trovarlo per scrivere due righe, un po' più leggere di quanto ordinariamente il periodo non consenta.

Andai a Komenda quattro anni fa, quando solo gli appassionati di ciclismo avevano fino a quel momento sentito nominare Tadej Pogačar, che proprio in quel giorno stava portandosi a casa le varie maglie del suo primo Tour de France. La gente era entusiasta, avevano creato un tendone per l'occasione, l'epica "battaglia" era stata contro il connazionale Primož Roglič e riproponeva le storiche rivalità fra Coppi e Bartali o, più tardi, tra Saronni e Moser o chi per loro. Si respirava un clima di grande riconoscenza, un paese sperduto nella Gorenjska diventava improvvisamente nominato ovunque. "Sarà vera gloria", dicevano tutti, raccontando gustosi aneddoti sul bambino che pochi anni prima si era iscritto al club del ciclismo e veniva compatito da tutti perché staccato dal gruppo, salvo poi accorgersi che era in testa, avendo percorso già un giro in più degli altri. Sì, da quella volta Pogačar ne ha fatta tanta di strada, anche nel senso letterale del termine, raggiungendo obiettivi straordinari: un altro Tour e due secondi posti determinati dalla troppa voglia di vincere tutto, un terzo posto alla Vuelta di Spagna, il giro di Slovenia del 2023 e un'infinità di corse classiche di un giorno. Fortissimo a cronometro, in montagna, non disdegna perfino le volate. Il tutto è condito dal vento della gioventù, non avendo ancora compiuto 26 anni!

Oggi sul Monte Grappa ha mantenuto la promessa e ha dato grande spettacolo, vincendo la sua sesta tappa e relegando il secondo in classifica generale a quasi dieci minuti di distanza, un abisso che non si riscontrava da decenni. Lasciando perdere le note troppo tecniche e rinviando al Tour de France la domanda fatidica sulla reale forza del vincitore e sulla presunta debolezza degli sconfitti, si deve dire che Pogi - come tutti ormai lo chiamano - come già del resto Roglič lo scorso anno con la "conquista" del Giro sul Monte Lussari, ha compiuto un'impresa forse perfino più importante del suo successo individuale.

Ha infatti riacceso la passione per il ciclismo, sempre stata presente negli italiani ma fortemente ridimensionata dagli scandali doping dei due decenni precedenti, come pure dalla noiosa routine del periodo successivo. La memoria del "pirata" Pantani era l'unica in grado di suscitare forti emozioni, ma il tran tran di Giri e Tour determinati dal controllo reciproco tra i protagonisti di turno aveva allontanato la gente dalle strade e dagli schermi televisivi. Il bravissimo Tadej ha ricostruito giorno dopo giorno l'entusiasmo, riportando "sulle strade del Giro" le masse, per qualche giorno alleggerite dalle preoccupazioni planetarie, dimentiche delle rivalità politiche, libere perfino dal tradizionale nazionalismo italico. E' ritornato il "campione", senza ulteriori connotazioni, come Sinner quasi perdonato perfino della "macchia" della comoda residenza a Montecarlo, talmente forte da essere superiore a qualsiasi catalogazione o critica, il "cannibale", come l'indimenticabile Eddy Merckx e pochi altri.

Per gli abitanti della/e Gorici ("le due Gorizia"), il trionfo di Pogačar ha un'ulteriore valore. Quod non fecerunt barbari fecerunt barberini, ma in senso contrario, del tutto positivo. Quello che non riuscirono a fare Schengen e la proclamazione della capitale europea della cultura, lo fece Pogačar. E vedere tanti goriziani che avevano giurato di "non mettere mai piede in Jugo", sventolare con gioia la bandiera slovena, non può che essere motivo di grande soddisfazione e di speranza. Chissà, forse ci voleva un fenomeno sportivo per risvegliare i dormienti e per comprendere quanto - al di là delle performance del giovanotto della Gorenjska - sia meraviglioso esser uniti nella diversità delle lingue, delle culture e delle concezioni della vita.

Grazie quindi a Tadej Pogačar per questo bellissimo Giro d'Italia, arrivederci al 2025, quando i ciclisti celebreranno la capitale europea della Cultura su Trg Evrope/Piazza della Transalpina. Nel frattempo domani a Komenda si festeggerà ben più solennemente che nel 2020, e non solo perché non ci saranno le mascherine! E l'individuo della foto, insieme al fotografo-ciclista potrà tentare di nuovo Sveta Gora o il Sabotin da Kojsko, per provare le stesse incommensurabili emozioni.

venerdì 24 maggio 2024

Povezani mesti pri Maksu

 

Giovedì 30 maggio, alle ore 19, verrà presentato "pri Maksu", il libro Nova Gorica - Nova Gorica, povezani mesti. Dopo le bellissime presentazioni al Kulturni dom di Gorizia, alla knjižnica Bevk di Nova Gorica, a Vicino/Lontano a Udine, all'agriturismo Albafiorita di Latisana, nella sala civica di Cormons per iniziativa della libreria Vecchiet, c'è molta attesa per questo nuovo passo, dato il luogo e i protagonisti dell'iniziativa. 

La libreria/caffetteria MAKS, a Nova Gorica, sta infatti diventando di giorno in giorno di più, un luogo di amicizia, incontro ed elaborazione culturale. Ogni mese c'è un fitto calendario di incontri, presentazioni e confronti, ma soprattutto in ogni momento si possono incrociare - approfittando per bere un caffé insieme - persone provenienti dall'intera "Gorici" (= le due Gorizia). E' proprio ciò che si vorrebbe dalla capitale europea della cultura, un luogo in cui l'incontro tra lingue e culture diverse sia la normalità e non l'eccezionalità e lo sguardo amichevole tra gli abitanti sia il fondamento di ogni percorso e iniziativa comuni.

E' quindi con particolare gioia che ci si troverà il prossimo giovedì. Si parlerà soprattutto sloveno, ma si realizzerà anche un curioso intreccio di idiomi, punti di vista e modi di osservare la realtà. Esso consentirà a ogni partecipante di sentirsi a casa, coinvolto in un'esperienza di immersione nella meravigliosa pluralità culturale che caratterizza il territorio e la cui valorizzazione è uno degli obiettivi del libro/guida, edito in sloveno da ZTT e in italiano da Ediciclo, anche in vista degli eventi connessi all'anno 2025.

Introdurrà e modererà l'incontro Klavdija Figelj, saranno presenti l'autore e Pia Lešnik, che con pazienza e competenza ha adeguato il testo alla sensibilità e alla comprensione dei lettori sloveni. Ci saranno naturalmente anche i responsabili e gli operatori della Libreria MAKS che sta trasformando la già bella realtà della Delpinova ulica in un vero e proprio costruttivo salotto culturale cittadino. 


domenica 19 maggio 2024

Buona Pentecoste, fuoco, comprensione delle lingue, colomba

 

La festa di Pentecoste ricorda i "cinquanta giorni" trascorsi dalla Pasqua. Per i cristiani, è la memoria della "discesa" dello Spirito Santo su Maria, le altre donne che avevano amato Gesù e gli apostoli riuniti nel cenacolo.

Un gruppo di persone, ancora terrorizzate dalla possibilità di essere arrestate e di fare la stessa fine del Maestro, nonostante l'esperienza personale e intime della risurrezione, diventano all'improvviso annunciatrici del Vangelo e testimoni in tutto il mondo.

I simboli della Pentecoste sono numerosi, tra essi si richiamano in questo contesto il fuoco, il dono delle lingue e la colomba.

A pensarci bene, sono tutti elementi ambivalenti. Il fuoco, il cui dominio ha consentito passi da gigante al percorso di homo sapiens, può rendere migliore la vita o la può distruggere. Può forgiare gli strumenti attraverso i quali costruire meraviglie o può annientare la natura e tutti i viventi. Il fuoco è il prodotto della combustione che mantiene in essere le stelle, che trasmette il calore necessario a far germogliare il seme e a far crescere la pianta. E' la furia devastante che non teme ostacoli nella sua azione di bruciare, estirpare, devastare. C'è un fuoco di Pace che anima i costruttori di una civiltà nella quale le relazioni interumane siano determinate dalla scelta della nonviolenza attiva. E c'è il fuoco della guerra, fomentato dagli interessi disumani di chi specula sulla pelle dei poveri per arricchirsi e prolungare il tempo dell'ingiustizia e della viltà. E' il fuoco che spinge le discepole e i discepoli a uscire dal rifugio per affrontare con immenso coraggio il Potere, armati soltanto con la forza della Fede e la potenza dell'umana intelligenza. E' la chiesa nascente, quella della sequela del vangelo e non dei dogmi. E' la comunità che condivide ogni cosa, nella quale non ci sono poveri perché tutto è di tutti. E' la celebrazione di una Chiesa senza chiese, di un servizio senza gerarchie, di una religione senza sacerdozio, di un potere dei senza potere, di spazi e tempi sacralizzati dall'irruzione della profanità, del Verbo che si è fatto Carne. E' il fuoco della Pentecoste...

L'esito di tale annuncio è la ricomposizione delle lingue disperse dalla pretesa imperialistica dell'uomo che si vuole sostituire al Mistero fondante l'Essere di tutte le cose. In altre parole, si tratta dell'unità nella diversità, compito supremo e obiettivo di ogni economia di comunione e politica fondata sulla relazione. essi parlavano - raccontano gli Atti degli Apostoli - e tutti comprendevano. E' un po' come quello che a Gorizia e Nova Gorica viene chiamato il plurilinguismo passivo, ognuno parla la sua lingua e tutti sono in grado di capirlo. La ricostruzione dell'unità linguistica è il segno del rinnovamento delle relazioni. Non è l'unico segno, ci sono luoghi in cui ci si capisce benissimo ma ciò non impedisce l'insorgere di terribili guerre. Così come la non comprensione linguistica no impedisce di per sé il realizzarsi di laicissimi miracoli, come la nomina transfrontaliera della Capitale europea della Cultura 2025. Dove le differenze hanno provocato violenze, persecuzioni e privazioni di libertà, oggi si cerca di costruire un mondo migliore, le diversità sono considerate ricchezza e la regola del rapporto interpersonale e interculturale diventa il dono e non l'omologazione. E' il dono delle lingue della Pentecoste, la possibilità di sperare in un Pianeta finalmente pacificato, radicato sui principi della libertà, della giustizia sociale e dell'universale sororità e fraternità.

Infine la colomba, che secondo i vangeli scende su Gesù nel momento del battesimo al Giordano. Dopo il diluvio universale, la colomba torna da Noè portando nel becco un ramo d'ulivo. E' la manifestazione della fine del tempo dell'ira di Dio. Ma Dio non può essere arrabbiato, è il solito vizio di conferire all'inconoscibile le caratteristiche umane. Sono il mancato rispetto delle leggi della natura e l'odio nei confronti dell'altro le vere cause di ogni diluvio esistenziale, non di quello casuale che caratterizza ogni fase dell'evoluzione del cosmo, ma quello derivato dall'esplicita scelta dell'intelligenza e dell'umana volontà. Dall'arca di Noè che è la Terra di questi tempi, è tempo di lanciare una metaforica colomba - le parole del Papa all'Arena di Verona ieri, l'abbraccio dei giovani palestinese e israeliano colpiti nei loro affetti da tanta violenza omicida - che si innalzi sopra le acque della sofferenza ovunque diffuse. C'è da sperare che tale messaggio non finisca sotto i colpi delle mitragliatrici e delle bombe, ma entri nelle coscienze di ogni essere umano, soprattutto dei decisori insediati nei Palazzi del Mondo. E ritorni nel cuore di ogni uomo, portando il suo nuovo ramoscello d'ulivo. Ad annunciare una nuova stagione di bellezza e di pace. E' la colomba della Pentecoste.