L'accoglienza non è quindi un atto unilaterale, ma è la reciprocità di un dono. Un bambino, quando nasce, non ha solo il diritto di essere accolto, ma anche il dovere di accogliere la realtà nella quale si è inserito. Nella reciproca accettazione, la situazione precedente all'incontro si trasforma radicalmente, l'accolto e l'accogliente si scambiano i ruoli, nella loro reciprocità l'ambiente cambia, costringendo beneficamente ciascuno a ridefinire sé stesso in rapporto agli altri e al mondo intero. Un filosofo del Novecento ha espresso molto bene questo concetto: “nella sua essenziale dimensione, la vita umana coincide con la ricerca e la scoperta dell’altro in sé e di sé nell’altro” (Jan Patocka, Il mondo naturale e la fenomenologia, a cura di A. Pantano, Mimesis, Milano 2003, p. 106).
Ciò vale per ogni persona, gruppo e anche per la vita di un'intera comunità sociale, quale per esempio è senz'altro un Comune come quello di Gorizia, ancora meglio un doppio Comune interagente come è la situazione di Gorizia e Nova Gorica, unite nella loro diversità. Il primo, ineludibile passo verso una città accogliente è sintetizzabile nel detto evangelico "Ama il prossimo tuo come te stesso", là dove il "più vicino", nel caso specifico è anche il duplice centro urbano, la vecchia e la nuova Gorizia in simbiotica relazione.
Una politica dell'accoglienza è alla base dell'urbanistica, della viabilità, dell'imprenditoria, delle attività ricettive e commerciali, delle dinamiche giovanili, dell'attenzione nei confronti degli anziani o dei soggetti più fragili e deboli. Franco Basaglia può essere considerato il "padre" di questa concezione, il welfare di comunità presuppone che ogni cittadino sia protagonista e corresponsabile dell'esistenza dell'intera comunità, oggetto e soggetto di quella "cura" che dovrebbe essere alla base di ogni rapporto tra le varie componenti di un tessuto civile. Come agire perché l'intuizione di Basaglia si trasformi in preciso progetto e programma politico per la crescita complessiva della/delle città?
Certo, molte persone raggiungono Gorizia per lavoro e molte anche - si spera sempre più - per turismo. Si potrebbe immaginare come far sì che ciascuno si senta proprio "a casa sua"? C'è bisogno di una rinnovata - o meglio, purtroppo "del tutto nuova" - attenzione al sempre più importante turismo lento, con la realizzazione di percorsi ciclabili già progettati ma mai attuati nel cuore del tessuto urbano e con l'immaginazione di importanti "cammini" a piedi, alla scoperta dell'eccezionale patrimonio storico e della meravigliosa prerogativa paesaggistica del territorio, da una parte e dall'altra del vecchio confine. Nello stesso tempo, occorre pensare a una città davvero, e non solo a parole, "a misura di bambino", in grado di consentire ai più piccoli di essere liberi nell'occupare piazze e strade secondarie, dove incontrarsi, giocare insieme, passeggiare o correre in bicicletta. E' necessario moltiplicare luoghi dove ri-conoscersi, creare spazi di attività e di introduzione al lavoro, soprattutto per i giovani, i grandi dimenticati dalla politica e dalla cultura dominanti.
Infine, ma è solo la necessaria chiusura di un capitoletto che potrebbe esser enorme, accoglienza significa anche incontro con le mille potenzialità offerte dai nuovi arrivati, da chi è in città per lavoro o per studio (cosa fare per "accogliere reciprocamente" lo straordinario dono che è la presenza degli studenti e dei docenti delle università, in Italia e in Slovenia?), a chi è giunto fuggendo dalle troppe guerre e dalle persecuzioni ideologiche e religiose che avvelenano ancora il nostro povero Pianeta. Come fare perché chi arriva si senta a pieno titolo "Goriziano", offrendo agli autoctoni la bellezza della sua lingua, cultura e visione del mondo? Un segnale importante sarebbe definito dalla convinta scelta di aprire un Servizio di Accoglienza e Integrazione (SAI, ex SPRAR per intendersi), con il Comune come ente titolare e la gestione affidata a enti convenzionati, su bando finanziato dal Ministero. Se lo si fosse fatto prima, oggi sarebbe immediata la possibilità di dare rifugio anche a persone coinvolte in situazioni di emergenza come quella nella quale in questo momento ci si trova. Potrebbe essere una bella idea, quella di proporre un Centro del genere, magari collocato presso l'ex confine, realizzato insieme da Gorizia e Nova Gorica. In vista del 2025, le due città si preparano a essere capitale culturale dell'Europa proponendo luoghi e percorsi di autentica "ac-coglienza" a chi porta il vento benefico di tutte le culture che esistono nel mondo. Sogno? No, come avrebbe detto Basaglia, "utopia della realtà".
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