Del resto non è un fenomeno nuovo. La parte "Nova" di Gorica è stata costruita in pochi anni, a partire dal 1947 ed è stata abitata fin dall'inizio da migliaia di cittadini provenienti dai diversi stati della Jugoslavia. Anche oggi è possibile constatare tale realtà, nelle nuove generazioni che da una parte vivono una piena integrazione nel tessuto urbano e dall'altra mantengono vivi i rapporti con i parenti rimaste negli altri Stati dell'ex Confederazione. Anche nella parte "vecchia", la realtà migratoria non è un evento recente. Un po' il mondo militare, un po' quello degli apparati statali e regionali hanno portato a Gorizia una consistente popolazione originaria da tutte le regioni d'Italia, così come le vicende geopolitiche generali hanno incrementato la presenza di tanti neo-goriziani migranti economici o profughi dalle guerre, di solito bene inseriti in una reciproca integrazione.
In questa situazione è davvero urgente focalizzare la questione delle lingue, sulla quale si fonda la possibilità di una piena collaborazione e sinergia fra abitanti "storici" e fra questi e i "nuovi arrivati". Se per quanto riguarda la relazione con chi proviene da altri Continenti è indispensabile investire in mediazione culturale e conoscenza di tutto ciò che il territorio può offrire, è particolarmente pressante la necessità che si arrivi almeno a un plurilinguismo ricettivo (o passivo, che dir si voglia), per ciò che concerne almeno lo sloveno, l'italiano e l'inglese veicolare.
Con una premessa, tratta da uno splendido e introvabile libro di Ivan Illich, intitolato significativamente Rovesciare le istituzioni. Parlando proprio del tema in questione, l'autore del più noto Descolarizzare la società, nota che la lingua fa parte del patrimonio interiore più importante di ogni essere umano, la "forma" stessa delle proprie emozioni, idee, sentimenti. E' gelosamente custodita nel più recondito santuario dell'interiorità, terra sacra che deve essere calpestata con enorme rispetto e delicatezza. Anzi, Illich sostiene che "parlare la lingua dell'altro" non è un a forma di gentilezza nei suoi confronti, ma è l'accoglienza di un meraviglioso dono che l'altro mi offre. Non si può entrare nella profondità della coscienza, senza che ci venga spalancata la porta di un cuore che si apre alla fiducia, all'amicizia e all'amore. Scambiarsi reciprocamente la ricchezza delle proprie lingue e valori culturali ha un grande valore all'interno di un contesto relazionale maturo, approfondito, simpatetico ed empatico.
Premesso ciò, resta indispensabile anche lo studio della grammatica e l'acquisizione di un vocabolario sufficiente a realizzare almeno l'impresa minima di "parlare la propria lingua materna e comprendere quella del vicino" (citazione del direttore del Kulturni dom di Gorizia Igor Komel). Perché ciò possa avvenire, oltre alla lodevole esperienza delle ormai molte famiglie italiane che iscrivono i figli nelle scuole slovene della "vecchia" Gorizia, è necessario che si arrivi a un accordo fra Comuni e istituzioni scolastiche affinché in tutte le scuole di ogni ordine e grado della zona transfrontaliera siano inseriti l'italiano e lo sloveno come curricolari e obbligatori nelle scuole rispettivamente in Slovenia e in Italia. Se inoltre i principali rudimenti potranno aiutare i giovani a migliorare e rendere sempre più ordinari i rapporti tra le due parti della/e città, sarà utile anche investire sull'organizzazione di efficaci corsi per adulti, valorizzando più possibile le già presenti realtà che si stanno occupando - in forma più o meno organizzata - di far conoscere le lingue, le culture, gli aspetti artistici e paesaggistici locali.
Le scelte sono davvero da realizzare in brevissimo tempo. Il 2025 è ormai dietro l'angolo e sarebbe un peccato presentarsi come una capitale europea della Cultura dove gli abitanti non riescono a comprendere le parole degli uni e degli altri.
Nessun commento:
Posta un commento