domenica 31 luglio 2022

In morte di Alika Ogorchukwu

Riprendendo il filo dei ragionamenti, la notizia sconvolgente di questi giorni è l'assassinio di Alika Ogorchukwu a Civitanova Marche.

Il primo pensiero va alla vittima, alla moglie, alla famiglia. Come è possibile essere uccisi per una semplice richiesta di un aiuto economico? E' possibile perché si è creato un clima intollerante e intollerabile, che identifica il povero con una minaccia e lo straniero con un pericolo. Ne si è responsabili un po' tutti, dai politici che predicano quotidianamente contro le politiche migratorie o che non trovano alternative alla chiusura delle frontiere fino a ogni cittadino che risponde con astio a chi tende la mano per ricevere un sussidio. E' difficile immaginare che non ci sia uno sfondo razziale nella vicenda di Giulianova, ma non si risolve il problema puntando il dito soltanto contro il pazzo che ha ucciso Alika e neppure soltanto su una comunicazione mediatica troppo spesso parziale e superficiale.

Questa morte deve far pensare. Sì, non solo chi è chiamato al nobile compito di scrivere le leggi e farle rispettare - ma quanti anni di ritardo, se si pensa che i percorsi migratori sono regolati ancora dall'ormai ventennale legge Bossi-Fini e che lo Stato sociale è in generale più in crisi che mai - ma anche chi entra o esce dal supermercato o cammina per le vie della città. Come si "guarda" chi propone l'acquisto di un libro consunto, di uno dei mille accendini o pacchetti di fazzoletti che riempiono le nostre case? Come lo si saluta, come lo si aiuta o con quali parole o gesti semplicemente si declina legittimamente il suo invito? E' un vero e proprio esame di coscienza, forse in grado di farci abbozzare un sorriso invece di uno sguardo torvo, una parola cordiale piuttosto che un giudizio sommario, una piccola attenzione piuttosto che un'indifferenza colpevolizzante. In altre parole, riconosco nel volto della venditrice o del venditore, nella mano tesa che richiede una moneta, il volto o la mano di una sorella o di un fratello? Oppure solo di uno scocciatore che non dovrebbe avere il diritto di calcare il suolo cittadino? Sì, perché dalla risposta a questa domanda, la morte di Alika potrebbe rimanere il segno di una violenza privata di un energumeno isolato e schiacciato dalla follia indotta dalla società del Capitale oppure potrebbe essere solo una tragica tappa di una scia di sangue destinata a divenire un inarrestabile e disumano fiume. 

Forse andando un po' controcorrente, non mi scandalizza infine particolarmente il fatto che i presenti abbiano filmato l'evento invece che cercare di fermare l'aggressore. Stando ai resoconti del giorno dopo, i testimoni non erano più di quattro, tutti fisicamente deboli, difficilmente in grado di scagliarsi inermi contro un uomo in preda a una rabbia incontenibile e folle. Cosa avrebbero dovuto fare, senza essere eroi? Hanno chiamato le forze dell'ordine, giunte purtroppo troppo tardi per salvare la vita della vittima ma in tempo per arrestare l'aggressore. E hanno filmato l'evento, perché no?, non per compiacersi di ciò che stava accadendo, ma per offrire un documento inoppugnabile da consegnare alla giustizia, una serie di immagini destinate a suscitare orrore e a far pensare a ciò che ognuno di noi realmente è. Perché, mentre un giornalista professionista cerca immagini cruente per descrivere agli spettatori gli orrori di una guerra nella speranza di farsi capire meglio, un cittadino non può fare altrettanto esercitando l'unico potere possibile in un simile contesto, cioè quello di trasformare l'evento in documento? Come del resto è accaduto, dal momento che difficilmente si  può negare che siano state proprio quelle immagini a fare di uno dei purtroppo tanti simili fatti di cronaca nera, un momento emblematico della situazione universale dell'Italia e degli italiani attuali. Forse l'orrore suscitato da quelle riprese ha reso almeno un po' meno inutile e vana la morte violenta di un uomo.

venerdì 22 luglio 2022

In memoria di Paola Mazzetti

 

Ci ha lasciato Paola Mazzetti, qualche giorno prima del compimento del 95° anno di età. 

E' una delle ultime testimoni dell'"eccidio del Focardo", un crimine di guerra accaduto il 3 agosto 1944, nella villa sulle colline fiorentine di proprietà di Robert Einstein, cugino diretto e amico fraterno del famoso scienziato.

Erano gli ultimi giorni di guerra nel Centro Italia e gli americani avevano quasi raggiunto Firenze. I partigiani avevano avvisato Robert di una possibile azione dei soldati tedeschi che stavano risalendo la Penisola. Lo cercavano in quanto ebreo e anche, a quanto sembra, per punirlo della parentela con Albert. Era fuggito nei boschi per non farsi trovare, ma i membri della Wehrmacht (così sembra dalle indagini svolte cinquanta anni dopo), appena arrivati avevano fucilato all'istante la moglie Nina Mazzetti e le due giovanissime figlie Luce e Annamaria. Paola era ospite della villa con la sorella gemella Lorenza, praticamente adottate dalla famiglia Einstein dal momento che la madre era morta di parto. Robert Einstein, rientrato precipitosamente, aveva trovato il podere in preda alle fiamme. Dopo aver sistemato tutte le questioni economiche e garantito un futuro ai suoi cari, si era suicidato subito dopo la fine della guerra, il 13 luglio 1945.

La tragedia aveva lasciato un segno profondo nell'animo delle due gemelle. In due modi diversi lo avevano trasformato, reinterpretando un'infinità di volte gli eventi con straordinaria delicatezza. Lorenza, scomparsa due anni da, si era dedicata alla letteratura e al cinema, con un certo successo se solo qualche anno addietro era stata premiata "alla carriera" al festival "Amidei" di Gorizia. Aveva scritto diversi libri ispirati agli eventi autobiografici, il più noto dei quali, "Il cielo cade", aveva vinto un Premio Viareggio e aveva meritato una bella trasposizione cinematografica negli anni '90, con attrice principale Isabella Rossellini. Paola invece, oltre alla scrittura, aveva percorsi i sentieri dell'arte figurativa, riproponendo il messaggio del Focardo in una serie inesauribile di tele, presentate in mostre di successo a Roma e nelle principali città italiane ed estere. Era una persona che viveva e trasmetteva una straordinaria serenità, era stata di grande aiuto a tante persone che cercavano in lei un sostegno psicologico, attraverso la terapia dell'arte, della scrittura e del gioco. Viveva nel cuore di Roma, con la figlia Eva, nota artista fotografa, in via Monte della Farina, a due passi dalla Piazza del Campo e dal monumento a Giordane Bruno. Come la sorella, sarà sepolta nel cimitero della Badiuzza, a due passi da quel Focardo che ha avuto tanta importanza nella sua vita.

Rimane un'ultima testimone di quell'eccidio nazista, una terza cugina ospitata temporaneamente dagli Einstein per sottrarla ai pericoli della guerra. Si chiama Anna Maria Boldrini ed è mia madre.

mercoledì 20 luglio 2022

Una giornata di fuoco e di fumo

Il Sabotino "attaccato" dal fumo (Foto Nevio Costanzo)
Giornata di fuoco, oggi, in senso fisico e politico.

La Regione Friuli Venezia Giulia e la Primorska slovena sono punteggiate di gravi incendi, interi paesi sul Carso sono stati evacuati e le fiamme distruggono grandi boschi, uccidono tanti animali. Ma i roghi si moltiplicano anche altrove, nelle valli del Natisone, in Val Resia e in tanti altri bellissimi luoghi. il fumo incombe sulle città e diventa difficile respirare. Che disastro! Personale molto addestrato - in unità d'intenti sloveni, croati e italiani - si prodiga per arginare la catastrofe ma gli sforzi vengono vanificati dalle fiamme e dal vento. Si moltiplicano i commenti, mentre la temperatura media non accenna a diminuire e i fiumi sono sempre più secchi, il letto del Torre, visto dal ponte tra Villesse e Ruda, è ormai una vera e propria foresta. C'è chi richiama i sintomi di un evidente e clamorosamente presente riscaldamento globale, i negazionisti tacciono smarriti di fronte a fenomeni macroscopici, che sarebbe stato facile prevedere e arginare... C'è chi ritiene che i roghi siano provocati da qualche piromane incosciente, tuttavia, anche se non ci si può più stupire di niente, risulta davvero difficile credere che la stupidità umana possa arrivare fino a livelli di questo genere. C'è anche, per fortuna, chi orgnaizza raccolte di generi di ogni tipo per alleviare la fatica del gasilci e dei vigili del fuoco, chi mette a disposizione la propria casa o i propri campi per ospitare persone sfollate o animali terrorizzati e questa gara di solidarietà, generosità e amicizia, suscita un autentico sorriso di speranza.

La Politica nazionale ha intanto rappresentato oggi un'ennesima giornata da dimenticare. Alla fine di essa il Senato, grazie a una serie di giochetti inqualificabili, approva una risicata e minoritaria fiducia al presidente del Consiglio Mario Draghi. Ma hanno perduto tutti. Ha perduto il premier, presentatosi di prima mattina in Palazzo Madama con un discorso teso a chiedere una fiducia ampia e coesa, in altre parole veri e propri pieni poteri, sulla base del proprio punto di vista sull'Italia e sul Mondo, sostenuto anche da un - a suo parere - evidente consenso degli italiani. Ne esce con numeri risicatissimi, impossibili da sostenere in vista del voto di domani alla Camera ma soprattutto di un eventuale prosecuzione del suo mandato fino alla fine della legislatura. Hanno perduto gli ex sostenitori, appartenenti al centro destra, autori di un'ignobile manfrina finalizzata esclusivamente alla raccolta di consensi alle prossime elezioni, un cinismo e un opportunismo tali da scandalizzare perfino una forzitalista di lungo corso quale Maria Stella Gelmini, che ha annunciato l'uscita immediata dal partito. Ha perduto il cosiddetto centro sinistra governativo, totalmente ripiegato sui voleri di Draghi, anche all'incomprensibile costo di evitare qualsiasi distinguo rispetto all'invio delle armi all'Ucraina, alle forme di lotta alle povertà e a una presa di distanza dall'ipercapitalismo di una parte consistente dell'Unione europea. E hanno perduto anche gli oppositori di Draghi "da sinistra", impotenti pur nella consapevolezza di costituire una rappresentanza parlamentare di gran lunga inferiore alla reale forza di tante persone che nel Paese si dimostrano estremamente preoccupate di una deriva antidemocratica, di fatto guerrafondaia e ripiegata sulle linee di forza dell'Alleanza Atlantica. In sintesi, meno armi più welfare, oppure, dati i tempi, meno bombardieri e più Canadair! 

Non è un dramma tornare a votare in questa situazione, non è un mistero che il Parlamento e il Governo attuali siano lontani anni luce, sia dalle scelte elettorali nazionali del 2018 che dalle indicazioni più o meno scientifiche offerte dai mille sondaggi quotidiani. Prima o poi lo si deve fare, se non in autunno in primavera e ogni momento porterà con sé situazioni drammatiche da affrontare con coraggio, sicurezza e determinazione. Non si può continuare in questo modo, già il Mattarella bis aveva dimostrato l'incapacità di prendere importanti decisioni in momenti così difficili come quelli attuali. Anche Draghi non è l'uomo della Provvidenza, la fine del suo governo non è la fine del mondo, solo un'ulteriore prova della necessità di voltare pagina e di aprire una nuova stagione politica. Migliore o peggiore dell'attuale? Nessuno ha la sfera di cristallo, ma davvero non si può proseguire ancora con questa interminabile legislatura. 

martedì 19 luglio 2022

Fuoco e siccità, emergenza locale, emergenza globale.

Sono giorni di guerra. Il fuoco sta distruggendo i boschi del Carso, minaccia anche le città e i paesi, si respira il fumo che il vento diffonde ovunque. I Gasilci sloveni con i Vigili del Fuoco italiani tentano eroicamente di fermare le fiamme, aiutati da elicotteri e, per ora, da un solo Canadair croato che fa la spola tra il mare e le zone colpite. Grazie a chi si prodiga per arginare il disastro, con tanto impegno e non senza rischi per la propria incolumità! 

Nel frattempo il caldo incombe. Non è certo la prima volta che le temperature raggiungono simili livelli, ma ciò che colpisce è la durata. E' da inizio giugno che si suda abbondantemente, soprattutto nelle ore centrali della giornata. Il tracollo tragico di terra e di neve della Marmolada ha richiamato tutti alle conseguenze del riscaldamento globale e all'incredibile velocità con la quale spariscono i ghiacciai dell'Arco Alpino. Altrettanto inquietante è quanta poca pioggia sia caduta, dall'autunno scorso a oggi. Qualche goccia, qua e là, ma nulla più. Tremende sono le immagini dell'Isonzo in secca, la scia di fango che rappresenta ciò che resta del Vipacco nella di solito affascinante confluenza, poco più a sud di Savogna. Bravi gli amanti dell'ambiente che hanno salvato, con grandi sforzi, migliaia di pesci a rischio di rimanere intrappolati nelle secche!

Che dire? Il combattimento è globale e ciò che constatiamo con grande tristezza vedendo i nuvoloni di fumo che si innalzano ovunque sul nostro amato Carso, è ciò che stanno già vivendo da anni tante popolazioni in altre parti del mondo. E' vero che quando i problemi rimangono geograficamente o socialmente lontani, sembra quasi che non esistano o siano frutto di fantasia. La realtà è un'altra e, come richiamato da Greta Thunberg e dai giovani dei Venerdì per il Clima, il futuro è purtroppo già qui, fra noi. Gli incendi e la siccità non fanno parte di quelle sciagure che accadono una volta ogni tanto nella storia, ma sono ormai una realtà quotidiana, dovuta a precisa scelte globali di homo sapiens (o presunto tale). E' il sistema capitalista, con i suoi principi di sfruttamento senza remore della natura e di consumo del suolo, il vero responsabile della catastrofe climatica della quale vediamo le avanguardie. Del resto, restando solo "a casa nostra", basta un impietoso confronto tra una fotografia della pianura friulana di quaranta anni fa e un'altra odierna, per comprendere quanto asfalto, centri commerciali, capannoni industriali - molti dei quali divenuti cattedrali nel deserto quando non ricettacoli di pericolosi rifiuti abbandonati - hanno sostituito i boschi e la terra fertile. Con quali conseguenze?

E' una sera triste per tutto il territorio Goriziano, fa parte di troppe sere tristi che si vivono in tutto il Pianeta. E mentre sarebbe indispensabile unire le forze per affrontare le sempre più numerose emergenze e per invertire la rotta tutti insieme, si pensa ancora che la guerra sia una soluzione dei problemi e dei conflitti, ci si incaponisce a difendere i propri squallidi interessi invece di investire tutto ciò che si ha, nell'individuazione di un nuovo sistema, più equo, più giusto, più rispettoso della Madre Terra. 

E intanto un aereo ucraino, partito dalla Serbia, precipita in Grecia e rivela un carico di armi destinate al Bangladesh. Misteri profondi, mentre l'Unione europea prona davanti al giocoliere di Kiev invia armamenti in quantità, l'Ucraina risulta coinvolta in una strana compravendita, lanciarazzi portati in uno dei Paesi più poveri del mondo. Quante domande, quanti dubbi irrisolti e irrisolvibili! La notizia è apparsa fugacemente e ben presto cancellata dai media dominanti... con buona pace di otto esseri umani, tutti ucraini, che nell'"incidente" ci hanno rimesso la vita. 

Tra Livek e Perati

La valle dell'Isonzo, Soška dolina, riserva ogni giorno una nuova sorpresa.

E' la volta di Livek, un borgo a un passo dal confine con l'Italia, a mezza costa tra Kobarid e il Matajur, sullo spartiacque tra Isonzo e Natisone. Ci si arriva dal Friuli e dalla Benečija, da Savogna, Cepletischis e Polava oppure dalla Slovenia, da Kobarid e Idrsko. Un tempo qui passava la frontiera del 1866, fra Regno d'Italia e Impero Austro-Ungarico, è ancora possibile riconoscere i cippi che raccontano una storia ormai lontana. E' uno dei paesi sloveni assoggettati all'Italia fascista, dove venivano cambiati i cognomi degli abitanti e i nomi dei paesi - qui era "Il Luico" - e i preti erano obbligati a predicare in lingua italiana e chi non si piegava all'obbligo veniva perseguitato ed esiliato, sia dalle autorità statali che da quelle ecclesiastiche che temevano le ritorsioni del potere. Indimenticabile in questo senso è il libro di France Bevk, Kaplan Martin Čedermac, reperibile anche in una bella edizione in lingua italiana. La gente e le case raccontano storie di saggezza, a volte leggende che sconfinano nel mito, narrazioni di vita e di morte. "Per lungo tempo siamo stati costretti a rimanere chiusi dalle sbarre di confine - dice una signora che ha vissuto tutta la sua vita in questi luoghi - Poi, quando finalmente sono cadute le barriere e si poteva scendere a Cividale, venivamo guardati con diffidenza, quasi fossimo titini che scendevano in Italia". E pensare che fino a qualche decennio fa qui c'erano perfino i campi di sci e si veniva apposta quassù per affrontare qualche breve discesa, non certo mozzafiato! Altri tempi, prima del rapido incedere del riscaldamento globale.

Un paio di chilometri sopra il "centro", imbandierato in rosa in ricordo del recente passaggio del Giro d'Italia su una delle salite più ripide del territorio, c'è un paese che si chiama Perati. Non c'entra nulla con il ponte della canzone, quello è in Grecia. Qualcuno dice che il nome deriva dai "pirati" in ricordo di qualche antica scorreria di predoni venuti dal mare o dal nord. Oltre allo splendido panorama verso i pascoli e la vetta del Krn, l'abitato, con i suoi 15 abitanti uno dei più piccoli della Slovenia, permette di sperimentare la delicata accoglienza delle persone. Una di esse custodisce amorevolmente la chiave della chiesa cimiteriale di San Pietro e Paolo.

Costruita nel '500 ma risistemata a metà del '700, è stata affrescata in due riprese. I dipinti sono stati tutti scoperti molto recentemente, nel 2004, sotto uno strato di intonaco. 

Quelli del 1560 sono molto interessanti, Maria regina con il Bambino in braccio (il piccolo ha in mano da una parte il mondo, dall'altra forse un piccolo pesce) in piedi su una Luna dal volto umano, la classica annunciazione sull'arcosoglio, San Lorenzo con la graticola, una probabile Sant'Elena troppo deteriorata per offrire sicurezze. Il presbiterio, di tipo carniolino, doveva essere affrescato già in quei tempi, ma le raffigurazioni attualmente visibili sono barocche, opera di artisti locali che hanno voluto celebrare le gesta di Pietro e di Paolo. Sono molto più eleganti, dal punto di vista artistico, rispetto a quelli rinascimentali, più commoventi e toccanti nella loro popolare semplicità. E' sempre comunque interessante scoprire l'unità dei soggetti religiosi, rappresentati nello stesso modo da mani più o meno abili, nelle grandi cattedrali della cristianità come nei romantici sacelli dispersi nel cuore delle montagne alpine. 
 

lunedì 18 luglio 2022

Tramonti di amici...

In questi giorni se ne sono andate molte persone, non è possibile ricordarle tutte, ma alcune sono davvero indimenticabili.

Ettore D'Osvaldo è partito, a 67 anni. Quando ero ragazzo lui faceva parte dell'area cattolica di San Giusto, con altri amici come Sinhue Marotta, Lucio Beltrame, Paolo Zuliani e tanti altri... mentre io frequentavo i gesuiti della Stella Matutina. Erano impostazioni molto diverse, da una parte il buon don Valle, dall'altra Fratel Masiero e padre Faggion, poi il simpatico Brunello che fungeva anche da parroco.  Aveva tanti fratelli e sorelle, poi si era sposato e aveva costruito insieme alla moglie una famiglia numerosa. Come a tutti, anche a lui la vita ha riservato gioie e dolori, che ha affrontato con una sempre viva e profonda fede in Dio e nell'umanità. E' stato un ottimo musicista e il coro di san Giusto, sopravvissuto ai tempi della secolarizzazione e dell'abbandono dei fedeli, è stato ed è ancora un bel punto di riferimento per chi voglia cantare bene e vivere contemporaneamente una grande esperienza di bellezza e di amicizia. Negli ultimi anni ci eravamo un po' allontanati, ma non potrò mai dimenticare la sua intelligente lettura del presente, il suo amichevole sorriso e il suo forte impegno nella Chiesa e nella società. Un grande e commosso saluto, caro Ettore.

Fulvio Coceani, anche lui ha lasciato questo mondo, a soli 66 anni. Ci siamo conosciuti nella banca per la quale ha lavorato molti anni, sempre disponibile, competente e pronto  scambiare due parole. E' stato un grande organizzatore, soprattutto di spettacoli jazz per i quali è ricordato ovunque nel territorio Goriziano e anche ben oltre. Tra uno concerto e l'altro c'era sempre il tempo per uno scambio di idee e di riflessioni, l'ultimo pochissimi giorni fa, davanti a un bankomat nel centro di Gorizia. Mi sembrava sereno e gioioso, come sempre ci si è aggiornati sul reciproco modo di vedere la politica e la cultura locali, ma anche ci si è fatti un'immancabile risata. E' incredibile come sia facile perdere questo dono prezioso che è la vita e come tante volte ci si possa dimenticare che ogni incontro, ogni parola, ogni abbraccio potrebbero essere gli ultimi, almeno qui su questa terra.

Uno sguardo va anche al caro paese di Aiello, anche in questo caso solo due nomi tra i tanti che meriterebbero almeno un menzione. Ottone Colussi è stato un uomo leale, sincero e impegnato che ha donato al paese tantissimo, tempo, idee, proposte ed energie, ricevendo in cambio tanto affetto e stima da parte di tutti. Di lui ricordo la grande simpatia, la straordinaria capacità di accoglienza, sempre pronto a una battuta o a un invito gentile e la sua splendida famiglia che ha condiviso con lui quella grande religione che si chiama sincera amicizia. Michele Milito è stato un altro caro amico, una vita certamente difficile, segnata da scelte complesse, legate al mistero della libertà e della natura umana. Intelligenza superiore, aveva preferito agli onori e alla carriera un viaggio profondo e spesso doloroso nel profondo di sé stesso, esprimendo in ogni momento un senso incomparabile - e a volte incomprensibile - di giustizia e di libertà. Un pensiero affettuoso alla sua grande madre, Meri, ai suoi originali e indimenticabili fratelli, ai suoi cari tutti. Mancherà la sua presenza quotidiana, nel cuore di Aiello.

Ecco, qualche breve pensiero, è difficile non pensare alla caducità della natura umana, in momenti come questi, segnati anche dalle cronache, anch'esse drammatiche, di questa estate goriziana. Non è un guastare le feste e le ferie, ma dare un nuovo valore alla vita, più profondo, più vero, più consapevole.    

sabato 16 luglio 2022

Dalla filosofia dell'ingordigia a quella del Dono, una via per la pace

Perché c'è la guerra? E' possibile un mondo senza guerre?

Molti ritengono che no, non può esistere un mondo senza guerra. Così è sempre stato e così sempre sarà.

Ma davvero non c'è via di uscita? L'essere umano continuerà per sempre a uccidere i propri fratelli? Perché un qualcosa di così irrazionale - volontariamente soffrire e far soffrire gli altri - non potrebbe essere cancellato dalla storia?

La radice dell'inimicizia, a tutti i livelli, è la paura generata dalla necessità di difendere ciò che si possiede. Ciò vale nelle relazioni tra individui, come in quelle tra le nazioni che altro non sono, in fondo, che convenzioni generate dall'umana immaginazione per rafforzare le potenzialità del soggetto. Anche la proprietà, la patria, il denaro, la famiglia, la lingua, altro non sono che frutti dell'intelletto umano, "inventati" per rendere migliore l'esistenza e la convivenza. 

Percepisco l'altro da me come un "nemico" perché ho paura che mi porti via qualcosa, minacci il mio possesso. Ho bisogno di "difendere" ciò che ritengo essenzialmente mio, per questo ogni conflitto nasce non soltanto dalla volontà di offendere, ma anche di difendersi. La conflittualità è legata intrinsecamente alla proprietà. Senza scomodare Engels e il suo famoso saggio sull'origine della famiglia e dello stato, alcune ricostruzioni sociologiche attuali, più o meno condivise, dimostrano l'esistenza di società antiche - guarda caso matriarcali - dove l'assenza del concetto di proprietà va di pari passo con la mancanza di conflitti violenti.

La madre di tutte le paure è quella della morte ovvero della perdita di ciò che viene percepito come la fine di tutto ciò che si ha. Per alleviare il terrore della morte occorre eliminare tutto ciò che potrebbe minacciare la vita, come sempre individuale e collettiva. Il paradosso sta nel ritenere che sia possibile salvare la propria vita uccidendo e correndo il rischio di essere uccisi. Per raggiungere tale obiettivo si costruiscono strumenti sempre più sofisticati e potenti, fino alla realizzazione di arsenali che potrebbero distruggere totalmente la vita sulla Terra. Per quale scopo in fondo? Quello di difendere la "propria" vita, a costo di rimanere da soli sul suolo di un Pianeta ormai perduto. 

C'è un'alternativa? E' possibile immaginare un criterio diverso da quello della paura di perdere ciò che si "possiede", radice di ogni violenza? Se c'è, deve necessariamente essere qualcosa d'altro rispetto all'incentivazione della volontà di accumulare sempre maggiori ricchezze, la cui conseguenza è quella di separare con un abisso progressivamente più profondo i pochissimi che gestiscono le leve del Potere dai miliardi di esseri umani trasformati essenzialmente in oggetti di consumo, se non in carne da macello. Deve essere necessariamente l'antitesi della civiltà del Capitalismo.

Un'alternativa possibile è quella di liberarsi dalla paura di perdere ciò che si ha e l'unico modo per percorrere questa strada è passare dalla necessità di accumulare a quella di donare, dall'ossessione di difendersi all'apertura illimitata e fiduciale all'altro, dalla disponibilità a essere offesi piuttosto che a offendere. La filosofia del Dono è il fondamento della rivoluzione nonviolenta. Non ho paura di essere derubato di nulla perché non percepisco nulla come "mio", al massimo come qualcosa che mi è stato affidato, con l'unico scopo di essere condiviso. "De Dei dono", è scritto su un mosaico aquileiese del IV secolo, riferito a un pezzo di terra offerto da un certo Ianuario, donato non dal proprio possedimento, ma "da ciò che Dio gli aveva donato". Ciò vale anche per la realtà della Vita, solo la disponibilità a trascorrerla come una perenne affermazione della generosità, della condivisione, dell'accoglienza, della giustizia, in una parola dell'Amore, permette di superare l'atavica paura della morte e di trovare l'autentica e duratura Pace. Individuale e collettiva.

E' solo una bozza di ragionamento. Ma la guerra in corso in Ucraina - come tutte le altre guerre dimenticate e sparse in tutto il Mondo - dimostra ancora una volta che se non si cambiano la concezione e lo stile di vita personali e il sistema economico globale, non ne potremo mai venire fuori e la guerra avrà sempre, ahimé anche letteralmente tra un po', l'ultima parola.

Ma se all'ingordigia del Capitale si sostituisce il dono della Solidarietà universale, allora forse qualcosa potrà cambiare. "Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, chi perderà la propria vita la salverà", aveva detto qualcuno, circa 2000 anni fa!

giovedì 14 luglio 2022

Trieste: dall'abbandono alla prevaricazione verso i deboli.

I fatti accaduti a Trieste, in Piazza della Libertà, sono di una gravità inaudita e testimoniano un impressionante degrado del concetto stesso di politica. Oggi pubblico un comunicato stampa sull'argomento, emesso dal Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS) che ha sede proprio a Trieste:

ICS annuncia con sconcerto di essere venuto a conoscenza che, nei confronti dei richiedenti asilo da giorni senza accoglienza e abbandonati senza neppure la minima assistenza da parte delle pubbliche autorità, la polizia locale del Comune di Trieste ha iniziato a infliggere sanzioni per “bivacco”, anche dell’ordine di 500 euro.

Si tratta di provvedimenti abnormi e illegali, in quanto le persone – che sono senza l’accoglienza di cui hanno diritto in base alle norme interne e dell’Unione Europea – non bivaccano per diletto, ma si trovano in uno stato di necessità che discrimina la loro condotta. Il pubblico ufficiale è tenuto dalla legge a verificare le concrete circostanze che ha di fronte e, se non riconosce l’esistenza di uno stato di necessità (in questo caso palese), offende la persona già vittima di abbandono e umilia la propria funzione, nonché quella dell’ente che rappresenta.

ICS esprime sconcerto per gran parte delle scelte politiche dell’attuale amministrazione comunale di Trieste, dal momento che l’operato delle pubbliche amministrazioni – al di là di ogni orientamento politico, senza eccezioni – deve sempre essere rivolto alla salvaguardia dei diritti fondamentali della persona tutelati dall’ordinamento costituzionale e mai alla prevaricazione verso i più deboli.

ICS sosterrà le vittime delle illegittime sanzioni nelle opportune sedi legali.

martedì 12 luglio 2022

Trieste, minacce alla Libertà in Piazza della Libertà...

Persone in attesa a Gorizia, foto di repertorio
Milioni di persone sono in cammino. No, non cercano una vacanza alternativa sulle mesetas spagnole, sulla Francigena in Toscana o nel verde dei percorsi dell'Umbria.

Cercano di sopravvivere, fuggono dalle guerre, dalla fame, dalle persecuzioni ideologiche e religiose. Attraversano il mare con mezzi inadeguati, spesso sono protagoniste di naufragi e terminano la loro vita inghiottiti dalle onde. Quelli che sfuggono all'internamento nei campi di concentramento in Turchia e in Grecia, provano ad attraversare i Balcani e la maggior parte si arresta alla frontiera dell'Unione europea, al confine tra la Bosnia e la Croazia. Tentano ogni giorno e ogni notte di passare il muro che divide il mondo povero da quello ricco. Vengono intercettati, picchiati e respinti da dove sono partiti, in mezzo a una popolazione locale sempre meno incline a convivere con migliaia di ospiti inattesi.

Alcuni riescono a realizzare l'impresa, attraversando nel buio e nel silenzio boschi minati e fiumi impetuosi. Passano oltre la Croazia, transitano per la Slovenia e arrivano in Italia, a Trieste, dove i centri allestiti per una prima accoglienza sono ormai stragremiti e l'unico alloggio possibile rimane la piazza e la strada. Un gruppo di triestini, intorno a Lorena Fornasir e Gianandrea Franchi, ogni giorno è in Piazza Libertà, davanti alla stazione di Trieste. Accolgono, raccontano, garantiscono il rispetto dei loro diritti, curano in spirito di autentica umanità le piaghe dei piedi e i segni delle percosse sul corpo. Senza di loro, i viandanti alla ricerca di un futuro sarebbero completamente abbandonati a sé stessi, alcuni non potrebbero sopravvivere.

In un mondo normale i soccorritori non sarebbero chiamati eroi, ma semplicemente esseri umani, attenti alle necessità dei propri simili. Forse in certi casi, anche contro il volere di coloro che ritengono di operare soltanto sulla base del dettato della propria coscienza, le istituzioni premierebbero chi sostituisce le loro impotenze. In un mondo normale, i rappresentanti del popolo cercherebbero soluzioni confortevoli, per il bene dei richiedenti asilo e dei profughi. Non dormirebbero la notte pensando a uomini, ma anche donne e bambini costretti a sostare all'addiaccio o in un tunnel maleodorante di qualche città.

In un mondo normale. Nel nostro mondo invece le amministrazioni pensano di risolvere i problemi nascondendo la sofferenza, minacciando la chiusura degli spazi occupati dai migranti, deplorando l'impegno di chi li aiuta. E' purtroppo un film già visto, a Trieste come a Gorizia o a Udine. Non esiste uno straccio di soluzione alternativa, uno sguardo o una parola di compassione. Il nuovo arrivato disturba, le ferite sulla sua carne denunciano l'assurdità della parte del Pianeta straricco incapace di farsi carico dell'altra parte strapovera. Il turismo globale pretende di scacciare i pensieri, le frotte che scendono dalle grandi navi hanno pagato per una settimana di vacanza e di lusso, non per farsi interpellare da decine di poveri che non avranno mai la possibilità di concedersi un attimo di sosta, nell'infinito cammino verso la libertà dalla miseria.

Attenzione Nova Gorica e Gorizia! La Capitale europea della Cultura non dovrà essere "attrattiva" perché si nasconderà il dolore e si faranno luccicare strutture turistiche acchiappacitrulli. Dovrà invece diventare un punto di riferimento, un faro di accoglienza illimitata, un porto sicuro che dimostrerà come la convivenza tra popoli e culture non è soltanto un lodevole auspicio, ma il riconoscimento di una comune e gloriosa Umanità.

sabato 9 luglio 2022

Aquileia ricorda i santi Ermagora e Fortunato

 

Pietro consacra vescovo Ermagora (affresco XII sec.)
Il prossimo 12 luglio si ricordano i santi Ermagora e Fortunato, che la tradizione e in parte anche la storia riconoscono come primo vescovo e diacono della chiesa di Aquileia.

La ricorrenza sarà caratterizzata da alcuni importanti avvenimenti. Lunedì 11, alle 20.45 è previsto nella Basilica uno straordinario concerto del coro della Cappella Sistina, mentre martedì 12 alle 19 il cardinale Betori di Firenze terrà in piazza Capitolo una lectio sul tema Fede e Politica, procedendo da un'analisi della figura e dell'opera di Giorgio La Pira. Alle 20 una grande celebrazione eucaristica concluderà i festeggiamenti. Importante è anche l'appuntamento di domenica 17 luglio, alle ore 18 sempre in Basilica, con la Messa in lingua friulana curata dal movimento di Glesie Furlane, un'occasione per ricordare la dignità e i diritti del popolo friulano.

Chi erano in realtà Ermagora e Fortunato? Ha un senso ricordare dei personaggi vissuti intorno a 1800 anni fa, la cui vicenda è ancora di fatto avvolta dalle nebbie della storia? La loro figura, almeno così come è stata trasmessa e anche rappresentata nella stupenda cripta degli affreschi, ha ancora elementi di attualità e interesse? Cliccando su questo link si può trovare una più ampia riflessione sul tema: https://youtu.be/gXYdBinQUeE

La Giunta proiettata verso il 2025 non conosce la lingua slovena

Non si vuole in alcun modo valutare la scelta delle persone chiamate a far parte della Giunta dello Ziberna II, sarà il loro lavoro a determinare il valore del loro impegno, non i pre-giudizi, favorevoli o sfavorevoli che siano. 

Non ci si può esimere tuttavia da due osservazioni generali, entrambe importanti, una formale l'altra sostanziale.

La prima riguarda la designazione della Presidenza del Consiglio Comunale, incarico importante e ben retribuito, che compare nella lista proposta dall'ex e neo sindaco. E' una scorrettezza istituzionale. E' vero che difficilmente la maggioranza oserà proporre un nome diverso da quello indicato, tuttavia la nomina non spetta al primo cittadino ma al Consiglio Comunale che elegge nella prima seduta il proprio presidente, almeno in teoria dopo una possibile trattativa con l'opposizione. Aver già dato per scontata la presidenza Paoletti è uno sgarbo che contraddice la volontà di dialogo con l'opposizione (in questo caso anche con il resto della maggioranza) espressa da Ziberna nelle dichiarazioni di prammatica del dopo elezioni.

La seconda osservazione è molto più importante e sostanziale. A quanto sembra, nessun componente della Giunta è sloveno o comunque conosce la lingua slovena. Si suppone quindi che tutto il percorso politico che condurrà a Nova Gorica e Gorizia capitale europea della cultura 2025 (EPK/CEC), sarà reso possibile da una comunicazione in lingua inglese (ma non tutti gli assessori se la cavano anche con questa lingua) o dalla mediazione degli interpreti. In altre parole, mentre sembra che nel prossimo bando del Comune di Nova Gorica per l'individuazione del nuovo direttore, non sia più richiesta come condizione la conoscenza della lingua italiana, la Giunta comunale di Gorizia che dovrà interloquire con i colleghi in Slovenia non prevede neppure un componente che sappia lo sloveno.

E' bene che tutti si conosca l'inglese e che ci si possa parlare almeno in una "lingua terza". Ma non è un buon biglietto da visita di una capitale della cultura scelta proprio per la (presunta) unità nella diversità delle due città sul confine, rinunciare in partenza allo sforzo di raggiungere almeno il bilinguismo passivo, poter parlare il proprio idioma comprendendo bene quello dell'altro, senza costringerlo a dover sempre rinunciare alla propria lingua materna per poter realizzare un'efficace comunicazione.

giovedì 7 luglio 2022

Il futuro viene dalla terra. Un'interessante conferenza a Villa Russiz

 

Nella bella cornice di Villa Russiz a Capriva, si è tenuta mercoledì scorso un'interessante conferenza, organizzata da Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia e Filierafutura.

Il tema - attuale e urgente - era "Il futuro viene dalla terra. Territori coltivatori di identità e motori di innovazione". Le due relazioni principali sono state tenute dall'Arcivescovo di Gorizia Carlo Maria Redaelli e da Carlo Petrini, noto attivista enogastronomico e fondatore di Slow Food.

L'Arcivescovo, procedendo dal racconto di alcune esperienze personali vissute in diversi angoli del mondo, ha notato come l'attuale situazione di grandi cambiamenti climatici e di crisi del sistema produttivo, incrementi pericolosamente le disuguaglianze. Chi non possiede nulla diventa sempre più misero e i ricchi sempre più ricchi. A pagare le conseguenze della situazione attuale, in termini di sofferenza e impossibilità di riscatto, sono sempre i più poveri. Ha anche notato, con finezza, la debolezza intrinseca del famoso detto "piuttosto che regalare un pesce, insegna a pescare". L'aforisma ha un senso se c'è l'acqua e se essa non è inquinata, altrimenti anche insegnare a pescare non serve a nulla. Ciò significa che non si possono affrontare i problemi locali svincolati dal contesto globale, perché mai come oggi si è dipendenti gli uni dagli altri. Le scelte particolari hanno sempre riflessi planetari.

Come un fiume in piena, Carlo Petrini ha esordito sottolineando come senza un reale cambiamento degli stili di vita, la parola sostenibilità non significa nulla, è solo un bla bla bla. La principale responsabile dell'emissione di CO2 non è, come si potrebbe credere, la mobilità, bensì il sistema alimentare, addirittura per il 34%. Come può procedere un mondo nel quale intere isole di plastica sono entrate nella filiera alimentare, ci sono miliardi di tonnellate di cibi sprecati ogni giorno e nello stesso tempo quasi un miliardo di esseri umani vivono sotto la soglia della fame. Occorre prendersi cura del Pianeta, guardando verso il futuro e creando comunità che si oppongano a una produzione che cancella sempre di più la persona dai propri interessi e dai propri obiettivi. L'unica speranza è che ci siano cittadini attivi che in ogni ambito mettano al centro dei loro interessi e dell'intero sistema economico i beni comuni e quelli relazionali. 

Sì, perché la relazione fra le persone è il più potente strumento per permettere all'umanità di invertire la rotta verso l'ormai imminente catastrofe. Sempre che non sia troppo tardi. Un grazie all'arcivescovo Redaelli, a Petrini e agli organizzatori per questa solenne e salutare "lavata di capo".

mercoledì 6 luglio 2022

Il ghiacciaio del Montasio

Lo Jof di Montasio e il suo ghiacciaio, giugno 2022
A proposito di ghiacciai, resiste alla più bassa quota in tutto l'arco alpino quello dello Jof di Montasio. Anche se la vetta è la più alta delle Giulie occidentali con i suoi 2753 metri, il ghiaccio perenne, alimentato dalle valanghe e custodito dalla magnifica e impervia parete nord, lo si incontra attualmente a poco più di 1900 metri. E' una quota incredibile, tanto più sorprendente se si pensa alla disastrosa situazione generale di costante e forte arretramento che si verifica in tutte le altre zone. I calcoli effettuati nell'ambito dello speciale monitoraggio effettuato negli scorsi due anni hanno dimostrato un arretramento, ma di proporzioni non paragonabili a quello che sta accadendo sulla Marmolada o nelle Alpi Occidentali. Eppure anche il ghiacciaio del Montasio, alla fine di una calda estate dei primi anni '90, è stato protagonista di un episodio molto simile a quello accaduto la scorsa domenica, per fortuna senza alcuna vittima, essendosi verificato in un periodo nel quale la montagna non era più frequentata. Una gran massa di ghiaccio si era staccata dal cono principale - ben visibile ai piedi della grande parete - aveva raccolto i sassi del ghiaione sottostante e aveva creato una frana che in un batter d'occhio aveva raggiunto la sottostante Val Saisera. La ferita di quel crollo si intravvede ancora, anche se nel frattempo la forza della natura  l'ha quasi del tutto rimarginata. Il ghiacciaio del Montasio, come quello non lontano del Canin e quello non molto più ampio ed estremamente suggestivo della Kredarica ai piedi della cuspide terminale del Triglav, sono dei piccoli gioielli, reliquie tenaci del tempo dell'ultima glaciazione. La loro sorte purtroppo sembra segnata, come quella dei loro fratelli maggiori sulle Alpi e in tutto il mondo. La riduzione delle masse, un tempo fenomeno che richiedeva millenni, oggi accade nello stretto volgere di pochissimi anni e fra poco, se il trend del cambiamento climatico provocato dagli esseri umani non si inverte, i ghiacciai non esisteranno più. Sarà solo uno degli infiniti tasselli di una catastrofe planetaria senza precedenti. Anche dalla flebile e intrepida voce del ghiacciaio superstite dello Jof di Montasio giungono una denuncia dell'incoscienza e degli squallidi interessi multinazionali come pure un appello all'intelligenza e alla lungimiranza degli esseri umani.

domenica 3 luglio 2022

Triste Marmolada

Uno scorcio delle Alpi Giulie: Madri dei Camosci, Innominata, Jof Fuart
Questa sera si parla molto di montagna. E non bene, purtroppo, sulla Marmolada si è verificato un tremendo incidente, con tanti morti, feriti e dispersi. In una magnifica giornata estiva, salivano verso la vetta in cordata, lungo la non difficile via normale, calcando ciò che resta dell'antico grande ghiacciaio Doveva essere una normale giornata di gioia e di fatica, come quella vissuta da migliaia di altri escursionisti, impegnati sui sentieri di tutto l'arco alpino, dalle bellissime Giulie alle Liguri. E' stata una tragedia determinata dal crollo di un seracco, un blocco enorme di pietra e  ghiaccio, scavato all'interno dall'acqua di scioglimento. Sulla vetta, 3343 metri, c'era oggi una temperatura di oltre 10°, molto più alta di quella registrata nello stesso periodo negli scorsi anni.

E' la montagna l'"assassina"? Ovviamente no, la montagna è così come ciascuno la intende. Chi la ama, la ritiene il regno della bellezza, affida a lei i segreti della vita, i suoi spazi riempiono i suoi ricordi migliori, le ore indimenticabili delle più ardite avventure. Accetta anche la sua imprevedibilità che inganna anche il più esperto, una frana improvvisa, un sasso piovuto dall'alto, una zolla d'erba che copre un appiglio. Chi non la ama particolarmente, la osserva con indifferenza e si chiede cosa ci sia di tanto attraente nel faticare o addirittura nel rischiare la vita, per raggiungere un rifugio o una cima. Già, una cima. Là dove ci si sdraia e ci si sente non tanto conquistatori di qualcosa, quanto destinatari del dono di una maggior consapevolezza di sé, non padroni del mondo, ma maggiormente responsabili delle proprie azioni. "Sopra di noi soltanto il cielo", pare abbiano detto Edmund Hillary e Tenzing Norgay, subito dopo aver raggiunto l'Everest. Ecco, in quella frase c'è la gioia di ogni scalatore o semplice camminatore, nel momento magico del raggiungimento di una vetta, sia essa la più alta del mondo o la collina dietro la propria casa. 

La montagna riserva tante emozioni a chi si accosta a essa con rispetto e prudenza, ma l'alpinista sa che la natura è spesso imprevedibile, anche quando si mettono in gioco tutte le attenzioni possibili. Lo è tanto più in un tempo in cui i rapidissimi cambiamenti climatici, dovuti alla vera umana incoscienza che minaccia la stessa esistenza delle specie viventi sulla Terra. In pochissimi anni si sciolgono i ghiacciai, si sgretolano le torri di roccia apparentemente inattaccabili, il paesaggio montano si trasforma e mostra, estate dopo estate, i segni di una crisi pericolosa e irreversibile.

Un pensiero mesto quindi stasera va agli alpinisti caduti e alle loro famiglie, cercatori di gioia pura, semplice e amanti dell'avventura, travolti da una valanga inattesa e traditi dal loro desiderio di infinito. Un invito ad amare ancora più la montagna e ad affrontarla godendo dei meravigliosi doni che essa riserva a chi le si avvicina con delicatezza e consapevolezza. E un richiamo alla nostra affascinante e tragica umanità, a volte costruttrice di giustizia e di pace, altre volte tronfia e presuntuosa nemica di ogni forma di Bellezza. La montagna non è buona o cattiva, una tragedia non fermerà i "conquistatori dell'inutile" che continueranno a comprenderla e a volerle bene. E' l'uomo che può essere buono o cattivo, che nella sua venefica corsa alla realizzazione degli squallidi interessi di pochi, riesce a demolire perfino le antiche montagne.

2025, i due Giubilei di Nova Gorica e Gorizia

Il 2025 sarà un anno straordinario per Nova Gorica e Gorizia, capitale europea della Cultura. Se ne sta parlando abbondantemente, ma forse non è ancora stata rilevata una coincidenza importante, che potrebbe portare un ulteriore potenzialità, soprattutto sul piano spirituale, ambientale, turistico e infrastrutturale.

Il 2025 sarà infatti l'anno del Giubileo ordinario, il primo dopo quello, assai solenne, del 2000. Il primo fu voluto da papa Bonifacio VIII nel 1300, da allora è sempre stato celebrato con cadenza inizialmente cinquantennale, poi, già dal '400, ogni 25 anni. Nello scorrere del tempo, vengono spesso indetti Giubilei straordinari, per commemorare la data presunta della prima Pasqua (gli ultimi nel 1933 e 1983) o per intensificare il pensiero su qualche tema teologico, come nel caso del Giubileo della Misericordia, proposto da papa Francesco, senza eccessiva risonanza, intorno al 2015. Gli ultimi anni giubilari hanno previsto l'apertura di tante "porte sante" nelle varie diocesi del mondo e sono stati connotati da una forte valenza anche sociale, come accaduto in occasione del passaggio del Millennio. In quel frangente, in ricordo dell'antico anno giubilare ebraico che prevedeva ogni 50 anni (7 volte 7 anni sabbatici) la restituzione della terra in parti uguali a tutti i membri del popolo, era stata proposta la cancellazione dei debiti che rendono molte nazioni più povere di fatto schiave di quelle più ricche. Era uno degli "obiettivi del millennio", purtroppo molto lontani dall'essere realizzati in un Pianeta sempre più afflitto dalla fame, dalle guerre, dalle persecuzioni ideologiche e religiose. E' facile prevedere e auspicare che due dei temi principali del Giubileo siano quello dell'"apertura delle porte" dell'Occidente straricco a coloro che fuggono dall'estrema povertà, predisponendo politiche di accoglienza e non di rifiuto, nonché quello del disarmo generale e dell'istituzione di un reale arbitrato internazionale in grado di affrontare e risolvere  conflitti tra i popoli e le nazioni. Certamente in ogni caso, anche se prevarrà l'esigenza di celebrare il giubileo ciascuno a casa propria, resterà fondamentale il pellegrinaggio a Roma, sulla tomba dell'apostolo Pietro, gesto interessante sul piano antropologico e teologico, ma anche gigantesco "affare" sul piano del turismo religioso.

Cosa accomuna la capitale europea della Cultura al Giubileo del 2025?

Anzitutto la sottolineatura dei due temi citati, ovvero quello della giustizia sociale e della pace. La Cultura è ciò che esprime la consapevolezza di far parte del genere umano, attraverso il pensiero, la parola, l'architettura, l'arte, ma anche la coscienza della sororità e fraternità universali, l'impegno a costruire ponti e abbattere muri. Come immaginare il 2025 goriziano, senza un forte impegno, emblematico, concreto e nello stesso tempo simbolico, a favore dell'accoglienza di ogni esser umano, della salvaguardia a tutti i costi dell'ambiente naturale e della realizzazione di un vero laboratorio di pace e giustizia? Là dove si è sparso tanto sangue in guerre assurde, ora si potrebbero addestrare i corpi civili di pace europei e gli stati in guerra potrebbero tenere i negoziati di pace, con il supporto scientifico delle università e degli istituti di ricerca staro e novo Goriziani.

Ma è da tenere in considerazione anche l'aspetto più specificamente turistico. La "capitale europea della Cultura" potrebbe facilmente intercettare i flussi provenienti dal Nord e dall'est dell'Europa e diretti verso la capitale. Pochi luoghi potrebbero costituire una preparazione immediata, una tappa significativa verso il varco della porta santa romana, quanto Nova Gorica e Gorizia, protagoniste di una storia del Novecento incentrata proprio su quella dinamica di morte e risurrezione, di guerra e di pace, di separazione e unione nella diversità che dovrebbe caratterizzare qualsiasi anno santo. Inoltre è prevista l'intensificazione dell'attuale boom del turismo slow, in bicicletta e nell'occasione anche a piedi, lungo itinerari caratterizzati da paesaggi naturali, storici e artistici affascinanti e bellissimi, che richiedono il completamento di adeguate infrastrutture, fuori e forse soprattutto all'interno dei centri urbani. 

Ecco due esempi: una ciclabile est ovest, con punto di partenza Ljubljana, sosta consistente tra Nova Gorica e Gorizia, pellegrinaggio alle sorgenti culturali di Aquileia e da lì, tramite la ciclabile litoranea o appositi servizio di navigazione fino ad Ancona, il salto verso Roma. E una via pedonabile per pellegrini sullo stesso tracciato, con sentieri già esistenti e sperimentati attraverso la "rimska cesta" attraverso l'antico passa "Ad Pirum" (Hrušica) e la Vipavska dolina in Slovenia, il Carso fino ad Aquileia e poi la Romea Strata fino all'incrocio con le vie europee jacopee e francigene. Vale veramente la pena di investire in questi campi, con l'aiuto di realtà già esperte come Pot miru, Planinsko društvo, Club alpino italiano, Iter aquileiense, Romea strata e tanti altri... Una grande occasione da non perdere!

venerdì 1 luglio 2022

Di chi è Piazza Transalpina. Una curiosità...

 

Con determina 26 maggio 2022, il Comune di Gorizia ha acquisito al patrimonio comunale la P.C. numero 943/3, in altre parole, la Piazza Transalpina.

Di chi era prima? Della Rete Ferroviaria Italiana S.P.A. Il passaggio è costato circa 46.000 euro, comprensivo delle spese notarili.

Ben pochi a Gorizia sapevano che quella che di giorno in giorno sta diventando uno dei principali punti di riferimento della "capitale europea della Cultura, non appartenesse fino a meno di due mesi fa al Comune di Gorizia.

Chi ha autorizzato tante manifestazioni sul confine? Di chi la responsabilità in caso di eventuali problemi, anche di ordine assicurativo? Quante richieste di occupazione del suolo pubblico all'ente non competente per rilasciarle?

Si suppone che a suo tempo siano state rilasciate tutte le autorizzazioni del caso, negli indimenticabili momenti del primo abbattimento della rete sulla piazza e della costruzione del monumento centrale. Ma la domanda resta in sospeso. Qualcuno sapeva di chi fosse la piazza? C'è stato bisogno dell'intervento del GECT/EZTS in vista dei lavori verso il 2025 per "sanare" la questione, altrimenti la parte italiana della piazza simbolo dell'unità nella diversità dei cittadini novo e staro goriziani, non sarebbe mai stata proprietà dei cittadini di Gorizia? (testo ispirato da una ricerca documentaria di Nevio Costanzo)