Tramonta un anno, il 2022. Come ogni periodo della vita, individuale e sociale, ha portato con sé speranze e delusioni, gioie e sofferenze, soluzioni e nuovi problemi.
Detto nel post precedente della scomparsa di Josef Ratzinger, cosa ricordare, a cosa si pensa immediatamente quando si pronuncia il numero 2022 (duemilaventidue, non ventiventidue, per favore)?
A livello internazionale la guerra tra Russia e Ucraina ha sostituito, nelle preoccupazioni della parte ricca del Pianeta, la pandemia globale che comunque, con alti e bassi, ha continuato il proprio corso. Se è sconvolgente il numero di giovani vite falciate da un conflitto che sembra pilotato da tutt'altri interessi che quelli conclamati dagli stati combattenti, rimangono accesi nel silenzio quasi generale tanti altri focolai, che bruciano altrettante esistenze. In ogni Continente continuano i movimenti di milioni di esseri umani che fuggono dalla fame e dalle bombe, quasi sempre rifiutati dai Paesi che potrebbero accoglierli e offrire loro una nuova chance per proseguire il loro cammino.
A livello nazionale è stato un anno di elezioni. Nei primi mesi dell'anno è stato riconfermato Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla fine della primavera sono stati eletti i sindaci di Roma e di altre importanti città italiane, all'inizio dell'autunno, dopo la prevedibile crisi del governo Draghi, le "politiche" hanno consegnato alla Destra l'Italia, forse più per demerito degli avversari politici che per merito dei vincitori. O meglio, della vincitrice, Giorgia Meloni, prima donna presidente del consiglio, chiamata alla prova dei fatti a realizzare un progetto governativo che entusiasma una parte numericamente notevole dell'elettorato e che getta nello sconforto gli oppositori. In ogni caso, più che tentare di smontare un innegabile consenso con prese di posizione lontane dalla concreta e difficile realtà con la quale si devono misurare ogni giorno i cittadini, la sinistra - ammesso che ancora esista - dovrebbe proporre progetti e programmi realmente alternativi. Non giova piangere sul latte versato, il decennio appena trascorso ha visto protagonista un partito sedicente di sinistra che tutto ha fatto, meno che intensificare il supporto alle grandi sfide sociali del nostro tempo. Se non si impostano le basi per una nuova visione della società e del sistema economico che la supporta, non si potranno proporre politiche sostenibili riguardo alla povertà crescente, alla necessità di accogliere e non respingere i migranti, alle trasformazioni del mondo del lavoro, alla gestione dei grandi cambiamenti climatici e dell'inquinamento, alla visione internazionalista "dalla parte dei più deboli".
Anche il territorio goriziano ha visto importanti cambiamenti, a cominciare dalle elezioni amministrative a Gorizia e Nova Gorica, dove, rispettivamente, è stato confermato il sindaco Ziberna ed è stato scelto il nuovo sindaco Turel. Il percorso di avvicinamento al 2025 sembra ai più molto lento e forse la maggior debolezza sta nel mancato coinvolgimento della popolazione, da una parte e dall'altra del confine. Ci sarà un soprassalto creativo? Si spera di sì, anche se sembrano già mancati alcuni obiettivi decisivi perché l'anno sia un punto di inizio e non una celebrazione fine a sé stessa. Del principale elemento, l'insegnamento curricolare delle rispettive lingue nelle scuole in Italia e in Slovenia, non se ne parla. Così come, al di là delle buone intenzioni e della realizzazione di lodevoli infrastrutture ciclabili, sembra che si sia molto indietro rispetto a ciò che dovrebbe essere specifico della "nostra" capitale europea della Cultura, ovvero la capacità di trasformare un luogo dove è stato versato tanto sangue causa delle guerre mondiali in un vero e proprio laboratorio di pace e giustizia. Perché questo accada, occorre veramente che tutti, nessuno escluso, si sentano coinvolti in questa potenzialmente straordinaria avventura.
Un'altra immagine di questo anno trascorso è quella del caldo intenso che ha caratterizzato tutta l'estate e con esso, gli incendi che hanno interessato il Carso. Da una parte c'è grande tristezza per una devastazione inenarrabile, un senso di vuoto che permane ancora, osservando da lontano gli spazi vuoti e desolati, là dove fino a qualche mese fa c'erano dei bellissimi boschi. Dall'altra parte c'è un senso di ammirazione e gratitudine per le migliaia di donne e uomini - gasilci, vigili del fuoco, forestali e forze dell'ordine, volontari sloveni e italiani - che hanno lavorato insieme, fianco a fianco, in un'estenuante lotta per limitare, per quanto possibile, i danni provocati dalle fiamme.
Un ultimo pensiero - tra i tanti che ognuno sicuramente porta nella mente e nel cuore - va al mondo dei migranti, messo a dura prova da tutti i governi che si sono succeduti e dall'intensificazione delle misure già avviata dall'attuale. La criminalizzazione delle ong che percorrono il mare per salvare vite umane minacciate dai naufragi, è disumana e inaccettabile. Così come non è possibile che in una città come Gorizia non ci sia altra soluzione che dormire all'addiaccio per le persone che soggiornano la sera nella stazione ferroviaria. Anche qua, da una parte si resta perplessi davanti agli auguri natalizi all'interno dei quali il sindaco non fa alcun cenno alle centinaia di persone che transitano ogni giorno per la città, spesso in condizioni assai difficili, e addirittura si vanta di aver ripulito la galleria Bombi dagli immigrati che egli stesso avrebbe dovuto provvedere a ospitare, qualche anno fa. Dall'altra è da sottolineare l'encomiabile sforzo di tanti volontari che in tutti i modi possibili sopperiscono alle carenze delle pubbliche istituzioni.