sabato 31 ottobre 2020

E chi il lockdown lo vive ogni giorno?

Una delle conseguenze delle  normative contro la diffusione del coronavirus è la privazione di alcuni ordinari spazi di libertà. Per molti è stata esperienza molto difficile quella di rimanere chiusi in casa, nel periodo più drammatico di marzo e aprile. Per altri è stato traumatico veder nascere dal nulla nuove barriere - virtuali o reali - tra comuni, regioni, interi stati. Per alcuni è risultata inaccettabile la privazione del rapporto con le persone più care, la compagna o il compagno di vita, i genitori anziani, gli amici.
Forse queste situazioni potrebbero aiutare a pensare - con un sentimento di comprensione e solidarietà - a coloro che vivono ordinariamente tali restrizioni, che sono in lockdown non per brevi periodi ma per mesi, anni e decenni.
Chi è condannato a trascorrere una parte della propria vita in prigione, sa che cosa significa non poter uscire dalle mura tra le quali si è rinchiusi. E' un'esperienza disumanizzante, spesso vissuta in un sovraffollamento e in un degrado strutturale che rendono molto teoriche le splendide intuizioni di
Mario Gozzini, confluite negli anni '70 del XX secolo nelle leggi che portano il suo nome e che proponevano la pena riabilitativa e non punitiva.
I confini chiusi creano angoscia. Anche in questi giorni, camminando sulla linea di demarcazione tra Italia e Slovenia, pur non essendoci per ora alcuna barriera materiale, ci si sente respinti come da un filo invisibile. Lo sbarramento previsto dalle normative è vissuto come una violenza, da qualunque parte esso venga stabilito, si prova umiliazione a non poter passare, non si osa neppure mettere un piede oltre la linea. Il blocco è dentro di noi, crea ansia e timore, un senso misterioso e inesprimibile di respingimento e di distacco, ci si sente "stranieri" là dove fino al giorno prima non ci si poneva neppure lontanamente il problema. Come non pensare ai migranti della rotta balcanica o del Mediterraneo, quando giungono stremati alle frontiere della nuova Europa. Come guardano queste linee immaginarie ma fin troppo reali, che dividono il mondo tra privilegiati e penalizzati? Come possono vincere il senso di umiliazione e di rifiuto, di fronte all'indifferenza e all'evidente ostilità di chi dovrebbe riceverli? Cosa significa sentirsi costantemente additati come "stranieri", "diversi", indegni di essere trattati come esseri umani? I centri per il respingimento sono molto simili ai campi di concentramento, le urla che provengono dal cpr di Gradisca o da quello di Postojna, non indicano soltanto un disagio materiale, ma proclamano una verità inquietante, il fallimento del progetto di un'Europa autenticamente democratica, aperta alla libera circolazione delle persone e delle loro idee.
E che dire della sofferenza del non poter incontrare i propri congiunti? Di averli abbandonati in paesi lontani e di essere guardati con disprezzo perché un telefonino consente l'ultimo legame, almeno attraverso le parole? O di poterli incontrare - l'amore della propria vita o i figli tanto amati - in una squallida stanza di carcere, sotto gli occhi indagatori di guardie pronte a intervenire per reprimere - più o meno delicatamente - qualsiasi gesto d'affetto ritenuto eccessivo?
Come sempre, tante domande e poche risposte. Eppure quest'anno così delicato e difficile, questo 2020 che più bisesto di così non si può, potrebbe essere quello della svolta, anche sotto questo punto di vista. Potrebbe essere il momento per raggiungere gli obiettivi dell'eliminazione delle carceri come strumento di pena e l'invenzione di nuove forme di ricostruzione e riabilitazione della vita, della cancellazione di tutti i Centri di detenzione per immigrati pro cedendo verso la libera circolazione degli esseri umani, del riconoscimento dei diritti civili per ogni creatura che vive sulla faccia della Terra.
Sogni? Utopie? Mah, forse una meravigliosa umanità che riesce a scavare buche e a raccogliere frammenti di un asteroide che ruota a 350 milioni di chilometri di distanza, potrebbe fare molto di più per costruire sul Pianeta un civiltà fondata sulla giustizia sociale, sulla pace, sulla salvaguardia dell'ambiente vitale, per tutte e per tutti... 

mercoledì 28 ottobre 2020

La Spagna ha recepito la lezione, imboccando la strada della patrimoniale

"Non si deve tornare alla normalità, occorre uscire dalla crisi in modo che il mondo sia migliore di quello precedente la diffusione della pandemia". Molte volte si è sentito questo giusto ritornello, accompagnato dalla spiegazione, "sì, perché il disagio attuale è più una conseguenza che una causa di un modo di gestire le relazioni planetarie profondamente ingiusto". L'estate, con la forte flessione di casi di contagio soprattutto in Europa e in Cina, ha consentito una troppo incosciente pausa di sollievo ma anche la sensazione che la "lezione" non sia stata assolutamente recepita. Il mondo sembra ruotare come sempre, degli affari legati alla gestione della situazione sanitaria hanno approfittato mafie e criminalità organizzate, i politici hanno cercato ciascuno di trovare la pole position per i futuri assetti istituzionali, i ricchi sono diventati più ricchi e i poveri molto più poveri.
Ripiombati nel prevedibile incubo, travolti dalla girandola di numeri, quanti tamponi contagiati ospedalizzati terapie intensive morti guariti dpcm ristoranti chiusi ristori aperti ecc., non ci si è forse accorti di un percorso del tutto nuovo, avviato negli ultimi due giorni in Spagna.
Il Governo socialista/podemos ha infatti scelto la strada della patrimoniale o qualcosa di simile. Partendo dall'asserto secondo il quale la ricchezza è consentita per essere condivisa - principio recentemente ribadito a livello etico dalla Fratres Omnes di papa Bergoglio - si è deciso di tassare i redditi più alti per finanziare interventi a favore di coloro che sono stati penalizzati dalla pandemia o, più in generale, si trovano ad affrontare situazioni di difficoltà economica.  
Non si sa ancora come la prenderanno coloro che dovranno rinunciare a qualche spicciolo del loro grande patrimonio ma, se funzionasse, sarebbe l'uovo di Colombo (per citare uno che di Spagna se ne intendeva). Riequilibrando le ricchezze, diventa irrilevante la discussione sui comunque necessari interventi degli organismi internazionali, cominciando, per ciò che concerne l'Italia dai titoli e dai prestiti legati al Recovery fund o al Mes. L'entità dei finanziamenti è talmente cospicua da vincolare per molti anni gli Stati, che non potranno fare altro che approfittarne, agli attuali "padroni del vapore" - non tanto politico quanto economico - europeo. La tassa patrimoniale, improntata ai principi filosofici di solidarietà e sussidiarietà, al contrario, fonda la possibilità di un'azione senza vincoli determinati soprattutto dalle lobby bancarie, da parte dei Parlamenti e dei Governi democraticamente eletti. In altre parole e per dirla semplicemente, una equa e solidale redistribuzione dei beni risulterebbe non soltanto il frutto di una sana politica, ma potrebbe anche essere efficace per avviare nuove relazioni costruttive tra le diverse componenti della società. La Spagna è stata lodevole apripista, perché non seguire il suo esempio, immediatamente?

martedì 27 ottobre 2020

No alla violenza, sì all'ascolto

No, non dovrebbe essere questo un tempo di tifoserie. E' giusto condannare ogni forma di violenza, ma non si può con questo chiudere gli occhi davanti al disagio sociale sempre più evidente, in Italia e in Europa. 
Ascoltando alcuni esponenti del Partito Democratico, ieri sera, si sono materializzati ricordi abbastanza lontani, dei quali peraltro chi scrive è stato testimone diretto. A Genova, nel 2001, Berlusconi e Fini pronunciavano simili parole, mentre scorrevano le immagini di pochi scalmanati che avevano messo a ferro e fuoco la città. Li chiamavano black blok, ma in realtà nessuno ha mai capito bene chi fossero. Di certo, con le loro incredibili violenze, avevano screditato una delle più interessanti settimane di laboratorio per la costruzione di un mondo postcapitalista e solidale. Chi ci aveva rimesso? I manifestanti pacifici, contro i quali la polizia si era accanita con una forza d'urto mai vista nell'Italia repubblicana, culminata nell'uccisione di Carlo Giuliani. Il G8 aveva vinto, da quel momento il movimento per la pace e la giustizia tra i popoli ha iniziato a scivolare su un piano inclinato che - dopo l'immensa e ultima manifestazione pacifista planetaria del 15 febbraio 2003 - lo ha portato di fatto all'insignificanza, almeno sul piano numerico.
In questi giorni sembra che il copione si ripeta, anche se la presenza di un Governo teoricamente di segno diverso da quello della destra berlusconiana sembra impedire di riconoscerlo. Le istanze della protesta generalizzata contro i dpcm governativi hanno ragioni profonde, derivano dalla contraddittorietà delle scelte, dalla penalizzazione solo di alcune categorie incautamente definite "sacrificabili", dal mantenimento di attività redditizie come le fabbriche d'armi a scapito di quelle che dovrebbero fornire presidi medici, dal sistema ospedaliero azzerato dai tagli alla sanità pubblica, dalle carenze progettuali spaventose, dalle famiglie messe in ginocchio dalla Didattica a Distanza, dagli operai costretti a pericolosi viaggi su mezzi pubblici sovraffollati e al lavoro in fabbriche insicure, dagli imprenditori paralizzati dallo smart working nella Pubblica Amministrazione, dalla dimenticanza degli emarginati, senza casa, in carcere o migranti costretti a sopravvivere in campi di concentramento dove il virus è sempre in agguato. Eccetera eccetera... 
Non basta certo più il presunto equilibrio dell'"avvocato del popolo", ormai prigioniero di un'immagine di sé sempre meno convincente. Ridurre tutte le manifestazioni, da Sud a Nord, a una peraltro esistente strumentalizzazione da parte dell'estrema destra e della mafia è talmente troppo semplicistico da far venire in mente i manipoli di sconosciuti black blok che, del tutto indisturbati, hanno incatenato Genova, hanno innalzato la tensione sociale e hanno portato alla repressione poliziesca e alla tortura, da regime militare, contro gli inermi bivacchi della caserma Diaz.
Le televisioni ieri hanno fatto vedere attacchi di pochi mascherati a ricche vetrine o a camionette della polizia, mentre i social hanno diffuso cariche delle forze dell'ordine in tenuta antisommossa contro i manifestanti nonviolenti. Particolarmente preoccupante ciò che è accaduto a Trieste lo scorso sabato, dove è stata autorizzata una manifestazione esplicitamente fascista e razzista , mentre sono stati manganellati a sangue coloro che vogliono portare aiuto ai migranti, colpevoli di aver voluto rimanere a presidiare, seduti sulle panchine, la "loro" piazza.
Attenzione dunque, il momento è difficilissimo. Non si può essere d'accordo o contrari, "a prescindere", con il Governo di turno, anche chi è iscritto a una formazione politica deve più che mai pensare con la propria testa ed evitare supini allineamenti acritici, pericolosi per chi li propone ma anche per gli stessi partiti di appartenenza. Occorre che chi governa ascolti il grido dei sempre più numerosi poveri, anche quando essi trovano conforto solo in speculatori senza scrupoli che perseguono i propri interessi economici e politici. E' necessario che si diano istruzioni precise a chi dovrebbe tutelare l'ordine pubblico, per evitare che il pensiero - sbagliando? - corra troppo rapidamente alle provocazioni che i regimi costruiscono "ad hoc", per coprire le proprie volontarie o involontarie mancanze.

lunedì 26 ottobre 2020

Scontri in piazza Libertà a Trieste: una gestione fallimentare e pericolosa dell'ordine pubblico

Oggi, in piena condivisione, si propone il comunicato stampa di ICS Trieste, relativo agli scontri accaduti a Trieste, in piazza della Libertà, sabato 24 ottobre.

Gli scontri avvenuti in piazza della Libertà sabato 24 ottobre erano prevedibili ed evidenziano il grave fallimento nella gestione dell'ordine pubblico in tutta la vicenda.

Così come molti altri enti ed associazioni, anche ICS aveva inutilmente ribadito che la manifestazione, in quella piazza, non andava autorizzata. Sotto la regia di “Son Giusto” – mera sigla che appare sempre più solo un prestanome e un collettore di vari gruppi neofascisiti e neonazisti, anche estranei al territorio – era infatti evidente la presenza di un disegno finalizzato a creare disordini.

ICS ricorda che il diritto, costituzionalmente garantito, a manifestare liberamente le proprie posizioni politiche non può legittimare eventi pubblici che dichiaratamente inneggiano al fascismo, al nazismo e alla violenza razziale. Anche sotto tale profilo, essendo note le posizioni estremiste dei gruppi aderenti, e trattandosi della terza manifestazione d'odio avvenuta in pochi mesi, la stessa avrebbe potuto essere vietata in ogni luogo della città.

Anche la nervosa gestione della piazza da parte della pubblica sicurezza suscita seri dubbi, alla luce delle prime ricostruzioni video e testimonianze nelle quali si vede la polizia effettuare una carica – indubbiamente non necessaria – nei confronti di quei cittadini che, pur non autorizzati, ma comprensibilmente sdegnati dall'intera vicenda, si sono comunque presentati in piazza.

La gestione dell'ordine pubblico a Trieste non può continuare in questo modo, segnata da un'incapacità di gestione e, soprattutto, da una larga acquiescenza nei confronti di movimenti di estrema destra che agiscono fomentando odio e violenza, in disprezzo dei valori costituzionali.

sabato 24 ottobre 2020

Conte al bivio, l'indispensabile urgenza di una scelta

Certo, non si può dire che la posizione del Presidente del Consiglio in questo momento sia comoda. Da una parte deve rispondere alla necessità di fermare o almeno rallentare la diffusione del contagio che sembra essere fuori controllo, dall'altra si rende conto che una chiusura generalizzata delle attività già penalizzate in marzo/aprile porterebbe un disastro sociale, con conseguenze sull'ordine pubblico già preannunciate dall'ultima notte napoletana. Da una parte deve accontentare gli esponenti del Partito Democratico, più portati verso soluzioni radicali, dall'altra non può trascurare quelli del Movimento 5 Stelle, inclini a preferire più miti consigli. Da una parte deve mostrarsi rassicurante, dall'altra non può nascondere le sue preoccupazioni, tanto più dopo aver incautamente minimizzato la previsione sulle misure da adottare, personalizzando fino ai limiti dell'insopportabilità le scelte, le decisioni e i percorsi.

In realtà tutti si naviga in un'incertezza profonda che contribuisce a seminare il panico. I cittadini sono impotenti, di fronte a scienziati che si dedicano ai talk show, persone dello spettacolo che si attribuiscono ruoli scientifici, politici che si schierano sulla base dei quotidiani sondaggi elettorali, a favore o contro "a prescindere". Chi ha ragione? Chi ha torto? E' vero quello che ci viene detto o sono tutte fake news? Le risposte a queste domande non sono facili, anzi allo stato attuale delle cose sono impossibili e chi deve decidere per tutta una Nazione - pur guardando alle esperienze degli altri - ha un compito gravoso, dal quale non si può permettere di derogare.

Conte deve decidere qualcosa e quanto prima. Sa bene che andrà incontro a molte critiche e ad altrettante lodi. Ma deve decidere da che parte andare, pena l'esplosione delle sempre meno nascoste sacche di disagio che è fin troppo facile attribuire ai circoli della destra estrema e della malavita organizzata. La strumentalizzazione c'è, chi può negarlo? Ma senza un'adeguata e sicura presa di posizione governativa, rafforzata dal consenso delle parti politiche che la dovrebbero sostenere, davvero si avvicinerebbe il rischio di uno scontro sociale dalle proporzioni non immaginabili.

In tutto ciò sarebbe importante anche un fondamento teorico, un aiuto a comprendere ciò che sta accadendo e a cercare soluzioni innovative e coraggiose. Due forze potrebbero portare un contributo importante in questo senso. Si tratta di una Sinistra culturale in grado di richiamare l'equa distribuzione delle risorse, la centralità del lavoro e la tutela della salute e dell'ambiente. E si tratta di tutti coloro che - procedendo da una visione religiosa o filosofica identificabile - possono richiamare la dignità della Persona, in tutte le sue dimensioni, anche in quella misteriosa e densa di interrogativi legata alla sofferenza, alla malattia e alla morte. 

giovedì 22 ottobre 2020

Il silenzio su tanti tamponi positivi è pericoloso per la diffusione del contagio

L'impressione è che la situazione sia fuori controllo. Il numero dei contagiati sale di giorno in giorno raggiungendo numeri inimmaginabili. Mentre Conte comunica in Parlamento che "siamo ben più preparati rispetto a marzo", le persone ricoverate in terapia intensiva raddoppiano ogni settimana e la cifra si avvicina di nuovo pericolosamente al livello dell'emergenza precedente.

Ma c'è un altro elemento alquanto inquietante, anzi due.

Molte volte le Aziende sanitarie competenti non riescono a stare dietro alle comunicazioni dei laboratori scientifici e a volte (a quanto si sente molto spesso) non trasmettono i dati ai Sindaci - il che sarebbe già grave essendo questi la prima autorità sanitaria del Comune - ma soprattutto a coloro che hanno effettuato il tampone. La conseguenza è che questi, passati tre o quattro giorni senza ricevere notizie e ritenendo ragionevolmente che il non essere stati avvisati corrisponda a un risultato "negativo", se stanno bene escono, vanno al lavoro, incontrano familiari ed amici, diffondendo senza volerlo il virus ovunque. La frequenza con la quale vengono segnalati tali casi fa pensare che il numero dei contagiati sia in realtà molto più alto di quello dichiarato ogni giorno dai bollettini e che il pericolo di diffusione inconsapevole del covid-19 sia molto più alto di quanto non si creda.

L'altra questione è quella del rintracciamento, con l'evidente fallimento del sistema Immuni. Non funziona certamente perché la percentuale di coloro che lo hanno scaricato è minima, ma anche e soprattutto perché, come detto, non tutti sono "riconosciuti" dalle aziende di riferimento e quasi a nessuno vengono identificati i codici, senza i quali la app è - come è! - totalmente inutile.

Invece di fare tante commedie con lo "spettacolo" delle conferenze stampa e dei dpcm del Presidente del Consiglio, converrebbe offrire poche norme, più comprensibili e meno interpretabili, invitando poi alla responsabilità personale le cittadine e i cittadini, con parole forti, chiare e proprio per questo rassicuranti, come quelle comunicate da Angela Merkel agli abitanti della Germania.

E ora, Francesco proceda con il sacramento del matrimonio omosessuale...

Papa Francesco propone il riconoscimento delle unioni civili per coppie omosessuali. Le sue parole sono molto importanti, dal punto di vista politico ma soprattutto da quello filosofico.

Infatti, se è vero che in Italia la legge sulle unioni civili già c'è, è altrettanto vero che l'autorevole suggerimento va nella direzione di altri Paesi nel mondo, in molti dei quali l'omofobia è ragione di Stato e viene perseguita anche con la violenza e con la tortura, spesso proprio "in nomine Dei".

Inoltre, il richiamo del pontefice va ben oltre il suo già celebre "chi sono io per giudicare?". Ammettendo di fatto ciò che è ovvio ma finora negato dalla Chiesa cattolica, cioè che due persone omosessuali che si amano sono soggetti di diritto civile, Francesco demolisce il fondamento stesso su cui si basavano finora i "divieti" e i "principi non negoziabili" dei suoi predecessori. Viene cioè contestato e in pratica demolito il concetto di "legge morale naturale", radicata nella Creazione e nella Rivelazione. In altre parole, non esiste un'etica assoluta, garantita da Dio e dal magistero della Chiesa, ma le indicazioni e le prescrizioni morali sono da adattare alle diverse situazioni, nel tempo e nello spazio. Il passaggio filosofico è enorme e foriero di grandissime conseguenze, riguardanti per esempio l'inizio e la fine della vita, la vita sessuale e il controllo delle nascite, l'insegnamento sociale della Chiesa. Dal punto di vista teologico, si è all'anticamera del definitivo superamento o almeno del radicale ridimensionamento del dogma del Vaticano I relativo all'infallibilità del Papa, come minimo da riferire esclusivamente alle questioni riguardanti la fede e non a quelle morali.

Ottimo dunque, questo è un passo concreto verso un "novum" meno legato alla personalità del Vescovo di Roma e più vincolante per l'intera cattolicità. Qualche ma... Ma sì, qualche pelo nell'uovo lo si può anche cercare...

A prescindere dal fatto che nel suo ruolo di Capo di Stato potrebbe inserire immediatamente nell'ordinamento Vaticano l'istituto dell'unione civile tra coppie omosessuali, l'eliminazione dell'assurda e anacronistica pregiudiziale "naturale" dovrebbe portare come conseguenza il riconoscimento del matrimonio omosessuale come sacramento. Intendendo con tale termine teologico la manifestazione visibile dell'amore di Dio per ogni essere umano e di Gesù Cristo per la Chiesa (intesa come comunità universale), sarebbe cosa buona e giusta, da subito, immaginare una ritualità ufficiale che consenta alla coppia omosessuale di essere "sacramento" dell'amore divino quanto qualunque altra. Una simile scelta, legata alla visione teologica, liturgica e canonica della cattolicità, rafforzerebbe e darebbe uno spessore ben più radicato e credibile alle già importanti "aperture" presenti nelle parole e nelle azioni individuali di Papa Francesco.

martedì 20 ottobre 2020

Per una spiritualità della Politica e per una politica della Spiritualità.

Alcune correnti dell'antica gnosi sostenevano che gli esseri umani possono essere distinti in ilici, psichici e pneumatici, sottolineando in questo modo rispettivamente gli elementi materia, anima e spirito. Tra essi c'era chi sosteneva che le tre "componenti" interagiscono tra loro, cosicché non esisterebbe una divisione, ma un'unità profonda. Il nostro corpo è totalmente unito all'anima e lo spirito è l'elemento che consente l'unione con il cosmo, con tutto ciò che trascende l'io, nella sua apparenza (intesa letteralmente come "ciò che appare") o nella sua essenza.

Riconoscere che esiste un legame profondo, che potrebbe giungere fino all'identificazione, con un'alterità sempre più simile alla simbiosi che alla diversità, significa cogliere un rapporto identificante fra il "sé" e il "cosmo", là dove l'infinito si manifesta nel finito, la totalità nel suo frammento. E' il fondamento della teoria della nonviolenza di Gandhi, incentrata proprio sull'identità di destino non solo fra gli appartenenti al genere umano, ma anche più generalmente a quello animale, nonché a quello vegetale e minerale.

Per questo la responsabilità personale non investe solo la morale relazionale, ovvero la riflessione sui comportamenti da tenere fra gli esseri umani, ma anche la tutela dell'ambiente, in tutte le sue dimensioni, si tratti dei cambiamenti climatici o della raccolta di polvere dall'asteroide Bennu.

Per ciò che concerne la dimensione collettiva, tale approccio si basa su due concetti, uno conseguenza dell'altro. Il primo è quello di "Cultura", intendendo con ciò ogni forma di pensiero e azione rivolti alla realizzazione della consapevolezza della cosmica appartenenza alla Totalità e della contingente necessità di tradurla in scelta concreta, limitata e quotidiana. L'altro concetto, che deriva appunto dal precedente, è quello di "Politica", ovvero di ricerca comune della modalità migliore per rendere momentaneamente sicura e bella la "casa" con gli oggetti del suo studio e con le sue "leggi" (oiko-loghia e oiko-nomia).

Per tutto ciò, ma è solo l'inizio di una ben più ampia argomentazione, l'autentica Politca non potrebbe essere altro che "spirituale" e un'autentica Spiritualità non potrebbe essere altro che "politica".   

domenica 18 ottobre 2020

In cammino nella valle dell'Idrijca, Sveti Ivan a Šebrelje e le grotte Divje babe

La chiesa di sv. Ivan (San Giovanni Battista) si trova su un promontorio roccioso che domina la valle del fiume Idrijca. Per raggiungerla, occorre percorrere una stretta strada in salita che conduce a Šebrelje, bellissimo, piccolo paese adagiato su uno splendido, verde altopiano.

Secondo la geomanzia, è uno dei luoghi che intersecano le linee energetiche che attraversano l'Europa, da nord a sud, da est a ovest. Chi ne è convinto e vuole riempire di forza spirituale i punti energetici del proprio corpo, può mettersi alla prova, con l'aiuto di un cartello didattico che consente di individuare le corrispondenze con le pietre opportunamente collocate intorno all'edificio religioso. Sul campanile è dipinto Mosè che scende dal monte, tenendo tra le braccia le tavole della Legge divina, quasi un richiamo a concepire anche questa montagna una specie di Monte Sinai della Slovenia.

Le sorprese non finiscono qua. L'interno, delicato e silente, si fa notare per le statue e le immagini sacre. Colpisce l'altare principale, sotto la scena del battesimo di Gesù. La dedica colpisce, una scritta indica "Janes Kresnik", invece di "Janez Krstnik", Giovanni il Battezzatore. Kresnik è un Dio venerato nell'antichità, il signore del fuoco, della luce, del sole. La Chiesa è perfettamente orientata e proprio in occasione della festa principale del santo, il 24 giugno, corrispondente al solstizio d'estate, a mezzogiorno il raggio del sole illumina la chiesa e l'altare. Questo "Kresnik" è il frutto di un errore dell'artista o - come molto più probabile - il tentativo di professare l'antica fede degli "staroverci" inneggiando al proprio orizzonte divino in un modo non riconoscibile, per evitare le persecuzioni da parte dei custodi della religione ufficiale?

Il sito è affascinante anche perché collocato esattamente sopra due grotte, raggiungibili con una buona mezz'ora di marcia su ripido sentiero. Sono chiamate Divje babe e sono state abitate in epoche molto remote da animali d'ogni sorta e, per un lungo periodo, frequentate come luoghi di riparo anche dai Neanderthal. Scoperte casualmente intorno agli anni '60 del XX secolo, hanno consentito agli archeologi e ai paleontologi di censire decine di migliaia di ritrovamenti ossei. Nel 1995 c'è stata la sensazionale scoperta del più antico strumento musicale del mondo, un flauto ricavato da un osso di orso, risalente forse a 60.000 anni fa. E' gelosamente conservato presso il Museo Nazionale di Ljubljana, una copia perfetta si può veder3 nel museo di Tolmin.

Anche per le persone più scettiche, passeggiare in un luogo così carico di memorie e di segni lasciati, nello scorrere del tempo, dalle trasformazioni della natura e dagli adattamenti dell'uomo, è esperienza che non si potrebbe definire altro che spirituale, in quanto in grado di proiettare il pensiero al di là del tempo e dello spazio quoatidiani. 
 

sabato 17 ottobre 2020

Ai confini della realtà...

Come è diversa la situazione, rispetto a quella della scorsa primavera! I numeri del covid spaventano, in pochi giorni dalle lodi dei giornali britannici si è passati alla realtà di oltre 10.000 contagi. Se tali cifre non spaventano più di tanto, suscitano molte preoccupazioni i tanti ospedalizzati, le terapie intensive di nuovo a rischio di ingorgo, i decessi per o con covid.

Mentre sei mesi fa si attendevano i dpcm con ansia e ciascuno di essi suscitava fiumi di polemiche, ora prevale un pericoloso senso di indifferenza e di sfiducia, nei confronti di tutti coloro che un tempo erano i protagonisti. Ai proclami del Governo si guarda con ben poca attenzione, ogni Regione tenta una propria strada autonoma, i cosiddetti virologi si scontrano tra loro enfatizzando o minimizzando, gli imprenditori protestano quando vengono toccati dalle restrizioni e se ne fregano quando sono altri segmenti di società a essere penalizzati, i politici cercano - ormai senza molta convinzione - di dimostrare la "bravura" dei governanti o la loro assoluta incapacità.

Le cittadine e i cittadini sembrano più che mai esclusi da qualsiasi possibilità di partecipazione. Se si chiudono le scuole, si preparano ad affrontare a capo chino un tipo di vita familiare fino a un anno fa inimmaginabile. Se si chiudono i centri di cultura, hanno i media pronti a una nuova ondata di "servizi" ai neo-reclusi. Se sono costretti comunque ad andare al lavoro, affrontano i probabili attacchi del virus - sui treni e sugli autobus, nelle fabbriche e nei supermarket - con la rassegnazione di chi spera che non capiti proprio a lui e, se proprio deve capitare a lui, che la si sfanghi senza troppi danni.

La domanda su cosa si sia fatto in questi mesi per evitare ciò che sta accadendo viene relegata negli spazi ai confini della realtà e comunque lo sguardo allargato alle nazioni vicine e lontane consente di rendersi conto che non si è gli unici, anzi, rispetto al turno precedente, non si è poi troppo peggio degli altri.

Insomma, in queste condizioni non c'è da essere molto ottimisti, non tanto sul virus, che grazie alle centinaia di migliaia di tamponi dimostra il suo vero volto, fortemente contagioso ma per fortuna raramente letale. C'è da guardare con preoccupazione un popolo che si divide su quasi tutto, che sceglie i partiti, gli scienziati da ascoltare, le trasmissioni televisive, le gare sportive e le squadre per cui tifare come campi di battaglia per il momento virtuali sui quali esercitare la propria appartenenza maggioritaria. O con me o contro di me, in qualsiasi campo e su qualsiasi argomento.

E al fondo, in mezzo a questi dibattiti senza grandi acquisizioni, serpeggia la consapevolezza di essere nelle mani altrui, di non saper neppure definire o riconoscere qualche volto in questo generico "altrui", di non poter fare proprio nulla per cambiare questa situazione.

Una soluzione ci sarebbe, forse l'unica possibile, ma è davvero praticabile da tutti? Riportare la Cultura della comunione nella ricchezza della diversità al centro, come fondamento di ogni pensiero e azione autenticamente politici.

martedì 13 ottobre 2020

Nuovo dpcm: tanto tuonò che (non) piovve

Un dato è certo. L'aumento esponenziale dei tamponi ha evidenziato la presenza di tanti casi di positività al coronavirus.

Si getta una luce diversa su quanto già si intuiva, la catastrofe di primavera è stata determinata da una sostanziale impreparazione davanti a un evento completamente inatteso nelle sue dimensioni. In quel caso sono stati monitorati soltanto i casi sintomatici, rilevando così una percentuale spaventosa di decessi rispetto al numero di malati. Se è vero, come dichiarato dal Direttore del Ministero della Salute, che già si sapeva della gravità dell'epidemia poco dopo metà gennaio, non si capisce la lode su come sia stata gestita la situazione da chi ha consentito, in tutto il mese di febbraio, manifestazioni culturali come il festival di Sanremo, partite di calcio importanti nazionali e internazionali, perfino la visita del Papa a Bari. Ci sarebbe inoltre stato il tempo per prepararsi a realizzare ciò che sta accadendo adesso, ovvero un controllo di base di tutta la popolazione potenzialmente a rischio e soprattutto di poter attrezzare persone e luoghi delicati, come gli ospedali e le case di riposo, privi di strumenti di protezione fino al periodo più terribile, quando le persone più tragicamente colpite sono state proprio quelle più fragili e quelle che erano chiamate ad accudirle.

Tralasciando il senno di poi - anche se molti avevano rilevato anche "in diretta" tanti motivi di scoramento - e riferendosi al presente, ci si pone interrogativi forse meno drammatici, dal momento che adesso, come è ovvio, risalta la completamente diversa percentuale fra il numero complessivo dei "positivi" - asintomatici e sintomatici -, quello dei ricoverati in ospedale e quello dei decessi.

In questo contesto, è mai possibile che si riprenda la pantomima dei DPCM, con un rituale che ormai è sconcertante? Se ne parla in tutti i contesti, dalla televisione ai giornali, con interventi autorevoli di ministri e immancabili esperti di parte. Si prospettano limitazioni incredibili, perfino la possibilità di violare le abitazioni private per verificare situazioni pericolose. Si cerca poi di rassicurare il parterre, promettendo di non andare al di là del lecito (ci mancherebbe altro!) e infine...

... Infine escono gli annunciati e iperattesi DPCM, come quello firmato alle tre di mattina questa notte, frutto di evidenti compromessi tra rigoristi e lassisti. Leggendo, si trova come sempre tutto e il contrario di tutto, quasi nulla di diverso rispetto a ciò che è stato normato dai giorni immediatamente successivi alle "serrande chiuse", tutto in pratica lasciato all'esercizio del buon senso da parte degli individui e alla necessità di dare discutibili e diversificate interpretazioni da parte delle Amministrazioni locali.

Insomma, non si può fare nulla e si può fare tutto, a condizione che si indossino le mascherine (ma non quando si fa attività sportiva o attività motoria non meglio specificata), si rispetti la distanza di un metro e non si esca da casa con la febbre oltre i 37.5. Occorreva dare così tanto materiale ai giornali per un'intera settimana per arrivare a scrivere più o meno quello che già si sapeva? E occorrono i poteri speciali conferiti al Presidente del Consiglio, per emanare dei normalissimi Decreti riguardanti la pubblica salute?

Tutto ciò si dice senza entrare in merito alla giustezza dei provvedimenti, questione tutta da discutere serenamente, al di là della difesa a priori di qualunque costrizione da parte dello schieramento che sostiene il governo cosiddetto giallorosso e dell'attacco preconcetto degli oppositori politici, per non parlare di quello incarnato nelle iperbole paradossali dei negazionisti. Ogni parte sostiene le proprie ragioni con eserciti contrapposti di scienziati "virologi" che in ogni sede, anch'essi dicono tutto e il contrario di tutto, suscitando ovunque perplessità e confusione.

domenica 11 ottobre 2020

L'enigma Bergoglio. Considerazioni su un libro interessante


E' interessante il libro del giornalista Massimo Franco, dedicato a quello che egli definisce "l'enigma Bergoglio". Pur dentro una riflessione incalzante, a volte avvincente, emerge un'equilibrata simpatia nei confronti di Francesco, predisposizione positiva che non impedisce l'analisi dei principali motivi di contraddizione presenti nella Chiesa post-Ratzingeriana.

Gli elementi principali sono quelli relativi al conflitto sempre più eclatante tra i diversi settori della Curia Vaticana, con da una parte i "bergogliani" protesi verso una riforma radicale dell'organizzazione e della disciplina, dall'altra i "conservatori" che - un po' paradossalmente - trascurano la più che tradizionale obbedienza al Capo per coprirlo di innumerevoli critiche.

Lo scontro sembra allargarsi a tutti i campi, dall'economia alla politica, dalla teologia alla morale. Le battaglie non si limitano alla teoria, ma coinvolgono situazioni incredibilmente incresciose, soprattutto quelle relative agli investimenti finanziari e alle non certo nuove scandalose manovre della banca vaticana.

In tutto questo il Papa appare come un eroe solitario, non troppo aperto all'ascolto dei detrattori ma anche non troppo fiducioso nei confronti dei suoi fin troppo convinti difensori. I primi sono sempre pronti a rilevare le non rare decisioni contradditorie in materia di gestione del denaro e delle relazioni con i consiglieri, cambiati con molta frequenza a dimostrazione di una sostanziale mancanza di un disegno complessivo. I secondi tendono a suscitare forti illusioni nella parte della Chiesa precedentemente marginale - quella "di sinistra" per usare una categoria mondana - con il rischio di provocare, almeno in certi casi, profonde delusioni.

Chi guarda con entusiasmo a Francesco è soprattutto il mondo extra-cristiano, o anche extra-religioso, meno abituato alle sottigliezze clericali e più aperto al riconoscimento degli oggettivi passi avanti sul piano del richiamo alla pace, alla giustizia, all'accoglienza dei migranti, sul versante cioè di un profondo rinnovamento e opportuna laicizzazione dell'insegnamento sociale della Chiesa.

L'impressione derivata dalla lettura del libro di Massimo Franco è una conferma dell'urgenza di decisioni che non si limitino alla ricerca di toppe da collocare sui sempre più larghi buchi della struttura cattolica. Occorre invece una vera Riforma che nasca dal cuore e dal vertice della cattolicità. Solo liberandosi delle pastoie che la legano ancora indissolubilmente al Potere, la Chiesa potrebbe ritrovare il ruolo che il Vescovo di Roma Francesco sembrerebbe volerle giustamente attribuire. A partire da una spiritualità aperta, laica, fondata sulla consapevolezza dell'universale sororità e fraternità, essa potrebbe essere un punto di riferimento, se necessario di coordinamento, per tutte e tutti coloro che vogliono costruire un futuro armonico e sostenibile per gli umani e per i viventi sul Pianeta Terra. Perché ciò accada, non occorre mantenere uno Stato e un sistema economico intrallazzato con quello finanziario. E' necessario sbarazzarsi della zavorra per tornare a innalzarsi nella pura atmosfera delle vette spirituali.

Il consiglio - non di Massimo Franco ma personale - è che questa Liberazione avvenga in tempi molto rapidi. Prima che sia troppo tardi, per la Chiesa e per il Mondo.

venerdì 9 ottobre 2020

Un Nobel contro la fame

Il premio Nobel per la pace è stato assegnato al World Food Program (WFP), il programma mondiale alimentare dell'ONU. Al di là del soggetto, è importante l'oggetto, ovvero lo scandalo più vergognoso del Pianeta Terra.

Nei primi anni 2000 si parlava molto di obiettivi del millennio e uno di essi era la riduzione della fame nel mondo, con una sensibile diminuzione entro il 2015. La situazione in realtà è molto cambiata da allora, ma decisamente in peggio.

Stando al rapporto 2020 ONU sull'alimentazione, risulta che quasi 690.000.000 (sì, 690 milioni!) di esseri umani soffrono cronicamente la fame, 60 milioni in più rispetto al 2019. Circa 2.000.000.000 (due miliardi) affrontano livelli moderati o gravi di insicurezza alimentare. Lo stesso rapporto stima che a causa dell'epidemia da coronavirus, almeno altre 160.000.000 di persone entreranno a far parte della schiera di coloro che rischiano di morire di fame.

Sono numeri spaventosi che interpellano profondamente la coscienza, anche perché troppo spesso prevale la dimenticanza. La stragrande parte degli interessati abita in Asia e in Africa, in zone non coperte dal tam tam mediatico, incentrato sui Paesi più ricchi. E così, mentre si è giustamente sconvolti dai dati della pandemia dell'anno bisesto, alla data di ieri circa 36.000.000 di colpiti e oltre 1.000.000 di morti, sembra che lo stesso covid-19 porterà quasi a raddoppiare coloro che moriranno di fame, si stima intorno a 270.000.000 nel corso di questo drammatico 2020. 

Si tratta di una strage immane, circa 30.000 persone ogni giorno che subiscono una morte lenta e dolorosa, senza titoli a nove colonne sui giornali e senza troppi patemi per gli abitanti dell'"altra parte" del Pianeta.

Ben venga quindi questo Nobel a richiamare la pandemia della fame, un virus che non richiede vaccini o mascherine protettive. Riceve voce - per una volta e si spera non solo in questo giorno - un'immensa umanità che non ha voce e che reclama una più giusta ed equa redistribuzione delle ricchezze. Mentre un numero infinitesimale di straricchi diventa sempre più ricco, un numero enorme di indigenti diventa sempre più povero. 

Questo è lo scandalo degli scandali, la speranza - assai fragile peraltro - è che la condivisione della debolezza sperimentata a causa dell'avanzata del coronavirus spalanchi gli occhi e il cuore, affinché da subito si generino politiche sociali alternative a quelle postulate dal capitalismo e dal liberismo selvaggio, nel nome non solo della solidarietà fraterna, ma anche dell'autentica giustizia sociale, senza la quale non potrà mai esserci un'autentica pace nel Mondo.

giovedì 8 ottobre 2020

Continua lo stato di emergenza. Pensieri sparsi sul coronavirus...

Per un ignaro cittadino, è difficile capire chi ha ragione e chi ha torto. Si parla naturalmente del coronavirus, che ha monopolizzato l'attenzione planetaria in tutto il corso di questo anno 2020, "bisesto" e assai funesto.

Al di là del politicamente corretto, come al solito si sono creati due schieramenti, in continuità con un bipolarismo che, come cantava Giorgio Gaber, arriva fino "al culatello che è di destra, mentre la mortadella è di sinistra". Il paradosso è che nell'era della comunicazione globale non si è mai stati così smarriti, costretti a formare le proprie opinioni sulla base delle "assolute certezze della scienza" (ossimoro, la scienza moderna si basa proprio sui principi della verificabilità e della falsificazione...!). Tali verità "assolute" sono sciorinate da eserciti di scienziati contrapposti che sui mille media a disposizione dicono tutto e il contrario di tutto. 

Un po' per oggettiva impossibilità di far altro che fidarsi degli uni o degli altri, un po' per convenienza, i governanti traducono le posizioni "scientifiche" in prescrizioni di legge, procedendo, almeno nel caso italiano, su una strada per lo meno pericolosa, a colpi di reiterazione di stati d'emergenza, decreti del presidente del consiglio, decreti legge e così via. Anche i toni dei sostenitori e dei denigratori diventano sempre più polarizzati. Le raccomandazioni dei primi sono passate dall'accento sanitario a quello educativo passando attraverso il richiamo ideologico-quasi religioso. Le contestazioni degli altri si sono trasformate dalle posizioni negazioniste iniziali alle accuse di autoritarismo e addirittura di "dittatura sanitaria".

Interessante è notare che, al di là dei "colori" dei governanti, tendenzialmente nei diversi Paesi del mondo, chi sta al potere tende a usare il covid-19 per rafforzarsi attraverso il controllo sulle proteste degli oppositori di base, accusati di provocare il contagio con le loro manifestazioni di protesta e/o viceversa brandendo un lassismo teso ad attirare le simpatie di quelli che un tempo venivano chiamati i "padroni". Chi invece è all'opposizione reagisce in maniera speculare, rivendicando il diritto allo sciopero contro le presunte o reali minacce alla democrazia nascoste sotto le regole antivirus e/o viceversa contestando l'incoscienza dei governanti che sminuiscono o negano l'impatto della pandemia.

A questo punto, davvero, tutto è relativo e la scelta personale diventa determinante. Socraticamente, si potrebbe anche scegliere di obbedire alle leggi anche se non si è convinti della loro "bontà", dal momento che l'armonia sociale è un valore da perseguire con maggior convinzione rispetto alla posizione individuale. Certo, in tempi di democrazia e di sostanziale buon senso tale posizione è ragionevole, la fiducia nei propri governanti, anche se di estrazione politica diversa dalla propria, dovrebbe essere uno dei fondamenti della civile convivenza. Ma se scalassero le leve del Potere i gruppi neonazisti o neofascisti - magari meglio mascherati di Alba Dorada, finalmente messa fuorilegge in Grecia - si potrebbe invocare con la stessa tranquillità la necessità di "obbedire alle leggi"?

Insomma, come sempre, è un bel guazzabuglio. Personalmente seguirò le indicazioni dei vari dpcm, se non altro riconoscendo nelle loro intenzioni la volontà di essere, come diceva Mattarella, "liberi e seri, perché non è libertà contagiare gli altri". E sosterrò scelte prudenziali, anche per evitare un solo coinvolgimento nella malattia di persone deboli e fragili. E' una scelta che no esclude dei se e dei ma, fondati anche sul parere di validi scienziati che rilevano almeno una certa discordia nella cosiddetta "comunità scientifica" e sono per questo ridicolizzati o tacitati dagli altri. E, credo come tutti, sono molto preoccupato di ciò che potrà accadere nell'autunno appena iniziato,  quando i morsi della crisi lavorativa e finanziaria si faranno sentire ben più forti di quanto avvenuto finora.

martedì 6 ottobre 2020

Hanno cancellato i Decreti Sicurezza? Ni.

Hanno cancellato i Decreti Sicurezza? Ni.

La modifica degli iniqui Decreti cosiddetti Salvini, approvati anche dal Presidente Conte1 e da buona parte della leadership a 5 stelle, era stata promessa come urgenza prioritaria dal nuovo governo Conte2, targato Pd/Leu/5Stelle.

Ci sono voluti tredici mesi, oltre un anno nel quale i famigerati Decreti sono stati applicati, creando sofferenza nei migranti e sconcerto negli osservatori.

Il risultato di questa modifica? Sono fuori luogo sia l'ottuso entusiasmo di chi sostiene che con la "cancellazione" è stata addirittura ripristinata l'umanità in Italia, sia lo scetticismo assoluto di chi sostiene che la "modifica" non abbia cambiato proprio niente.

Non è così.

I primi dimenticano che non sono state tolte le sanzioni a una parte dei soccorritori in mare, che la disciplina dei respingimenti non è stata abolita, che non sono stati soppressi i Centri per il Rimpatrio, che i tempi per l'acquisizione della cittadinanza sono stati ridotti da 4 a 3 e non a 2 anni, come ci si sarebbe attesi. Eccetera eccetera.

I secondi sono incapaci di riconoscere un linguaggio indubbiamente diverso nell'affrontare le questioni, l'importanza del ripristino del sistema SPRAR (con il nuovo nome di SAI, Sistema di Accoglienza e Integrazione), il rifinanziamento di attività d'integrazione importanti come i corsi di italiano o l'assistenza psicologica, la riconferma dell'iscrizione anagrafica nei Comuni dei richiedenti asilo, assurdamente cancellata dai Decreti Salvini. Anche qua ci si può aggiungere un eccetera eccetera.

Onestamente, da un governo come quello attuale, in bilico tra le diverse visioni del potere offerte dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle, non ci si poteva attendere molto di più. Sarebbe indispensabile un salto di qualità che possa portare l'Italia - e in particolare la Sinistra - fuori dall'attuale palude. Occorre presentarsi all'elettorato con la forza delle idee e non con la paura di perdere consensi. Per questo, nella campagna elettorale, presto o tardi che sia, sarebbe bello leggere in un programma di governo parole chiare, a partire dal diritto di tutti alla libera circolazione, in Europa e nel Mondo, dall'abolizione dei campi di concentramento chiamati CPR, dal rifiuto di qualsiasi forma di respingimento (o riammissione, come più dolcemente dice la ministro dell'Interno Lamorgese), da serie politiche internazionali del lavoro, della casa, del ricongiungimento familiare.

Ovviamente, eccetera eccetera anche qua, in attesa che ciò possa prima o poi accadere. Si spera più prima che poi, per evitare a tanti esseri umani una continua e ancora prolungata sofferenza che rivela come il nostro Paese davvero non si possa ancora fregiare del titolo di "difensore dell'umanità".

domenica 4 ottobre 2020

Omnes fratres

E' molto bella l'enciclica di Francesco, sottoscritta ieri ad Assisi. Tra i tanti interessanti e importanti motivi di riflessione, in questo contesto se ne sottolineano tre.

Il primo riguarda ovviamente la sororità e fraternità universali. Facciamo parte di un'unica umana famiglia e siamo interdipendenti, nessuno si può salvare da solo. Il ragionamento di Francesco è quindi semplice e complesso nello stesso istante. Se siamo un'unica famiglia, ogni persona è sorella, fratello, padre o madre di ogni altra. Da questa fondamentale consapevolezza dovrebbero scaturire i comportamenti individuali e le politiche sociali, dentro le difficoltà che ogni relazione comporta e che rende la traduzione del principio etico una difficile ma anche affascinante sfida.

Se è così, ecco la seconda sottolineatura. Nessuno ha la verità in tasca, ma ciascuno si deve confrontare con gli altri, anche a livello di ideologie e di religioni. La strada del dialogo interreligioso interpella tutti i membri delle diverse forme di fede, come pure le donne e gli uomini di buona volontà, che cercano la pace, l'uguaglianza di diritti, la giustizia e l'autentica unione nella diversità. Ognuno porta un proprio contributo e insieme si possono combattere le malattie ambientali, sociali e naturali che minacciano la sopravvivenza del genere umano.

Anzi, ed ecco un terzo punto, che viene trattato in forma non soltanto argomentativa ma anche poetica, sull'impronta dell'indimenticabile Cantico delle Creature di San Francesco. La tensione al sentirsi l'uno parte dell'altro non riguarda soltanto gli umani, ma anche gli animali, i vegetali e perfino i minerali. Si è parte di una totalità cosmica che ci permette di sentirci fratelli e sorelle dell'acqua, del sole, delle bestie selvatiche e domestiche, delle piante da giardino, anche del mistero "della morte corporale". La salvaguardia dell'ambiente vitale, in particolare della madre terra, fonda la propria giustificazione filosofica proprio in questa percezione della simbiosi universale.

Certo, sono spunti affascinanti, da integrare con i vari capitoli di questo corposo e avvincente documento. Rimane ancora una volta l'impressione di una proposta teoricamente straordinaria che se fosse attuata realizzerebbe sulla Terra una specie di agognato paradiso. E se la domanda inevitabile sul "come?" potrebbe essere elusa con la constatazione che un'enciclica è un documento etico e non immediatamente politico, il dubbio successivo riguarderebbe l'autorevolezza di chi offre un simile documento. E' il Capo della Chiesa Cattolica, dotato secondo il dogma del Concilio Vaticano I del "carisma dell'infallibilità" in  materia di fede e di morale? Allora come sostenere la sostanziale identica vocazione di "portatrici della verità" per tutte le altre religioni o forme di pensiero, senza prima modificare il dettato dei dogmi del Vaticano I e delle prospettive pastorali in materia contenute nella Lumen Gentium del Vaticano II? E la sua - chi scrive ritiene del tutto sostenibile e condivisibile _ visione dell'interdipendenza universale, non si presta forse all'accusa di un velato panteismo o cedimento alla visione "circolare" delle filosofie orientali, mai guardate con particolare simpatia dai precedenti Vescovi di Roma? Ancora, è il Capo dello Stato Vaticano, con tutti gli interessi più o meno legittimi che esso porta nel mondo diplomatico, economico e finanziario? Questa sua posizione, non ancora messa seriamente in discussione, non rischia di vanificare il suo appello morale, dal momento che per primo il "suo" stato dovrebbe realizzare quei principi meravigliosi contenuti nel testo da lui ieri sottoscritto?

Quindi, è un gran bene regalare un documento così ricco, bello e profondo. Si auspica che esso acceleri un percorso di radicale trasformazione della Chiesa Cattolica, attraverso la rinuncia a ciò che la rende così enormemente potente in questo mondo e la riacquisizione di un'autorevolezza radicata proprio nella ritrovata originaria debolezza. 

sabato 3 ottobre 2020

In margine al caso Gregoretti: l'urgente necessità di imparare la lingua degli elettori

Come prevedibile, il processo a Salvini è stato rinviato, la procura ha chiesto il "non luogo a procedere" e il giudice per l'udienza preliminare ha chiesto di ascoltare Conte, Di Maio e Toninelli.

Purtroppo il centro sinistra attuale è ridotto a sperare nell'impossibile pur di ribaltare un trend sicuramente molto negativo. In questo caso tuttavia, sperare di mettere in discussione la politica razzista della Lega con un processo del genere è veramente offrire un po' di immeritata pubblicità all'interlocutore. E' evidente a chiunque l'incoerenza del presidente del consiglio e dei ministri a 5 Stelle, il cui chiamarsi fuori dalla vicenda Gregoretti oltre che immorale è anche ridicolo, tenuto presente che finora i Decreti Sicurezza targati Lega/5 Stelle non sono stati ancora né abrogati né modificati. E' quindi ovvio l'imbarazzo del Partito Democratico che pur di non infastidire l'alleato di governo deve scagliarsi contro Salvini e company con ossessiva virulenza, un po' come i personaggi di 1984 di Orwell che dovevano gridare con tutto il fiato possibile contro l'Eurasia e a favore dell'Oceania fino al giorno in cui erano costretti ad entusiasmarsi esattamente per il contrario. E il soggetto di cui si farebbe meglio a non parlare gongola, pagine e pagine di inaspettata pubblicità, grazie allo stracciamento di vesti da parte di chi non è riuscito in un anno e mezzo di governo a produrre una convincente alternativa.

Anche i toni entusiastici con i quali Zingaretti si è attribuito una grande vittoria alle elezioni dimostrano veramente una preoccupante incapacità di conoscere e interpretare il vissuto ordinario della gente, preoccupata per gli sviluppi del coronavirus, colpita da una crisi economica che sta diventando devastante, minacciata nei fondamenti costituzionali della democrazia e della libertà. A parte che un risicato pareggio difficilmente può essere letto come un trionfo, come può la soddisfazione per il tracollo annunciato della Lega non essere associata alla domanda intorno a dove siano finiti quei voti?

Una parte sono passati direttamente a Fratelli d'Italia, la cui referente Giorgia Meloni si sta dimostrando ben più intelligente dell'uomo del Papeete, erodendo pian piano il patrimonio elettorale del tramontante alleato e sostituendosi a lui nel portare avanti le prospettive di un fascio-razzismo in stile moderno e post-moderno. Ma un'altra parte di voti se ne è semplicemente evaporata, in un astensionismo che non promette nulla di buono e i cui segni si scoprono veleggiando tra u meandri dei social.

La gente di destra non ha abbandonato Salvini perché ha cambiato idea, meno che meno perché convinta dalle vaghe politiche del Partito Democratico. Lo ha lasciato - ed è bene rendersene conto - perché le mirabolanti promesse di quello che essi chiamavano "capitano" non si sono realizzate, anzi, sono annegate in ridicoli aperitivi e in imbarazzanti smorfie da bambino preso con la mano nella marmellata. Se non saranno capaci di intercettare la virulenza della delusione di queste persone - tra esse molti poveri, molti di quelli che vengono spesso definiti "ultimi", persino una parte degli immigrati regolari - il centro sinistra e la sinistra saranno destinati a una miserevole fine, nel momento in cui, volente o nolente, si dovrà tornare al voto dopo la scadenza naturale della legislatura. E ogni giorno che passa, la massa degli scontenti va crescendo, nonostante i nobili pareri sciorinati dagli incompresi e spesso incomprensibili intellettuali organici.

Insomma, c'è bisogno di immergersi nella realtà concreta della vita, della sofferenza e della speranza di chi non ha tempo e voglia di leggere nulla, di chi passa il tempo ad attendere la successiva partita di calcio alla radio o alla televisione, di chi si delizia delle trasmissioni reality sulle tv private e nazionali. occorre conoscere questa lingua per poter parlare ed essere compresi. Altrimenti le parole dell'antica visione collettivistica o solidaristica della società saranno senz'altro le più belle, importanti e intelligenti, ma non saranno mai comprese da quel 50%+1 degli elettori che solo rende possibile governare, in modo onesto, irreprensibile e costruttivo.

venerdì 2 ottobre 2020

Dalla parte del proporzionale puro

A cosa serve la soglia di sbarramento del 5% che Zingaretti propone di inserire nella nuova futuribile legge elettorale? A rafforzare il sistema maggioritario, costringendo di fatto i partiti meno numericamente rappresentati o a una pura funzione di testimonianza o a confluire in quelli più grandi.

Questa visione da "tutti insieme appassionatamente" non corrisponde alla tradizione politica dell'Italia Repubblicana, fino agli anni '90 orgogliosa della propria caratteristica proporzionalista che se effettivamente costringeva a fragili trattative, aveva nello stesso tempo il pregio di valorizzare anche la "voce" dei più piccoli.

L'appello all'unità, che tanto sta a cuore a chi crede di essere superiore agli altri e teme un indebolimento dalla "concorrenza", ha un senso nelle forme elettorali maggioritarie a turno unico, come avviene nei Comuni sotto i 15000 abitanti. In questo caso, vincendo chi ha più voti, la divisione non può che essere un vantaggio per i potenziali avversari.

Non è così invece quando ci si trova in un "maggioritario" a doppio turno, dove invece diventa possibile offrire agli elettori il compito di scegliere chi inviare a un eventuale ballottaggio, fatta salva la lealtà nel rispetto di accordi fra diversi, pronti a concorrere ognuno per se stesso al primo giro, ma compatti nel turno di ballottaggio. In questo modo si ha un'ampia possibilità di scelta, consentendo a chi vota di orientarsi verso chi sente più affine e combattendo l'astensionismo di chi non si sentirebbe rappresentato da un candidato scelto a priori. Questa visione renderebbe del tutto inutili, anzi controproducenti, le cosiddette "primarie di coalizione", sostituite da un ben più democratico voto di scelta da parte degli elettori.

A livello nazionale il discorso non cambia molto. Il "maggioritario" costringe a scegliere indipendentemente dalle proprie convinzioni, tanto più con il sistema attuale che - contro ogni logica costituzionale - impedisce perfino la scelta dei singoli candidati. Un "proporzionale" convinto frammenterebbe solo in apparenza il parlamento, perché per la formazione dei governi costringerebbe in ogni caso a cercare degli accordi. Questo sarebbe chiaro fin dal principio, evitando le sorprese innaturali delle ultime legislature, quando i governi nati dopo campagne elettorali incentrate su una figura di premier e sulla presunta certezza di future alleanze, sono stati di fatto espressione della visione opposta a quella indicata dagli elettori.

La proposta da portare avanti è quindi quella di un proporzionale puro, tanto più dopo la (secondo chi scrive) sciagurata riduzione del numero dei parlamentari che, con un sistema a sbarramento, consentirebbe di staccare il biglietto alla Camera e al Senato quasi esclusivamente agli appartenenti ai quadri di pochissimi partiti. Il proporzionale affiderebbe invece solo al giudizio degli elettori la scelta di essere rappresentati in modo significativo, anche da chi appartiene alle formazioni quantitativamente meno forti o a settori della popolazione, culturalmente e linguisticamente connotati ma numericamente minoritari. Ovviamente è urgente eliminare qualsiasi forma di "listino" e ripristinare il voto di preferenza, ponendo uno sbarramento - questo sì - alle spese elettorali ammesse, sia per i partiti che per i singoli candidati, in modo da evitare quello che di fatto è accaduto finora, l'accesso ai luoghi decisionali riservato ai pochissimi che "se lo possono permettere"".