giovedì 30 settembre 2021

Mimmo Lucano, ovvero il reato di Solidarietà

Il sindaco di Riace Mimmo Lucano è stato un esempio non soltanto di solidarietà, ma anche di intelligenza amministrativa.

Attraverso un utilizzo sistematico del benemerito sistema SPRAR (oggi SAI, Servizio di accoglienza e Integrazione), non ha soltanto aiutato centinaia di persone provenienti da varie parti del mondo a trovare accoglienza e nuove prospettive di vita. Ha anche trasformato un paese della Calabria in via di sparizione dalla carta geografica in un modello, valido per l'Italia e l'Europa, di come sia possibile fare di un'azione di condivisione un progetto di crescita sostenibile per un'intera zona altrimenti depressa.

Si è guardato ovunque a lui come un Maestro e migliaia di Comuni in Italia si sono avvicinati allo SPRAR proprio perché hanno conosciuto la testimonianza di Mimmo Lucano.

Le sue disavventure giudiziarie sono iniziate quando c'era un Ministro dell'Interno di cui ci si vanta di non aver mai fatto il nome. La sua martellante propaganda, sostenuta da uno che attualmente rischia la galera per spaccio di droga pesante, ha infangato la meravigliosa opera e il povero, a questo punto ex, sindaco, ha iniziato a salire il Calvario della Giustizia italica. 

E se la Cassazione ha sconfessato clamorosamente il tribunale calabrese affermando l'inesistenza di qualsiasi reato, quello di Locri oggi ha inflitto una condanna, in primo grado, incredibile. Tredici anni di carcere e 700mila euro di ammenda non si comminano neppure ai più pericolosi e violenti esecutori della mafia e della camorra.

Non si discutono le sentenze, si dice sempre. Ma perché? In questo caso la sentenza è palesemente ingiusta e la ribellione non è un optional, ma un dovere, in attesa della ovvia assoluzione con formula piena nei prossimi gradi di giudizio.

Solidarietà piena a Mimmo Lucano e molta preoccupazione per il futuro della democrazia in Italia.

lunedì 27 settembre 2021

Aiello: gli orologi solari e il turismo sostenibile, un'occasione straordinaria

Ad Aiello del Friuli, nella palestra delle scuole di via Manzoni, martedì 28 settembre alle ore 20.45, ci sarà un interessante incontro, promosso dal Circolo culturale Navarca, dalla Pro Loco, con la collaborazione del Comune e della regione fvg.

Verrà presentata la nuova guida turistica "Aiello il paese delle meridiane", nella quale è possibile trovare spunti riguardanti non soltanto gli oltre 110 orologi solari sparsi ad Aiello e a Joannis, ma anche le altre grandi ricchezze paesaggistiche e artistiche che caratterizzano il territorio.

Il filo conduttore dell'incontro sarà inevitabilmente legato al rapporto fra il tempo e lo spazio. La grande sfida di una realtà come quella aiellese - e più in generale della Bassa Friulana ex Austriaca - è quella di coniugare le profonde radici di una tradizione ancora viva con le urgenze improcrastinabili della modernità e della postmodernità.

Per questo, se da una parte Federico Basso, dal suo osservatorio di parroco dei paesi, racconterà la storia spirituale delle comunità, l'ottima giornalista di radio Capodistria Barbara Urizzi, procedendo dalle intuizioni maturate nei seguitissimi suoi programmi dedicati ai cammini, parlerà di sostenibilità e di rapporto con l'ambiente che ci circonda.

Aurelio Pantanali sarà un po' il "padrone di casa" in quanto presidente del Circolo culturale Navarca e presenterà il libro appena pubblicato, come pure la mostra dedicata alla danza nel tempo e alla danza del tempo. Modererà la serata Enza Caselotto.

Aiello è all'incrocio tra due importanti cammini, l'Iter Aquileiense (o cammino celeste), da Aquileia al Monte Lussari e la via Postumia, da Grado a Genova. Pochi chilometri a ovest passa l'Alpe Adria, frequentatissima ciclovia dal nord Europa. Un reticolo di ciclabili, già in fase di progettazione esecutiva, unirà Palmanova e Aquileia, due siti Unesco, attraverso i sorprendentemente bei paesi della Bassa Friulana. Così l'Alpe Adria sarà adeguatamente collegata alla ciclovia dell'Isonzo, andando a creare così un polo alquanto attrattivo e significativo.

Ma nei confini del comune c'è anche l'outlet Palmanova che, prima della pandemia, vantava qualcosa come due milioni di visitatori l'anno. A prescindere dal giudizio sul pesante consumo del suolo e sulla logica di mercato sottesa ai grandi centri commerciali, se si offrisse a 1 visitatore dell'outlet su 100 la possibilità di staccarsi dalla visione consumista e capitalista, visitando i paesi intorno, essi risconterebbero qualcosa come 20.000 presenze.

Questo grande numero di "consumatori pentiti" (o anche non pentiti!) potrebbe gustare un altro modo di concepire il tempo e lo spazio, venendo a conoscenza dei cammini, delle meravigliose ciclovie, dell'antica misurazione del tempo attraverso gli orologi solari, del Museo della civiltà contadina più grande d'Italia, delle ville asburgiche, delle chiese parrocchiali, degli affreschi rinascimentali nei sacelli dispersi nei campi, delle spettacolari risorgive, dei borghi e dei mulini.

I "luoghi di vita" più importanti in Aiello e Joannis sono certamente quelli in cui la gente condivide l'esistenza con altre persone. I più giovani si incontrano a scuola, gli anziani nelle vie del paese o nelle due grandi case di riposo. Tanti sono ospitati in Casa Teresa e il centro diurno del Novacco testimonia la bellezza e il valore terapeutico del lavorare insieme, soprattutto nei percorsi relativi al superamento del disagio mentale. Lo sprar (che oggi si chiama SAI, Servizio di accoglienza e Integrazione), rientrando in zona potrebbe portare una ventata di spirito internazionalista. Nella sottolineatura dell'importanza turistica dei cammini e delle ciclovie, non  basta pensare al pur importante indotto per i b&b o per le trattorie del territorio. E' necessario anche che si rifletta sulla meravigliosa opportunità di valorizzazione sociale delle persone apparentemente ai margini, che potrebbero diventare protagoniste - professionalmente e non a livello di volontariato - dell'accoglienza e del far sentire a casa propria gli ospiti, siano essi viandanti, ciclisti o visitatori dei negozi.

Ovviamente questa opportunità definirebbe da una parte un programma culturale nei Comuni, fondamento di ogni ulteriore azione politico amministrativa, finalizzato a sostenere la non facile e a volte dolorosa transizione generazionale da un'epoca a un'altra. Dall'altra parte è evidente quanta ricaduta positiva potrebbe esserci in termini turistici sostenibili, nell'accoglienza alberghiera e nell'offerta eno-gastronomica, come pure nel risanamento di un ambiente vitale da pochi anni purtroppo coinvolto nella devastazione dei campi con il cemento e l'asfalto, in situazioni di incredibili abbandoni di rifiuti, nell'avvelenamento dei pozzi freatici a causa delle coltivazioni intensive.

Non si tratta di tornare indietro, ma di riscoprire come un sano e non nostalgico sguardo al passato, possa favorire gioia di vivere, garanzia dei diritti civili per tutti, impegno sociale a favore dei più deboli, occupazione e in generale qualità delle relazioni.

Un bellissimo lungo cammino, nel cuore della Slovenia

Ospite del Kulturni center Lojze Bratuž, il grande alpinista sloveno Viki Grošelj ha raccontato molti particolari del suo rapporto con le montagne.

Uno dei pochi conquistatori di tutti gli "8000", nonché di tutte le cime più elevate di ogni Continente, ha saputo incantare i partecipanti anche dimostrando il lato umano. I veri amanti delle catene montuose, infatti, non si limitano a raggiungere le vette, siano esse situate nell'Himalaya piuttosto che nella Alpi Giulie. Essi sono attenti all'ambiente che li circonda, affascinati dalla Natura, spesso nelle sue forme più estreme, ma soprattutto sanno che cosa è la solidarietà nei confronti delle popolazioni incontrate nel corso delle mille avventure.

Anche il rapporto con se stessi risulta rafforzato dalle giornate di totale solitudine, dal rischio permanente di perdere la vita nel corso di qualche impresa, dalla riscoperta dei valori più profondi e veri dalla Vita.

Ottimo scrittore, Grošelj, dopo aver divulgato e reso partecipi tanti lettori della sua esperienza in ogni angolo del Pianeta, ha presentato il suo ultimo libro, Krona Slovenje, pubblicato l'anno scorso a Ljubljana.

Si tratta di una guida meditata, dove alla puntuale descrizione dei sentieri e dei luoghi, si accompagnano le riflessioni, si potrebbe dire filosofiche e spirituali, dell'autore. E' di fatto un ritorno, alla propria terra. Non a caso l'itinerario prende le mosse da poco più a nord della capitale slovena, dal paese nel quale Viki vive.

Come suggerisce il titolo, si tratta di un lungo itinerario circolare, nel cuore della Slovenia. La bellissima copertina unisce la cima dello Stol all'inconfondibile sagoma di Šmarna gora, il suggestivo colle che sovrasta Lubiana, frequentato ogni anno da migliaia di pellegrini e viandanti. Toccando Škofja Loka e la Soriška planina, il percorso, molto ben descritto e segnalato, consente di attraversare la bella cresta che unisce il Črna prst alla Rodica, prima di scendere verso Bohinj.

Si sale poi al Triglav, percorrendo la via della prima scalata e si scende poi a Mojstrana. verso il confine con l'Austria si raggiunge la Golica e si cammina lungo il crestone delle Caravanche. Le splendide e selvagge Alpi di Kamnik sono l'ultima impegnativa asperità prima del ritorno in pianura e dell'ultimo strappetto, appunto di Šmarna gora.

Complessivamente, Krona Slovenje conta 310 chilometri e circa 15.000 metri complessivi di dislivello. Il libro propone 10 tappe, ma ovviamente il cammino, deve essere commisurato alle forze e al tempo di chi lo percorre. Si prevedono paesaggi straordinari, non soltanto di alta montagna, ma anche nel cuore verde del Paese e nell'attraversamento di delicati borghi e di dolci vallate.

E' una bella proposta. Chi lo sa, forse per la prossima estate...

domenica 26 settembre 2021

Le parole indifendibili dell'Assessora

La polemica tra Aldo Rupel e Silvana Romano sembrava talmente assurda, da pensare in un primo momento solo ed esclusivamente a uno spiacevole fraintendimento.

Leggendo invece oggi le dichiarazioni dell'Assessora sul Piccolo, c'è da rimanere esterefatti. Non ci sono state le attese ovvie spiegazioni, tipo "volevo solo complimentarmi con Rupel e dirgli che un simile intervento sarebbe stato bello da tradurre anche in italiano, per la sua importanza."

C'è stato invece una conferma delle "accuse", sostenendo che lei e molti presenti di lingua italiana avrebbero avuto il diritto di sapere cosa aveva detto Rupel.

Ora, a parte il fatto che Aldo aveva premesso alla parte in sloveno del suo interessante discorso un'ampia (quasi completa!!!) sintesi in lingua italiana, le parole scritte dalla Romano sono sorprendenti. Per cosa mai l'Europa ha deciso di nominare Nova Gorica capitale europea della Cultura 2025? E perché mai tale bellissima occasione è stata fatta propria e sostenuta anche dalla "vecchia" Gorica? Forse per il Castello? O per l'Eda Center a Nova Gorica?

No, la capitale europea della Cultura è tale perché situata in un luogo meraviglioso, storico, drammatico e insanguinato crocevia di popoli e culture, dove dovrebbe essere assolutamente ovvio parlare correntemente le tre lingue del territorio - italiano, sloveno e friulano - insieme all'inglese, come lingua veicolare con la quale accogliere i nuovi cittadini che sono arrivati e continueranno ad arrivare da ogni parte del mondo.

In tanti si rivendica la necessità almeno del plurilinguismo passivo (ognuno parla la propria lingua materna e comprende quella dei "vicini"), come primo, minimo passo verso la piena realizzazione dell'unità nella diversità. In questa ottica, si è spesso deciso negli incontri pubblici, molto opportunamente, di evitare le solite inutili lungaggini o la costrizione a stringere eccessivamente l'esposizione dei propri punti di vista, dando per scontato che ormai si possa procedere a vele spiegate verso la reciproca comprensione. Nonostante questo, qualcuno, Anno Domini 2021!!!, si lamenta ancora perché un testo letto pubblicamente in una significativa occasione come quella del ricordo della Battaglia partigiana di Gorizia, sia stato tradotto soltanto in parte - e non in toto - in lingua italiana.

Gentile Assessora, se lei non sa neanche una parola di sloveno e svolge un compito così importante e significativo, credo sia bene che si astenga dal manifestare la sua ignoranza. Oppure potrebbe anche chiedere un'illuminazione sulle parole ascoltate, ma non certo "perché siamo in Italia", bensì con l'umiltà dell'ignorante che capisce l'importanza di un intervento e chiede "per favore" di essere aiutato. Per la Sua dignità e quella di tutti i presenti.

venerdì 24 settembre 2021

A Cerje, un momento "storico" per la pace e la giustizia. Pot miru!

Sabato 25 giugno, presso il grande monumento di Cerje, c'è stata una grande assemblea per la pace.

Lo si è visto nascere e crescere, quel torrione che svetta sull'ultima vetta della lunga catena del Trstelj. 

Dalla sottostante piana di Gorizia ci si chiedeva che cosa fosse, che significato avesse.

C'era chi proponeva un improbabile competizione con il santuario di Monte Grisa, con il quale in comune c'è soltanto la pietra grigia carsica.

Poi fu presentato come la memoria della resistenza e della liberazione dall'oppressione nazifascista, successivamente come ricordo dell'indipendenza della Slovenia.

Quando ci fu la possibilità di raggiungere l'altura di Cerje, non mancarono le sorprese. 

La prima fu determinata dal paesaggio, da una parte una vista straordinaria sull'intero territorio goriziano, dall'altra il Carso degradante verso Monfalcone, con sullo sfondo lo spettacolare scintillio del mare. 

La seconda impressione fu determinata dall'allestimento del museo, all'interno della torre. Accolti da un cielo che ricorda la posizione delle stelle alla mezzanotte del giorno dell'indipendenza della Slovenia, i visitatori potevano e possono conoscere alcuni tratti principali dell'identità culturale del popolo e della grandi sofferenze vissute dagli abitanti delle valli dell'Isonzo e del Vipacco, durante e dopo la prima guerra mondiale.

La Storia raccontata nelle immagini e nei reperti si intreccia anche oggi con la Natura del bellissimo e drammatico Carso. E' possibile perfino percorrere tutta la dorsale, in oltre quattro ore di intenso cammino si oltrepassano le varie alture e si raggiunge il bel rifugio sulla cima del Trstelj, godendosi, soprattutto in autunno, gli incontri con la flora e spesso anche la fauna del territorio.

Ebbene, proprio a Cerje, domani (sabato), ci sarà una significativa cerimonia per la pace. Ci saranno momenti musicali e teatrali, l'ospite d'onore sarà Tone Partljič, drammaturgo e operatore della Cultura molto noto in Slovenija. Il tema centrale dell'incontro è l'unità nella diversità dei popoli sul confine.

Se la diversità riguarda essenzialmente la lingua, la storia culturale, a volte la visione del mondo e la concezione della vita, quali sono gli elementi dell'unità? Cosa caratterizza questa terra, antropologicamente e sociologicamente, che da Cerje appare geograficamente un tutt'uno? In che modo e perché i commissari che hanno dovuto decidere, si sono convinti di nominare Nova Gorica e Gorizia capitale euripea della Cultura 2025? 

Anzitutto il territorio attraversato dall'Isonzo, patrimonio di tutti coloro che abitano intorno alle sue sponde e nel suo bacino. Ciò implica anche la responsabilità di mantenere pulito e sano il "più bel fiume d'Europa" e di sentirci accomunati in una battaglia permanente, perché i piccoli interessi di parte non inquinino l'acqua e l'aria, non minaccin0 la salute e la vita dei cittadini.

In secondo luogo ci unisce una decisa scelta antifascista, senza la quale difficilmente è possibile collaborare. Occorre che si dia spazio e credito agli storici, che si superino le barriere del passato riconoscendo la catastrofe provocata dalle leggi razziste, dall'occupazione fascista della Primorska, dalla tragedia spaventosa della guerra nazi-fascista. Solo in quest'ottica, è gioiosamente possibile lavorare insieme, nella cultura, nella politica, nell'economia, nel rispetto della natura, per creare una casa comune caratterizzata proprio dalla forza dell'unità e dalla bellezza della diversità.

In terzo, ma non ultimo luogo, ci unisce un confine che non esiste più, inteso, in senso etimologico, come il luogo della "condivisone degli obiettivi". La sfida storica è quella dell'accoglienza delle migliaia, forse dei milioni di migranti che bussano alle nostre porte e che i nostri governi nazionali - italiano e sloveno - vorrebbero respingere e rinchiudere nei campi di concentramento greci e turchi. La sfida della Pace è sfida dell'accoglienza, illimitata e intelligente, di coloro che fuggono dalla guerra, dalla fame e dalle persecuzioni ideologiche o religiose. Una terra che ha visto edificare tanti muri e che a causa di questo ha visto scorrere troppo sangue fraterno, ora può diventare laboratorio di pace e giustizia per il mondo intero, se si saprà, insieme, sentirci nel contempo "Goriški" e abitanti del mondo.

L'alta torre di Cerje è stata l'alto monito a costruire ponti e ad abbattere i muri, a sentirci tutti parte dell'unica meravigliosa, affascinante e drammatica famiglia che porta il nome di Umanità. 

lunedì 20 settembre 2021

20 settembre 1870 - 20 settembre 2021: fine del potere temporale della Chiesa?

E' il 20 settembre. Un tempo in Italia era una festività civile, ricordando la breccia di Porta Pia, un passo importante verso la definitiva unità d'Italia e la conquista di Roma, alla vigilia della proclamazione della nuova Capitale dello Stato.

Tuttavia l'anniversario è importante anche per la storia universale, in particolare per quella della Chiesa. E' terminato di fatto in quel giorno il potere temporale, quello dei Pontefici che - secondo gli arguti sudditi toscani - amavano molto la musica, soprattutto quella con sole due note, sol-do, sol-do...

Pio IX, che tante speranze aveva suscitato nei giovani del primo Risorgimento italiano, fugge ignominiosamente a Gaeta e lascia la città eterna nelle mani delle forze che hanno guidato il riscatto del Regno dei Savoia. Si conclude in fretta e furia anche un importante Concilio, il Vaticano I, durato due anni. Nel corso dell'assise, si erano prodotti due documenti importanti, la Costituzione Dei Filius, una specie di squalifica dell'intero pensiero moderno, inficiato dalla colpa di non affermare la conoscenza razionale di Dio e la Costituzione Pastor Aeternus, con la quale il Papa, prima di abbandonare la città dove fu martirizzato Pietro, dichiara il vescovo di Roma "infallibile", quando, dichiarando esplicitamente la sua intenzione, parla ex cathedra, vincolando tutti i cattolici (secondo lui anche i non cattolici) in materia di fede e di morale.

Il 20 settembre di 151 anni dopo la situazione sembra molto cambiata, almeno in apparenza e i pontefici attuali ribadiscono spesso l'estraneità del potere spirituale rispetto a quello temporale. Eppure, non solo formalmente, il potere temporale esiste ancora, la Città del Vaticano è una monarchia assoluta a tutti gli effetti, uno Stato autonomo e ,  del quale il Papa è capo assoluto. Checché ne dica Francesco, esistono ancora le banche vaticane e gli intrallazzi finanziari in tutto il mondo, esistono i nunzi apostolici e gli interessi politici della Chiesa, esistono i Concordati che garantiscono proprietà private (tante!!!) e privilegi.

Dopo aver sottolineato l'aspetto finanziario, relativo all'8 per mille del gettito da devolvere alla Conferenza Episcopale Italiana (vedi post dello scorso sabato), come non ricordare la questione della formazione e dell'idoneità degli Insegnanti di Religione Cattolica. L'ovvia constatazione secondo la quale il cattolicesimo ha avuto un ruolo culturale importante nella storia europea, come pure del resto altre grandi religioni mondiali, dovrebbe portare a due sviluppi naturali. Il primo è l'istituzione di Università teologiche e Istituti di Scienze Religiose autonomi rispetto alla Chiesa, in modo da formare filosofi della teologia indipendenti dall'appartenenza alla comunità cattolica. Il secondo, di conseguenza, è il riconoscimento dell'Insegnamento della Religione, in alcuni istituti umanistici anche curriculare, al fine di preparare insegnanti per le scuole svincolati dal "controllo" ecclesiastico.

Infatti, se attualmente è vero che gli insegnanti vengono nominati dallo Stato, è altrettanto vero che per poter svolgere il loro lavoro devono ricevere una specie di certificato di idoneità, dottrinale e addirittura morale, da parte dell'autorità ecclesiastica. Veramente, con totale rispetto degli attuali IRC, gran parte dei quali competenti in materia e provati docenti, non si può pensare ancora che, nel 2021, un insegnamento proposto e retribuito dalla scuola di stato, debba soggiacere agli umori di un vescovo o di un qualsivoglia ordinario diocesano.

Francesco, se vuoi davvero una Chiesa libera, liberala dai troppi pesanti residui di quel potere temporale che si sperava finito, una volta per sempre, il 20 settembre 1870.

domenica 19 settembre 2021

Uno scrigno d'arte a Crngrob

San Cristoforo (XV secolo)
Sulla strada principale che unisce Škofja Loka a Kranj, un segnale indica un paese a un paio di chilometri di distanza, verso le colline che sovrastano la pianura della Sava. 

Si tratta di Crngrob, un piccolo paese dalle etimologie incerte. L'edificio più alto è la Chiesa, una splendida architettura che unisce stili che vanno dal XIII al XIX secolo.

Gli affreschi all'esterno valgono da soli una gita. Siamo nel XV secolo e i pittori hanno rappresentato un tradizionale gigantesco San Cristoforo, con pesci e gamberi di fiume sotto i piedi e un originalissima "Domenica". Con un sottile umorismo, sono stati affastellati dei veri e propri piccoli quadretti, nei quali si possono riconoscere i lavori svolti dalla gente in quel tempo e il destino terribile che attende chi invece di santificare la festa decide di sudare arando i campi o vendemmiando. Si tratta di una miniera di informazioni sulla situazione sociale, culturale e religiosa di quel periodo.

Se poi si ha la fortuna di trovare la chiesa aperta, le sorprese si succedono l'una all'altra. Gli affreschi interni non destano immediatamente attenzione, dal momento che gli sguardi sono attratti dai sontuosi e numerosi altari barocchi. In realtà le pitture sono interessanti, in particolare una Natività - sempre del XV secolo - nella quale Giuseppe viene disegnato in vesti orientaleggianti, sotto la forma di un buon marito e padre che prepara il pranzo a Maria e al figlio neonato. 

Gli altari lignei, tutti rilucenti grazie alla fin troppo pesante doratura, raccontano tutta la storia della Chiesa, in particolare quella dei santi. Le esigenze controriformiste riempiono gli altari di ogni antico eroe cristiano e non si finisce mai di cercare i tratti caratteristici delle varie iconografie, per poter riconoscere l'uno o l'altro. Si contemplano l'Annunciazione, alla quale è dedicato l'edificio, poi naturalmente il Cristo in croce e poi le Sante Lucia, con gli occhi nel piatto e Agata, con i seni offerti al persecutore. Si vedono sant'Acazio e naturalmente san Rocco che protegge dalle malattie. ovviamente c'è san Floriano, con il secchio d'acqua per spegnere gli incendi. E tanti tanti altri...

Tra gli archi gotici ci si aggira con circospezione, soprattutto se si ha la fortuna di trovare l'organista del luogo che accompagna i visitatori con dei meravigliosi brani di Bach e dei migliori compositori dell'800. La musica entra nel cuore, mentre lo sguardo indugia sulla bellezza dell'arte pittorica e si lascia incantare dalle architetture che riflettono le varie distruzioni operate dalla Natura e dalla Storia. 

Infine, un'ultima sorprendente presenza. Un grande osso ricurvo attrae inevitabilmente l'attenzione. Una vertebra di balena? o di mammuth? Interessante, è lo stesso quesito che c si pone di fronte all'osso che campeggia in alto a Verona, nel passaggio tra la Piazza delle Erbe e quella dedicata a Dante Alighieri. Secondo la leggenda del luogo, è una parte addirittura di una gigantessa antica che, pur essendo pagana, ha contribuito con la sua incredibile forza a costruire velocemente la chiesa. Più probabile è la versione, secondo la quale si tratta di un dono portato dal Nord da un gruppo di pellegrini. Alcuni tra i tanti che da quasi mille anni vengono a cercare pace e a pregare in questo luogo.

Pace fino a un certo punto, perché anche in questa landa lontana dai grandi percorsi stradali c'è stata la guerra e i partigiani della Gorenjska ricordano qua l'ennesimo, terribile eccidio nazista. Ancora una volta, la bellezza dell'arte e la complessità della storia si mescolano celebrando ancora una volta il Mistero dell'Uomo e della Vita.

sabato 18 settembre 2021

Chiesa cattolica, l'anomalia dell'8 per mille

Parliamo di 8 per mille alla Chiesa cattolica. Ne dovrebbe parlare anche il buon Francesco (il vescovo di Roma), apparentemente sensibile alle questioni riguardanti la giustizia, anche all'interno della struttura eccelsiastica.

Nel 2021 sono stati distribuiti i proventi dell'8 per mille relativi ai redditi del 2017 dichiarati nel 2018. I dati sono molto interessanti. La somma da distribuire ai diversi enti corrisponde a circa  un miliardo e 500 milioni di euro. I contribuenti che hanno scelto di devolverla alla Chiesa cattolica (oltre l'80%) o agli altri enti accreditati (circa il 20%) sono nel complesso meno del 42%. Quindi, rispetto a tutti i contribuenti, a scegliere la chiesa cattolica sono stati intorno al 33%.

Voi penserete, come sembrerebbe ovvio, che alla chiesa cattolica siano devoluti circa 500 milioni, ovvero un terzo dell'intero gettito indicato dai contribuenti. 

Invece no! Alla chiesa cattolica giungono ben un miliardo e 136 milioni di euro. Perché? Perché nel conto complessivo non vengono considerati solo i facenti parte del 42 per cento che hanno indicato l'opzione, ma anche i restanti 58% che non hanno indicato nessuna opzione, ritenendo - presumibilmente? - di lasciare così il proprio contributo allo Stato.

Dovrebbe essere la chiesa cattolica a segnalare tale anomalia. Lo farà, acquistando prestigio spirituale e stima da parte dei cittadini, a fronte della perdita di circa 600 milioni di euro? Ai posteri l'ardua sentenza!


Medioevo Goriziano

 

Il dibattito "in Corso" a Gorizia intorno alla pista ciclabile sulla carreggiata o sui controviali, coinvolge una questione che sta a cuore a ogni viandante e ciclista. Si tratta della mobilità urbana e di una visione urbanistica capace di valorizzare l'ambiente, il rapporto tra le persone, la città a misura di ogni abitante. Per questo da molti era stata salutata come una coraggiosa novità, sia pur con alcune criticità da superare come gli assurdi e pericolosi parcheggi per le auto al centro della strada, quella di istituire il senso unico automobilistico e di utilizzare lo spazio a uso delle biciclette. Il dietrofront annunciato sui quotidiani ha sorpreso perfino coloro che si erano pronunciati contro la modifica. In questo contesto, sembra giusto riproporre anche in questo blog dal titolo ammiccante ai "cammini", l'articolo di Marko Marinčič, pienamente in linea con il nostro percorso. (ab)

MEDIOEVO GORIZIANO
Che tristezza vivere nello Zibernistan!
Per mesi ci siamo chiesti se il sindaco Ziberna sarebbe stato capace di mantenere la schiena dritta di fronte agli attacchi strumentali contro la ciclabile in Corso Italia. Non credevamo possibile che tornasse indietro mentre l’Italia, l’Europa, il mondo intero procedono verso una mobilità sostenibile, sana, piacevole, in grado di incidere sugli effetti ormai devastanti del riscaldamento climatico. “No, non è così stupido”, ci siamo detti, “al massimo cercherà un compromesso, toglierà una fila di parcheggi, ma una ciclabile nel 2021 non si toglie”.
Lo ha fatto! Caso più unico che raro nel mondo, Gorizia cancella una ciclabile, grazie alla quale in pochi mesi è almeno raddoppiato se non triplicato il numero di cittadini che usano la bici per spostarsi in città. E non raccontiamoci storielle: qualsiasi cosa si faccia sui controviali, non sarà una ciclabile adeguata a spostarsi in modo rapido e sicuro. La pavimentazione in pietra è da mountain bike biammortizzata, lo slalom tra pedoni, bambini, passeggini e cani al guinzaglio sarà da brivido, l’impatto coi gazebo dei bar ancora tutto da scoprire, quello con le auto provenienti dalle laterali potenzialmente mortale.
Il tutto perché un sindaco senza la benché minima visone strategica della mobilità urbana si muove a tentoni, come una banderuola che si riposiziona al minimo alito di vento. E così è bastato un flatus ventris dalle viscere della sua coalizione a fargli calare le braghette da ciclista ed esporre le pudenda al pubblico ludibrio.
Sarà un autogol politico clamoroso. I talebani automontati lo stanno già sbeffeggiando nonostante il ritorno a Canossa del Corso a doppio senso. La loro battaglia sul Corso era evidentemente strumentale: le faide tra le cosche del centrodestra hanno ben altri obiettivi, con buona pace di molti di quei 2000 che in buona fede hanno firmato la petizione, magari solo perché scontenti della seconda fila di parcheggi. In compenso il sindaco si è giocato la faccia. Ma quel ch’è peggio per lui, anche i voti di tanti ciclisti. Non è che chi ama pedalare sia per forza di sinistra, anzi. Molti lo avrebbero (ri)votato, ma adesso ci stanno ripensando. Attorno a noi percepiamo sdegno, delusione, incredulità.
Caro sindaco, noi ciclisti ci sentiamo traditi. Se Nova Gorica si prepara a grandi passi ad essere capitale europea della cultura 2025 anche con un’ambiziosa rete ciclabile che collegherà i luoghi dei maggiori eventi, Gorizia sta diventando la capitale europea se non mondiale dell’incultura ciclistica, dell’insipienza e dell’ignavia in tema di mobilità. Delle due metà della mela siamo noi quella bacata, probabilmente destinata a marcire, se i cittadini alle prossime elezioni non decideranno di cambiare. Noi ciclisti, a prescindere dall’orientamento politico e partitico di ciascuno, ci impegneremo in tal senso.
Sindaco Ziberna, ti abbiamo creduto, abbiamo sostenuto la ciclabile in Corso. Hai avuto una possibilità e l’hai sprecata nel peggiore dei modi. Ci hai delusi, definitivamente. Valuteremo gli altri in base alle loro proposte in tema di mobilità e alla loro credibilità.
Infine, tre piccole dediche:
1) Agli esercenti contras che oggi gioivano per il ritorno al doppio senso. Ne riparliamo quando vi faranno togliere sedie e tavolini dai controviali per far passare le bici. Chi è causa del proprio mal, pianga sé stesso.
2) Ai benpensanti che si indignavano per un paio di castroni che ogni tanto anziché sulla ciclabile pedalavano sui controviali. Sarete contenti quando tutti i ciclisti dovranno per forza passare di là?
3) A chi si lamentava di quanto era brutto il Corso con tre file di auto, due ai lati e una corsia di marcia. Ditemi, sarà più bello con quattro?
E infine, un affettuoso pensiero per tutti quei rottami della politica di destra e sinistra che finalmente potranno di nuovo imboccare il Corso in direzione della stazione. Fatelo, al più presto. Andate in stazione e prendete il treno. Non importa per dove. Purché il biglietto sia di sola andata. Gorizia non ha bisogno di voi...
Marko Marinčič




giovedì 16 settembre 2021

Da 15 anni, il Cammino Celeste...

Il cerchio finale, 15 agosto 2006 (foto A. Pantanali)
Quindici anni fa, il 15 agosto 2006, un gruppo di viandanti e pellegrini provenienti, oltre che dal Friuli Venezia Giulia, anche dalla Slovenia e da molte altre regioni d'Italia, concludeva il primo "Cammino Celeste" o "Iter aquileiense".

Si tratta di un percorso a piedi, di circa 200 chilometri e oltre 6000 metri di dislivello, dalla Basilica di Aquileia, centro irradiatore di cultura e fede in tutte le regioni del Centro Europa, al santuario dei popoli, sito sulla cima del Monte Lussari, sopra Tarvisio.

La Slovenia non era ancora entrata nel consesso degli stati del patto di Schengen. Per questo si era pensato di tracciare altre due vie, una tutta in territorio sloveno, partendo dal santuario di Brezje, sopra Lubiana, l'altra in territorio austriaco, da Maria Saal, sopra Klagenfurt. 

La conoscenza del fenomeno dei "cammini", almeno in Italia, era limitato al boom di Compostela, dove nel 2005 si erano raggiunti i 200mila camminatori e a qualche nozione su un'ancora ben poco attrezzata Francigena. 

L'idea di creare una "via" nella regione Friuli Venezia Giulia era nata, non a caso, nel corso degli incontri, pubblici e privati, con coloro che avevano "fatto" - in diversi modi e con diverse percorrenze - il Cammino di Santiago. Poi la collaborazione tra approcci antropologici, cartografici, storici, filosofici e teologici ha generato la traccia, dalla laguna di Grado al cuore delle Alpi Giulie.

Sula base dei racconti degli anziani di Val Resia, si sono ricostruiti gli itinerari dei pellegrini che si recavano a Castelmonte e al Lussari. Gli esperti geografi, a piedi e in bicicletta, hanno saputo trovare piacevoli viottoli sterrati al posto delle statali e delle autostrade che hanno stravolto la viabilità della pianura. Si è meditato sulle storie di guerra e di pace che hanno influenzato la cultura di popoli di confine, scoprendo la straordinaria diversità di lingue, visioni del mondo, attività produttive di u  territorio straordinario. Ci si è immedesimati nelle gioie e nelle sofferenze di migliaia di esseri umani che hanno percorso le antiche vie pregando, pensando, cercando un senso negli avvenimenti quotidiani della vita.

Su queste basi, su invito basato sul passaparola, nella prima metà di agosto del 2006, una quarantina di persone hanno marciato insieme per circa dieci giorni, godendo di panorami straordinari, incontrando architetture e opere d'arte spettacolari, celebrando il dono dell'amicizia e della fraternità, godendo della splendida e sobria accoglienza, gustando i prodotti enogastronomici dei vari territori attraversati.

Ed è nato così l'Iter aquileiense, come lo chiamano i viandanti alla ricerca di un'esperienza individuale  e prevalentemente culturale o Cammino celeste, come preferiscono dire coloro che si riconoscono nella concezione cattolica e si sentono attratti dal manto azzurro di Maria, la cui storica effigie può essere incontrata a Barbana, a Cormons, a Castelmonte e sul Lussari.

Sono passati quindici anni e il "Cammino" è cresciuto, ora viene percorso ogni estate da più di mille persone, da sole o in gruppo. Ne sono nati tanti altri, quelli molto belli in Carinzia e Slovenia - legati alle vie di San Giacomo, hanno portato a concentrarsi solo sull'itinerario in territorio friulano. I racconti di coloro che lo hanno affrontato, opportunamente riportati nel sempre aggiornato sito camminoceleste.eu, sono sempre avvincenti e a volte emozionanti. C'è una guida edita da Ediciclo, ci sono pieghevoli realizzati anche grazie ai contributi pubblici, ci sono le credenziali per accedere ai rifugi, ci sono aggiornati pannelli informativi, oltre a preziosi artistici monumenti costruiti ad hoc nei luoghi più significativi. Con molti "pellegrini" si sono intrecciate stabili relazioni, attorno al Cammino celeste si sono intessute reti di autentica, meravigliosa solidarietà, ben oltre i confini regionali e nazionali.

Il viaggio a piedi, 4 km/h, consente di riempire il tempo con la bellezza e il fascino consentiti da un nuovo e nello stesso tempo antico rapporto con la Natura, con le altre Persone, con sé stessi e anche con ciò che tutti ci trascende, qualunque nome gli si dia. Tutti i cammini sono portatori di pace e giustizia, perché aiutano a non dimenticare chi rischia la vita marciando nei boschi o nei deserti per sopravvivere alla guerra o alla fame e anche perché consentono un abbraccio a un ambiente sempre più ferito e contaminato dalla civiltà del Consumo e della Velocità.

Auguri Cammino Celeste, ad multos annos Iter aquileiense!

domenica 12 settembre 2021

Il compleanno di Nova Gorica, rojstni dan Nove Gorice

Un momento della festa di "rostni dan"

Lo scorso venerdì (10 settembre) il Comune di Nova Gorica ha celebrato il suo 74mo compleanno. 

Nel teatro della città, il Sindaco Klemen Miklavič ha spiegato il senso della festa, sottolineando soprattutto le straordinarie opportunità offerte dal percorso che condurrà alla Capitale europea della Cultura, nel 2025. Con molta convinzione, il primo cittadino ha invitato a perseguire grandi e alti orizzonti, procedendo dalla convinzione di quanto sia importante collaborare e costruire progetti comuni.

Il sogno della realizzazione dell’unità nella diversità è stato anche l’oggetto di due simpatiche e profonde performance teatrali, nel corso delle quali, sono state evocate le potenzialità insite in un lavoro di collaborazione e sinergia fra le due Gorizia. Nella prima parte ci si è innalzati, con l'aiuto di alcuni elementi fondanti la cultura greca, fino al cielo, dove è avvenuto l'incontro, oltre il tempo e lo spazio, con il pilota Edvard Rusjan, pioniere dell'aviazione europea. Nella seconda parte, è stato proprio il grande aviatore, scomparso nei cieli di Belgrado durante una manifestazione pubblica, ad accompagnare i presenti in un meraviglioso sogno, quello di un territorio goriziano veramente unito nelle sue diversità.

Il gruppo Grunt, con delicatezza e passione, ha poi accompagnato con il sottofondo musicale la presentazione dei numerosi sodalizi e personalità che hanno caratterizzato la storia del territorio. Tanti sono stati i premiati, scelti nei vari campi dell’arte, della letteratura, del lavoro e della socialità. Tra essi è stato particolarmente apprezzato il riconoscimento al Kulturni dom di Gorizia, ritirato personalmente dal direttore. 

Igor Komel ha avuto anche l’onore di ringraziare a nome di tutti coloro che hanno ricevuto il segno di gratitudine. Nel suo breve ma intenso discorso ha richiamato i concetti espressi dal Sindaco e ha ricordato come soltanto lavorando e concependosi insieme, Nova Gorica e Gorizia potranno avere un futuro significativo, rispetto all’intera Slovenia, all’Italia e all’Europa. 

Tra le tante autorità slovene, tra le quali si è notato anche il padre superiore del convento di Sveta Gora (Monte Santo) Bogdan Knaus, erano presenti numerosi esponenti dalla vita politica e culturale goriziana, tra essi Paolo Petiziol, recentemente nominato presidente del GECT/EZTS goriziano, Stefano Ceretta, assessore del Comune di Gorizia e Franka Padovan, sindaca di San Floriano del Collio.

giovedì 9 settembre 2021

Conoscere le lingue, un dono d'Amore

La soggettività è un enigma. L'essere in quanto tale è un mistero, non nel senso che non lo si possa conoscere, ma in quanto insieme di infiniti segni e significati che attendono di essere progressivamente - e mai esaurientemente - disvelati. Il processo della comunicazione umana, attraverso soprattutto, ma non solo, il formidabile strumento della Parola, consente di oltrepassare i muri che circondano l'identità personale e collettiva, entrando in questo modo nei sistemi simbolici che caratterizzano ciascun vivente.

Tra gli umani questo procedimento avviene grazie (anche) alla conoscenza delle diverse lingue. Tutto ciò che è più vero, bello, buono nell'intimo della Persona trova forma nella parola, in particolare in quella appresa fin dalla più tenera infanzia. Non a caso la propria principale lingua è definita significativamente "materna". Nel momento in cui ci esprimiamo e - come direbbero i Padri - il λογος interiore diventa manifesto, portiamo fuori dalla sfera più remota del nostro essere ciò che di essa desideriamo condividere con gli altri. In altri termini, si dona agli altri la parte più profonda del mistero che ciascuno è. 

Tutta questa premessa è per proporre una breve riflessione contestualizzata in una terra di confine come quella goriziana. Perché è una mancanza clamorosa quella determinata dalla non conoscenza, da parte di tutti gli abitanti della zona, di almeno tre lingue? Perché è incredibile che in tutte le scuole, a Gorizia e Nova Gorica, non si studino adeguatamente lo sloveno e l'italiano, oltre all'inglese per entrare in relazione con le persone che provengono da altre parti del Mondo? 

A questa domanda occorre rispondere evitando scorciatoie, del tipo "conoscere la lingua del vicino mi può offrire maggiori opportunità lavorative". Così come occorre superare la tentazione della colpevole superficialità: "in fondo, a Gorizia, tutti gli sloveni parlano anche l'italiano, perché mai sforzarsi a imparare una lingua parlata da meno di tre milioni di persone?"

Una lingua non si impara per poter realizzare meglio i propri affari, neppure per rendersi simpatici agli occhi del vicino. Essa è lo strumento per conoscere meglio il mistero della Vita, per costruire insieme spazi di condivisione dei più reconditi pensieri, delle più emozionanti sensazioni, delle più autentiche intuizioni spirituali. Imparare gli uni la lingua degli altri è quindi un atto indispensabile, senza il quale l'incontro non realizza pienamente il suo obiettivo e il con-vivere sullo stesso territorio diventa irrimediabilmente una straordinaria occasione perduta.

Ma c'è di più, già mezzo secolo fa lo sottolineava il grande Ivan Ilich. Per conoscere la lingua del vicino è necessario riconoscere che è lui a donarmene la possibilità. E' lui a consentirmi di attraversare quella porta che si apre sul mistero che egli è, a entrare nella sfera meravigliosa ed estremamente complessa della sua soggettività. Ci si può entrare soltanto grazie alla disponibilità dell'altro, altrimenti l'apprendimento soltanto funzionale della sua lingua, finalizzato a relegarlo nella veste di mero consumatore, rischia di essere un vero e proprio stupro intellettuale.

In questo senso è vero che solo l'Amore, in tutte le sue forme, rende effettivamente possibile la piena conoscenza della lingua (ma anche dei gesti espressivi) dell'altro. L'insegnamento e l'apprendimento diventano così i meravigliosi mezzi attraverso i quali la diversità si trasforma in straordinaria ricchezza e la bellezza intima dell'uno diventa bellezza condivisa dal molteplice.

In vista di Nova Gorica e Gorizia capitale europea della Cultura, rivendichiamo come ormai ovvio l'insegnamento dell'italiano e dello sloveno in tutte le scuole di ogni ordine e grado del territorio. ma cerchiamo soprattutto di superare ogni diffidenza e ritrosia, per incontrarci nell'Amicizia e nell'Amore, per donarci reciprocamente il patrimonio delle rispettive culture, lingue e tradizioni. Allora sì, nella vivacità e nel fascino delle differenze, questa terra diventerebbe davvero "unica". 

Grazie a chiunque accetterà di aprirsi, di donare all'altro la ricchezza della propria interiorità, il privilegio di poter conoscere la lingua che ha dato forma ai suoi pensieri e alle sue impressioni.

mercoledì 8 settembre 2021

Si parla di Amore/Ljubezen, allo SLOFEST, in palazzo De Grazia

Giovedì 9 settembre, alle ore 20 presso il Palazzo De Grazia di Gorizia (Via Oberdan 15) si parla d'Amore.

Come anteprima del prossimo SLOFEST, Festival degli Sloveni in Italia, si terrà un incontro caratterizzato da parole e musica, intitolato significativamente Ljubezen, ki giblje sonce z milijon zvezdami/L'amor che move il sole e l'altre stelle.

L'evidente riferimento dantesco introduce un'ampia riflessione sul più bello e drammatico dei temi che riguardano l'esperienza umana e non soltanto umana, cioè quella dell'AMORE/LJUBEZEN.

Si confronteranno sul tema Nadia Marinčič, Ivan Žerjal, Andrea Bellavite, con la guida di Beti Tomsič. I frammenti musicali saranno portati da Martina Feri e Manuel Figheli, mentre le letture poetiche saranno affrontate da Robert Cotič e Solange Degenhardt.

Ci sono infiniti modi per parlare d'Amore, in questo caso si percorreranno i sentieri della letteratura mondiale, si affronterà l'affascinante linguaggio dell'arte e delle sue rappresentazioni, si scandaglieranno gli abissi della spiritualità e della coscienza. 

Amore sacro o amore profano? Corpi che si attraggono perché sospinti dalle forze inconsapevoli e irresistibili della sfera biologica o anime che si intrecciano in meravigliose danze spirituali che congiungono la terra al cielo? Oppure, più semplicemente, questo e quello, nella simbiosi delle gnosi che contemplano nell'essere umano la singolare inestricabile unità fra corpo anima e spirito.

Ma al di là della filosofia, della teologia, della poesia di ogni tempo, della pittura e della scultura, il richiamo all'erotismo e alla comunione intima tra le persone conduce soprattutto alla manifestazione del desiderio di Vita, di Bellezza e di Bontà. E' quel de-siderio - prendendo per buona l'etimologia che riporta alla mancanza delle stelle - che ci spinge a colmare il vuoto, a trasformare la mancanza in presenza. E' un riempimento talmente totalizzante, ma nello stesso tempo inesauribile. E' una vicinanza inenarrabile, ma nello stesso tempo lontana da qualsiasi possesso. Paradossalmente, il raggiungimento del fine è il pericolo maggiore per la sopravvivenza dell'Amore. E' la ricerca permanente, la conoscenza indomita, la curiosità incessante, la passione sempre imperfetta, a riempire di significato ogni frammento dell'esistenza. Come l'equilibrio definitivo dei processi del corpo umano coincide con la morte, così l'equilibrio definitivo di una relazione interrompe lo scorrere dello spirito nella materia, cessa l'altrimenti perpetuo moto di rinnovamento e la relazione muore, nell'indifferenza o, a volte, nella violenza.

In altre parole, l'Amore implica il con-fine, ovvero il dialettico confronto di "fines", intesi come obiettivi da raggiungere superare e rinnovare permanentemente, senza sosta.

Ed è particolarmente significativo che questa tavola rotonda si svolga in una terra di confine e che ciascuno dei relatori parli la propria lingua materna, senza traduzioni di sorta. E' un messaggio importante, per dire che solo l'Amore può permettere di superare le barriere e che in una terra di convivenza ciascuno è chiamato a rispettare, frequentare ed accogliere con gioia il dono della lingua dell'altro. O dell'Altro con la A maiuscola, che poi è lo stesso dato che l'Amore per definizione non può essere altro che - laicamente o religiosamente - trascendente. 

venerdì 3 settembre 2021

SPRAR e SAI (Servizio Accoglienza e Integrazione), da diffondere ovunque e da semplificare

Mentre la parola Afghanistan, come fin  troppo facilmente prevedibile, slitta nelle pagine interne dei quotidiani, si parla giustamente di accoglienza delle tante persone che sono fuggite, grazie agli aerei che hanno riportato "a casa" i diplomatici e i militari delle forze d'occupazione.

Oltre a esse, si attende la partenza di decine di migliaia di altri afghani, terrorizzati dal nuovo regime dei Talebani o anche richiamati dai propri congiunti che già si trovano in stato di protezione in qualche luogo dell'Unione Europea.

Riguardo i primi, non dovrebbero esserci problemi nell'inserimento nel tessuto sociale italiano, riguardo i secondi già è scoppiata la guerra di parole tra chi ritiene l'accoglienza un dovere fondamentale e costituzionale e chi invece, spinto da motivazioni sempre più razziste e inquietanti, paventa l'"invasione" degli stranieri.

Sempre in tema di previsioni, mentre per chi cerca di raggiungere a piedi la rotta balcanica si prospettano tempi terribili, come quelli che continuano a vivere da anni i loro predecessori bloccati nei quasi lager della Turchia e delle isole greche oppure nella sempre più affollata e ingovernabile sacca di Bihac, per i nuovi arrivati e per quelli che riusciranno a superare i sistematici respingimenti, si apre la questione dell'integrazione legale.

Per quanto riguarda l'Italia, al momento ci sono due modalità di gestione da parte dello Stato. Da una parte c'è il ricevimento degli ospiti in emergenza, radunati in enormi strutture gestite dalle Prefetture attraverso enti gestori governativi e non governativi. Sono raduni molto grandi, le persone sono ammassate con gravi disagi e le popolazioni circostanti guardano con diffidenza a queste presenze così numericamente consistenti ed evidenti.

L'altro sistema è quello dello SPRAR, che attualmente si chiama SAI (Servizio di Accoglienza e Integrazione). Tale metodo è molto rispettoso delle persone accolte e degli ambienti destinati a tale obiettivo. Gli ospiti vivono in piccoli gruppi, in appartamenti individuati dagli enti gestori e sono aiutati a raggiungere i principali scopi della loro permanenza, cioè l'assunzione lavorativa, il reperimento dell'abitazione e il ricongiungimento familiare. L'ente titolare è il Comune che deve rendersi totalmente responsabile dell'utilizzo dei fondi destinati allo scopo e si avvale della collaborazione concreta di un ente gestore, individuato attraverso regolare gara d'appalto.

In questi giorni il Servizio Centrale del SAI, di competenza del rispettivo Ministero, chiede agli enti titolari (Comuni) la disponibilità ad allargare il numero degli ospiti previsti e propone alla stragrande maggioranza dei Comuni che ancora non hanno aderito, di cogliere l'occasione per iniziare.

Certo, è senz'altro il sistema migliore, ma troppo macchinoso dal punto di vista burocratico e organizzativo, soprattutto quando a volerlo avviare è uno dei tantissimi piccoli Comuni della Penisola. Sarebbe necessario, anche per rispondere con una certa sollecitudine a situazioni di improvvisa emergenza come quella attuale, snellire le procedure burocratiche senza per questo venire meno alla necessità del controllo della spesa pubblica, creare centri competenti - a livello regionale e nazionale - di informazione e accompagnamento dei sindaci e dei funzionari nell'espletamento delle mille pratiche, stabilire una specie di "obbligo" che imponga ai municipi scelte che se condivise da tutti potrebbero essere del tutto sostenibili e precisare meglio i criteri di "qualità" da tenere presenti nell'assegnazione degli appalti.

Ci si augura che le cose vadano proprio così, anche se - torniamo al campo delle previsioni - non c'è da guardare al prossimo futuro con molto ottimismo. La buona volontà manifestata da tanti, forse sulla scia delle terribili immagini televisive delle scorse settimane, non deve essere mortificata da percorsi troppo complessi, dove diversi uffici concorrono fra loro nel rendere complicata la vita lavorativa di politici e tecnici comunali.