venerdì 31 dicembre 2021

Ci saranno i bambini nel 2375?

Un amico, Renato Elia, pone sempre una domanda intelligente: tra cento, duecento, mille anni ci saranno ancora i bambini?

Anzi, a pensarci bene, forse questa è l'unica domanda intelligente che potrebbe e dovrebbe determinare qualsiasi scelta individuale, di gruppo o politica.

Quale altro motivo infatti darebbe senso all'impegno dei candidati sindaco o consiglieri comunali per le prossime elezioni comunale a Gorizia (e quest'anno - caso unico entro i prossimi venti anni - anche a Nova Gorica)? Quale senso avrebbe il gran lavoro che attende il territorio nei prossimi tre anni in vista della "Capitale europea della Cultura"? Perché lottare per la pace e la giustizia in tutto il mondo ed eventualmente rendere le/la nostre/a città Laboratorio internazionale di giustizia e di pace?

Se la risposta non fosse "per dare un futuro ai bambino del 2100 o del 2700", consapevolmente o meno non potrebbe altro che essere "per rimpinzarmi la panza", ovvero per realizzare i miei egoistici interessi, miei o del mio gruppo di appartenenza.

Questo è il criterio di giudizio per tutti gli avvenimenti del 2021 e l'augurio per il nuovo anno. Con il sorriso di questi giovani amici che "fanno scuola" nella loro unica aula in Mozambico, la speranza è davvero nel BBF, Bambine e Bambine per il Futuro. 

Auguri cari, a tutte e a tutti!

mercoledì 29 dicembre 2021

"Festina lente", il vero progresso della lentezza

Posteggi bici: a quando il raccordo con Nova Gorica?
Il deludente grande passo indietro che ha cancellato il lodevole piccolo passo avanti, sta già producendo le sue previste conseguenze. 

Si parla ovviamente della pista ciclabile in Corso Italia, dove le tante polemiche e prese di posizione hanno dimostrato quanto i cittadini desiderino partecipare alle decisioni che riguardano il presente e il futuro di Gorizia. Ne è prova la straordinaria raccolta di firme per ottenere il diritto di esprimersi in un referendum, che ha raggiunto il numero di sottoscrizioni previsto in meno di metà del tempo regolarmente richiesto.

L'azione di un piccolo, ma molto rappresentativo, numero di proponenti ha avuto anche lo scopo di accendere il più ampio dibattito sul piano del traffico cittadino. I disagi che ora i ciclisti, ma anche i commercianti che hanno collocato i tavolini sui controviali, devono affrontare zigzagando tra auto che corrono in ogni senso di marcia, rischiando di momento in momento la classica e assai pericolosa sportellata dell'automobilista distratto, sono una parte importante del problema.

Ancora più da rimarcare è la necessità di discutere sull'intera viabilità, ricordando che ovunque nel mondo si sta investendo sulla mobilità lenta, sia come contributo al miglioramento della situazione sanitaria generale e alla qualità della vita, sia come eccezionale potenzialità turistica e imprenditoriale. Ne sanno qualcosa i paesi che si trovano sulla linea della ciclabile Alpe Adria o anche dei numerosi "Cammini" locali e internazionali. Ovunque le migliaia o centinaia di persone che giungono a piedi o in bicicletta da ogni parte d'Europa e del Mondo, portano cultura dell'accoglienza e dell'incontro, vogliono conoscere le caratteristiche storiche geografiche enogastronomiche, cercano alloggio confortevole o spartano. Solo per portare un esempio clamoroso, nel 1990, dopo la visita di papa Wojtyla a Santiago de Compostela, il governo spagnolo, nello scetticismo se non nella derisione generale, decise di investire sulla sistemazione del principale "Cammino" medievale e delle sue varianti. In quegli anni i "pellegrini" a piedi o in bicicletta si avvicinavano alla comunque cospicua cifra di 10.000 (diecimila) nei dodici mesi. Attualmente, almeno prima della pandemia, i dati riferiscono circa 300.000 (trecentomila!!!) camminatori o ciclisti che hanno percorso rispettivamente almeno gli ultimi cento o duecento chilometri. Interi paesi sono rinati dalla rovine, decine di migliaia di persone hanno trovato un posto di lavoro, sui sentieri verso la Galizia si realizza ogni giorno la vera "unità nella diversità" proclamata solennemente come ideale dell'Unione Europea.

Il richiamo a Santiago è per sottolineare che anche nella nostra zona tante sono le potenzialità. E se non si andasse un passo avanti e due passi indietro come purtroppo sembra accadere, si potrebbe davvero finalmente mettere mano definitiva alla "pista dell'Isonzo/Soča", dalla foce alla sorgente o viceversa, realizzando i tratti ancora non sistemati. L'anello di congiunzione decisivo è proprio l'attraversamento di Gorizia e Nova Gorica. Si potrebbe arrivare da Sant'Andrea, realizzare il famoso ponte già progettato venti anni fa sopra la ferrovia, raggiungere la stazione sud e da lì proseguire sulla ciclabile dei Corsi (quella, si spera solo momentaneamente, cancellata), collegandosi attraverso il Rafut alla bella ormai antica ciclabile slovena, fino alla Transalpina. Dalla stazione nord non dovrebbe essere difficile il collegamento fino alla passerella di Solkan, la cui tormentata costruzione dovrebbe essere a breve completata, entrando poi nella già realizzata e frequentatissima ciclabile verso Plave, Anhovo e Kanal. Insomma, una vera manna dal cielo, per schiere di ciclisti e camminatori sulle sponde del più bel fiume d'Europa.

Prima della realizzazione di questi che non sono sogni ma concreti indicatori di autentica crescita ecologica e sociale di un territorio, in vista della capitale europea della Cultura 2025, si potrebbe compiere finalmente un minimo passo che non richiederebbe quasi nessun investimento, essendo già tutto pronto per "partire"? Si parla cioè della più volte promessa come imminente ma non ancora realizzata condivisione del sistema di affitto delle bici "comunali", a Gorizia e Nova Gorica. Quando sarà possibile prendere una bici dal posteggio della stazione sud e lasciarla in quello davanti alla stazione Transalpina, da quello di trg Bevk a quello di piazza Municipio? E' così difficile adeguare i sistemi informatici in modo che, almeno in questo piccolissimo particolare, le città siano veramente "unite"?

domenica 26 dicembre 2021

Prospettive natalizie rosso-verdi, in Slovenia e nel Goriziano, in vista del 2022

Uroš Macerl ad Anhovo
Qualcosa si muove in Slovenia. 

Stanno nascendo nuove formazioni politiche, con interessanti punti di vista e posizioni. A destra, in vista dell'anno elettorale 2022 (presidenza Repubblica, presidenza Governo, Sindaci di tutti i Comuni), nascono raggruppamenti finalizzati sostanzialmente a favorire l'attuale situazione che, nonostante le crescenti manifestazioni di dissenso e l'evidente scollamento tra sistema di Potere e cittadini, premia ancora la coalizione che sostiene il Governo di Janez Janša. A sinistra la realtà è maggiormente diversificata e sembra più caratterizzata da visioni e prospettive eminentemente culturali.

La tradizionale Levica (Sinistra) riesce a raggranellare quasi il 10% dei consensi e, preso atto degli ottimi attuali referenti, a livello nazionale e nei territori, si può prevedere che possa crescere ancora. L'obiettivo di cambiare l'attuale compagine governativa non sembra impossibile da raggiungere, tenendo conto dei buoni rapporti con altri partiti con i quali sono già stati costruiti i primi ponti per la costruzione di una coalizione diversificata ma coesa, incentrata su alcuni irrinunciabili punti programmatici.

La vivace "base" che da ormai quasi due anni riesce a portare in piazza ogni venerdì migliaia di persone che esprimono pacificamente ma con decisione il loro dissenso, propone una specie di vademecum a tutte le forze in campo, chiedendo impegni precisi sull'economia, la tutela dell'ambiente, la libertà di stampa, la de-privatizzazione. Non si sa se questa grande e molto visibile forza popolare si tradurrà in diretto impegno partitico, al momento pare più probabile la funzione di efficace pungolo nei confronti del Potere costituito.

Il mondo ambientalista vede invece la nascita di un vero e proprio partito, con il nome di Vesna (nell'antico slavo significa Primavera). Ufficialmente non schierato, come un po' di moda, "né a destra né a sinistra", annovera tra i fondatori Uroš Macelj, agricoltore biologico, uno fra i più noti ambientalisti europei. Il programma è quello della tutela ambientale e si radica nel clamoroso successo referendario nella consultazione nazionale relativa ai corsi d'acqua nonché nella motivata contestazione di interessi privati contrastanti con la pubblica salute. L'impegno contro gli ecomostri, tra i quali non ultimi il cementificio di Anhovo e gli scarichi industriali riversati nel bel fiume Soča/Isonzo, consente di prevedere come assai difficile, nonostante le dichiarazioni di principio, una collocazione in qualche modo compatibile con quello che viene ordinariamente chiamato "janšismo".

In questo orizzonte politico, si apre una possibile prateria anche per ciò che concerne la realtà di Nova Gorica, insieme ai Comuni delle Valli dell'Isonzo e del Vipacco, con Gorizia e la sua antica area cosiddetta "ex austro-ungarica". Ricorrendo anche l'originale caso delle elezioni comunali nello stesso anno in Slovenia e in Italia, diventa sempre più realistico immaginare una formazione che, sulla base di alcune linee programmatiche concrete, possa presentare liste con lo stesso simbolo a Gorizia, come a Nova Gorica e Vrtojba. Chi potrebbe realizzare questo obiettivo? Di sicuro si potrebbe procedere dal costruire un tavolo di lavoro tra Sinistra storica e civica (l'invito iniziale della goriziana lista Unica!), ambienti dell'ambientalismo di qua e di là del confine e movimenti culturali. Ciò consentirebbe di realizzare un formidabile strumento di studio, ricerca e azione in vista dell'appuntamento del 2025. Se poi il tutto procedesse anche verso la costituzione di liste condivise, tanto meglio. In ogni caso, a prescindere dalle elezioni, sarebbe garantita una presenza efficace ed efficiente delle istanze popolari sul territorio. I temi caratterizzanti non sarebbero certo pochi, dal fondamento culturale basato su una visione contrario a ogni forma di fascismo all'urbanistica, ai piani regolatori comuni e alla viabilità lenta, dall'welfare di comunità alla difesa ambientale, dalla riconversione delle attività produttive al turismo sostenibile fino alla cultura dell'accoglienza in una visione in grado di proporre percorsi di reale integrazione soprattutto per i profughi, per i più piccoli e per i più deboli.

Solo un sogno suscitato dai colori di Natale o una possibile realtà?

venerdì 24 dicembre 2021

Buon Natale, vesel Božič vsem...

Buon Natale!

L'augurio di quest'anno è con questo quadro di Zoran Franic, ottimo pittore di Prvič, piccola isola dalmata, di fronte all'insenatura di Šibenik.

Rappresenta colonne di persone che camminano. C'è chi percorre le vie del mare, chi quelle dei deserti o dei boschi dei Balcani. E' un mondo che si muove, tutti sono spinti dall'incertezza per il proprio futuro e cercano una speranza al di là della terra e del mare.

Tanti non arrivano a destinazione, troppi sono i vuoti che si aprono tra le folle in marcia. Dove vanno? Che cosa troveranno oltre il colle sabbioso di un eterno infinito?

In fondo sono le domande che ogni essere umano si pone, da dove si viene e dove si va? Che cosa c'era prima e cosa ci sarà dopo? Purtroppo, se al Poeta è dolce naufragare in questo mare, altrettanto non lo è per i milioni di profughi, richiedenti asilo, cercatori di accoglienza, di lavoro, di pane, che spesso naufragano e muoiono nelle profondità del Mediterraneo,

Al centro, sulla sinistra, sono aggiunte dei piccoli cerchi luminosi. Leggermente fuori dal sentiero, Maria e Giuseppe accudiscono il Bambino che è nato. fanno parte anch'essi della schiera, anche se si prendono un momento di sosta. Sono fuggiti per evitare una strage, quella che non hanno potuto fermare le madri dei piccoli innocenti di Betlemme. Ora sono lì e contemplano i volti di coloro che passano, scrutano nei loro occhi i segni dell'attesa e della speranza, si domandano il perché del destino universale di troppi bambini strappati alla vita in tanto tenera età, sulle spiagge del Medio Oriente, nelle boscaglie di confine tra Bielorussia e Polonia, nel fiume Dragogna tra Croazia e Slovenia, nel gelo di Lipa tra Bosnia e Coazia, nei campi - lager della Libia, della Turchia, delle isole greche...

Sono incerti e precari anch'essi, forse non sanno ancora se riprendere sicuri la marcia. Di certo trasmettono luce nelle tenebre, sono piccoli fragili fari nella tempesta del Presente.

Che questo fragile messaggio travalichi i muri dell'indifferenza, addobbati dalle luminarie natalizie, risvegli le coscienze sopite e ci dia la forza di costruire un futuro migliore.

Buon Natale, vesel Božič vsem...

giovedì 23 dicembre 2021

Passeggiando per il Travnik...

De gustibus non est disputandum? Non quando c'è di mezzo il denaro pubblico e, ancor più importante, il paesaggio che è di tutti.

Se è vero che gli addobbi natalizi nel Travnik sono costati diverse decine di migliaia di euro, c'è da chiedersi veramente il senso di questa operazione.

Da un'amministrazione che fa realizzare nei palazzi municipali sontuosi presepi, ci si aspetterebbe un forte rispetto della tradizione, delle cosiddette e spesso a sproposito invocate "radici cristiane dell'Europa".

Nella maggiore parte delle città, in particolare nelle piazze principali, si elevano veri alberi, piacevolmente addobbati, in alcuni notevoli e lodevoli casi ben radicati nel terreno per consentire loro di sopravvivere alle festività. Quello dell'albero è un bel segno che accomuna credenti e laici, popoli del Nord e del Sud, uniti dalla celebrazione annuale della Vita, della Luce, del Sole che rinasce verso nuovi orizzonti di speranza.

Invece, mentre l'associazione che vuole far rivivere via Rastello propone interessanti vetrine molto intonate al periodo, la piazza Vittoria propone al posto del solito abete, una specie di cono elettronico rovesciato, con accanto il penoso simulacro elettrico di un pupazzo di neve (d'accordo, qua il de gustibus ci sta, è vero che molte persone - bimbi e adulti - non resistono alla tentazione di una foto ricordo). Per dirla in altri termini, al kitsch non c'è limite, tanto più se pagato con il denaro di tutti!

Già che ci si è, perché non dare un'occhiata alla collina del castello? Come non ricordare i bei tempi antichi, quando il verde ricopriva l'erta e gli animaletti selvatici, felici, potevano scorrazzare liberamente su e giù? I caprioli con i cuccioli, il tasso barbasso e perfino qualche orsetto avventuroso avevano eletto quella boscaglia come il loro piccolo paradiso sulla terra...

Beh, sì, ora sto esagerando. Ma molto più prosaicamente, come non ricordare che quello che avrebbe dovuto essere il maggiore trionfo e fiore all'occhiello del decennale romoliano, la grande attrazione che avrebbe portato frotte di turisti in città da tutto il mondo (veniva detto proprio così!), la cui inaugurazione era prevista "al massimo" alla fine del 2008, tredici anni dopo è ancora lì e la ferita al colle è più fresca e sanguinante che mai?

Quando si proponeva il referendum per sentire il parere dei cittadini, si accampava la scusa della penale da pagare, nel frattempo i costi sono talmente cresciuti da far sembrare davvero un bruscolino quel piccolo dazio che avrebbe salvato una delle zone più affascinanti di Gorizia. Ma a raccontarla sembra impossibile: degli ascensori al castello si è cominciato a parlare nel lontanissimo 1999 o giù di lì. Ci si avvicina ai 25 anni, per riuscire a finire un triste corridoio di cemento lungo meno di 60 metri, una voragine di contributi a fronte di un'impresa che, ammesso e non concesso possa essere avviata, non sembra aprire nessuna ulteriore prospettiva al futuro della/delle città. Anche perché la Capitale europea della Cultura non è certo stata scelta per l'esistenza del Castello di Gorizia e del suo colle, ma per la lungimiranza di Nova Gorica che ha accettato di collaborare con Gorizia nel poter essere - o diventare - esempio di convivenza nel cuore dell'Europa.

mercoledì 22 dicembre 2021

La maratona in autostop di Miran Ipavec

Ci sono tanti modi per viaggiare.
Uno di questi è l'autostop, per un paio di generazioni fa, era il modo ordinario di andare in giro, per quelle di oggi, ovviamente alle nostre latitudini, molto meno.
La diffidenza, le guerre, adesso anche la paura del virus hanno spento la passione di chi utilizzava questo mezzo per spostarsi e non l'hanno accesa nei nuovi giovani.
Quasi tutti, ma non tutti.
Miran Ipavec da Kanal ob Soči, orgogliosamente classe 1959, è un vero "campione" e detiene diversi primati in questo campo. Oltre ad aver più volte percorso l'Europa in lungo e in largo, è anche un ottimo scrittore ed ha affidato a due libri il resoconto delle sue imprese autostoppistiche. 
Il primo, "il mio primo secondo luce in autostop", ha raccontato i suoi primi 300mila km. Il secondo recentemente tradotto in lingua italiana, "La maratona con il pollice alzato", illustra la straordinaria performance che lo ha portato ad attraversare 42 diversi Paesi in 500 ore. Sembra facile, ma in realtà le regole indicate da una speciale commissione per realizzare questo tipo di record sono molto impegnative e solo un esperto di lungo corso come Miran Ipavec può riuscire a raggiungere simili risultati.
I suoi testi sono estremamente interessanti, piacevoli fotografie di paesaggi attraversati in velocità o contemplati con una certa impazienza nei punti di sosta in attesa del successivo passaggio. Sono anche molto simpatici, perché l'autore dimostra uno spirito umoristico e un'autoironia sorprendenti, in grado di suscitare spesso una forte risata. Di certo l'aspetto più significativo e avvincente è la descrizione dei mille personaggi incontrati, giovani e vecchi, prudenti e spericolati, chiacchieroni e taciturni, piacevoli e minacciosi. In questi brevi ritratti si scopre una piccola ma significativa rassegna delle diverse psicologie, legate alle differenti culture, ai caratteri, alle vicende personali.
Ovviamente, "tagliando" 42 Nazioni nell'intero Continente, iniziando da Helsinki in Finlandia e finendo a Goteborg in Svezia, Miran ha ottenuto passaggi - con qualche difficoltà, in verità - anche in Italia, dove di fatto ha inanellato altri due Stati, San Marino e Città del Vaticano. 
C'è anche un bell'apparato fotografico che permette di farsi un'idea dei paesaggi, degli esseri umani e della storia personale dell'autostoppista-scrittore che è stato anche imprenditore e apprezzato sindaco del suo Comune.
Insomma, si tratta di una bella strenna natalizia, di una piacevole e istruttiva lettura, dell'incontro con una persona che sa unire lo spirito di avventura a un senso profondo dell'amicizia e della compagnia. Il libro, nell'edizione slovena e in quella italiana, si può comprare nei tanti banchetti allestiti in varie località del Goriziano/Goriška, dove Miran è sempre disponibile a raccontare e a scambiare qualche gioiosa impressione. Presto sarà venduto anche nelle librerie del territorio.
Da non perdere, un vero modello di cosa significhi essere "capitale europea della Cultura", non chiudersi dentro le proprie reali o metaforiche mura, ma aprirsi senza paura e in modo creativo all'incontro con l'altro!

martedì 21 dicembre 2021

La bellezza, tra razionalità ed emozione

Se si sta sempre nella pianura, può capitare di non vedere mai il il cielo. La nebbia copre come una coltre l'essere e lo rende monotono, omogeneo, apparentemente insignificante. Occorre alzarsi, anche di poco, per scoprire orizzonti più larghi, colori scintillanti che si riflettono su un mare di nuvole leggere, indistinte e grigie.

Occorre anche avere il coraggio di varcare la soglia, liberare dal cuore il proprio desiderio imprigionato di infinito. Tutto sembra invitare a evitare il rischio, tutto sembra proporre la comodità del fermarsi. Ma non appena si azzittiscono le sirene della banalità, non appena si ha la forza di oltrepassare la porta, ci si accorge che quella che sembrava una barriera, è invece luna finestra aperta sull'eterno. Si contemplano le montagne lontane, si percepisce il loro invito pieno di gelida Bellezza, si intuisce che la Risposta alla Domanda che non s ha più neppure l'ardire di porsi, non può che essere "più in là", come scriveva Montale.

Un po' come la Vita, sottile ponticello sospeso tra un prima e un dopo inattingibili alle categorie razionali dello spazio e del tempo. Non scegliamo di vivere, neppure di morire, decidiamo soltanto, istante per istante, il realizzarsi dell'unità nella molteplicità o della molteplicità nell'unità. In questo istante, già fuggito nella corsa inarrestabile della Storia, si realizza tutto, ovunque si trovi una coscienza capace di percepire la gloria, l'onore e la responsabilità dell'essere e dell'esserci.

La Vita è un Mistero, non nel senso etimologico, derivato forse da un verbo greco che significa "tacere", ma come apertura illimitata - e per questo mai pienamente comprensibile - alla conoscenza. Là dove "ciò che era prima del concepimento" e "ciò che sarà dopo la morte" rappresentano gli spazi della libertà assoluta, non occupati dall'impero della Ragione che sembra riuscita nell'intento di sottomettere a sé tutte le cose, ma non in quello di infrangere le barriere dell'"al di là", di quella che laicamente si potrebbe definire "trascendenza".

Insomma, oltre la porta, sulla cima delle montagne, oltre l'orizzonte, si può penetrare soltanto rinunciando per un momento all'ingombrante ma necessaria forza della razionalità e liberando le energie spesso sopite che scaturiscono dal sentimento e dall'emozione.

Dicembre 2020, un triste ricordo ad Aiello

Esattamente un anno fa si è verificato il periodo più tremendo del mio impegno quinquennale come sindaco di Aiello del Friuli.

Si era fatto davvero di tutto per evitare l'ingresso del virus nella struttura. Rispettando il dettato dei vari famosi DPCM e aggiungendo ulteriori prescrizioni, si era trasformata "Casa Mafalda" in una prigione. Gli ospiti non potevano uscire, i parenti e gli amici non potevano entrare. Per fortuna gli operatori professionali - infermiere e infermieri, operatrici e operatori sociosanitari, animatrici e animatori, personale presidenziale e direttivo del Comune e della cooperativa gestrice, ecc. - si sono distinti, impegnandosi al limite delle loro forze e sopperendo al massimo grado e per quanto possibile, alla mancanza di relazioni ordinarie.

Dopo la prima decina di giorni di dicembre del fatidico 2020, arriva la ferale notizia, il Covid-19 è entrato in qualche modo nella "Casa". Qualche giorno di incertezza e grande preoccupazione, poi il disastro, quasi tutti gli ospiti sono risultati positivi, alcuni hanno rilevato subito sintomi gravi. Contemporaneamente il coronavirus ha travolto il settore sanitario, con conseguente drammatica carenza di personale operativo. Insomma, un incubo! Poi c'è stato lo stillicidio, prima di un triste Natale. Uno alla volta, come le foglie in autunno, venti anziani se ne sono andati, uccisi dalla malattia, ma forse, ancor di più, da un altro male ancora più oscuro.

Sì, questo ricordo è per tutti e ciascuno di loro, ognuno è stato tassello importante nel mosaico di ogni famiglia e ha costituito un piccolo frammento anche del quadro della mia vita, non potrò dimenticare i loro volti e i loro occhi.

Si poteva fare diversamente? Si poteva evitare questo disastro? La risposta è certa, senza tentennamenti ed è "NO". Ma ciò che fa più male, anche a distanza di un anno e ormai privo di ogni responsabilità amministrativa nei confronti di Casa Mafalda, è il pensiero della terribile Solitudine. Dopo un anno senza contatti, la morte ha soffiato dall'albero della vita tante persone che forse si sono lasciate andare, stanche di attendere un sorriso familiare che sembrava non potesse più illuminare e scaldare il loro cuore.

Non so bene che cosa proporre, certo non è facile mentre imperversa omicron, anche se un'adeguata gestione di vaccini e tamponi potrebbe risolvere almeno in parte i problemi. Tuttavia chi deve decidere, ad Aiello come altrove, è bene che ricordi questa esperienza, nelle strutture residenziali assistite si muore più di solitudine che di malattia.

lunedì 20 dicembre 2021

21 dicembre, il solstizio d'inverno

21 dicembre, ore 15.59, ecco il solstizio! 
Il termine, derivato dal latino, significa il "fermarsi del Sole". In effetti, il movimento apparente della Stella sembra raggiungere un punto, quello più basso sull'orizzonte, sostare un istante e riprendere la corsa nel senso opposto.

L'inclinazione dell'asse terrestre è responsabile di queste variazioni, grazie alle quali gli emisferi terrestri godono dell'alternarsi delle stagioni. Infatti oggi termina l'autunno e inizia l'inverno. 

E' la "stagione del freddo", quella nella quale tutto sembra paralizzato dal gelo, la neve scende a trasformare i paesaggi, creando magie di bellezza e provocando terribili disagi a chi è costretto a vivere senza una casa o a percorrere con vestiti troppo leggeri strade ghiacciate.

Eppure è proprio sotto la forma dell'apparente paralisi che la vita germoglia e inizia l'avventura misteriosa della rinascita. Per ora non si vede nulla e sembra di assistere al dominio del non-essere, ma sotto la terra gelida si sta già realizzando il miracolo della risurrezione, la Pasqua della Natura già accade ogni anno, nel nascondimento dell'inverno incipiente.

Gli antichi sapevano e sperimentavano il fascino del rinnovamento. I popoli del Nord hanno celebrato riti meravigliosi per salutare la ripresa del vigore del Sole, i Romani celebravano la vittoria della luce e del calore sulle tenebre e sul freddo, il Sol invictus. I cristiani lo sostituivano con l'"astro del ciel", collocando la festa di Natale proprio in questo periodo dell'anno e circondandola con molte altre dal significato simile, dalla memoria di santa "Lucia" (ancora una volta la "luce") fino alla "manifestazione della Luce di Cristo" al mondo, nell'Epifania dei Magi - che non erano re e non erano tre - guidati, guarda caso, dalla "stella che avevano visto in Oriente".

Nonostante il progressivo soffocamento del "naturale" nell'epoca del trionfo della tecnologia e delle suggestioni effimere del Capitale, il giorno del solstizio mantiene ancora il suo fascino. Consapevolmente o meno, ci si apre alla speranza che l'impossibile diventi possibile. E si auspica per tutti un inverno che non sia per nessuno tempo di morte, ma sia per tutti attesa vigile e costruttiva di una nuova primavera.

Ecco la Lettera di Natale 2021, in forma integrale

Come precedentemente annunciato, è stata presentata oggi a Zugliano la "Lettera di Natale 2021", scritta da un gruppo di preti e laici desiderosi di richiamare gli abitanti della Regione FVG su alcuni temi più urgenti e immediati. Il titolo è molto bello, "Ripartire dalla cura" e vale la pena dedicare alcuni minuti a leggere con attenzione il testo intero. Qui viene presentato, "rubando" il link al sito www.ilfriuli.it, ringraziando per l'opportunità.

https://www.ilfriuli.it/writable/attachments/LetteraNatale2021.pdf

domenica 19 dicembre 2021

Gradisca chiama Dragogna, in memoria dei "caduti" nelle rotte della speranza

Questa domenica, alle ore 14.30, dopo alcuni mesi ci sarà una manifestazione davanti al CPR di Gradisca d'Isonzo. E' un giusto tributo all'ultima tragedia, la morte, sembra causa suicidio, di un giovane, nella notte fra la scorsa domenica e lunedì. Il silenzio che grava su questa vicenda è incredibile, se non è dato di conoscere neppure il nome di un uomo che ha compiuto un gesto estremo. Forse è stata disperazione o forse, più plausibilmente, il "migrante ignoto" avrebbe voluto gridare al mondo la propria protesta per il trattamento riservato a chi, come lui, è venuto in Italia per cercare lavoro, integrazione, pacifica convivenza e si è trovato rinchiuso in quello che con un eufemismo viene chiamato "Centro per il rimpatrio". Non gli è stato data neppure questa opportunità, il muro di gomma elevato attorno a questa vicenda è più alto del già alto muro di cemento che circonda l'ex caserma Polonio. Non si può turbare il natale degli italiani!

A cercare di rovinare le feste ci ha pensato comunque una delle ormai infinite tragedie che stanno funestando le tristi rotte dei migranti. L'ultima della serie è stata particolarmente impressionante, per le modalità dell'evento, per la giovane età della protagonista, per essersi verificata sul confine tra Croazia e Slovenia, a una manciata di chilometri da Trieste. Una famiglia di curdi, attraversando il gelido fiume Dragogna, ha visto scivolare una figlia nelle acque, senza poter fare nulla per salvarla. L'angoscia è stata moltiplicata dall'atteggiamento delle autorità slovene che hanno provveduto con insolita rapidità a espletare le formalità burocratiche e a respingere in Croazia, senza troppi complimenti, i sopravvissuti. Perché delle persone rischiano e spesso perdono la vita in attraversamenti così pericolosi di frontiere già trasformate in terribili barriere di filo spinato? La risposta è tanto semplice quanto disarmante e trova indiscutibile conferma nell'atteggiamento del governo sloveno. Perché hanno paura del "respingimento", l'atto che vanifica mesi se non anni di incredibili sacrifici, rischi continui per l'incolumità, la perdita di tutti i propri beni investiti nel "viaggio della speranza". I respingimenti, attuati fino a poco tempo fa anche dall'Italia, sono illegittimi, contrastano le normative europee e violano i principi fondamentali della carata dei diritti dell'Uomo. 

Gli obiettivi proposti dagli organizzatori della manifestazione odierna sono due. Il primo è quello di esprimere piena solidarietà a chi è rinchiuso in questi luoghi di detenzione e di grande sofferenza. Il secondo è quello di invocare la chiusura immediata di tutti i CPR, veri e propri campi di concentramento che violano i diritti delle persone, "colpevoli" soltanto di irregolarità amministrative. Contestualmente si invocano nuove politiche europee e italiane. Insistere ancora su visioni ristrette finalizzate alla "difesa" della roccaforte nella quale si è chiuso il mondo dell'estrema ricchezza, significa essere miopi e non accorgersi che questa strada porta direttamente al definitivo tramonto dell'Occidente. E' giunto il momento, anzi forse è purtroppo già troppo tardi, per invertire la rotta e approvare immediatamente politiche di autentica accoglienza, incentrate sul lavoro, sulla casa, sulla facilitazione dei ricongiungimenti familiari. L'Europa ascolti il grido, sempre più forte, che si innalza dal deserto del Sahara, dal Mare Mediterraneo, dai boschi della Bosnia, dalle pianure del Nord Europa, dai muri di Ceuta e Melilla, dai lager libici e turchi, dalle isole greche e dai confini interni di un'Unione Europea dalle troppe parole e dai pochi fatti.

sabato 18 dicembre 2021

La nave dei sogni dei migliori politici si infrange contro lo scoglio della Pubblica Amministrazione in crisi

Il vero problema è la Pubblica Amministrazione. Il sistematico attacco agli sprechi e ai privilegi che hanno caratterizzato il recente passato - in relativamente piccola parte purtroppo anche il presente - ha provocato la classica espulsione del "bambino con l'acqua sporca". A fronte di una burocratizzazione sempre più spinta e di un progresso informatico non sempre accompagnato da adeguata formazione, i diversi organi di gestione, a tutti i livelli, hanno subito una drastica riduzione di personale.
Il sostanziale blocco delle nuove assunzioni ha inoltre portato a un'insoddisfazione generale dei dipendenti "sopravvissuti", oberati quanto mai di lavoro, impossibilitati a rispondere adeguatamente alle esigenze dei cittadini, progressivamente invecchiati senza poter preparare giovani successori. Ciò rende impossibile un completo rinnovamento dell'impegno tecnico - tra l'altro dopo la legge Bassanini caricato di enorme responsabilità giuridica e finanziaria - nonché della conseguente sinergia con il settore politico.
In questo modo si realizza un paradosso. In un periodo in cui non mancano i finanziamenti, anzi la situazione in tempi di pandemia rende disponibile cospicui contributi a tutti i livelli, sono invece insufficienti le "risorse umane" che non possono, neppure con la più buona volontà, portare avanti progetti regionali, nazionali o europei che richiedono sempre maggiori competenze, tempi ed energie per poter essere completati in tempo. Tra l'altro, il momentaneo ma forte rallentamento della produzione provocato dai frequenti lockdown ha reso complessa la fornitura di materiali, ponendo notevoli freni soprattutto nell'ambito dei lavori pubblici. Si aggiunga il codice degli appalti, con regole che favoriscono ancora eccessivamente i "massimi ribassi" e i prevedibili fallimenti di ditte quanto meno non coscienti delle proprie forze, quando non criminosamente consapevoli delle proprie azioni. 
Insomma, la nave dei sogni varata da ogni partito o lista che si propone di amministrare un ente locale di qualsiasi livello, si infrange sullo scoglio delle debolezze intrinseche della Pubblica Amministrazione. Questa sì, è una carenza politica e non certo attribuibile ai suoi dipendenti, la maggior parte dei quali è costretta a salti mortali per salvaguardare almeno la propria salute psichica e fisica. Per compiacere a un elettorato incline alle crocifissioni dei Barabba di turno, non si investe sulle assunzioni di giovani nuove leve e sulla (contestuale!) formazione tecnica, informatica, giuridica, economica, politica. E' facile pensare che dietro a tutto ciò ci sia anche un disegno più o meno chiaro, quello di impoverire in tutti i settori il ruolo "pubblico" a tutto favore dell'intervento "privato". Il disagio dei cittadini costretti a tempi lunghi e interminabili attese per vedere risolte le proprie istanze, potrebbe portare a un'accelerazione dei processi di privatizzazione, un altro tassello nel percorso verso la vittoria del capitalismo liberista e la sconfitta dello Stato sociale.
Forse sarebbe il caso di rifletterci un po'! Invece di vantare i vergognosi "tagli" del personale, si riaprano concorsi e bandi per nuove assunzioni, si adeguino gli stipendi e si tutelino i responsabili tecnici da eventuali, quasi inevitabili errori e si offrano ai cittadini servizi efficienti ed efficaci. Investire sulle assunzioni è il vero modo di risparmiare, il tempo attualmente perso da chi la necessità di risposte immediate (imprenditori, lavoratori, famiglie, singoli utenti...) è il vero scandaloso spreco da contrastare.

venerdì 17 dicembre 2021

Regaliamo un libro! Con un piccolo suggerimento...

Regalate un libro! Questo è l'invito in occasione delle feste, di tutte le feste, quelle generali e quelle personali. Un libro è un regalo che resta per sempre, collega indissolubilmente colui che dona con chi riceve. Un libro accresce la cultura, consente di trascorrere momenti intensi e profondi, crea comunicazione con le altre persone, contemporanee, viventi in ogni parte del mondo oppure vissute in altri tempi ma portatrici, ciascuna, di un particolare tassello alla consapevolezza di essere, prima di ogni altra definizione, "umani". Regalate un libro, per bambini, per adulti, con argomento storico, scientifico, geografico, politico. Regalate un romanzo di evasione o di fantascienza, un classico, un moderno, quello che volete... Ma regalate un libro!

In questo contesto, si consenta in un blog dedicato allo "spirito dei piedi", una piccola promozione personale.

Gorizia tra le nuvole è un anzitutto un libro sul cammino. E come ogni testo di questo tipo, può essere utilizzato come una specie di guida, con l'indicazione dei percorsi da seguire e con la proposta di rivolgere lo sguardo verso questo o quel particolare. Naturalmente può essere ben utilizzato anche da chi non può marciare, "camminando" con il pensiero e la curiosità sulle strade di Gorizia e Nova Gorica, riflettendo su un passato troppo spesso rannuvolato, su un presente molto più sereno e su uno scintillante futuro che - a determinate condizioni - potrebbe realizzarsi.

E' anche un libro fotografico, con stupende immagini in bianco e nero, opera di quel grande artista che è Massimo Crivellari. La maggior parte delle foto consente di scoprire scorci inediti, angoli di bellezza insospettabili, ma anche di entrare più direttamente nel contesto storico di un territorio straordinario, che il compianto giornalista Demetrio Volčič definiva "senz'altro unico in Europa, forse anche nel mondo".

Il percorso prevede una partenza dal Municipio della "vecchia" Gorizia, il superamento dei colli del Castello e di Kostanjevica, l'attraversamento dell'intera Nova Gorica e la salita al monte San Gabriele/Škabrjel, da Kromberk e dal Kekec. Contemplato l'inedito panorama sulle due Gorica/Gorizia, si scende alla sella sopra Grgar per salire a Sveta Gora/Monte Santo, proseguendo poi fino al Vodice e al monumento al general Gonzaga. Una ripida discesa conduce all'Isonzo/Soča, da attraversare sull'ampio ponte della cosiddetta "strada di Osimo". Da lì, dopo un paio di chilometri sulla splendida ciclabile Solkan - Plava, si sale il magnifico versante nord del Sabotino, se ne attraversa l'aerea cresta fino alla cima, si prosegue passando accanto ai suggestivi ruderi dell'eremo di San Valentino e si scende attraverso la O di Tito fino a Pevma. C'è il tempo per uno sguardo agli affreschi di Tone Kralj e per avvicinarsi, attraversando il parco Coronini e passando davanti alla chiesa metodista e al teatro Verdi, di nuovo al Municipio, completando così il cerchio.

Si tratta di più di trenta chilometri, circa 1500 metri di dislivello, almeno nove-dieci ore di marcia, ovviamente si può facilmente abbreviare, "tagliando" l'uno o l'altro monte. 

La chiave di lettura è anche simbolica, suggerisce speciali significati. Le Gorizia/Gorica unisce (l'uso del singolare pur essendoci l'articolo plurale non è una svista, il motivo è spiegato nel testo)  singolarmente il nuovo e il vecchio, la tradizione e la modernità, in una sintesi mirabile da prendere in considerazione, se si vuole offrire all'appuntamento del 2025 una radice autenticamente e laicamente spirituale. Le tre "montagne" rappresentano in qualche modo l'Oriente e l'Occidente visivamente uniti dal ponte di Salcano, l'arco di pietra più grande del mondo, da una parte l'enfasi dell'Unità, dall'altra la valorizzazione della Molteplicità, in un'unione di intenti che non presuppone più di "risolvere il problema" delle lingue e delle culture diverse, bensì di "viverlo" come una gigantesca occasione, come un potente e universale messaggio di pace, giustizia e vera libertà.

E' vero, il libro ha già un  paio d'anni, diffuso all'inizio del 2019, ma è del tutto attuale, anzi, ancora più attuale per comprendere le importanti ragioni per le quali l'Unione Europea ha indicato proprio Nova Gorica con Gorizia come "EPK", Capitale europea della Cultura 2025. E' solo un suggerimento, l'importante è che, qualunque esso sia, "regaliamo un libro"...

giovedì 16 dicembre 2021

Ripartire dalla Cura. Lettera di Natale 2021

Lunedì 20 dicembre sarà presentata alla stampa e agli abitanti del Friuli-Venezia Giulia la "Lettera di Natale 2021".

Si tratta di un testo che risponde a un'ormai tradizionale esigenza, espressa già da oltre venti anni prima da un gruppo di preti, poi anche da laici e associazioni, quella di offrire una serie di spunti di riflessione sulle principali tematiche del momento.

Si inizia dalla domanda sul significato della quasi abusata parola "ripartenza", meditando sulla complessa situazione planetaria, ancora fortemente determinata dalla diffusione della pandemia. Si pone poi l'accento sulla situazione che coinvolge anche direttamente la maggior parte dei firmatari, ovvero la realtà delle migrazioni e la necessità di autentiche politiche di accoglienza, solidarietà e integrazione reciproca. Non manca mai una forte sottolineatura del problema delle armi, della venefica produzione e commercializzazione di strumenti di morte sempre più sofisticati e potenti, un autentico furto di risorse che dovrebbero invece essere dedicate alla soluzione dei problemi della fame e dell'impoverimento dei popoli. Da queste premesse derivano le proposte relative al cambiamento degli stili di vita. La necessità che si rileva è quella di un ascolto concreto e profondo delle esigenze dei giovani che richiamano le catastrofi connesse ai cambiamenti climatici, dei richiami persistenti del Vescovo di Roma Francesco al prendersi cura gli uni degli altri e del creato nel suo insieme, in uno stile di cammino comune che dovrebbe caratterizzare ogni istituzione politica, sociale e religiosa.

Insomma, un bell'augurio natalizio che sarà recuperabile facilmente a livello cartaceo e online. Ovviamente anche questo blog pubblicherà il link di accesso, nell'auspicio che anche a Gorizia sia possibile presentarla ufficialmente, in qualche sede pubblica, per dialogare insieme sulle urgenze del momento e sulle scelte esistenziali che da esse dovrebbero conseguire. 

A lunedì allora, per maggiori particolari...

martedì 14 dicembre 2021

Verso il il 2025... Qualche proposta

Le Gorica dalla O di Tito

Sempre verso l'appuntamento del 2025, altre tre proposte, per ora solo un titolo e una breve nota di inquadramento...

1. Introduzione immediata della lingua italiana nelle scuole di ogni ordine e grado dell'area metropolitana di Nova Gorica e della lingua slovena nelle scuole di ogni ordine e grado di Gorizia e dell'ambito nord dell'ex provincia di Gorizia.

2. Formazione di un tavolo di giornalisti sloveni e italiani che possano ideare e realizzare un quotidiano o settimanale transfrontaliero bilingue, in grado di poter far conoscere costantemente la vita delle due parti della Gorica/Gorizia e favorire le relazioni ordinarie fra gli abitanti.

3. Costituzione di un tavolo di esperti inter-nazionale, al fine di proporre almeno alcune proposte toponomastiche particolarmente importanti, per sostituire desuete memorie di guerre antiche e per favorire, anche in questo campo, l'"unità nella diversità", nella segnalazione di personaggi degni di essere ricordati come titolari di vie, piazze e strade, da una parte e dall'altra, indipendentemente dalla nazionalità di appartenenza. 

Mogoče? Possibile?

venerdì 10 dicembre 2021

10 dicembre, Lanterne verdi per i Diritti...

Mentre si celebra la Giornata internazionale dei Diritti Umani, essi vengono calpestati ovunque.

L'opinione pubblica si indigna a comando, quando chi controlla i media decide di far passare una notizia piuttosto che un'altra. Per qualche giorno i bambini che muoiono di freddo sul confine tra Bielorussia e Polonia - cioè là dove si entra nell'Unione europea - penetrano nelle coscienze e provocano un sentimento di compassione. Sparisce qualche giorno dopo, sostituito dai volti disperati di Lesbo o da quelli degli sfortunati ospiti dei lager libici. Per qualche tempo si parla anche di Bosnia e Croazia, il gelo di Lipa ogni tanto riesce a far capolino tra un telegiornale e l'altro, poi qualcuno si ricorda dell'Etiopia e della tragedia del Tigray. Ci sono ottimi giornalisti - purtroppo non molto ascoltati - che rischiano la pelle per raccontarci questi nuovi fronti di una guerra che sostanzialmente è fra i ricchi che non vogliono essere disturbati e i poveri che vogliono sopravvivere e cercano in qualche modo di valicare le reti e i muri di Ceuta, di Samos, di Bihac, dei cpr, dei cpt e così via.

E' un conflitto trasversale, non più soltanto tra Nord e Sud del mondo, ma anche tra i Sud nel Nord e tra i Nord nel Sud, un confine a volte fisicamente invalicabile, altre volte invisibile, ma ancor più radicato nelle menti e nei cuori. C'è chi giustamente ricorda che non esistono solo i migranti, occorre tuttavia notare che di solito che si interessa delle sorti di chi fugge da fame e guerra, si è sempre preoccupato - e continua a farlo, nonostante l'incredibile criminalizzazione delle organizzazioni solidali da parte dei forze politiche e culturali xenofobe e razziste! - anche di chi non ha una casa e dorme all'addiaccio, un popolo di senza tetto sempre più numeroso e senza prospettive.

Il diritto a una Vita degna di questo nome riguarda le piccole vittime dimenticate fra i boschi della Bielorussia quanto quelle costrette a tendere una mano lungo le vie delle capitali europee, le famiglie divise dalla necessità di cercare accoglienza oltre a un grande mare o a un immenso bosco quanto quelle che hanno perso casa e lavoro e sono costrette ad albergare in una 500. Riguarda coloro che non possono accedere ai servizi della pubblica sanità come coloro che hanno commesso piccoli reati e devono passare tre anni della oro esistenza in minuscole celle sovraffollate senza poter svolgere alcuna attività utile alla loro crescita umana e al servizio della comunità civile. Riguarda chi muore sotto tortura nelle prigioni di Paesi intrallazzati fino al collo in affari con l'Italia e chi perde la vita nei Centri per il Rimpatrio e sembra addirittura non avere neppure il diritto di essere chiamato con un nome.

Insomma, è un momento drammatico per i Diritti Umani. Se il ricordo nell'annuale "Giornata" permette almeno di riconoscersi in una "Carta" approvata da quasi tutti i Paesi del mondo, dall'altra parte richiama la necessità di passare dalla "carta" alla "realtà". Non ci si può scandalizzare "a intermittenza", a seconda del telegiornale della sera prima - è necessario  che ciascuno - secondo le proprie possibilità e competenze - si senta investito della responsabilità. E' proprio vero che "non ci si può salvare da soli"!

giovedì 9 dicembre 2021

La grande lezione di Demetrio Volčič

L'intervento di Milan Kučan
Più di mezzo secolo di storia è stato raccontato stasera al Kulturni dom di Gorizia, in occasione della commemorazione del grande giornalista Demetrio Volčič.

Sul palco si sono alternate figure importanti della cultura, della politica, del giornalismo internazionali e ne hanno tracciato un ritratto a diverse tinte.

Peter Szabo, straordinario traduttore "a braccio" dei complessi discorsi in lingua slovena e italiana, ha coordinato l'incontro, invitando al microfono i vari relatori. Dopo un breve saluto del sindaco Rodolfo Ziberna, Livio Semolič ha raccontato l'esperienza della diretta collaborazione al Senato, dove "Mitja" era stato eletto in sostituzione del compianto prof. Darko Bratina. Bojan Brezigar, già direttore del Primorski dnevnik e Paolo Possamai, storico direttore responsabile del Piccolo, hanno fissato la loro attenzione sull'intelligenza giornalistica e sull'umana sensibilità di Volčič, mentre è toccato all'ex sindaco di Trieste e già Presidente della Regione FVG Riccardo Illy il compito di inquadrare il suo acume politico radicato in una cultura enciclopedica. La senatrice Tatjana Rojc si è detta onorata di aver raccolto il testimone di chi si è tanto impegnato nel percorso che ha portato all'approvazione delle leggi di valorizzazione della componente slovena numericamente minoritaria in Italia e ne ha anche ricordato l'azione e le suggestioni europee, dopo l'elezione al Parlamento di Strasburgo. Molto toccante è stato l'intervento finale di Milan Kučan, già presidente della Repubblica di Slovenia, che ha ricordato il ruolo importante di Demetrio Volčič nel momento del raggiungimento dell'indipendenza, le sue parole sull'importanza delle piccole nazioni nel nuovo ordine continentale e i suoi consigli fondati su una prolungata e approfondita presenza nei luoghi cardine dell'Est Europa.

Tra le tante suggestioni, se ne possono indicare almeno tre, aggiungendo un semplice ricordo personale.

La senatrice Tatjana Rojc. A sinistra, la sedia vuota e i libri scritti da Volčič

Volčič, conosciuto in tutta Italia, in Slovenia e nel mondo, ha scelto di trascorrere gli ultimi anni della sua vita a Gorizia e in essa ha incarnato, come forse nessun altro, il vero "spirito Goriziano". Non ha infatti tematizzato le differenze culturali che hanno caratterizzato già la sua infanzia in una famiglia multiculturale, ma le ha semplicemente vissute. 

Ciò è stato reso possibile da una cultura enciclopedica, formata sulla lettura e soprattutto su quella necessaria e rara valutazione critica e sistematica delle fonti che lo ha reso un vero Maestro di comunicazione. Come è stato ben rimarcato nella serata commemorativa, questa alta sapienza non gli ha impedito di ascoltare ogni persona, anche quella un po' intimidita che si toglieva il cappello davanti a lui, con un po' di soggezione, quando lo si incontrava all'edicola dove faceva scorta di mille giornali.

Se è stato un punto di riferimento planetario, in particolare riguardo ai sommovimenti che hanno portato alla fine l'Unione Sovietica, la corona dei "satelliti" e la storia speciale dei "non allineati", giunto a Gorizia ha goduto della pluriculturalità, partecipando con umiltà e semplicità alla vita culturale cittadina o semplicemente dimostrando una sorprendente simpatia nei confronti di chiunque desiderasse porgli una domanda o scambiare qualche breve considerazione.

Il mio ricordo personale risale al 2004, quando lo invitai a tenere una lectio magistralis ai direttori dei settimanali diocesani del Nord Est. Mi disse che sarebbe venuto volentieri, ma per ascoltare, dal momento che si dichiarava molto interessato a conoscere un punto di vista sul mondo come quello che senz'altro avrebbe potuto fornire un gruppo di giornalisti così radicati nei territori di quello che allora veniva un po' impropriamente definito "Triveneto". Solo dopo una cordiale insistenza, accettò di dire qualcosa anche lui e le sue parole furono accolte in un  silenzio attonito e partecipe. In un quarto d'ora di intervento ci immerse nelle dinamiche del passato, ci appassionò con le sue visioni profetiche del suo futuro e ci raccomandò di essere ben attenti e soprattutto partecipi delle vicende del presente. E poi, durante la cena, ai pochi fortunati commensali che sedevano accanto a lui, tra un sorriso e una battuta, era riuscito a dirci che cosa ha di particolare e ineludibile il territorio Goriziano. Aveva parlato della gente, delle persone in carne e ossa, concrete, con le loro gioie, le speranze e le paure. Ci aveva indicato questo come punto di partenza e ci chiedevamo come un uomo capace di guardare dall'alto il mondo intero, fosse così capace di scendere "in basso", rilevando con tanta passione la specificità di questa terra. 

Insomma, il miracolo dell'unità nella diversità non nasce da progetti scritti a tavolino, ma essi possono trovare un senso e una realizzazione soltanto presupponendo una convivenza quotidiana, ordinaria e assolutamente "normale", come tra buoni vicini di casa o componenti diversi della stessa famiglia. Occorre imparare da donne e da uomini aperti al mondo intero e nel contempo sprofondati nella concretezza del particolare. Occorre tenere vivo il ricordo di Demetrio Volčič e di coloro che come lui hanno costruito ogni giorno semplici e ordinarie relazioni umane, le hanno tematizzate e moltiplicate trasformandole in notizia giornalistica e programma politico. E' stata la loro testimonianza a portare, passo dopo passo, al superamento delle "nostre" frontiere e anche alla grande, prossima occasione, di Nova Gorica e Gorizia, capitale europea della Cultura 2025. 

Indietro a tutto vapore! Ma perché?

Cioè, solo per capire...

Qualche mese fa il Comune di Gorizia decide di investire un mucchio di quattrini per portare la pista ciclabile di Corso Italia dai controviali alla carreggiata principale.

La scelta deriva da vari motivi, tra i quali la realizzazione dei nuovi controviali tra Via Nizza e Via IX agosto senza alcuna considerazione per i poveri ciclisti e la giusta preoccupazione degli esercenti, favoriti nel poter moltiplicare i tavoli dei bar e con essi le possibilità di incontro e socializzazione, particolarmente necessarie dopo la pandemia.

Nel breve tempo della sperimentazione le "reazioni" non sono mancate, anche per la necessaria cura di alcuni particolari, soprattutto il parcheggio al centro della strada che rende obiettivamente pericolosi alcuno spostamenti. 

Per comprendere l'umore dei cittadini, una volta avviato l'esperimento, sarebbe bastato da parte del Comune commissionare un sondaggio, per avere qualche dato scientifico sulla base del quale tirare le conclusioni. Invece niente di tutto questo, l'Amministrazione è sembrata particolarmente sensibile a una raccolta di firme ufficiosa, si dice anche con  numerose sottoscrizioni di non residenti, mentre il quotidiano locale ha lanciato una lodevole iniziativa privata che ha consentito almeno di accendere i riflettori sul tema.

A causa della mancanza di qualsivoglia riscontro oggettivo, un gruppo di Goriziani ha pensato di proporre un referendum consultivo, come previsto dallo Statuto Comunale. Si stanno impegnando con grande entusiasmo e sono vicini al raggiungimento del numero di firme necessario per "celebrare" la partecipazione dell'intera comunità alle scelte che riguardano tutti, non solo i membri di specifiche associazioni di categoria.

Nel momento in cui la richiesta di tale espressione di democrazia partecipata, ampiamente ripresa dai media, è giunta con grande anticipo rispetto ai due mesi prescritti a un passo dal suo punto di arrivo, compaiono i cartelli di divieto di sosta che annunciano il ripristino della situazione precedente. In pratica, meteo permettendo, dalla prossima settimana i ciclisti dovranno occupare la carreggiata centrale del punto più trafficato del Corso Italia (vicino al Teatro Verdi), nel frattempo ritornato a doppio senso di marcia. Inoltre, se non vorranno rischiare la pelle rimanendo sulla carreggiata, dovranno zigzagare tra i tavolini dei bar, da via IX agosto o XXIV maggio verso la stazione, con grave disagio per gli esercenti, i clienti, i bambini, i disabili e, non ultimi, ovviamente i ciclisti stessi.

Attestata l'assenza di riscontri oggettivi, avviato ormai con certezza l'iter del referendum consultivo, espressa la necessità di migliorare leggermente la situazione esistente, preso atto della mancanza totale di percorsi per ciclisti nel punto più trafficato e pericoloso del centro città, ha senso ritornare immediatamente sulle decisioni prese e riportare le ciclabili sulla parte dei controviali non ancora restaurata?

Perché buttare al vento tanti soldi pubblici per riportare il tutto allo stesso punto da cui si era partiti?

Perché?

mercoledì 8 dicembre 2021

Morte a Gradisca...

Un uomo è morto domenica notte (già tre giorni!) nel cpr di Gradisca d'Isonzo. Lo conferma la sindaca di Gradisca ieri (martedì) sera, come riportato da una nota online del Piccolo.

Per il momento non c'è altro, tre giorni dopo la sua scomparsa, "sembra" che sia di nazionalità marocchina e "non ci sarebbero dubbi" sul suicidio.

Non c'è un nome, non c'è una certezza, il quotidiano cartaceo oggi non riporta altre notizie, probabilmente non filtrano oltre le mura e le reti invalicabili del "centro per il rimpatrio".

E' la terza morte misteriosa, in questi ultimi due anni, senza contare Abdel Maijd El Kodra, spentosi in ospedale a Monfalcone dopo mesi di ricovero a causa delle ferite riportate nella caduta dal tetto della struttura, durante una manifestazione.

Nel caso dell'altro giorno, sia stato suicidio o altro, una persona ha il diritto almeno di essere chiamata per nome, che si conosca un po' della sua storia, di sapere i mille perché nascosti dietro a ogni evento così tragico. Se non altro, ammesso che sia stato un gesto di disperazione, sarebbe necessario dargli voce, sia essa un grido di disagio personale, sia essa un urlo di denuncia nei confronti di un sistema di detenzione troppo lontano del rispetto dei diritti umani.

Non si può scomparire nel nulla, non si può tacere per quasi tre giorni la storia finale di un essere umano, non si può impedire al suo ultimo atto di proclamare il desiderio di vita che alberga in ognuno di noi.

Non si può neppure continuare con i CPR (prima CPTA, CPT, CIA...), centri di privazione della libertà individuale voluti dai Governi di destra e di "sinistra", sulla base di leggi anacronistiche, superate dalla Storia. A quando una vera "politica europea dell'accoglienza"? Il che significa politica del lavoro, della casa, dei ricongiungimenti familiari, in una sola espressione, della libera circolazione delle persone?

E' vero che ovunque stanno crescendo le povertà e che l'attenzione di tutti dovrebbe davvero essere costantemente orientata su coloro che non hanno più neppure il minimo sostentamento, su chi è costretto a dormire all'addiaccio e a sopravvivere di espedienti. Una cosa non esclude l'altra e dalla triste notizia di ieri non possono che rafforzarsi l'inquietudine e l'indignazione. 

Si dia nome e voce al fratello che ha finito la sua esistenza nel CPR di Gradisca, affinché almeno la sua morte nel silenzio non sia stata totalmente vana.

martedì 7 dicembre 2021

O Gorica tu sei benedetta!

O Gorizia tu sei maledetta. Non sono solo le parole di un celebre canto pacifista ispirato dagli orrori della prima guerra mondiale. Queste o altre simili sono le ultime pronunciate da poveri esseri umani mandati al macello sulle nostre montagne da politici disumani e generali psicopatici. 

Il clima che si respira oggi, se non fa dimenticare tale tragedia, almeno tempera il dolore e permette di contemplare nuovi sprazzi di bellezza, sia per ciò che concerne la maestà della Natura che per quanto riguarda gli sforzi delle persone in carne e ossa che hanno trasformato questi luoghi di divisione in luoghi di comunione e in messaggi di pacificazione planetari. La tappa del 2025, la capitale europea della Cultura, segna forse l'inizio del capovolgimento... Renato Elia dice sempre che per invertire la rotta occorre pensare ai bambini, a quelli di domani, di dopodomani e a quelli che vivranno fra cento o mille anni. Pensando a loro, senza dimenticare il passato ma protesi a vivere il presente, si potranno finalmente cambiare le parole al canto... O Gorica, tu sei benedetta! 

Tra i percorsi verso la cima del Sabotin in territorio sloveno, la južna pot, dal ponte di Salcano è la più diretta e consente di attraversare la grande scritta TITO e soprattutto di visitare i suggestivi ruderi dell'antico eremo di san Valentino. La via del "corridoio" inizia invece subito dopo il rientro in Slovenia, sulla cosiddetta "strada di Osimo" e potrebbe essere definita la "direttissima", quasi in linea retta fino a pochi passi dalla vetta, ammirando in primavera una straordinaria fioritura. In territorio italiano, oltre alla facile ma un po' noiosa strada asfaltata, si possono affrontare o il sentiero che attraversando il bosco e "tagliando" i tornanti della rotabile conduce fino alla caserma e poi alla cima, oppure quello, abbastanza ardito e recentemente sistemato dai volontari del CAI, che da San Mauro sale perfettamente parallelo a quello sloveno, piuttosto ripido ma anch'esso molto interessante. La cresta nord, verso il Korada, permette anche di raggiungere l'ospitale rifugio e museo sloveno, sia in bicicletta che con l'auto. Da lì in un quarto d'ora di marcia si arriva agevolmente in vetta.

Tanti dunque sono i cammini, ce ne sono anche altri e il monte ha molti segreti da svelare, sia sul piano storico che su quello naturalistico. Ovviamente ognuno ha le sue preferenza e personalmente sono sempre molto affascinato dalla "severna pot", che inizia dalla bella ciclabile Solkan - Plave, poco dopo la diga sulla Soča.

Perché questa scelta, dal momento che non soltanto è la più ripida ma anche quella con maggiore dislivello (niente di trascendentale, circa 550 metri!)? Per molti motivi. Prima di tutto, si ha la più bella e ravvicinata visuale sullo spettacolare ponte ferroviario sull'Isonzo, costruito, come da lapide commemorativa incisa sulle pietre, nel 1906. Si potrebbe addirittura raggiungerlo e attraversarlo a piedi, ma ovviamente è vietato, oltre che molto pericoloso, dato che il traffico dei treni non è indifferente. Poi, salendo sul bellissimo sentiero, ciò che resta di un'armoniosa mulattiera costruita dai soldati austro-ungarici, il panorama cambia a ogni svolta. Oltre agli scorci suggestivi sul dirimpettaio Monte Santo, si contempla il colore straordinario del fiume che scorre placido, forzato dalla diga, nel fondo della valle. Si aggirano arditi speroni di roccia fino a quando si arriva nel canalone che conduce alla cresta. Le pareti di roccia sono strapiombanti e - se non fosse per le proporzioni - sembrerebbe di essere nel cuore delle Dolomiti! Nel punto più impervio, gli alloggi degli ufficiali imperiali stanno sotto il sistema di grotte e trincee che ha visto soffrire e molto spesso morire decine di migliaia di giovani nel corso della prima guerra mondiale, uccisi dalle pallottole, ma anche dal freddo, dalla fame e dalle malattie provocate dai morsi dei topi e dall'umidità. Non sembra vero osservare tanti segni di una guerra terribile e assurda, camminando in un ambiente così naturalmente orientato alla bellezza e alla pace. Qui transita la Pot miru, la "Via della pace" proposta negli ultimi decenni con felice intuizione, per marciare in pace e in concordia là dove è stato sparso inutilmente tanto sangue fraterno.

Non resta che raggiungere il punto più alto, con il sentiero di cresta che conduce alla quota 609, divertendosi a contare i pilastrini di un confine che quassù ora, per fortuna, sembra giocare con gli escursionisti che celebrano, saltellando qua e là, la gioia di essere brez meja, across the border, oltre le frontiere.

Gorizia abbia quanto prima il suo "Garante dei diritti" delle persone in carcere

Il carcere è il termometro del rispetto dei diritti in una società.

Sì, questa constatazione non particolarmente originale viene in mente ogni volta che, per un motivo o per l'altro, si varcano le mura e si passa attraverso i cancelli.

Si tratti di Rebibbia, Pisa, Piazza Armerina in Italia, di Bouaké in Costa d'Avorio o Massinga in Mozambico, l'impressione è sempre quella di trovarsi davanti a uno specchio sul quale sono riflessi i problemi della comunità circostante.

Sì, proprio circostante, in quanto la prigione è segregazione nel cuore di un territorio, etimologicamente un "tempio", cioè uno "spazio ritagliato" in un centro cittadino. E' vero ovunque, anche a Gorizia, dove la casa circondariale di Via Barzellini, collegata direttamente al Tribunale e a dieci metri dal giardino del Municipio, costituisce lo spazio più centrale e nello stesso tempo meno conosciuto e agibile dell'intero territorio.

Non si tratta delle relazioni interne. Già si è avuto modo di sottolineare la delicata sensibilità delle persone, soprattutto giovani, che in questo momento sono "ospitate" nella struttura per scontare brevi pene comminate per qualche - come dicono essi stessi - "piccola cavolata". Non si tratta neppure della direzione, della polizia penitenziaria, delle ottime professionalità legate alle prospettive scolastiche ed educative, del servizio religioso ad ampio raggio o del prezioso volontariato.

Si tratta di scelte politiche concrete, rinviate negli ultimi quaranta anni e costantemente archiviate in un enorme e scandaloso dimenticatoio.

Se la pena deve essere riabilitativa, come è possibile che non funzionino ancora le proposte di alternativa al carcere, se non in minima misura? Abolire la segregazione, sostituendola con azioni al servizio della società in ambienti umanamente accoglienti, almeno per le pene inferiori ai tre anni, contribuirebbe a risolvere ampiamente il problema del sovraffollamento e - cosa più importante - permetterebbe a chi le deve scontare di non buttare via anni preziosi della vita. 

Un investimento finanziario per migliorare le strutture fatiscenti di un edificio costruito nei tempi dell'Austria Ungheria e sostanzialmente rimasto come era, potrebbe permettere di avere maggiori spazi fruibili per la socializzazione, per lo studio e per la ri-creazione, a persone che si trovano costrette a rimanere chiuse in piccole stanze da otto letti, senza alcun riguardo alla privatezza.

Una convinta de-burocratizzazione potrebbe far pensare a una moltiplicazione dei permessi da accordare per uscite "controllate", per motivi di approfondimento culturale, conoscenza maggiore del territorio e - perché no? - di testimonianza intorno a un modo di vivere sostanzialmente sconosciuto a chi non lo ha mai sperimentato. Inoltre si dovrebbero senz'altro facilitare gli incontri con familiari e amici, creando spazi adeguati a incontri affettivi degni di questo nome, con mogli, mariti e figli già tremendamente provati dall'esperienza carceraria della o del congiunta/o. Importante è anche un'adeguata mediazione culturale, data la presenza di tanti migranti, finiti rinchiusi per qualche scorciatoia intrapresa in un mondo "esterno" non molto incline a favorire l'integrazione di chi cerca di fuggire dalla fame o dalla guerra.

Sono problemi politici a livello nazionale. In molti Paesi europei e anche in altri Continenti si sono avviate interessanti sperimentazioni sull'"umanizzazione" delle prigioni e forse sarebbe il caso di studiarle e metterle in pratica anche in Italia.

Ma è un problema politico anche locale, non solo per ciò che concerne le strutture esterne, ma anche per un'attenzione speciale a persone che in ogni caso, fino a quando risiedono - volenti o nolenti - in questo territorio, sono a tutti gli effetti "Goriziani".

Per questo, uno dei primi passi possibili, è quello dell'istituzione immediata, a livello comunale, del "Garante dei diritti delle persone private della libertà individuale". E' presente in ogni capoluogo dove ci sia una prigione, tranne che a Gorizia. O meglio, c'era il garante provinciale, nella fattispecie don Alberto De Nadai, scelto sulla base di un bando ai tempi in cui in FVG esistevano le Province. C'è ancora il garante regionale che ha il compito di visitare tutti gli ambienti e di coordinare i garanti comunali. E se si vuole guardare a un modello cui ispirarsi, non occorre andare lontano, basta chiedere lumi al vicino Comune di Gradisca d'Isonzo che lo ha istituito recentemente, tenuto conto della presenza del CPR di via Udine.

E' solo un primo passo, l'offerta alle persone detenute di un punto di riferimento importante, in grado di portare le loro istanze ai livelli decisionali e di garantire una "voce" a chi purtroppo ne ha fin troppo poca. Ma è anche un punto di collegamento tra il "dentro" e il "fuori", aiutando chi procede verso l'esaurimento della pena a immaginare un futuro diverso rispetto a quello dell'entrare e uscire costantemente dal carcere. Occorre sostenere la ricerca del lavoro, della casa, del ripristino dei normali rapporti familiari. E occorre in particolare lavorare per cancellare quell'"impronta" (stigma, lo si chiama tecnicamente) che trasforma in un inferno, in un "fine pena mai", la vita di chi ha avuto la sventura di pagare oltre ogni limite sopportabile i propri - a volte minimi - errori.

Avanti dunque, caro Comune di Gorizia, sia emesso subito il bando per individuare il miglior possibile "Garante dei diritti delle persone private della libertà personale"!  

domenica 5 dicembre 2021

Aleksander Gadžijev, giovane genio artistico "Goriziano"

Leggendo l'ottimo settimanale sloveno Mladina, sono saltato giù dalla sedia. Ho scoperto che a qualche decina di metri da casa mia, è cresciuto un genio dell'arte contemporanea!
Il Concorso Pianistico internazionale Fryederyk Chopin, nella sua fase finale si svolge ogni anno a Varsavia, la città del celebre compositore polacco. E' il più importante concorso per giovani pianisti e si è svolto nello scorso mese di ottobre. Il goriziano Aleksander Gadžijev si è piazzato al secondo posto, ma ha ottenuto il primo premio speciale "Zimerman", per ciò che concerne l'esecuzione della Sonata in si bemolle.
E' un grande onore per Gorizia annoverare fra i suoi illustri cittadini questo giovane astro della musica classica. Nato nel 1994 nel capoluogo isontino, è cresciuto in una famiglia di importanti musicisti, frequentando fra l'altro la scuola di musica "E.Komel", collegata al Centro Culturale Bratuž di Via XX settembre.
Al di là del genio artistico ed evidentemente anche filosofico, nell'ampia intervista che Mladina gli dedica, Aleksander Gadžijev (ma il nome, sui media italiani, è scritto anche Alexander Gadjev o Gadjiev, su quelli russi in caratteri cirillici...), risponde anche a domande riguardanti la cultura del territorio in cui è nato. Il padre, famoso pianista, è originario dall'Azerbaigian, la madre, anche lei musicista e insegnante presso la Glasbena Matica di Nova Gorica, è slovena di Bilje, figlia di un combattente partigiano che ha partecipato anche alla battaglia di Tarnova. Ha studiato al liceo scientifico italiano "Duca degli Abruzzi", dove si è diplomato presentando un lavoro sul filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein.
E' stato un problema per lui crescere parlando tante diverse lingue? Ovviamente no, anzi, è stata una scuola per imparare a conoscere gli altri, sentendosi ovunque a casa propria, in particolare adesso, quando gli impegni sempre più intensi lo conducono in tante diverse nazioni.
Nell'intervista gli viene chiesto come, vivendo a Gorizia, ha percepito le relazioni tra italiani e sloveni. Mentre le cronache del Concorso di Varsavia, rivendicano la sua identità di pianista "italiano" sui giornali italiani e "sloveno" su quelli sloveni, Aleksander risponde sorridendo di "appartenere a un terzo Stato che non è né questo né quello ed è Goriška", cioè "il Goriziano". In ogni caso, si riflette su questo aspetto solo quando si cresce e qualcuno chiede se ci si sente più "italiani" o "sloveni". 
Leggendo le sue parole e scorrendo la biografia, ci si rende davvero conto di quanto in realtà la sperimentazione della bellezza delle diversità sia una vera e propria "università delle relazioni". Ed è interessante che tanto più ciò si verifica, quanto meno lo si problematizza, come accade naturalmente nelle relazioni familiari, amorose, amicali e affettive.
Aleksander Gadžijev non è solo uno straordinario talento, un personaggio del quale certamente sentiremo parlare ancora molto, ma anche un autorevole testimone della "Gorizianità", cioè di quella naturale e istintiva internazionalità, frutto di quel lungo e sofferto lavoro di tessitura che è stato riconosciuto dall'Unione Europea nella scelta di Nova Gorica e Gorizia, capitale europea della Cultura nel 2025.

sabato 4 dicembre 2021

Consigli costruttivi a un sindaco che non ha più "numeri"

Dobrila, Miklavič, Ziberna, Fedriga. Presidente Pahor, Volk, Jaklitsch, Rojc 
Sulle ultime vicende relative alla bocciatura dell'ultima variazione di bilancio nel consiglio Comunale di Gorizia, si propone una riflessione serena, metodologicamente interessante e delicatamente propositiva, pubblicata ieri su forumgoriziablog.it. Autore è Simone Cuva, con-titolare con Patrizia Dughero dell'ottima editrice Qudulibri, realtà sempre più presente e importante nel panorama culturale goriziano, nazionale e internazionale. Grazie all'autore e a Eleonora Sartori, referente del blog del Forum per Gorizia, per la disponibilità. (ab)

Cogliere un’opportunità è un gesto scaltro, veloce, intuitivo, che denota lucidità e mente sgombra da sovrastrutture e orpelli che ne appesantiscono l’azione (Neil McCauley, Robert de Niro, nel film “La Sfida” dice di sé che non deve mai mettersi in una situazione dalla quale non può uscire senza traumi in 30 secondi netti…).

Il senso di opportunità, invece, diverso da quello dell’opportunismo, richiede non solo il possesso di tutte le caratteristiche, o magari qualità, descritte sopra, ma anche una spiccata attitudine a fare i conti, appunto, con le sensazioni, con il raccoglimento, con l’auto analisi ma soprattutto con la percezione della realtà. Azioni o pensieri a cui si è usi, appresi o posseduti innati, sin dalla nascita, parte del bagaglio di conoscenza e quindi Cultura che ciascuno di noi ha. Molto più complicato, quindi, procedere da questo punto di vista.

Dopo l’ennesima bocciatura in Consiglio Comunale, su un provvedimento fondamentale come quello dell’assestamento di bilancio, che mette a rischio una serie di investimenti molto importanti per il futuro della città, lanciata, al momento, come una macchina sgangherata a tutta velocità che perde pezzi a causa del vento, verso il 2025, anno in cui grazie a Nova Gorica sarà sotto gli occhi del Vecchio Continente e dei suoi cittadini per essere Capitale europea della cultura, dopo l’ennesima bocciatura, dicevo, forse il nostro Sindaco dovrebbe fermarsi un attimo. Prendere. Un. Respiro. Sedersi, non arrabbiarsi se non con i suoi, ma soprattutto cercare di capire dove è arrivato, perché c’è arrivato in queste condizioni, e capire come, e se, proseguire.

“Dimissioni” ho scritto sul mio profilo FB dopo che ieri ho saputo questa notizia da un amico. Vero. dovrebbe essere questo l’atto automatico da compiere dopo sconfitte politiche di questo tipo. E siccome viviamo nel paese in cui i politici non si dimettono per atti ben più gravi, anche eticamente, di sconfitte colpose come queste, bene, proprio per questo il nostro Sindaco dovrebbe farlo. Per fare capire ai suoi concittadini che a lui, questa sconfitta, brucia. Ma che questa sconfitta potrebbe essere il suo trampolino di lancio per la nuova candidatura a primo cittadino di questa città. “Mi dimetto, caccio via tutti, faccio venire il Commissario fino alle elezioni, e mi ricandido, con una nuova compagine, con nuove persone, speriamo più capaci di mantenere buoni i rapporti con i consiglieri elettori e la cittadinanza di votanti!”

Ecco il senso di opportunità. Cercare, da una brutta circostanza, di farne tesoro e rilanciare. Umilmente, ma coraggiosamente. Raccogliersi, e “compiere, d’un balzo, il balzo che non perdona”.

Solo così potrebbe giustificare la ricandidatura, ponderata, dice, ma scontata, penso io, quindi quasi “pretesa” dalle forze politiche che lo sostengono. Perché il 2025 è troppo importante per rischiare di lasciarselo scappare. “Tra niente e piuttosto è meglio piuttosto”, forse dicono.

Gorizia merita riflessioni e immaginazione. Ora è debole e va trattata con cura. Accompagnata verso un rilancio possibile. Per la prima volta, un rilancio in cui il volano sarà la Cultura. Non dimentichiamolo: la Cultura. E un Sindaco è giusto che ne colga il significato pieno, di questa parola. E ne sia all’altezza. 

Simone Cuva (per forumgoriziablog.it)

venerdì 3 dicembre 2021

Dalla prigione di Via Barzellini un forte messaggio di pace e di dignità

"Sono nato a qualche chilometro da Srebrenica, avevo un anno quando ci fu il massacro. Morirono metà dei miei parenti più stretti. Mia madre mi ha fatto crescere invitandomi a perdonare sempre, per fermare la spirale della violenza nei Balcani. Sono musulmano, in cella con gli amici serbi e ci vogliamo bene, usciti di qua vogliamo costruire un mondo migliore". 

"Sì, se siamo qua vuol dire che qualche cavolata l'abbiamo fatta, ma in questo luogo siamo uniti, ci comprendiamo e speriamo nell'indulto non solo per uscire di qua, ma soprattutto per raccontare a tutti, "fuori", che è possibile convivere nella diversità di lingue, di opinioni, di religioni. Vogliamo portare a tutti un messaggio di pace".

"Certo, non è facile qua dentro. Non ho potuto vedere mio figlio, appena nato. Ho "beccato" un anno per piccoli reati, Ma è giusto impedire a un giovane padre di stare lontano dalla propria famiglia per così tanto tempo? Non sarebbe meglio scontare pene alternative, magari più utili che passare il tempo senza poter fare quasi niente, chiusi qua dentro?"

"Vivere in otto in una stanza non è facile, ognuno ha il suo carattere e la propria modalità di affrontare le cose. Ma ci proviamo e tutto sommato quasi sempre ci riusciamo. Però avremmo bisogno di essere più ascoltati  forse anche di raccontare a chi sta all'esterno chi siamo veramente. Siamo considerato criminali, non "persone" compartecipi della stessa umana natura..."

E così via. Queste e molte altre riflessioni mi hanno colpito oggi pomeriggio, incontrando grazie all'iniziativa di don Alberto De Nadai gli ospiti detenuti nella Casa Circondariale di via Barzellini. Prima ancora che i problemi - il ben noto sovraffollamento, l'iperburocrazia che colpisce persone colpevoli di piccoli reati, la difficoltà nelle piccole vicende quotidiane, la carenza del personale addetto all'assistenza, ecc. - mi hanno colpito la disponibilità e la serietà dei partecipanti. Una ventina di uomini, italiani sloveni bosniaci serbi marocchini tunisini bangladeshi cinesi..., si sono riuniti in cerchio e insieme abbiamo parlato di convivenza pacifica, di rispetto reciproco, di riconciliazione tra le persone e i popoli. Dove poter vivere un momento simile di unità nella diversità, nel territorio Goriziano, al di fuori del carcere? 

La prigione diventa allora un possibile modello di coesistenza, dai corridoi chiusi da pesanti inferriate emerge un messaggio di autentica pace che vorrebbe uscire da quelle mura, travalicarle ed espandersi sul territorio.

Ciò potrebbe essere possibile se il Comune di Gorizia si dotasse di un "Garante delle persone private della libertà personale". Si tratta di un ruolo istituzionale che permette a chi ne viene insignito, sulla base di un bando ben impostato dall'ente locale, di entrare nella "Casa", ascoltare gli ospiti cercando di tutelare le loro giuste rivendicazioni, ma anche di aiutare chi esce dal carcere a trovare un lavoro e a ricominciare una vita, in una (difficile!) prospettiva di un'autentica Libertà degna di questo solenne nome. 

Insomma, da subito, ci siano alternative al carcere per i reati con pene inferiori almeno a tre anni, la pena sia riabilitativa e non punitiva, ci siano ovunque i "garanti" per tutelare i diritti di tutti. 

Possibile che 35 anni dopo la straordinaria Legge Gozzini (1986) si debba ancora ribadire e rivendicare ciò che di essa purtroppo non è stato recepito e realizzato? 

Sui vaccini, un dialogo difficile, complesso e necessario

L'argomento è senz'altro scomodo e sta dividendo in modo quasi insormontabile le persone, spesso anche gli amici o i familiari. Indispensabile è ripetere alcune premesse.

Ho scelto con convinzione di ricevere il vaccino anti covid-19, appena reso possibile per le classi over 60 e attendo con impazienza la terza dose, trascorsi i prescritti sei mesi dalla precedente.

Non sono complottista, di conseguenza ritengo che nessuno abbia voluto il virus per reconditi motivi e che i governi - praticamente del mondo intero - abbiano cercato di arginare la situazione, emanando leggi e decreti dettati da buone intenzioni e non da malevoli disegni finalizzati a infliggere sofferenze alla collettività. Ovviamente ciò non significa che non siano stati compiuti errori, inevitabili in un contesto completamente nuovo e di fronte all'irruzione di un virus sconosciuto.

Ritengo immorali lo stratosferico arricchimento di alcune case farmaceutiche, la mancata liberalizzazione dei brevetti e l'iniqua distribuzione dei vaccini, con la solita forte penalizzazione dei Paesi più poveri a tutto vantaggio di quelli più ricchi.

Premesso tutto ciò, non condivido la demonizzazione sistematica di tutti coloro che esprimono dubbi, paure e perplessità. Al contrario, credo che la valanga di informazioni, le trasmissioni a senso unico, il "verbo" proclamato con assoluta sicurezza sempre dagli stessi conduttori televisivi, non portino acqua al mulino della corretta informazione e che siano - a lungo andare - controproducente.

E' logico che se nei dibattiti televisivi - quelli che ancora di fatto maggiormente contribuiscono a formare le opinioni - vengono totalmente cancellate le voci dissenzienti oppure si offre spazio soltanto a personaggi a dir poco ignoranti e imbarazzanti passandoli come rappresentanti del punto di vista opposto, è difficile parlare di libero consenso. Sì, ci sono anche noti pensatori che spesso si affacciano alle tribune mediatiche. Sembrano però irriconoscibili, quasi ridotti a "spalla" dei conduttori, misere comparse che smarriscono la loro autorevolezza nella necessità di sbraitare per farsi ascoltare (e per far salire l'audience del programma di turno). 

Non è vero che il dissenso sia espresso solo da una minoranza di incompetenti "manovrati" dagli opposti estremismi. Ci sono scienziati, stimati operatori sanitari, giuristi e pensatori di ogni estrazione ideologica che giustificano i timori e che comunicano perplessità riguardo alla "tenuta" della democrazia nel momento in cui di fatto vengono imposti trattamenti sanitari non desiderati.

Devono essere ascoltati, il timore di veder fallire l'obiettivo dell'"immunità di gregge" non può trascurare l'obbligo di un confronto aperto, "alla pari". Ciò potrebbe portare a sostituire il "muro contro muro" che sta scavando un solco sempre più inquietante tra gli uni e gli altri, con una nuova forma di dialogo che forse risulterebbe anche più convincente rispetto all'attuale monotono martellamento pro-vax. Tra l'altro, è difficile pensare che il supergreen, almeno così come inteso finora, non contribuisca ulteriormente a esasperare gli animi, in particolare di coloro che saranno costretti a interrompere il loro lavoro per rimanere fedeli al dettato - che personalmente, lo ripeto ancora, non condivido - della loro coscienza. 

A questo proposito, un domanda può essere posta anche alle religioni, alle vie filosofiche e in particolare alla Chiesa cattolica, i cui interventi sono di solito presi in considerazione con molta attenzione. Da quando il Concilio Vaticano II ha ribadito la necessità del giudizio di coscienza come fondamento dell'azione individuale e sociale, la teologia morale ha compiuto grandi passi e il magistero pontificio è intervenuto spesso, sia pur con diverse sensibilità. Riguardo al covid, è invece evidente un forte imbarazzo e le posizioni delle Conferenze episcopali non si discostano granché dall'invito a obbedire alle rispettive autorità governative. Non mancano certo insigni pensatori, illuminati scienziati, competenti giuristi, esperti nell'insegnamento sociale nelle file della comunità cattolica. Non sarebbe quindi forse opportuno creare un tavolo di discussione, a livello centrale o periferico, per discutere le varie opzioni e offrire al confronto dialogico generale uno spunto etico profondo e argomentato - tramite un'enciclica, un documento nazionale, un testo ben documentato - che non si limiti all'invito all'osservanza delle leggi o alle prescrizioni liturgiche conseguenti?

Se si è sicuri delle proprie idee e se si ritiene che il vaccino contribuisca all'immunizzazione, perché avere timore di un confronto serio con le "ragioni" (o "dis-ragioni") degli altri?