domenica 20 ottobre 2024

Marco Girardo presenta "Gorici" a Gradisca: il link della serata

 

Foto Nicola Orzan
Davvero una bella presentazione di Gorizia Nova Gorica, due città in una, nella sala comunale di Gradisca d'Isonzo.

Insieme a Marco Girardo, direttore di Avvenire, si è parlato di universali e particolari, spaziando dal tema del confine a quello della pace nel mondo, dalla necessità di politiche di accoglienza fino al ruolo del giornalismo.

Oltre cento persone hanno partecipato con passione e interesse all'incontro che a buon diritto può essere inserito nel percorso di preparazione al grande evento della Capitale europea della Cultura. L'introduzione di Paolo Polli, presidente del "Libro delle 18.03" è stata seguita da un saluto del Sindaco di Gradisca Alessandro Pagotto.

D'altra parte, il libro è occasione di dibattito e approfondimento, proponendosi come strumento per coinvolgere tutta la popolazione in un percorso che riguarda senz'altro amministratori e tecnici, ma che deve coinvolgere ciascuna cittadina e ciascun cittadino, ognuno come vero protagonista dell'evento. Ogni appuntamento si è rivelato assai interessante, nel Goriziano e altrove, come dimostrato anche la scorsa settimana nella Libreria Friuli di Udine, con l'ottima conduzione di Eleonora Sartori.

Di seguito il link per godersi la serata di Gradisca in diretta, come sempre opera preziosa di Nevio Costanzo: https://youtu.be/QBbC8so1imA

martedì 15 ottobre 2024

Le "Giornate" di Gregorčič e della Soča

 

Oggi, 15 ottobre, è la "Giornata" di un grande personaggio sloveno. Ma ricordando lui, tra ieri e oggi si celebra anche la "Giornata" dell'Isonzo, che in sloveno si chiama Soča e, come il sostantivo "reka" (fiume) è di genere femminile. 

Nel paese di Vrsno, sotto l'ombra del massiccio del Krn, poche case rurali tra gli alpeggi, a mezza costa tra la Soča e le alte vette, il 15 ottobre 1844 è nato Simon Gregorčič, poeta, scrittore, patriota, sacerdote, al di là delle definizioni soprattutto Uomo.

Già da bambino ha conosciuto l'asprezza della vita del pastore, vegliando sulle mucche e imparando i fondamenti del mestiere del casaro. Dimostrando fin dalla più tenera età una particolare intelligenza, viene avviato ben presto all'unica istituzione nella quale avrebbe potuto studiare e approfondire gli elementi costitutivi della realtà, il Seminario.

Ed è così che il giovane Simon lascia le erbe e i panorami delle alte vette per studiare e per prepararsi a diventare sacerdote incardinato nell'allora territorialmente enorme Arcidiocesi di Gorizia. Svolgerà il suo ministero prima a Kobarid, non lontano dal paese natale, poi a Branik, sotto l'antico castello di Rifembergo, a Gradiska pri Prvačini e infine a Gorizia.

Per la forza della sua vena poetica, è stato chiamato "l'usignolo di Gorizia" e a lui sono dedicati diversi monumenti, tra essi anche quello collocato nell'Erjavčeva ulica a Nova Gorica.

Si potrebbe sintetizzare il suo messaggio con la parola "amore", declinata in molti modi. Gregorčič ha amato appassionatamente la sua patria, al punto che sulla sua tomba, nel cimitero presso la chiesa di San Lorenzo a Smast, è raffigurato come il nocchiero che conduce la barca Slovenija attraverso i marosi minacciosi del suo tempo. Il suo più noto poema, dedicato alla reka Soči, oltre che essere una vera e propria dichiarazione all'amato corso d'acqua, preconizza con qualche decina di anni d'anticipo la catastrofe della prima guerra mondiale e la sofferenza che attendeva il suo popolo. 

Ha amato la natura, quella conosciuta quando da piccolo percorreva in lungo e in largo le balze del Krn alla ricerca delle mucche e delle capre. In tante sue poesie ritorna la profonda nostalgia della gioventù tra le malghe. Le montagne contemplate dalla pianura portano un messaggio di amicizia e lo stesso fiume ormai lento nel suo percorso verso il mare, ricorda lo splendore e la vivacità delle cascate alpine. In una sua poesia, paragona il suo essere stato pastore felice tra i prati sotto le montagne e il suo svolgere l'incarico di pastore d'anime, pensoso, nostalgico e molto spesso triste, rinchiuso nella sua nera veste. La malinconia che traspare dalle sue parole non gli ha impedito di diventare un punto di riferimento molto importante per i suoi parrocchiani, un prete amatissimo, tanto che al suo funerale si era formato un corteo lunghissimo che aveva attraversato la città di Gorizia e che aveva indotto un altro importante autore sloveno, Alojž Gradnik, a raccontarlo con emozione e sorpresa.

Il suo cuore lo ha avvicinato anche a una donna e l'uragano dei sentimenti corrisposti ma incompatibili con la veste talare si è riversato sia nel suo modo di intendere la Chiesa, polemico con tutto ciò che in essa appare come favoreggiamento alla banalità. al carrierismo e al classismo. E si è manifestato anche in alcuni dei suoi più struggenti versi, là dove esplode con potenza la contraddizione fra il desiderio di vivere il più umano dei sentimenti e la costrizione a una forzata rinuncia, dipendente dalla sua situazione di chierico. E' da questa privazione che peraltro scaturisce la caratteristica malinconia che traspare in tutti i suoi scritti, un senso di piccolezza di fronte al mistero della vita e della storia che non gli impedisce di impegnarsi e di lottare, ma che al fondo rileva sempre il calore di un fuoco che, al di là di tutto, resta inestinguibile. 

Di ogni essere umano si potrebbero scrivere enciclopedie, perché l'esistenza di ognuno è sempre un condensato immenso di pensieri, opere, azioni che in un modo o in un altro hanno contribuito a rendere la storia del mondo così come è. Ancor più vera è questa affermazione se applicata alla vicenda di un uomo e di un poeta come è stato Simon Gregorčič. Per il momento non si può che rinviare alla lettura dei suoi "Canti".     

venerdì 11 ottobre 2024

Dopo Selvelli e Cattunar, anche "Due città in una", con il direttore di Avvenire, alle "18.03"

 

Sono tanti i libri usciti in questi ultimi mesi sulla storia di Nova Gorica e di Gorizia. Tra essi sono da segnalare Capire il confine, spettacolare testo dai mille risvolti di Giustina Selvelli, Storia di una linea bianca, avvincente racconto del confine da parte di uno storico esperto quale è Alessandro Cattunar, SenzaconfiniGorizia Nova Gorica, dalla A alla Ž, pubblicato da UNITRE e presentato questa sera a Cormons (se qualcuno è interessato può rivolgersi direttamente al responsabile di questo blog e averne una copia gratuita).

La profonda Selvelli e il documentatissimo Cattunar sono stati presenti e hanno presentato i loro lavori nell'ambito della prestigiosa rassegna "Il libro delle 18.03", con uno straordinario successo di pubblico e di critica.

Ora anche al nostro Gorizia Nova Gorica, due città in una (o Povezani mesti nella versione sin lingua slovena) tocca l'onore di affrontare l'attento e preparato pubblico delle 18.03. A Gradisca d'Isonzo, sala Comunale, il 18 ottobre. Non è certo la prima presentazione, tutte le precedenti sono state interessanti occasioni di incontro e approfondimento dei temi relativi alla Capitale europea della Cultura 2025. Questa volta l'ospite chiamato a introdurre e a dialogare con l'autore è Marco Girardo, un caro amico oltre che direttore del quotidiano Avvenire - uno dei più attenti, influenti e liberi giornali presenti oggi in Italia. E' un'occasione straordinaria per portare le nostre città a livello di attenzione nazionale e internazionale.

Un grazie speciale a Paolo Polli per questa bellissima opportunità.

lunedì 7 ottobre 2024

L'ora del Satyagraha, la nonviolenza attiva

 

Sono tanti, anzi tantissimi i Paesi in guerra. Centinaia di migliaia di persone stanno morendo, in conflitti dei quali si parla tanto e in altri che non sembrano interessare a nessuno, se non a chi li combatte.

Il problema è la violenza, con la cavernicola pretesa che essa possa in qualche modo servire a risolvere i problemi esistenti fra le persone e i popoli. 

Ci sono dei momenti nei quali un'ombra di disperazione e di impotenza sembra stendersi sui destini degli umani. La violenza domina le relazioni, a livello interpersonale e internazionale, non sembra esserci possibilità di tregua.

La giornata odierna ricorda un terribile atto di violenza, preceduto da 75 anni di oppressione violenta e seguito da una sanguinosa guerra drammatica, della quale sembra non essere all'orizzonte la parola fine.

L'unico modo per celebrare la memoria dei caduti, in Israele, in Gaza, in Libano, in Iran e in tutte le parti del mondo, è riprendere in mano il cammino del Satyagraha, la nonviolenza attiva propugnata in epoca moderna da Gandhi, ma già preconizzata nella bibbia ebraica, nei testi coranici e nel vangelo di Gesù. "Porgi l'altra guancia" è tutt'altro che l'invito a rassegnarsi di fronte alla prepotenza dell'offensore. E' invece l'azione concreta di ribellione, quella che costringe chi vuole picchiare o uccidere a ritrovare la dimensione della propria umanità.

La regola del futuro è quella secondo la quale chi apparentemente vince in realtà perde e chi sembra perdere in realtà vince. Il che è una traduzione del concetto "chi vorrà salvare la propria vita la perderà e chi la perderà per la causa della Pace vera, la troverà". Vive chi muore e muore chi vive, come direbbe il grande Michelstaedter invitando a essere persuasi e a rifiutare la retorica.

Ma come mettere la questione se si esce dalla scelta di una testimonianza personale e ci si trova di fronte alla necessità di salvare dall'oppressione i soggetti più deboli e fragili? Io posso anche accettare di morire piuttosto che uccidere. Ma se di fronte a me vedo un atto di violenza nei confronti di un bambino o di un povero inerme, ho il dovere di intervenire, anche nel caso in cui per stornare la minaccia non ci sia altro mezzo che la coercizione fisica?

Sono domande terribili, che interpellano le coscienze e anche spesso le sconvolgono, come accaduto al grande pastore e pensatore protestante Dietrich Bonhoeffer, sospeso tra la convinzione pacifista e la scelta di attentare a Hitler. Con la proposta di un'etica della situazione in grado di responsabilizzare al massimo sviluppo l'intelligenza umana, Bonhoeffer sceglie il rischio e mette in discussione anche la sua convinzione più profonda, ritenendo così di poter evitare all'umanità intera ulteriori immense sofferenze, oltre a quelle già fino a quel momento provocate dal dittatore nazista. L'attentato, come si sa, non sortì l'effetto sperato e il giovane perse la propria vita a Buchenwald, lasciandoci una testimonianza di straordinaria umanità. Le sue lettere dal carcere, raccolte sotto il titolo di Resistenza e Resa, sono uno dei pilastri capisaldi della letteratura mondiale del XX secolo.

Allora che fare? Sperare contro ogni speranza, direbbe Paolo di Tarso. Ma concretamente significa diffondere la teoria della nonviolenza attiva, contestare le scorciatoie che prevedono l'uccisione e l'assassinio, sotto forma di terrorismo - l'unica arma efficace dei poveri - o di bombe a grappolo che devastano i corpi di decine di migliaia di bambini. Credere nel dialogo e nella trattativa significa imparare dai martiri di ogni tempo a dare la propria vita perché la violenza sia bandita dalla società, la guerra diventi un lontano ricordo e scompaiano la armi dall'orizzonte del mondo.

E' un illusione o è una possibilità reale? E' la basagliana utopia della realtà, che legge l'etimologia del vocabolo premettendo l'eu e non l'ou, il "bel luogo" e non il "non luogo". Se il Pianeta sarà il "bel luogo" della nonviolenza rovescerà il capitalismo liberista, vera fonte di ogni sofferenza e sopravvivrà, in caso contrario il suo destino sarà quello di essere un "non luogo" e la morte globale avrà la sua ultima, tragica parola.

martedì 1 ottobre 2024

Le celle telefoniche tra Nova Gorica e Gorizia, un confine da demolire

 

Alla vigilia della celebrazione della Capitale Europea della Cultura, c'è un ambito nel quale il confine è rimasto in piedi. E' un vero ostacolo, del quale stranamente si parla molto poco. Per essere rimosso non occorrerebbero ruspe o scavatrici, neppure si dovrebbero istituire particolari corsi di approfondimento.

Si tratta delle LINEE TELEFONICHE. Il malcapitato che proviene dalla Slovenia ed entra in Italia deve attendere qualche ora - o almeno una ventina di chilometri se si veleggia verso il casello autostradale di Villesse - prima che si ristabiliscano le normali potenzialità del roaming. Nel frattempo non riesce a telefonare, non gli funziona internet, non può usare applicazioni utili come easy park perché la linea non c'è o è intermittente. Lo stesso vale per l'italiano che è andato a qlandia o semplicemente a far benzina, quando rientra non si raccapezza più.

Non si sa bene perché, ma in molte parti d'Italia il "campo" lascia molto a desiderare. Lo sa bene chi percorre la Costiera verso Trieste o si aggira tra le strade della Bassa Friulana. Non parliamo poi dei treni, dove a ogni "buco nella rete" si innalzano al cielo una lunga serie di improvvisi e condivisi rosari.

Il fenomeno è meno evidente al contrario, quando si entra in Slovenia, passata la frazione di spazio e tempo necessario al cambio di cellula, tutto sembra funzionare a meraviglia.

Ordunque, sarà possibile che le reti cellulari abbattano i rispettivi confini e che i poveri diavoli che arrivano in Italia possano continuare a conversare al telefono o navigare in internet senza doversela prendere con chissà chi, per l'improvvisa scomparsa della voce dell'interlocutore e per la sua sparizione di lunga durata? Capitale della Cultura sì, ma rendiamo possibile una condivisione delle "celle" in una fascia chilometrica almeno simile a quella della vecchia, cara "prepustnica"!

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domenica 29 settembre 2024

Che bella Gorici, le due Gorizia congiunte!

 

Come è bella la nostra città, percorsa in bicicletta in una spettacolare giornata di Sole come quella che ha caratterizzato questa domenica!

Sì, la nostra città, o meglio la città congiunta. Ecco Nova Gorica, con i suoi caseggiati - la cosiddetta "muraglia cinese" - immersi nel verde. E' stata l'intuizione originaria di Ravnikar. Anche se poi ampliata, modificata, a volte forse dimenticata, essa dall'alto risulta evidente. E' un città giovane, a misura di ciascuno, un luogo dove Natura e Cultura sembrano intrecciarsi in uno sguardo simpatetico rivolto al futuro.

Dietro alla teoria dei palazzi armoniosi nel loro apparente disordine, si intuisce tutto il resto. Leggermente sopraelevata, ecco, si intravvede la vecchia Gorizia, con le case che come puntini sparsi da un giocatore di dadi interrompono qua e là la continuità di altri ampli parchi che riempiono di ossigeno l'aria e gratificano la vista. Sotto il Monte Calvario si scorge perfino il campanile di Podgora. Le colline che la circondano formano come un grande anfiteatro, nel cuore del quale si svolgono gli eventi che rendono affascinante e drammatica la vita di ognuno di noi, delle nostre famiglie, delle nostre comunità.

Lo spettacolo che si sta per svolgere e per il quale ci si sta preparando è la Capitale europea della Cultura. Tra le tante tessere che comporranno il mosaico di un periodo che si preannuncia ricchissimo di eventi e di bellezza, c'è da ricordare che ogni abitante di Nova Gorica e Gorizia non sarà spettatore, ma a pieno titolo attore di un evento che potrebbe veramente provocare un immenso salto di qualità nelle relazioni tra le persone che vivono intorno al vecchio confine.

Per il momento godiamoci lo spettacolo di una/due città congiunte, un percorso di pace e di giustizia che si potrebbe intitolare INSIEME, SKUPAJ.

giovedì 26 settembre 2024

Che fine ha fatto la mostra sul "Tesoro di Aquileia"?

 

Un po' di sale, ogni tanto...

Nell'anno precedente la pandemia, era nata una bella idea, quella di presentare il tesoro storico dell'Arcidiocesi di Gorizia nelle due strutture di Santa Chiara a Gorizia e Palazzo Meizlik ad Aquileia.

Il covid portò altri pensieri e progetti, la proposta rimase nel cassetto, in attesa di tempi migliori.

Questi arrivarono con l'annuncio di Nova Gorica con Gorizia capitale europea della Cultura 2025. Nella primavera 2023 si mosse Aquileia ed elaborò un percorso a dir poco entusiasmante, anche grazie all'esplicito sostegno dell'assessorato alla Cultura della Regione Friuli-Venezia Giulia. Con i referenti della Società per la Conservazione della Basilica di Aquileia, si riunirono i rappresentanti di Fondazione Aquileia, Comune e Museo Archeologico Nazionale. Si contattarono i responsabili del Goriški Muzej e di Kostanjevica. Si arrivò fino alla stesura di una bozza di lavoro, con alcune caratteristiche importanti.

Sotto il titolo il Tesoro di Aquileia, si riteneva possibile e si sperava di offrire ai visitatori un grandioso percorso su più sedi, unite nel presentare la relazione tra spiritualità e arte, dall'antichità preromana fino alla postmodernità. Ad Aquileia avrebbero trovato spazio le testimonianze relative alla realtà dell'Adriatico settentrionale e alle relazioni con i culti diffusi nel Bacino Mediterraneo. A Palazzo Meizlik e in Basilica avrebbero trovato posto gli apporti del paleocristianesimo e dei primi secoli del Patriarcato. A Gorizia, tra Santa Chiara e Kostanjevica, si sarebbero esposti i reperti legati alla storia dell'Arcidiocesi, dal 1751 a oggi, ma anche le vicende legate al protestantesimo, con la predicazione di Trubar nel '500 e con la ripresa valdese/metodista alla fine dell'800. Non sarebbe mancata la menzione alla gloriosa e tragica storia dell'ebraismo goriziano e dei suoi illustri rappresentanti. Nel Goriški Muzej e a Sveta Gora avrebbero trovato posto le vicende legate alla storia del popolo sloveno, al processo di cristianizzazione, alle sopravvivenze della religiosità naturale e popolare. Naturalmente si sarebbe parlato anche del Novecento, raccontando le delicate vicende del "secolo breve" contestualizzate nell'intera lunga vicenda storica del territorio.

Bello vero? Sì, molto bello, è stato detto nell'aula del Consiglio Comunale più di un anno fa, quando questo ambizioso e sostenibile progetto è stato presentato ai decisori, all'inizio del mese di settembre 2023. E' stato assicurato che nel giro di un mesetto sarebbe stata costituito il Comitato Scientifico e tutto sarebbe andato avanti spedito, tutto liscio fino alla realizzazione dell'obiettivo. Passato circa un mese, una fantomatica commissione nominata da non si sa bene chi, è stata convocata per contemplare i tesori dell'Arcidiocesi contenuti nel forziere dell'Arcivescovado. Si vociferava, in quella occasione, dell'assegnazione della direzione scientifica a Marino Degrassi, ma né il bravo editore era presente, né da quel momento in poi sarebbe più stata convocata la suddetta Commissione, pubblicizzata sui quotidiani, ma in realtà mai insediata.

E adesso? Dato ormai per scontato che l'entusiasmante progetto "Dal preromano al postmoderno" non potrà essere realizzato - impensabile riprendere tutte le relazioni interrotte e organizzare il tutto ormai alla vigilia del 2025 - è dato sapere quale sarà il destino della Mostra? Sarà limitata ai "pezzi" del Tesoro conservato in Arcivescovado? Aquileia, che all'inizio sembrava essere decisiva nell'organizzazione complessiva, c'entrerà ancora qualcosa? Si dice (dicunt tradunt ferunt) che qualche giorno fa, nel corso di un incontro tra il suddetto Degrassi, il referente della cultura dell'Arcidiocesi di Gorizia don Santi Grasso e l'assessore Oreti, sia stata di fatto affidata la direzione artistica a una persona molto competente e degna e che questa abbia cominciato già a muoversi per immaginare le caratteristiche fondamentali dell'esposizione. Non sarebbe il caso di passare dal "si dice" al "si fa", ufficializzando eventuali decisioni prese e anche - almeno per educazione - notificando ai cosiddetti "commissari" che erano stati contattati un anno fa, che il loro compito è esaurito, o meglio, non è neppure iniziato? Perché tanti segretucci che non giovano alla trasparenza e tanti accordi sotterranei così lontani dalla bella impostazione generale della capitale europea della Cultura?  

mercoledì 25 settembre 2024

A Napoli, per parlare di Nova Gorica e Gorizia, con entusiasmo!

 

Essere a Napoli per parlare di Nova Gorica e Gorizia all'interno del Festival delle Lingue dell'Università "L'Orientale". E' un onore e un dono grande per me, reso possibile dall'incontro estivo con Maria Bidovec e Sanja Pirc, nel corso del Seminario di lingua e letteratura slovena tenutosi presso la facoltà di filosofia dell'Università di Ljubljana. Sono rispettivamente insegnanti di lingua slovena a Napoli e e a Roma. Ma ci sono altre ottime insegnanti di sloveno nelle università di Udine e Padova, per non parlare di Trieste, dopo la straordinaria esperienza di lettorato con Rada Lečič. Insomma, lo sloveno si fa strada in tutte le facoltà universitarie in Italia.

Ma, senza divagare troppo, che cosa dire a Napoli di Nova Gorica e Gorizia? Il primo obiettivo è trasmettere un entusiasmo profondo per ciò che sta accadendo. Un territorio che ha provato e testimoniato l'orrore della guerra, dei nazionalismi e degli assolutismi, che ha visto scorrere tanto sangue sulle sue montagne e nei suoi fiumi, oggi viene indicato dall'Europa come modello di amicizia e concordia tra popoli che parlano lingue diverse e vivono differenti culture.

Il secondo è riproporre la soluzione del duale. Gorizia a Nova Gorica non sono più città divise, ma neppure una città unica, bensì congiunte. Proprio come nell'originale e quasi unico elemento grammaticale della lingua slovena. Non esiste solo l'io e il noi, ma anche il midva, il "noi due", anche perché ogni costruzione di identità personale passa sempre attraverso la relazione io-tu. Così come il patto sociale presuppone sempre l'esistenza previa di un rapporto interpersonale. E così, Nova Gorica e Gorizia non devono diventare una città unica, ma rimanendo ciascuna sé stessa congiungersi con l'altra, offrendosi reciprocamente la bellezza della propria storia, geografia, letteratura, natura, imprenditoria e arte. Ciascuna resta sé stessa e insieme costruiscono una nuova meravigliosa realtà.

Infine - perché occorrerà ridurre il tutto a meno di un'ora di riflessione - sarà da sottolineare il significato della Capitale europea della Cultura per l'Europa e per il mondo. Di fronte all'interminabile guerra in Ucraina, foraggiata dalle armi "occidentali", al terribile genocidio di Gaza e agli altri troppi conflitti che si combattono ovunque nel mondo, è possibile immaginare che la Cultura fondi un nuovo concetto di Pace. Nova Gorica, Gorizia e i loro dintorni possono diventare laboratorio internazionale di pace, luogo di accoglienza senza confini, centro di addestramento per giovani che desiderino prepararsi a costruire relazioni pacifiche tra realtà in guerra, luogo per l'avvio delle trattative che conducono nazioni in guerra a riconoscersi, ascoltarsi e avviarsi verso una pace equa e duratura.

E' bello parlare di tutto questo a Napoli, città per definizione plurilingue e pluricultrale, si potrebbe dire quasi universalistica. Non potrà mancare un caldo invito a venirci a trovare, per conoscere questo spazio ancora potenziale ma già reale di accordo, di sororità e fraternità tra le persone e i gruppi che è Nova Gorica con Gorizia. Naturalmente proponendo anche un salto ad Aquileia, là dove tutto è iniziato e là dove l'emozione suscitata dalla bellezza dell'arte e della spiritualità potrebbe veramente essere un richiamo generale a costruire ovunque un mondo migliore, più umano e più giusto.

Grazie per questa occasione e... crediamoci! Ciascuno con la sua competenza e il suo ruolo, ma proprio nessuno escluso, porterà la propria tesserina nel mosaico della Capitale della Cultura che non appartiene soltanto agli amministratori e ai tecnici, ma riguarda ogmi cittadina e ogni cittadino di questo drammatico e affascinante territorio.

Aggiungo un augurio, un bocca al lupo speciale, per Alessandro Cattunar, che domani all'auditorium Formedil presenterà il suo nuovo libro su Gorizia, Storia di una linea bianca. Naturalmente, alle 18.03!

martedì 24 settembre 2024

Fermare le leggi fascistissime

 

In carcere. 

Se fermi le macchine per sensibilizzare sul clima, finisci in carcere. Se protesti contro le grandi opere, TAV o ponte sullo Stretto di Messina, finisci in carcere. Se poi sei già in carcere e dichiari che ti trovi a disagio, ricevi un aumento di pena. Se fai un sit-in di protesta contro la guerra e l'invio delle armi in giro per il mondo, rischi di finire in carcere.

Insomma, come cantava Antoine, dovunque te ne vai, qualunque cosa fai, tu sempre pietre in testa, riceverai.

Leggendo i punti principali del cosiddetto decreto per la sicurezza, si pensa di trovarsi di fronte a una strumentale bufala. Invece la realtà supera di gran lunga l'immaginazione. La Camera dei Deputati ha già votato le leggi fascistissime e tra qualche giorno toccherà al Senato. Poi potrà esserci un ritardo, dal momento che difficilmente il presidente della Repubblica sottoscriverebbe una simile trafila di minacce. Un suo rinvio alle Camere porterebbe allo slittamento di qualche mese, poi non resterebbe altro che il ricorso alla Corte Costituzionale o a un referendum dagli esiti incerti.

Mentre le carceri italiane si segnalano per una situazione di disagio e di degrado che suscita indignazione in Europa e nel Mondo, con un sovraffollamento del 30% rispetto al massimo di "accoglienze" consentito, il Parlamento approva delle leggi che avranno due possibili conseguenze. O ci sarà un soprassalto di coscienza democratica e le case circondariali si riempiranno di prigionieri politici che sfideranno le guardie pur di continuare a sostenere il diritto di manifestare e di esprimere opinioni diverse da quelle del Potere di turno. Oppure le leggi otterranno il loro scopo e su un'Italia già in crisi scenderà l'ombra pesante del dispotismo.

Che momento! Genocidio a Gaza, guerra tra Israele e Libano, conflitti ovunque, Ucraina pronta a spedire missili in Russia, con possibile conseguente pericolo di tragico allargamento del conflitto, Unione europea in trincea e soffocamento del dissenso in Italia. Non solo in Italia, in Francia, in barba al voto popolare, si insedia un governo di destra, in Germania la repressione colpisce perfino i bambini di dieci anni, come dimostrato da un filmato su you tube, divenuto in breve tempo virale.

Tutti abbiamo i nostri problemi, ma veramente il tempo di un'azione democratica e non violenta si sta assottigliando. Una società civile, in realtà molto migliore di chi la rappresenta, può e deve agire, cercando di perforare la cortina fumogena di un sistema mediatico sempre più asservito agli interessi di un Governo che dietro al pugno duro nasconde il pieno asservimento alle imposizioni dei padroni multinazionali del vapore. Un transatlantico che si chiama turbo Capitalismo, sul quale pochi mangiano, bevono e ballano come i passeggeri del Titanic, prossimi a incrociare il fatale iceberg.

lunedì 16 settembre 2024

Gorici, il territorio delle due Gorizia, protagonista a Napoli

 

Giovedì 26 settembre, presso l'istituto "L'Orientale" dell'Università di Napoli, nell'ambito del Festival delle Lingue, si parlerà di Nova Gorica e di Gorizia.

Alle 15 ci sarà una conferenza, nel corso della quale verranno evidenziate le straordinarie opportunità offerte dal vivere in un territorio di confine. Senza tacere la drammaticità degli eventi che si sono verificati soprattutto nella prima metà del XX secolo, si racconterà il percorso che ha portato due città divise a essere congiunte, nella valorizzazione delle differenze. Si parlerà anche dell'Europa che in un momento particolarmente difficile, caratterizzato da nuove guerre, dal rinascere del nazionalismo e del razzismo, guarda con speranza a Nova Gorica e Gorizia, capitale europea della Cultura (ma anche della Pace, dell'Accoglienza e della Giustizia) per il 2025. Seguirà, alle 16, la proiezione dell'ottimo film Moja meja/Il mio confine, di Anja Medved e Nadja Velušček, che consentirà di andare ancora più a fondo sulla percezione della storia di una frontiera che si vorrebbe eliminata per sempre, non soltanto dalla carta geografica ma anche e soprattutto dalla testa delle persone. Il tutto sarà anticipato, alle ore 14, da un'assai interessante riflessione di Rosanna Morabito e Maria Bidovec sul tema Le lingue dei vicini, serbo croato e sloveno. Per questa straordinaria occasione, un grazie speciale a Maria Bidovec e Sanja Pirc, referenti dell'insegnamento accademico della lingua e della cultura slovena a Napoli e a Roma.

giovedì 12 settembre 2024

Venerdì ad Aiello si presenta "Gorici", per un ragionamento senza confini

 

Foto d'archivio di Nevio Costanzo
Venerdì 13 settembre, alle ore 20.45 presso la sala civica di Aiello del Friuli, riprende il ciclo di presentazioni del libro Gorizia Nova Gorica, due città in una, edito da Ediciclo, contestualmente all'edizione in lingua slovena Gorica Nova Gorica, povezani mesti, da parte di ZTT, l'editrice slovena di Trieste.

L'incontro sarà particolarmente interessante anche per la cornice musicale che sarà portata dalla cantante goriziana Gabriella Gabrielli e dal suo "Quartetto di Confine". Eseguiranno musiche che esprimono la bellezza della diversità delle culture e delle lingue, caratteristica fondamentale della Capitale europea della Cultura 2025. 

La presentazione del libro, come è stato in altre circostanze, è l'occasione per parlare dell'importante evento che attende le due città congiunte, a partire dal prossimo 8 febbraio 2025, anniversario della morte del poeta sloveno France Prešeren e della nascita di Giuseppe Ungaretti. A dialogare con l'autore sarà Stefano Perini, storico, filosofo e uomo di grande cultura, da sempre punto di riferimento per la ricerca storica ad Aiello e nella Bassa Friulana, nonché coordinatore dell'ottimo periodico Ad Agellum. Si parlerà di Nova Gorica e Gorizia, ma anche dell'intero territorio circostante, tutto coinvolto nel grande progetto approvato dall'Unione Europea. 

L'iniziativa è promossa dal Circolo Culturale Navarca e dal suo presidente Aurelio Pantanali. Veramente una splendida opportunità per uno scambio di idee sui problemi e sulle prospettive dell'ormai imminente celebrazione della capitale culturale d'Europa... 

Le prossime presentazioni del libro saranno sabato 28 settembre alle 18.30 a Strassoldo, con Gabriella Burba, venerdì 4 ottobre alle ore 18.30 a Ruda, con l'interlocuzione di Pierpaolo Gratton e giovedì 10 ottobre, alle ore 17.45 presso la Libreria Friuli di Udine, insieme a Eleonora Sartori.

lunedì 9 settembre 2024

Nei boschi che circondano l'Isonzo/Soča

Dice il saggio: "non si può conoscere ciò che si crede già di sapere". Ed è proprio vero! Vale anche per il bacino fluviale dell'Isonzo/Soča. Si può credere di saperne tutto, o almeno quasi tutto perché lo si è percorso dalla sorgente alla foce, a piedi, in bici, in canoa... E invece ecco che quando meno te lo aspetti, qualcosa ti fa comprendere la tua sostanziale ignoranza e la misura incolmabile delle sorprese che può ancora riservare.

Certo, occorre lasciare la trafficata strada principale e inoltrarsi nei boschi che circondano praticamente tutto il corso d'acqua. A chi si inoltra nei sentieri meno battuti, sfidando i rovi e gli spini che crescono ovunque, vengono riservati spettacoli inattesi. Ecco un fragile ponticello che si apre su un abisso, lisce pareti riflettono il luccichio del torrente che scorre profondo. Si percepisce che è un luogo pieno di sacralità, un sassolino in una foglia, due legnetti per chiudere una specie di pacchetto, da una parte una preghiera, dall'altra un grazie. Sale dal cuore un desiderio di silenzio, per ascoltare la voce misteriosa della foresta, per sentire lo stormire delle foglie, il canto degli uccelli, il ronzio delle api, il canto delle acque rigogliose che si scontrano con le rocce.

Dopo un po', ecco un'altra sorpresa, un ruscello timido e quasi invisibile crea con una delicata cascatella un improvviso laghetto. E' uno specchio nel quale si intravvedono gli alberi stroncati dall'ultima tempesta. Non ci si potrebbe credere a sentirlo raccontare, ma ovunque pullula il segreto della Vita. Ecco una libellula che accarezza la superficie, ecco strani ragni coriacei che giocano nuotando allegri sfidando la corrente, ecco i gamberi, uno piccolo che ricorda un cavalluccio marino e uno grande, bianco, a dimostrare la purezza delle acque e a ricordare cosa si trovava nelle pozze scavate dai torrenti, fino a non molto tempo fa, anche vicino alle città.

Attenzione, ecco una roccia proprio strana. Il primo pensiero va all'utero materno, anche perché in essa sembra trovare rifugio un animale mitologico, un gufo gigantesco o un unicorno che si nasconde davanti all'irruzione della civiltà. Invece è un'altra pietra, alla quale ciascuno dà una diversa forma, quando invece si tratta "soltanto" dell'opera con la quale l'acqua e il vento hanno modellato la roccia. Sono tante le pietre che assumono diverse figure, create dalla fantasia e dall'oscurità, quando le nuvole strappano al bosco anche gli ultimi raggi di un pallido Sole.

E' il regno dei vecchi credenti che da secoli in pubblico nascondono il loro rapporto privilegiato con le forze della Natura e della Vita dentro e dietro le dinamiche della simbolica cristiana, reinterpretata o forse aggiornata nell'ascolto umile e attento degli arcani linguaggi della terra, dell'acqua, dell'aria e del fuoco. Ma quando entrano nel tempio delle verdi valli che circondano il Deus Aesontius, ritrovano il volto dell'unico ospite divino nei mille dei incarnati nelle pietre, nelle cascate, nelle fate e negli gnomi che soltanto un cuore aperto al mistero può percepire nella solitudine riempita di segni e di sogni.

Dove tutto ciò? Per ora non ve lo posso dire. Cercate e troverete, se avrete una buona guida in grado di iniziarvi alla misteriosa sacralità della Natura senza mortificare la vostra voglia di avventura e di autentica conoscenza personale.

Gli eroi di Bazovica: il discorso integrale di Anna Di Gianantonio

 

Ieri, 8 settembre 2024, si è tenuta l'annuale commemorazione degli "eroi di Bazovica". Un coro potente e un'orchestra efficace hanno creato un clima di profonda emozione. La lettura delle toccanti lettere dal carcere di Regina Coeli di Fran Marušič, rese pubbliche per la prima volta grazie alla disponibilità delle nipoti, hanno aiutato a pensare al dramma di questi giovani che sono stati assassinati dai fascisti perché volevano difendere i diritti del proprio popolo. I saluti a nome dell'organizzazione di Milan Pahor e a nome della comunità cattolica del vescovo Trevisi hanno sottolineato l'importanza della valorizzazione delle lingue e delle culture, in una città come quella di Trieste e nel territorio circostante. Molto interessante è stato l'intervento introduttivo della ministra della Cultura della Repubblica di Slovenia Asta Vrečko, che ha ricordato le enormi ingiustizie e violenze che si perpetuano anche oggi, in particolare con il genocidio di Gaza e che si è anche riferita alla grande occasione di Nova Gorica con Gorizia capitale europea della Cultura 2025. Le orazioni ufficiali sono state portate da un'esperta di lingua, storia e letteratura slovena e dalla storica Anna Di Gianantonio, il cui intervento viene qui pubblicato integralmente. E' una lettura lunga, ma veramente vale la pena di non perdere neppure una parola:


Sono davvero onorata di aver ricevuto l’invito a parlare nella ricorrenza della tragica
fucilazione dei quattro eroi di Basovica, Ferdo Bidovec, Franjo Marušič, Zvonimir Miloš,
Vekoslav Valenčič ,uccisi al termine del primo processo di Trieste il 6 settembre 1930.
Giovani che appartenevano all’organizzazione Borba che attraverso momenti di incontro,
escursioni e discussioni, con la diffusione della stampa e anche con le armi volevano
difendere l’identità slovena e il loro stesso diritto ad esistere nella società giuliana di quegli
anni in cui si parlava di “bonifica etnica”. Da giovanissimi avevano visto e sentito parlare
dell’incendio del Narodni dom e del silenzio di Giolitti che non aveva risposto al
memoriale che i dirigenti sloveni più anziani gli avevano mandato. Avevano capito che i
metodi tradizionali di lotta non bastavano più, dopo che dal 1927 erano stati costretti ad
entrare in clandestinità a causa della legge fascista che aveva sciolto le associazioni.
Voglio per prima cosa ringraziare il Presidente del Comitato Promotore degli eroi di
Basovica, Milan Pahor e tutto il direttivo e Štefan Čok storico della Sezione di Storia ed
Etnografia della Biblioteca Nazionale Slovena degli studi.
Ho letto e seguito negli anni l’impegno, le difficoltà, la costanza che il Comitato ha
profuso per dare alla quattro giovani vittime il riconoscimento di eroi combattenti.
Continuava così l’impegno a mantenere viva la memoria che, dopo appena due mesi
dall’esecuzione dei quattro eroi, aveva portato all’erezione a Kranj di un monumento in
legno in loro ricordo, la piramide spezzata, e l’anno dopo all’inaugurazione di quello in
muratura, che, come ricorda con orgoglio Drago Žerial, protagonista del ritrovamento dei
corpi delle quattro vittime al Cimitero di S. Anna nel 1945, fu il primo monumento
antifascista al mondo.
Voglio ricordare tutti gli studi degli intellettuali e storici sloveni, la raccolta e l’analisi delle
testimonianze dei protagonisti di quegli anni, poi tradotte, perché è stata una ricerca
fondamentale per gli storici italiani che hanno avuto accesso ad una documentazione
indispensabile per l’analisi dell’antifascismo sloveno tra le due guerre. Il lavoro culturale è
stato qualcosa in più che la pubblicazione di libri: è stato un gesto di pace e di fratellanza,
perché la condivisione della storia porta alla comprensione e al rispetto reciproci.
Importanti sono state le trasmissioni radiofoniche di Lida Turk che hanno divulgato la
memoria dell’antifascismo sloveno ad un pubblico ancora più vasto. Questo enorme lavoro
ha avuto una valenza politica, nata dalla consapevolezza che la memoria e la storia sono
terreni conflittuali, attraversati da diverse interpretazioni che rispondono spesso a interessi
politici.
Noi ricordiamo i crimini compiuti dai nazionalisti italiani in sintonia con gli industriali e la
finanza, le forze dell’ordine e i fascisti già all’indomani della gestione militare della città
del generale Carlo Petitti di Roreto. Conosciamo le violenze razziste di quegli anni,
violenze che hanno un lungo arco cronologico e un ampio spettro territoriale. Per esempio
a Gorizia, dopo l’uccisione nel 1937 di Lojze Bratuž e le tragiche vicissitudini di sua
moglie, la poetessa Liubka Šorli, nel 1947, a guerra finita, la violenza culminò con la
distruzione delle attività economiche e commerciali degli sloveni e con il saccheggio delle
loro case e continuarono nel ‘49 con l’aggressione agli sloveni che volevano celebrare il
poeta Prešeren nella centrale sala Petrarca. Un filo nero ha legato il confine di Rapallo a
quello stabilito a Gorizia nel 1947. Il nazionalismo si lamentava nel’20 della “vittoria
mutilata” e nel ‘47 dell’ingiustizia del nuovo confine stabilito dal Trattato di pace, senza
riconoscere le colpe del fascismo e le tragedie della guerra. La mia generazione non può
dimenticare il clima della guerra fredda che ha scoraggiato molti italiani dall’imparare la
lingua e la cultura del vicino di casa, mai proposta nella scuola, provocando un grande
impoverimento culturale. Nè dimentichiamo quello che successe nel 1969, a due mesi dalla
strage di piazza Fontana, con gli attentati neo fascisti alla scuola slovena di via Caravaggio
di Trieste dove vennero ritrovati volantini anti slavi e al cippo confinario della Transalpina
a Gorizia.
Nella prefazione al volume di Milan Pahor “L’organizzazione antifascista Borba 1927-
1930” Adriano Sofri ha scritto una frase che mi ha colpita. Sofri parla della “memoria che
può essere preziosa per dirci “quel che non siamo più, quel che non vogliamo più”. Questa
frase è di grande importanza per gli antifascisti.
Ma bisogna essere altrettanto consapevoli che una memoria e una storia ostile a quella
antifascista è ben presente ancora nella società italiana e che ad ogni passo in avanti verso
il rispetto e la riconciliazione tra le due comunità, c’è qualcuno che vi si oppone. Quando
nel 2020 i due presidenti Pahor e Mattarella si sono recati ad omaggiare il monumento
della foiba di Basovica e quello dei 4 eroi fucilati e poi hanno firmato a cento anni di
distanza, la restituzione del Narodni dom, il gesto è stato importante. Ma non va
dimenticato che nel 2021 la richiesta di fare riconoscere questo monumento di interesse
nazionale è stata duramente contestata dall’ Unione degli Istriani e dalla Lega nazionale,
che hanno giudicato inaccettabile il riconoscimento, perché le vittime erano anti italiane e
terroriste. Dunque, con un rovesciamento tipico della retorica nazionalista, era definito
terrorista non chi aveva distrutto le associazioni slovene, picchiato e ucciso i militanti,
espropriato banche e terreni, costretto all’emigrazione centomila sloveni e croati e
scatenato una guerra di aggressione, ma chi a questo si era ribellato. Di esempi in cui ad
ogni conquista ottenuta c’era un ritorno indietro se ne potrebbero fare molti. Nel 2025
Nova Gorica e Gorizia sono capitale della cultura, un grande gesto di riconciliazione e di
pace. Spero quindi che il sindaco della città non accolga ancora i reduci della Decima mas
in Comune e approvi il ritiro della cittadinanza onoraria a Mussolini, più volte richiesto. Il
processo per il rispetto della storia e della memoria nei nostro territorio non è dunque né
semplice né lineare, ma ci rafforza vedere quanti siamo che lavoriamo per gli stessi
obiettivi: pace, rispetto, verità.

giovedì 5 settembre 2024

Con Mirt Komel da Maks a Nova Gorica, un dialogo filosofico-teologico

 

Ohraniti sanje, di Mirsad Begic (1953)
Venerdì 6 settembre, alle ore 11, presso la splendida libreria Maks in Delpinova ulica a Nova Gorica, ci sarà il primo dei tre dialoghi filosofico teologici fra lo scrittore Mirt Komel e il sottoscritto.

Il primo incontro si inserisce nella ricchissima settimana di eventi denominata "Mesto knjige", la città del libro. Nel contesto della stagione estiva, ormai avviata verso la fine, si parlerà di dio e degli dei, della guerra e della pace, della gioia e del dolore.

Il tema della rassegna è "Spomin", da tradurre forse più con "memoria" che con "ricordo". Ciò renderà possibile affrontare anche alcune domande di fondo, spesso trascurate e marginalizzate nel contesto attuale. Per esempio, che cosa è la teologia? Cosa ha a che fare con i "discorsi sugli dei" dei pensatori greci e con il trionfo del monoteismo in ambito cristiano, ma soprattutto ebraico e musulmano? In che rapporto il riferimento al Trascendente condiziona l'esercizio della guerra o favorisce la ricerca della pace? E' possibile un linguaggio condizionato dallo spazio e dal tempo intorno a un oggetto per definizione al di là dello spazio e del tempo? Si può parlare di ciò che non si può conoscere? E ancora, cosa c'entra dio con la sofferenza umana? Con le malattie, con i cataclismi che affliggono l'umanità, con i bambini atrocemente travolti dal male "provocato" da altri esseri umani o dall'imperscrutabile scorrere degli eventi naturali?

Una delle possibili risposte è "no, non c'entra niente", tutto ciò che accade è affidato solo alla libera interpretazione e responsabilità umane. Dio è il "totalmente altro" che può essere affermato e creduto soltanto in quanto tale, svincolato dagli argini imposti alla e dalla ragione. In questo senso la teologia può ri-centrare il proprio oggetto, riportandosi proprio al tema di Mesto knjige: non cerca di assolvere o condannare il divino, non lo porta neppure sul banco degli imputati, ma prende atto e riflette sull'esperienza storica di coloro che "in nomine Dei" hanno dato un significato alla propria vita e hanno impresso una svolta (spesso catastrofica!) alla Storia. In questo caso il ragionamento procede da una memoria - quella essenzialmente contenuta nei libri ritenuti dai credenti ispirati o dettati dall'Assoluto - per scoprire un senso (esiste un senso?) nel presente e orientare una scelta improntata al desiderio di un futuro. Teologia quindi non come discorso su Dio, bensì come interpretazione dell'esperienza umana alla luce di un trascendente che, secondo la Bibbia, non si dovrebbe neppure nominare.

E la filosofia? E' possibile un dialogo fra un teologo e un filosofo? 

Beh, la risposta - o almeno un tentativo di risposta - la trovate domani, venerdì 6, se venite da Maks alle 11. Ah sì, sarà un esperimento di bilinguismo passivo, ognuno parlerà la propria lingua nella certezza della comprensione da parte dell'altro. 

martedì 3 settembre 2024

Elezioni in Germania, una sveglia per la sinistra?

 

Le elezioni in Turingia e Sassonia hanno avuto un risultato sorprendente, con il trionfo dell'ultradestra, temperato nel secondo caso dalla tenuta dei cristiani democratici, in pratica di quello che in Italia si definirebbe centro destra.

Sorprendente? Forse no, piuttosto è una sveglia che suona per un centro sinistra e una sinistra dormienti, cullati dal sogno alimentato da qualche discreto dato ottenuto a livello di elezioni europee o nazionali.

Il risveglio è necessario, prima che le prossime occasioni li sprofondino ancor più nel sonno, dando per scontate, per esempio, le probabili vittorie della "grande coalizione" in una Liguria nella quale il centro destra si è autoaffondato, come pure quella di Kamala Harris contro un Trump che per il momento appare "suonato" dall'"arrocco" dei democratici USA.

Il risveglio non deve riguardare i "numeri" delle votazioni, ma ciò che sta dietro a esse. A destra si è sfondata la diga del "politicamente corretto", sono stati sdoganati concetti che si ritenevano confinati nelle soffitte della storia. Vengono riabilitati il nazismo in Germania e il fascismo in Italia, non tanto - o non soltanto - in quanto strutture di potere, ma come sistema di disvalori diffuso in ogni settore della popolazione: razzismo, violenza, discriminazione, nazionalismo, patriottismo guerrafondaio, ecc.

Come arginare questa pericolosa ondata? Forse è tempo che anche la sinistra abbatta la diga del politicamente corretto e che riproponga con convinzione valori che fanno parte del suo patrimonio storico e che sono stati dimenticati dalla necessità di stringere accordi con forze troppo diverse, con la conseguente perdita di una parte cospicua di un elettorato che non si ritrova nelle giravolte del PD su guerra e migrazioni, nelle incertezze della Schlein o nelle divisioni sistematiche che indeboliscono i partiti "a sinistra del pd".

E quali sono i valori da approfondire a sinistra? Un convinto internazionalismo contro il sovranismo e il nazionalismo, la giustizia sociale contro gli immensi privilegi che dividono il mondo tra pochissimi ricchi e una moltitudine di poveri, una concezione del lavoro che tuteli la classe lavoratrice contro i risorgenti soprusi dei padroni, virtuali o in carne e ossa che siano, la visione di una fraternità e sororità universali contro il razzismo, la libera circolazione delle persone e la rimozione delle barriere tra gli esseri umani, il pacifismo e la nonviolenza non fini a sé stessi ma all'affermazione di un sistema globale equo, giusto e solidale, la tensione verso il disarmo generale e globale, la cancellazione degli interessi dei fabbricanti, commercianti e acquirenti di armi sempre più distruttive e devastanti.

Utopia? Forse, ma come direbbe Basaglia utopia della realtà. O come direbbe Balducci, cammino verso la possibilità di un futuro: "nel terzo millennio, l'homo o sarà planetarius o non sarà".

VIAGGIARE CON LENTEZZA

 

Si svolgerà venerdì 6 settembre, alle ore 18 all'ARCIGONG di Gorizia (Via delle Monache), un bell'incontro dedicato al senso dei cammini.

Con il coordinamento di Maria Teresa Padovan, saranno presentate due esperienze di camminatori e di cammini. Il Cammino Celeste è il  primo itinerario di questo tipo proposto in Friuli Venezia Giulia e uno dei primi in Italia, dopo le tradizionali vie jacopee, le "Francigena", "Di qui passò Francesco". E' stato ideato e percorso per la prima volta integralmente nel lontano 2006, ben prima del "boom", l'esplosione del fenomeno dell'invenzione e realizzazione di oltre 150 percorsi, disegnati in questi ultimi anni un po' ovunque.

Il cammino delle 44 chiesette votive consente invece una singolare e affascinante immersione nelle Valli del Natisone, alla scoperta di una natura lussureggiante e a volte incontaminata e di tante piccole vere opere d'arte architettoniche e pittoriche.

Si dialogherà non soltanto intorno ai due bellissimi tracciati, ma soprattutto sul senso del mettersi in cammino sulle strade del mondo e del senso simbolico che potrebbe portare con sé questo sostanzialmente improvviso "innamoramento collettivo" nei confronti delle antiche e nuove strade di pellegrinaggio e viandanza. Più "storieviandanti" di così non si può, da non perdere!

sabato 31 agosto 2024

La "fine" del castigo "eterno"

 

Sono ormai pochi i preti che predicano prospettando ai fedeli i castighi inenarrabili che li aspettano, nel caso si trovino in condizione di peccato. Una frettolosa e interessata interpretazione del simbolo - usato secondo i vangeli da Gesù - della Geenna, la discarica di rifiuti nella periferia di Gerusalemme, ha sintetizzato tale rovina con il fuoco inestinguibile. Il grande Dante ha poi costruito con una monumentale opera di fantasia una "summa" dei supplizi che attendono l'umanità reietta. Ci si può sorridere sopra, ma intere generazioni sono state formate da queste immagini che hanno seminato il terrore fin dalla più tenera età.

Se si ascoltano Papa Francesco, la maggior parte dei Vescovi e dei preti, si ha tutt'altra impressione e probabilmente i corsi di catechesi e le omelie successive al Vaticano II sono state in generale ben più confortanti e tranquillizzanti. Sembra che l'inferno non sia più un argomento su cui riflettere, mentre la "salvezza" (di solito non meglio identificata) pare una cosa molto buona non riservata certamente ai soli cristiani e nemmeno soltanto alle persone buone. L'antica lezione del grande padre della Chiesa Origene (II secolo) riguardante la salvezza universale è diventata molto attuale, rilanciata perfino da un teologo sapiente ma assai tradizionalista come Urs Hans von Balthasar che proponeva la formula dell'esistenza di un inferno (possibilità della libertà umana di giungere fino alla scelta della propria dannazione) svuotato dal primato in Dio dell'Amore sulla Giustizia.

Fino a qua tutto bene, solo dei sadici fanatici potrebbero godere dell'eventuale sprofondamento nell'incendio eterno di chicchessia, indipendentemente dalla simpatia o antipatia di ogni soggetto.

La domanda da porsi è tuttavia teologica e deve essere rivolta ai portatori di questo antichissimo e ora rinnovato consolante annuncio riguardante l'amnistia generale alla fine del tempo. La conseguenza di tale affermazione non può che essere la cancellazione dello spazio/tempo della dannazione e lo svuotamento del regno dei demoni. Ciò è presupposto fra l'altro anche nell'articolo del Credo relativo alla "discesa agli inferi del Cristo", con la contestuale liberazione di Adamo ed Eva (cioè dell'intera umanità) dalle "catene che li tenevano prigionieri". Tale "verità di fede" è stata proclamata per la prima volta nella chiesa aquileiese.

Allora, la soppressione dei riferimenti all'inferno e al principe dei demoni è un cedimento al politicamente corretto che imporrebbe di non esagerare con la minaccia di tuoni e fulmini da parte dello Zeus di turno? Oppure la Chiesa cattolica immagina di cambiare il proprio catechismo e addirittura modificare uno dei dogmi che le ha consentito di dominare sule coscienze per quasi 1700 anni, dall'epoca dell'editto di Tessalonica (380) fino quasi ai nostri giorni?

Il dogma del resto è ovviamente insostenibile. Anche il più convinto credente non potrebbe mai accettare razionalmente che il Dio che egli stesso proclama amorevole e misericordioso, preveda il concetto stesso di pena eterna, comminata a reati che per definizione eterni non possono essere in quanto in ogni caso limitati nello spezio e nel tempo. Una pena eterna, che non finisce mai, infinitamente ed eternamente dolorosa! Neppure il più efferato sistema giudiziario umano arriverebbe mai ad immaginare un qualcosa di enormemente più grave della stessa inaccettabile pena di morte (contingente e non certo eterna).

Ma se togliamo a Dio anche la prerogativa del giudizio finale, cosa gli rimane, dopo aver scoperto con la scienza buona parte dei misteri del Creato, dopo aver demolito il concetto di Provvidenza contemplando i bambini inceneriti ad Auschwitz (o a Gaza, a Karthoum o in mille altri luoghi) o sepolti sotto le macerie del terremoto e dello tsunami, dopo aver riscoperto il fascino totalmente umano di assaggiare il frutto proibito della conoscenza del bene e del male?

Non gli rimane niente, a livello razionale, proprio niente. L'unico modo per assolvere Dio da ogni responsabilità rispetto a ciò che accade nella storia è affermare la totale separazione tra il destino dei viventi, determinato dal caso o dalla responsabilità individuale e collettiva, e l'esserci di una divinità, al di là dello spazio e del tempo, raggiungibile soltanto con l'atto di una fede, assolutamente svincolata dalla ragione. Una fede che non toglie all'uomo la necessità di cercare, scegliere e decidere è un'esperienza matura che non fonda l'azione sul desiderio del premio o sulla paura del castigo, ma sull'impegno serio e totalizzante, da "persuaso" direbbe Michelstaedter, con la meravigliosa, drammatica e affascinante avventura della Vita.

Ci può essere un ambito di incontro tra l'alterità assoluta del divino e la storicità dell'essere? Se c'è, non può che collocarsi sul piano del simbolo, come dimostrato dall'iconografia paleocristiana precedente la libertà religiosa sancita da Costantino, o immediatamente successiva, come dimostrano i mosaici teodoriani di Aquileia (314-319), fatti coprire 80 anni dopo forse perché troppo scandalosi nella loro straordinaria naturalità e nel contempo non-razionalità.. La stessa esperienza del Cristo non può che essere intesa sul piano simbolico, là dove la sua parola e la sua azione rivelano la verità sull'essenza dell'umano - sostanzialmente pace, armonia cosmica, perdono, nonviolenza, fraternità, sororità, soprattutto Amore. E là dove la sua risurrezione, del tutto in-comprensibile sul piano filologico o scientifico, non può che essere la conferma, oltre lo spazio e il tempo della vita e della morte, di un appello all'esistenza nell'Amore e alla speranza ineffabile di un qualcosa che è e resta ineffabile, cioè indicibile.

Meditate genti, meditate...

Moja meja je tvoja meja/Il tuo confine è il mio confine. Oglej/Aquileia 1.09.2024


Ad Aquileia, domenica 1 settembre, dalle ore 17 in poi. Con un caldo invito a partecipare, si riporta l'invito-programma degli organizzatori:


Gentilissime e gentilissimi,

siamo entusiasti di invitarvi alla tappa speciale del progetto “e” che si terrà ad Aquileia domenica 1 settembre 2024.
 
“e" è un'iniziativa articolata parte del programma ufficiale di GO!2025 “Moja meja je tvoja meja/Il tuo confine è il mio confine”. Incentrato sulla necessità di promuovere la costruzione di una Europa più unita, questo progetto è guidato dall’associazione culturale vicino/lontano con il supporto di Nova Gorica-Gorizia Capitale Europea della Cultura 2025 e della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
 
“e” è un viaggio in 27 tappe, come 27 sono i Paesi dell’UE, lungo il confine tra Italia, Slovenia, Austria e Croazia; ha preso avvio il 26 giugno a Sankt Peter in Holz, in Carinzia, e si concluderà venerdì 30 agosto, a Trieste.

La giornata di domenica 1 settembre 2024 si articolerà in quattro momenti distinti:
 
ore 17.00 visita guidata al porto fluviale di Aquileia e al Museo Paleocristiano di Monastero a cura di Daniele Pasini con partenza in piazza Monastero
 
ore 19.00 incontro “L’Aquileia afroasiatica” con Andrea Bellavite, Gian Paolo Gri Giorgio Banchig presso la Domus di Tito Macro
 
ore 20.30 rinfresco offerto dagli organizzatori nella piazzetta all’angolo sud-est della basilica
 
ore 21.30 inizio dello spettacolo, in lingua italiana, Sui sentieri per l’Europa, nella piazzetta all’angolo sud-est della basilica, presso l’entrata al cimitero di guerra.
 
La partecipazione agli eventi è gratuita e non è necessaria la prenotazione. Per maggiori informazioni vi invitiamo a consultare il sito https://eforeurope.eu/it/aquileia-oglej

 
Incontro “L’Aquileia afroasiatica”
 
GIORGIO BANCHIG Giornalista pubblicista. È autore di volumi e ricerche sulla storia, la cultura e le tradizioni degli sloveni della Benecia / Slavia friulana nel segno della riscoperta della dignità e della ricchezza di una piccola comunità.
 
ANDREA BELLAVITE Teologo, saggista, giornalista. Goriziano d’adozione, è direttore della Società per la Conservazione della Basilica di Aquileia. Con il fotografo Massimo Crivellari ha pubblicato testi sull’Isonzo, sul Carso e sui Monti Goriziani. Per Ediciclo ha contribuito alla stesura della guida Il Cammino Celeste (2013) e ha pubblicato la guida La Basilica di Aquileia (2017) e Lo spirito dei piedi (2016, 2023). 
 
GIAN PAOLO GRI Antropologo. Ricerca sul campo e in archivio saperi che fondono pratico e simbolico e rimandano al rapporto fra tradizione e modernità. Il suo ultimo libro: Cose dall’altro mondo (forum 2024). È stato presidente del comitato scientifico di vicino/lontano. 
 
 
Tutti i dettagli dell’iniziativa sono disponibili sul sito www.eforeurope.eu.
 
Vi aspettiamo numerosi a condividere questa esperienza emozionante!

martedì 27 agosto 2024

Mercoledì alle 18 in Giardino Farber, inizia In/Visible Cities: raccontare il confine

 

Archiviato l'assai riuscito tradizionale festival del folklore, inizia domani, mercoledì 28 agosto, la decima edizione del festival In/Visible Cities. E' certamente una delle più originali e interessanti manifestazioni che si svolgono a Gorizia e Nova Gorica durante l'anno. Se per andare avanti occorre ritornare alla nobile arte del "pensiero", ecco che questa iniziativa permette di riconciliarsi definitivamente con esso.

Il ricchissimo programma completo si può consultare al link: https://invisiblecities.eu/invisiblecities24

Mercoledì si inizia alle ore 18 nel Giardino Farber, presso la Sinagoga, con un dibattito sul decisivo tema del confine. Ci si confronterà con Giustina Selvelli, autrice dell'ottimo saggio "Capire il confine", con il drammaturgo Riccardo Tabilia e con l'"anima" dell'intera manifestazione Alessandro Cattunar. Sono modi diversi di guardare la stessa realtà, una straordinaria occasione per entrare sempre più profondamente nel vissuto di una/due città che non sono un'unica realtà e neppure due distinte, ma vogliono diventare "con-giunte". Veramente, da non perdere!

C'è da dire che da qui a fine ottobre - e forse anche oltre - le iniziative culturali si moltiplicano, la prossima settimana Mesto knijge a Nova Gorica, poi la festa della città di Nova Gorica con un programma straordinariamente intenso di iniziative, le proposte nell'ambito dei progetti approvati verso il 2025, incontri, espressioni artistiche, tavole rotonde e chi più ne ha più ne metta. Non c'è che dire, molto si muove e tutto ciò suscita semi di speranza che potranno portare molti e maturi frutti.

Una sera in Primiero

 

Ieri sera, a Fiera di Primiero, provincia di Trento, si è tenuto un bell'incontro culturale. Procedendo dall'etimologia e dal valore simbolico del celebre "ratto" da parte di Giove travestito da mansueto bue, si è fatto riferimento al ruolo di Aquileia nell'edificazione dell'antica e nuova Europa.

Si è parlato di storia, di arte, di diffusione del cristianesimo, di concetto di identità. Si è preso in esame il tema della complessità, con l'impossibilità di ridurre la storia a un unico punto di vista, contestando quindi l'insistenza sulla necessità di sottolineare le "radici cristiane" di un Continente che nel passato ha visto intrecciarsi il mondo greco e quello latino, il mondo arabo con quello ebraico. 

Da queste constatazioni è stato facile procedere all'esempio di Nova Gorica con Gorizia capitale europea della cultura 2025, una terra che ha visto lo spargimento di tanto sangue in guerre fratricide, oggi diventa faro a livello mondiale, prova di come sia possibile risolvere i conflitti e valorizzare le diversità, attraverso la celebrazione della bellezza dello stare insieme e non del combattersi con armi sempre più sofisticate. C'è stato tempo anche per auspicare che l'istanza etica della fraternità e sororità universali possa trasformarsi in precisa scelta politica, attuando anche forme di integrazione reciproca già previste dell'ordinamento statale come per esempio l'ex sprar poi siproimi e oggi sai, Servizio di Accoglienza e Integrazione. La valorizzazione della comunità locale, in particolare del ruolo e della responsabilità di un Comune, è decisiva per poter affrontare in modo equo ed efficace la "sfida" dell'accoglienza umana e globale che caratterizza il tempo attuale.

I circa trenta partecipanti hanno seguito con grande attenzione e hanno preso parte al dibattito con numerose domande e osservazioni. E' stato un bel momento, un'altra prova del fatto che nelle piccole comunità esiste ancora un forte spirito di coesione e di collaborazione, che si esprime anche in una forte sensibilità per la cultura, per l'interpretazione del passato e del presente e anche per l'espressione artistica.

Del resto è un'impressione che ha preso forma anche nelle poche ore pomeridiane in cui è stato possibile visitare qualche porzione della rete di paesi che formano il Comune di Primiero San Martino di Castrozza. A Siror abbiamo contemplato opere d'arte lignee sparse ovunque, soprattutto collocate sulle pareti delle antiche case. Si è vista la chiesa e si è entrati in una sorta di fienile ristrutturato (Tabia), divenuto grazie alla creatività delle persone un'originalissima sala espositiva dove si incrociano l'estro artistico dei pittori e la passione sociale per la costruzione di una comunità viva e coesa. Mentre l'amico Davide Pintar, sloveno di Števerjan trapiantato in questo lembo di Trentino, mi introduce ai segreti delle sue bellissime opere, Gianfranco Bettega mi presenta alcuni aspetti storici molto interessanti. Tra gli altri contenuti di cui è esperto, si è dedicato alla ricerca sui segni - testimonianze di una fede semplice, ma intensa e profonda degli antenati - incisi sulle porte delle case e sulle travi. insomma, una vera e propria biblioteca viva, in grado di far rivivere, almeno in parte, un passato che per la gente vissuta da queste parti, non doveva essere facile, ma sicuramente molto inserito nella natura rigogliosa e maestosa di questo territorio.

Uno dei momenti principali di questo breve viaggio è stata la visita al maso, antica abitazione di pastori che d'estate salivano a quote impensate per pascolare le mucche e con il latte produrre il formaggio. Ereditato uno di questi casolari sparsi sulla montagna, Davide con i suoi familiari ha trasformato con grande maestria e ingegno la casupola di legno in una straordinaria dimora, si potrebbe dire un vero e proprio eremo sprofondato tra il verde intenso dei boschi e spalancato verso le rocce dolomitiche delle Pale di San Martino. I poveri strumenti della vita dei pastori sono diventati oggetti utili alla vita quotidiana dell'oggi, in una singolare commistione tra il fascino un po' idealizzato del tempo che fu e la possibilità di un meraviglioso rifugio dal frenetico tran tran della postmodernità.

Grazie cari amici, è stata proprio una bella serata!

mercoledì 21 agosto 2024

Tre giorni in Abruzzo

Paesi abbarbicati sulle rocce, pieni di segni magici sulle chiavi di volta dei portoni. Scalinate di pietra che si succedono l'una all'altra per collegare le diverse vie. Rocche e ruderi di castelli dai quali si possono dominare le montagne e le valli. Tanto verde, pascoli punteggiati di pecore e di mucche, profumo di malghe e sguardi profondi di pastori che sembrano aver fermato il tempo. E poi la pietra immensa, dominante sull'intero Centro Italia, il Gran Sasso, potente, misterioso, invitante.

Questo e molto altro è l'Abruzzo. Ci si riferisce a quello interno, lontano dalle spiagge e dalle località di mare, quello che un tempo era dei pastori - Settembre, andiamo, è tempo di migrar... - e che oggi, come ovunque, è alla ricerca di una nuova sostenibile identità, intorno ai grandi tratturi che tuttora ricordano come un qualcosa di estremamente lontano, le suggestive e faticose transumanze. 

C'è un paese che si chiama Calascio. La strada che proviene da L'Aquila lo lambisce, ma se ci si lascia tentare e ci si inerpica sulle strette stradine si resta incantati. Una casa accanto all'altra, sulla via principale, tutta una sinfonia di archi, piccole gallerie, architetture affascinanti e popolari. Gli abitanti non sono molti, anche se in estate il villaggio si riempie. La gente per lo più vive lontana, chi nel capoluogo, chi nelle valli, molti anche a Roma. Ma in luglio e agosto gli scuri si riaprono, la gente sosta davanti alle porte aperte, la passeggiata nella stretta via principale si trasforma in bella occasione per intessere relazioni sociali. La gente è accogliente, disponibile, simpatica. Racconta volentieri la storia del luogo e le storie particolari dei suoi abitanti. Offre tutto ciò che ha a disposizione, soprattutto un sorriso incoraggiante e l'invito a conoscere il territorio. Sopra Calascio c'è la Rocca Calascio, altro minuscolo centro abitato intorno a un antico maniero, uno dei tanti che forse servivano come torri di avvistamento per far sapere subito agli abitanti delle incursioni provenienti dal mare.

Campo Imperatore splende in una giornata di sole. Le nuvole appenniniche sembrano aver pietà dei coraggiosi che vogliono affrontare le balze rocciose e raggiungere i rifugi e le alte vette. Il piazzale parcheggio ospita l'arrivo della funivia da Assergi, diversi esercizi commerciali e il rosso albergo - in parte in rovina e senza alcun segno di una peraltro sinistra memoria - che ospitò per alcuni giorni Mussolini prima della rocambolesca "liberazione" da parte degli aviatori nazisti. La bellezza del sito oscura e allontana il pensiero da quella cupa storia. Meglio immergersi nella contemplazione delle altezze, degli infiniti fiori multicolori, dei frequentati sentieri che accompagnano gli escursionisti in alto, sempre più in alto.

L'Abruzzo è anche L'Aquila, la sua capitale, ancora evidentemente ferita dal terremoto che nel 2009 la sconvolse, portandosi via oltre trecento vite umane. C'è un'aria di ricostruzione e un desiderio di riaprire le chiese, i monumenti, soprattutto le case ai visitatori. Anche qua tante persone si avvicinano per raccontare, per sottolineare il punto sull'evoluzione dei lavori, per rilevare le straordinarie potenzialità culturali e turistiche. Qualcuno ci invita a ritornare fra breve e a raccontare ovunque dell'impegno, della simpatia e della creatività degli aquilani. Santa Maria di Collemaggio, prima tra le opere ricostruite o restaurate - assai bene! - regala con la nuova illuminazione scorci stupendi sugli affreschi medievali e racconta la vicenda del buon Celestino. Era un monaco intelligente e operoso, che ebbe la sventura di essere proclamato Papa controvoglia. Rinunciò dopo qualche mese alla carica, un raro rifiuto degli onori mondani. Quando morì, molti lo considerarono da subito un santo, altri non gli perdonarono quello che Dante, non molto tenero con lui, definì "il gran rifiuto" che aprì la strada a quel Bonifacio VIII che - almeno sempre secondo il Sommo Poeta - del santo non aveva neppure lo stinco. 

A qualche chilometro di distanza c'è Amiternum, oggi un teatro e un anfiteatro che testimoniano la presenza di un'importante città, dalla lunga storia iniziata dai Sabini e continuata dai Romani. I solerti custodi si affrettano a rivendicare che proprio qui sarebbe stata nominata per la prima volta la parola "Italia", in evidente contrasto con la più accreditata ipotesi riferita a Italo, re degli Enotri, popolazione che nei tempi remoti abitava l'attuale Calabria, prima dell'arrivo dei Greci. Certo che ad andare in giro per la Penisola, si scopre in ogni angolo un pezzo di storia interessante. Quante tribù hanno dato filo da torcere ai conquistadores romani, rivendicando il diritto di essere liberi, prima di essere assimilati dalla soverchiante forza militare dei latini. Sarà l'impressione suscitata dalle rovine solenni o saranno i raggi del sole che picchiano duro sulla nuca, fa sì che, camminando tra le gradinate degli allora amatissimi luoghi di spettacolo, sembra di sentire le voci suadenti e lontane di attori di drammi e tragedie, l'urlo potente della folla entusiasta, gli ordini secchi trasmessi dai capi ai piccoli eserciti di schiavi addetti al funzionamento dei sofisticati macchinari.

Un'ultima impressione fra tante. Proseguendo verso il sud si raggiunge Sulmona, la città di Ovidio. Tra un pensiero all'avvincente Ars Amatoria e alle monumentali Metamorfosi, ci si addolcisce il palato visitando le fabbriche di confetti, presentati in tutte le fogge possibili, una specie di dolcissimo lego con il quale realizzare fiori di campo, casette da presepio, vere e proprie opere d'arte.

Il fugace passaggio nel cuore dell'Abruzzo mi ha riversato nel cuore una sensazione di speranza. La gente, le semplici persone che vivono con passione il loro quotidiano sono ovunque ancora profondamente umane: vogliono la pace e lo dicono ovunque, hanno compassione di chi soffre, desiderano profondamente essere e vivere. Insomma, forse il popolo è generalmente migliore di quanto a volte lo si rappresenti...