martedì 31 marzo 2020

Rimuovere le barriere confinarie. Subito!

Foto Nevio Costanzo
Un primo segnale di speranza potrebbe essere quello di smantellare i da poco ripristinati confini nazionali. Nel momento in cui ogni Stato ha già emesso leggi e ordinanze anche molto restrittive per contenere il contagio del coronavirus, perché sbarrare le frontiere? Le stanghe, gli ostacoli di plastica e cemento, i massi sulle strade ricordano tempi che si pensavano definitivamente trascorsi e non hanno alcun senso, meno che meno in città transnazionali, come Gorizia e Nova Gorica. I cittadini non sono incoscienti, sono consapevoli dei pericoli del momento. Perché penalizzarli con questo gesto di separazione? Perché rendere così salde delle barriere che - si sa - è facile costruire, ma non sarà così semplice rimuovere?
De resto anche i pieni poteri affidati a Orban suscitano molta preoccupazione. Ma non sono una novità, l'Unione Europea avrebbe dovuto certo intervenire prima per bloccare la deriva dittatoriale che si sta verificando in Ungheria e per stigmatizzare gli irresponsabili atteggiamenti del suo maggior emulo nostrano. Ma avrebbe dovuto anche prendere coscienza dell'importanza del momento per manifestare la solidarietà tra gli Stati, prendersi cura della situazione delle isole greche affollate di campi di concentramento abitati da migliaia di profughi, accogliere e non respingere con violenza sui confini greco e croato le persone in fuga dalla guerra, dalla fame, dalla Turchia di Erdogan e dalla Libia.
Insomma, ci sono tanti motivi per ritenere che il Vecchio Continente non stia raccogliendo la sfida, con il rischio che tante sofferenze e lutti non orientino a un futuro migliore. Ma c'è anche la speranza di un inversione di rotta, invocata da tanti, anche molto autorevoli esponenti del mondo filosofico, spirituale e culturale. E la rimozione delle rudimentali frontiere - cominciando dalla Slovenija e dall'Italia - potrebbe essere un primo, simbolico ma significativo passo.

Mezzogiorno in memoria

Oggi, alle ore 12, tutti i Sindaci d'Italia hanno dedicato un minuto di silenzio alle persone che sono morte in questo periodo di epidemia del coronavirus. Nel filmato l'esperienza del sottoscritto, Sindaco di Aiello del Friuli. Forse anche per la solitudine e per la totale assenza di suoni o parole, è stato un momento molto coinvolgente ed emozionante, con il pensiero rivolto alle decine di migliaia di famiglie così duramente provate dalla sofferenza, in tutto il mondo. Cittadine e cittadini si sono uniti al momento di riflessione, fermandosi per un minuto nelle proprie case o nei luoghi di lavoro. Molto significativa in questo senso è stata la testimonianza di cinque sindaci della Slovenia, che hanno voluto condividere con i colleghi italiani il "minuto di silenzio". Questa fraternità nel dolore contribuisce ad alimentare la speranza che ben presto essa si dimostri anche nelle relazioni tra gli esseri umani e tra le nazioni di appartenenza. Il futuro dovrà necessariamente parlare in diverse lingue, ma avere un unico comune linguaggio, quello della pace, della giustizia sociale e della libertà.

domenica 29 marzo 2020

Alc' al è alc', nuja al è nuja

I Comuni sono i destinatari dei 4,3 miliardi di euro (anticipati) dal Fondo di solidarietà e di 400 milioni finalizzati a buoni spesa. Così ha detto ieri sera il Presidente del Consiglio nella sua ennesima conferenza stampa. Da domani, se non da oggi stesso, cominceranno le telefonate di chi legittimamente chiederà di accedere al finanziamento, tanto più in una situazione di dilagante povertà come quella indotta dalla sostanziale reclusione di milioni di persone in Italia. Si tratta in sostanza di un contributo una tantum, al massimo di 300 euro, da distribuire a famiglie in difficoltà, secondo un criterio di totale discrezionalità, dal momento che esplicitamente vengono escluse - o almeno posposte - le situazioni già in carico dei servizi di assistenza sociale. Si spera che i necessari percorsi burocratici possano essere espletati nel più breve tempo possibile, tenendo presente che i numeri di chi ne potrà beneficiare saranno piuttosto esigui, in un paese sotto i 5000 abitanti si tratta di 16 buoni, in una città tra i 30 e i 70.000 abitanti (Gorizia) di circa 266. In ogni caso, alc' al è alc', nuja al è nuja (furlan di Daél). ma come si farà a stabilire le precedenze in assenza di criteri oggettivi?
La Regione invece promette con roboanti proclami piovuti sui quotidiani, "mascherine per tutti dalla prossima settimana". Anche qua, ovviamente, piovono le chiamate per sapere in quale giorno verranno distribuite "porta a porta", come appunto specificato. Passa qualche giorno e l'arrivo delle mascherine viene posticipato di una settimana, ma due per ogni nucleo familiare, non per ogni persona. Poi viene comunicato che arriveranno a tranche, nel giro di alcune settimane e che i Comuni dovranno stabilire a chi i volontari dell Protezione Civile dovranno consegnarle prima e dopo, magari cominciando dagli ultrasettantacinquenni. Anche in questo caso, alc' al è alc', nuja al è nuja,
Insomma, tutti questi comunicati offrono indubbiamente visibilità a chi li emette, ma creano non pochi problemi, innestando nella gente molto preoccupata forti aspettative e illusioni, spesso spente dalla concretezza dei tempi burocratici e dall'esiguità degli interventi.

sabato 28 marzo 2020

Nella solitudine di Francesco, un nuovo inizio...

E' stato molto impressionante il gesto di preghiera promosso e attuato ieri dal Vescovo di Roma Francesco. Sarà difficile dimenticare le immagini del suo incedere, sofferente e zoppicante, solo, sotto la pioggia, in una piazza San Pietro vuota come nessuno l'ha mai vista. Il crocifisso bagnato dall'acqua che si mescolava alle tracce di colore e il silenzio assoluto della preghiera universale hanno trasmesso un messaggio potente, recepito da credenti e non credenti, uniti nel momento del timore, dell'eroismo e del dolore.
Dentro le emozioni, sembra emergere anche un altro aspetto, un segno di trasformazione radicale. Francesco ha accennato, nel suo discorso, alla "nostra" incapacità di comprendere i segnali di un mondo malato, richiamando la speranza che da questa prova l'umanità ne esca rafforzata, nella certezza che "non ci si può salvare da soli" e in una nuova stagione di giustizia e amore planetari. In questo senso la sua fragilità, il peso degli anni e il dolore all'anca, la fatica nel tenere in braccio il pesante ostensorio dorato, stridevano misteriosamente con la magnificenza dell'atrio della Basilica di San Pietro. Il colonnato del Bernini, costruito più che per abbracciare, come ha detto il papa, per accalappiare e riportare nella casa cattolica i fedeli riluttanti, questa volta stringeva soltanto il vento, come se l'umanità fosse riuscita a sfuggire dalla sue sgrinfie.
Forse questo grande gesto assumerà un valore davvero storico, almeno per due grandi motivazioni socio-religiose.
La prima è la fine del cattolicismo, inteso come sistema di potere che per 1700 anni, da Costantino e Teodosio in poi, si è intrecciato e per lungo tempo ha dominato le sorti di una parte del mondo. Al di là delle intenzioni dello stesso protagonista, sta nascendo un nuovo cristianesimo, non più confinato negli spazi delle singole confessioni, fuori dalle alte e ormai inutili mura vaticane, libero dai legami di potere politico ed economico, una visione spirituale ecumenica, spalancata al dialogo costruttivo, paritario e simpatetico con le religioni e le filosofie, per il bene del Pianeta intero.
La seconda, non meno importante, è la fine della centralità culturale e spirituale dell'Occidente. Francesco è l'ultimo "pontefice" della cattolicità greco-latina e con la sua solitudine nell'immensa e vuota agorà, chiude il tempo della Chiesa trionfante, "anima" o "ospedale da campo" di un Capitalismo al tramonto. Il così solenne rito di invocazione di aiuto colpisce enormemente e si ripercuote sull'enorme potenza mediatica della terra dell'opulenza: il coronavirus osa penetrare nel cuore dei Paesi straricchi e non fa come le quasi sconosciute malattie dei più poveri, come la malaria, l'ebola o il colera, prudentemente confinati e dimenticati nei luoghi in cui si muore quotidianamente da sempre, con gli stessi e ancor più intensi tragici ritmi di questa primavera europea.
Francesco, parlando con il Dio di Gesù Cristo, sposta l'attenzione e presenta a lui tutte le geografie della sofferenza. Raccomanda inoltre la condivisione e la solidarietà fraterna come il fondamento etico di una religione che non nega il diritto di dare al divino o all'umano il nome che ciascuno ritiene più consono alla propria concezione della Vita.
Non c'è più bisogno di stati, banche o mezzi di comunicazione sociale "targati" Vaticano. Può nascere da qua un nuovo mondo, nel quale papa, mufthi, dalai lama o filosofo, insieme a ogni essere umano, saranno forse insieme costruttori di un'altra Realtà, alternativa al Regno iniquo del Capitale.   

venerdì 27 marzo 2020

rete DASI su CPR di Gradisca...

Si è creata una gravissima situazione nel CPR di Gradisca d'Isonzo.

E' stata riconosciuta  positiva al COVID-19 una persona appena arrivata, e le altre numerose recluse non hanno la possibilità di essere poste in isolamento. A quando la prossima?

In ogni caso si deve considerare il rischio enorme per tutti loro, ma anche per il personale che vi opera o che deve garantire la sicurezza e tenere anche presente il fatto che gli operatori entrano ed escono quotidianamente dalla struttura aumentando le possibilità di contagio all'esterno, a Gradisca e in tutto il territorio limitrofo. 

E' così da prendere in seria considerazione quanto già richiesto a livello nazionale dal dottor Palma al Ministro competente per tutti i CPR ("rimpatrio di persone che al momento non possono essere rimpatriate data la chiusura dei confini": vedi http://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/it/dettaglio_contenuto.page?contentId=CNG7852&modelId=10021 ) e quanto proprio ieri consigliato anche dal Commissario europeo per i diritti dei detenuti ("invito agli Stati Europei a riesaminare la situazione degli immigrati trattenuti e a rilasciarli nella massima misura possibile": vedi https://www.coe.int/en/web/portal/full-news/-/asset_publisher/5X8kX9ePN6CH/content/commissioner-calls-for-release-of-immigration-detainees-during-covid-19-crisis?_101_INSTANCE_5X8kX9ePN6CH_languageId=it_IT ).

Tenuto presente tutto questo, la Rete DASI FVG (coordinamento tra associazioni e persone che da anni segue il tema Diritti, Accoglienza e Solidaretà Internazionale) chiede il rilascio di tutte le persone trattenute oggi a Gradisca, almeno sospendendo l'operatività di tale luogo carcerario che non ha possibilità di isolamento nè strutture sanitarie adeguate, oltre a trovarsi in situazione già critica e di sovraffollamento.

Lo chiediamo attraverso una breve video intervista a uno dei suoi esponenti, Gianfranco Schiavone (anche vicepresidente nazionale di ASGI) che si può ascoltare su You Tube al link https:\\www.youtube.com/watch?v=obEaTax9NNA.

Vi chiediamo cortesemente di pubblicare tale intervista (2 minuti).

Rete DASI FVG 

c/o Centro Balducci-Zugliano

per info retedirittifvg@gmail.com; cell. 3384475550 (Michele Negro)

giovedì 26 marzo 2020

CPR nel dramma...

Il primo caso di riconosciuta positività nel CPR di Gradisca è purtroppo solo la punta di un iceberg. I centri per la reclusione di persone che non hanno commesso alcun reato sono pieni di persone che vivono a strettissimo contatto. Da fonti ben informate si sa che sono mancati fino a ora i presidi sanitari per gli operatori e per gli "ospiti" (ma sarebbe meglio scrivere "i detenuti"), da giorni è in atto uno sciopero della fame da parte dei reclusi che provano una crescente paura, tanto più dopo i trasferimenti e i nuovi ingressi, con insufficienti controlli sanitari, di immigrati provenienti dai centri della Lombardia. E' evidente che simili istituzioni già di per sé non dovrebbero esistere, neppure essere pensate. Ma in una situazione come l'attuale si manifestano per ciò che sono, non soltanto violazioni dei diritti e della dignità delle persone recluse, ma anche oggettivo pericolo e minaccia alla sicurezza di tutti. Se i cpr non vengono immediatamente aperti o almeno resi vivibili, come si potrà contenere la rabbia e la paura di chi ci vive dentro?  E se si decide la loro immediata e definitiva chiusura, quali strutture potranno consentire di "rimanere a casa" a centinaia di esseri umani che verranno buttati fuori e non troveranno all'esterno nessuna casa a riceverli? Dove andranno, se non nelle precarie strutture di chi volontariamente si prende cura di loro, tra l'altro sotto gli insulti dei fascisti dei nostri giorni che non si accorgono di quanto tale servizio eviti alle istituzioni la catastrofe alla quale condurrebbe l'osservanza pedissequa dei Decreti Salvini, dalla destra voluti e dal centro sinistra non ancora cancellati? Si dia voce al grido che proviene dai cpr, per garantire il rispetto dei diritti costituzionali e per evitare che diventino incontrollabili centri di irradiazione di ingiustizia e di malattia. Sempre che si sia ancora in tempo!

mercoledì 25 marzo 2020

Un profondo cambiamento...

E' inutile far finta di niente. Quasi tutti all'inizio l'abbiamo presa sul ridere, poi per esorcizzarla l'abbiamo minimizzata, abbiamo cantato dai balconi e postato filmatini pseudoumoristici, infine abbiamo visto le colonne di camion militari e cominciato a contare, fino a 100, fino a 1000, fino a 10000 e così via. Ed è sceso ovunque il grande silenzio. Quasi tutti abbiamo sbagliato le previsioni, a destra e a sinistra, scienziati e incompetenti, politici ed economisti.
E ora? E ora diventa di giorno in giorno più evidente che tutto ciò che sta accadendo ci sta profondamente cambiando, anche se non è comodo riconoscerlo. Questi mesi entreranno nella Storia, chi verrà dopo li ricorderà come i nostri genitori, nonni e bisnonni ricordavano le guerre mondiali, la febbre "spagnola", la crisi del '29, la Shoah, momenti di svolta che hanno portato conseguenze immani, facendo sì che il mondo "dopo" risultasse irriconoscibile rispetto a quello "prima".
I numeri sono impressionanti ma ormai appunto tendono ad essere solo numeri almeno fino a quando non ne siamo direttamente toccati, centinaia di migliaia di malati nel mondo, decine di migliaia di morti per o con il coronavirus, ospedali al collasso e case di riposo trasformate in fosse comuni, ormai quasi un mese di reclusione pressoché totale nelle case, con esclusione dei lavoratori di tanti settori esposti costantemente al rischio, miriadi di persone trascinate nel lastrico dalla cancellazione delle loro piccole o medie attività, decine di morti nelle carceri, i primi casi di positività nei cpr, luoghi di detenzione a rischio di autentiche stragi o depositi di virus a orologeria, il risorgere di nazionalismi anacronistici e aneliti golpisti... E siamo solo agli inizi!
Sta cambiando inoltre dentro di noi la percezione della realtà che ci circonda, il mistero dell'altro che mi sta accanto, in un processo quasi eroico di avvicinamento da parte di operatori sanitari che rischiano la vita per affermare la bellezza della prossimità e in un contemporaneo movimento di allontanamento e diffidenza da parte di tutti gli altri, che va ben oltre il "metro" imposto dalle rigide ma non sempre comprensibili norme governative.
Se ne uscirà, chi ne uscirà, imparando dai primi a percepire la Vita essenzialmente come un "dono" da condividere oppure accettando dai secondi l'idea che solo "chi fa da sé fa per tre" e che quindi "si salvi chi può"? The day after come sarà? E' tempo di pensarci, almeno chi se lo può permettere, iniziando dalle fondamenta scosse della civitas del Capitalismo.

Richiesta di aiuto, dal CPR di Gradisca

LO SCIOPERO DELLA FAME CONTINUA E SI ESTENDE NEL CPR DI GRADISCA.
Arriva la RICHIESTA DI AIUTO dal CPR di Gradisca di diffondere il più possibile le volontà dei reclusi in sciopero.
Chiediamo quindi aiuto a tutt* per una massima diffusione.
Oggi, 25 marzo, continua lo sciopero della fame nel CPR di Gradisca, alcuni detenuti sono al terzo giorno senza mangiare. Ieri sono stati raccolti i nominativi di alcuni di loro, ma per ora non hanno ricevuto alcuna visita medica.
Lo sciopero si è ora esteso, le stime attuali sono di circa 50 detenuti in sciopero. Rispetto ai motivi della protesta comunicati ieri (cibo avariato che crea problemi intestinali e assenza di saponi e ricambi di vestiti), oggi si fa più forte la richiesta di essere liberati.
I reclusi ribadiscono di non essere né animali né criminali, di essere stati messi nel CPR a causa di problemi con i documenti che non possono risolvere stando chiusi nel CPR. Dichiarano che il CPR è ancor peggio di una prigione e che, se il virus entra, si ammalano tutti. Hanno paura, nel caso si ammalassero, che nessuno li aiuterebbe e li lascerebbero morire lì. I reclusi inoltre hanno smesso di mangiare anche per la paura che il cibo sia infetto poiché sia le guardie della struttura sia i lavoratori, che consegnano il cibo sotto le sbarre delle gabbie, escono ed entrano dal centro e potrebbero essere portatori del virus.
I reclusi sanno che altrove ci sono CPR che hanno chiuso e chiedono di essere rilasciati anche loro per poter tornare nelle loro case.
La richiesta a chi è fuori è di aiutare a che le volontà della loro protesta siano ascoltate.
Come assemblea no cpr, chiediamo che tutt* facciano qualcosa

25 marzo 2020, il primo Dantedì

Si vive nello spazio e nel tempo, per questo c'è bisogno di stabilire delle coordinate a tutto ciò che si sperimenta. Così in questo giorno si ricorda l'inizio di un viaggio straordinario, per la verità non l'unico nella storia della letteratura mondiale, senz'altro uno dei più conosciuti, studiati e apprezzati.
Dante Alighieri, con la potenza della sua intelligenza spirituale, politica e artistica, si mette in cammino e si avvia a scandagliare i più remoti recessi del Mistero,  "l'Amor che move il cielo e l'altre stelle" fonte fondamento di tutto ciò che esiste e "la nostra effige" di creature "pinte" nel cerchio stesso della suprema Luce. Con il sommo poeta si scende nei recessi del male, attraversando le cerchie infernali che rispecchiano l'umana debolezza, senza impedirci di provare una disperata compassione. Con lui ci si rivolge verso l'alto, incontrando chi risale faticosamente ma pieno di speranza la montagna delle sette balze. E sulle ali della divina onnipotenza si è proiettati verso l'infinito, quasi accecati dallo splendore della santità in un "mondo altro" dove la naturale fragilità viene trasformata in un eterno movimento di pace infinita. La ragione impersonata da Virgilio accompagna prudentemente il percorso fino al confine con il non-conoscibile, dove solo Beatrice può proseguire, ovvero l'appassionante riflesso femminile dell'Amore, pieno di Bellezza Bontà e Verità riconoscibili solo nell'orizzonte della fede trascendente. La novità dell'itinerario dantesco non sta tanto nell'attraversamento del regno dei morti, processo letterario già esperito da tanti prima e dopo di lui, quanto nella speculazione storico-filosofica a esso connessa. Il passato, il presente e il futuro si intrecciano in una danza etica e politica che dagli abissi della desolazione conduce, con un ritmo dolce e incalzante, allo sguardo estasiato verso le vette universali della Speranza, "termine fisso d'etterno consiglio".   

martedì 24 marzo 2020

Fosse Ardeatine, 76 anni dopo...

Risultato immagini per fosse ardeatine


Il 24 marzo 1944, 335 persone sono state spietatamente uccise alle Fosse Ardeatine, le cave nella periferia di Roma a un centinaio di metri dalle catacombe di San Callisto. Dopo l'attentato di via Rasella, prigionieri politici, persone della comunità ebraica e tanti innocenti rastrellati nei quartieri romani, sono stati trascinati in questo luogo appartato e trucidati. Le esplosioni hanno fatto saltare in aria le caverne, seppellendo le vittime. E' stata una decisione, quest'ultima, del generale Kappler, che verrà condannato all'ergastolo solo per i 5 morti in più rispetto a quelli che il suo codice di guerra imponeva: 10 morti italiani per ogni soldato tedesco, è la logica assurda e spietata della guerra. E' una delle grandi tragedie italiane, non certamente l'unica, ma sicuramente pregna di intenso significato simbolico: le Fosse Ardeatine sono un altro dei frutti del fascismo e del nazismo, nella spettrale Roma abbandonata dal re l'8 settembre 1943 e in attesa della liberazione avvenuta il 4 giugno 1944. Furono nove mesi difficilissimi, nel corso dei quali i movimenti antifascisti operarono nel silenzio, preparando l'arrivo delle forze alleate e pagando la loro lotta con un alto prezzo di sangue. E' giusto ricordare oggi, 76 anni dopo, i martiri delle Fosse Ardeatine e raccogliere il loro anelito a una pace autentica, fondata sulla libertà e sulla giustizia.

lunedì 23 marzo 2020

Bombardieri o mascherine?

Il discorso può sembrare di sicuro molto banale e non è certo questo il primo spazio in cui se ne parla. E' possibile che ci voglia più di un mese, in situazione di emergenza, per procurare e distribuire un numero sufficiente di mascherine professionali per tutelare medici infermieri e oss impegnati sul fronte della lotta contro il coronavirus? Mentre l'industria delle armi continua a produrre i propri costosi strumenti di morte, non esiste in Italia un'industria della pace in grado di produrre presidi sanitari per tutti? Ecco un ragionamento terra terra, riguardante solo un elemento infinitesimale della catena di produzioni di guerra (consentite dall'ultimo dpdc di Conte) e un prodotto molto importante per la prevenzione dei contagi, come la mascherina.
Ora, uno solo dei 90 aerei militari F35 che l'Italia dovrebbe acquistare costa circa 100 milioni di dollari. Una mascherina monouso all'ingrosso costava fino a pochissimo tempo fa circa 10 centesimi, un respiratore con filtraggio si aggira sui 10 euro (fonte G. Sano, giornalista del "Termometro politico").Con qualche semplicissimo calcolo, la rinuncia momentanea "per motivi di tutela della salute pubblica" (nel nome della quale vengono oggi, e giustamente!, richiesti sacrifici incredibili) all'acquisto di un solo F35, potrebbe consentire l'acquisto di 1.000.000.000 (sì, proprio 1 miliardo!!!) di mascherine monouso, ovvero 10.000.000 di mascherine super professionali... Se invece non si acquistassero tutti i 90 F35, ogni abitante del Pianeta potrebbe ricevere circa 15 mascherine monouso e il personale sanitario ne avrebbe a disposizione 900 milioni, utili non solo per sconfiggere il coronavirus, ma anche le altre malattie infettive che ogni anno seminano strage nel Sud del mondo. 
Mentre i cittadini - molti dei quali stanno rischiando di perdere tutto ciò che hanno costruito in una vita di lavoro a causa delle restrizioni imposte per bloccare il coronavirus - si autotassano per sostenere la sanità pubblica, i costi della guerra contro gli esseri umani non vengono stornati alla lotta contro un virus.
E' un pensiero troppo semplice e ingenuo, vero? 

domenica 22 marzo 2020

Non ci si può salvare da soli...

In questo periodo è inflazionata l'analogia bellica, la grande guerra contro il coronavirus. Sembra quasi che il nemico sia un essere senziente, da combattere cercando di capire le sue armi e la sua strategia. In un certo senso è proprio così, ma non nel senso che ci sia una coscienza da comprendere o un'intelligenza da spiare. Il virus è un essere microscopico che non ha intelligenza o volontà, ma che funziona secondo specifici meccanismi che devono essere individuati, studiati e resi inoffensivi. Per questo, se davvero la questione è incentrata sulla difesa della dignità della persona, è indispensabile la totale collaborazione da parte di tutti, mettendo da parte interessi economici e presunzioni autarchiche anacronistiche. Per ciò che concerne l'impegno che coinvolge ogni essere umano, l'obbedienza a norme in grado di fermare il contagio, è necessario uno sguardo d'insieme e che perfino nelle misure restrittive ogni Stato non vada per conto proprio. Anzi, non ogni Stato, ogni Regione e a volte ogni Comune... Mentre mai come ora è chiaro che non ci si può salvare da soli!
Conforta il numero di coraggiosi volontari - medici, infermieri, oss - che provengono da ogni regione d'Italia e i gruppi di operatori sanitari che provengono da diverse Nazioni per sostenere il personale allo stremo nelle zone più colpite. Certamente sono molto più numerosi coloro che vorrebbero ma non possono aiutare, per mancanza di competenze o perché impegnati nei "servizi essenziali". Tutti comunque hanno un loro ruolo, anche chi vive le privazioni di questi giorni senza lamentarsi ma con il desiderio di partecipare con il proprio isolamento al generale desiderio di uscire da questo incubo. Solo collaborando senza rivendicare appartenenze o privilegi si possono ottenere dei risultati.
Al di là delle questioni riguardanti la vita quotidiana delle persone, ciò vale anche per la ricerca e la scienza medica e biologica: Ilaria Capua rassicura sul fatto che ci sono numerose équipe di ricercatori che stanno cercando il bandolo della matassa e che esistono luoghi in cui i più importanti scienziati del mondo si stanno ritrovando per studiare insieme il coronavirus, per conoscerne la natura, per condividere le esperienze, per individuare protocolli terapeutici e possibili vaccini. E' l'unica strada possibile per venirne fuori. Nel momento in cui i fisici hanno una relazione ininterrotta fra loro e riescono a fotografare il primo milionesimo di secondo della storia universale e gli informatici consentono a miliardi di persone di incontrarsi e parlarsi nel villaggio globale, gli studiosi biologi e infettivologi del Pianeta devono essere in costante contatto e confrontarsi con fiducia reciproca.
Non sia mai che il veleno sovranista porti a dimenticare la cooperazione internazionale e a rinchiudere ciascuno nel suo studiolo o laboratorio privato, rigorosamente nazionale, nella vana speranza di trovare da solo la soluzione e poi "spararla", accompagnato dalla bandierina del proprio Paese, a nove colonne sui giornali planetari...

sabato 21 marzo 2020

Nell'Europa unita contro il virus, che senso hanno i confini?

Va bene, ma una volta che tutti gli Stati confinanti adottano le medesime misure - e chissà perché ciò non è accaduto, un'altra sconfitta dell'Europa! - perché si devono innalzare e poi mantenere le barriere confinarie? Il divieto di uscire di casa vale per tutti, quindi non è possibile "approfittare" dei privilegi dell'altro perché i bar sono chiusi, bisogna comunque andare nel negozio più vicino a casa per fare la spesa, non c'è la possibilità di andare al cinema o al teatro. Si faciliterebbero invece gli scambi online tra amministratori confinanti per condividere proposte e idee per il presente e per il futuro. Non si penalizzerebbero in modo molto grave i trasporti, più che mai necessari in questo periodo per poter garantire la sopravvivenza a tutti e non si creerebbero problemi ai numerosi lavoratori transfrontalieri, che così potrebbero evitare lunghi percorsi per svolgere il loro quotidiano e improrogabile dovere. E i controlli? I controlli si effettuerebbero sui territori, ciascuno per la propria parte, senza dover creare enormi disagi nei pochissimi posti in cui ancora è possibile attraversare le frontiere. E se Gorizia e Nova Gorica cominciassero, chiedendo ai rispettivi governi nazionali la possibilità di realizzare un esperimento di questo genere, una volta uniformate le normative europee? Potrebbero cominciare da subito a combattere insieme la diffusione del virus e a pensare al prossimo futuro, quando la rinascita e la ricostruzione della zona richiederanno sicuramente un comune impegno e una condivisa visione. Questo sì che garantirebbe la scelta della "Capitale europea della Cultura"! Perché no, zakaj ne?

giovedì 19 marzo 2020

Nazioni unite contro il virus globale?

Trump accusa i cinesi, Salvini e la Meloni l'Europa, la Lagarde ce l'ha con l'Italia, mentre Johnson ritiene di seguire una propria strada, l'Austria e la Slovenia si barricano dentro i propri confini... In tutto questo c'è un grave, molto grave errore, la non identificazione del nemico, fatto questo che porta a un assai pericoloso "tutti contro tutti".
Forse la strada da percorrere è esattamente l'opposta. Il nemico è il coronavirus e chi lo deve combattere è l'Umanità, unita contro la minaccia. Ciò significa che ogni Stato deve fidarsi dell'altro, ogni cultura nazionale deve offrire la propria potenzialità alle altre, ogni lingua deve dire le stesse parole contro il male e per il bene di tutti. Invece di costruire rudimentali ma tristissimi ostacoli alle frontiere occorre liberare i con-fini, consentendo agli scienziati di arricchirsi gli uni delle scoperte degli altri, ai politici di cercare strategie comuni per il presente e per il futuro, agli operatori sanitari di accorrere dove il morbo maggiormente infuria per condividere le competenze, ai filosofi di individuare i ponti spirituali sui quali incontrarsi per cercare sintesi in grado di far camminare avanti tutto il mondo, agli economisti di scoprire come trasformare il trionfo su una tremenda sciagura in opportunità di ricostruzione del tessuto imano e sociale devastato.
Certo, nel breve periodo l'imposizione dell'isolamento deve essere accettata per quella che è, una cura che dovrebbe impedire il propagarsi del contagio. Ma non si può certo pensare che essa diventi una regola e che l'Europa e il Mondo debbano cercare la sicurezza rinchiudendo le persone dentro quegli steccati che si pensava di aver definitivamente eliminato. Solo la cooperazione e la collaborazione fra gli umani e non certo la segregazione nelle proprie gabbie, può consentire straordinarie vittorie, come già accaduto in passato, come è stato dimostrato perfino dalla stessa evoluzione dell'homo sapiens.
La lotta tra glocalisti e sovranisti è in fondo quella tra l'homo planetarius e l'homo caverniculus. La posta in gioco non è soltanto la tanto desiderata estirpazione del coronavirus, ma anche la possibilità di un futuro caratterizzato dalla giustizia sociale, dall'autentica libertà, dalla salvaguardia dell'ambiente vitale e dalla fraternità.
E' scoccata l'ora delle Nazioni Unite e della Comunità Europea, saranno in grado di risvegliarsi e di rispondere all'appello?

Nel dolore germoglia il seme di una nuova fraternità

Le immagini che scorrono ininterrottamente sugli schermi televisivi e riempiono le pagine dei giornali sono sconvolgenti. Si è incollati ai numeri per trovare conforto nel calo dei contagiati rispetto al giorno prima, si è pieni di ammirazione per gli operatori sanitari allo stremo delle forze, si è ammutoliti - non più inno nazionale o allegre canzoni dai balconi - davanti ai camion militari che trasportano i caduti verso i crematori del Nord Italia. Non c'è il tempo per un ultimo saluto alle persone care, l'ultimo viaggio è un percorso collettivo accompagnato da una compassione profonda, espressa nel silenzio delle case isolate e delle strade vuote.
Andrà tutto bene? Proprio no, se questa espressione vuole essere una specie di ottimistico sedativo che consenta di non guardare in faccia la realtà. L'uomo di speranza invece non ha tempo di cullarsi nelle illusioni, né di lasciarsi schiacciare dalle avversità. Si impegna piuttosto a sistemare le vele, a portare la barca lontano dalla tempesta e a preparare la più tranquilla navigazione successiva.
Certo, non si è abituati a certe immagini e a certi ritmi che sconvolgono prassi di vita ordinarie e riti esistenziali consolidati. Questa volta è la "nostra" sofferenza, forse si deve avere il coraggio di accoglierla e osservarla con attenzione, perché non sia inutile e se ne possano trarre degli insegnamenti, quelli che purtroppo ordinariamente vengono soffocati dalle luci e dai suoni della quotidianità. E' un po' come quando si partecipa a un lutto da lontano, con una tiepida partecipazione che non nasconde una sostanziale indifferenza, rispetto a quando invece siamo direttamente coinvolti e l'esperienza della perdita e della mancanza realizza in noi una ferita che non si può rimarginare.
Uno di questi insegnamenti è senz'altro la consapevolezza di partecipare al mistero ineffabile della Vita. E' lo stupore per il fatto che esista l'essere piuttosto che il nulla, il sentirsi parte di un immenso organismo pulsante, nel quale ciascuna creatura è legata inestricabilmente all'altra, la condivisione della gioia e del dolore di ogni vivente, il riso e il pianto equamente distribuiti nella solennità dello scorrere dei giorni.
Dal seme sparso in questi giorni di tensione e angosciata attesa può allora germogliare il fiore della fraternità, dal silenzio può derivare una nuova capacità di ascolto, soprattutto dell'immenso e finora impotente grido del povero, dalla morte può rinascere la vita di una società più giusta, più attenta all'ambiente e a tutte le sue forme vitale, più solidale e capace di valorizzare i diritti fondamentali della persona umana. 

mercoledì 18 marzo 2020

Chi salva una persona salva l'intera umanità... Una parola di gratitudine.

Scrive il Corano (ma la frase è stata resa celebre dal finale di Schindler's list): "Chi salva la vita di una persona è come se avesse salvato tutta l’umanità". Oggi questa bella frase è da dedicare a medici, infermiere e infermieri, operatori e operatrici sociosanitari - non solo in Italia, ma in ogni parte del mondo colpita dal coronavirus - che stanno dimostrando un coraggio e una forza che riconciliano con la parola "umanità".
Si è tutti colpiti dai volti distrutti dalla fatica di chi, se necessario anche a prezzo della propria stessa vita, passa l'intera giornata o nottata a fianco delle persone colpite. E spesso, più ancora dei segni della stanchezza, sono evidenti quelli della delusione di fronte alle tante sconfitte nella lotta contro un morbo misterioso e maligno. Ai tanti, troppi caduti della categoria, non si può rivolgere altro che un pensiero carico di gratitudine e di affetto, eroi che non si sono mai tirati indietro davanti all'avanzare del male, combattendo una battaglia anomala, non per uccidere, ma per salvare le vite di chi fa parte della stessa umana famiglia.
Non importa se siano asiatici, europei, americani o africani, non c'è spazio per le ordinarie retoriche del nazionalismo o di un malinteso patriottismo... essi sono professionisti in prima linea, più o meno sostenuti da politiche sanitarie molto spesso assai traballanti, non fanno distinzione tra giovani e vecchi, tra residenti e immigrati, perché per loro, prima di ogni altro aggettivo identitario, colui che si affida alla loro cura, è anzitutto e soprattutto un "homo".
Grazie per tutto quello che state facendo, in questo tempo strano e difficile, speriamo di non dimenticare la vostra testimonianza e la vostra umiltà!  

martedì 17 marzo 2020

E chi non ha casa, come fa a restare a casa? Dalla parte dell'ICS e di Gianfranco Schiavone

A Trieste ICS e Linea d'Ombra, negli altri ex capoluoghi provinciali del Friuli Venezia Giulia cooperative, associazioni e organizzazioni no-profit riunite nelle Rete DASI e in quella antirazzista, insieme a Centro Balducci, Caritas, Sant'Egidio e molti altri, anche soggetti singoli o associati in piccoli gruppi spontanei.
E' l'ampia costellazione delle realtà che cercano di evidenziare uno dei problemi più scottanti di questo periodo, come fanno a stare a casa coloro che non hanno casa? Non soltanto sottolineano le difficoltà di molte persone, immigrate e non, completamente dimenticate nella generale preoccupazione per il coronavirus, ma svolgono anche un fondamentale ruolo di supplenza. Con il loro aiuto infatti moltissime persone trovano conforto, comprendono la situazione, recepiscono i messaggi e le normative, diventando per essi possibile metterle in pratica.
Queste persone e queste realtà che si accollano un'assistenza che spetterebbe alle pubbliche istituzioni, dovrebbero essere premiate per un impegno di solidarietà e prevenzione ai limiti dell'eroismo, paragonabile a quello dei medici e degli infermieri sul fronte degli ospedali dove vengono curati i colpiti dal terribile virus. Oppure, forse ancor meglio, dovrebbero essere sostituite dalle istituzioni, Comuni, Protezione civile, assistenza sociale, ecc.
Invece... invece non solo non vengono ringraziate, ma addirittura criminalizzate e offese con parole volgari e violente. Secondo il sito www.triestecafe.it, il vicesindaco di Trieste Paolo Polidori dichiara che i reiterati inviti a rendersi conto della realtà dei senza tetto proposti da Gianfranco Schiavone, presidente ICS, sono "sproloqui e deliri di un essere che si presenta nella sua più ignobile veste di nemico dei cittadini e della nostra società, verso il quale deve essere manifestato apertamente il nostro più profondo disprezzo!"
Sono parole indegne di un Amministratore, il cui compito dovrebbe essere quello di tutelare la salute di tutti coloro che vivono nel territorio di riferimento, quella dei residenti in case e quella di ci chi non ha casa, tenendo conto del fatto che la mancata assistenza non è soltanto un reato ma anche un grave pericolo per la salute di tutti. Polidori ha tre alternative, o smentisce le dichiarazioni attribuendole all'incomprensione del giornalista, o chiede scusa, si tira su le maniche e fa ciò che al posto suo stanno facendo Schiavone e tanti altri, oppure si dimette dalla carica e si chiude nella sua casa, come tanti altri italiani in questi giorni, ringraziando Dio di avercela.

lunedì 16 marzo 2020

Sorridendo, ma anche no: traffico e coronavirus

Certamente leggendo qualcuno ricorderà Johnny Stecchino e l'indimenticabile battuta sul "traffico", il più importante problema della Sicilia. Ebbene, in questo periodo nel quale la maggior parte degli italiani è giustamente chiusa in casa in attesa della fine del contagio, uno dei problemi, anche se non certo il più importante, è proprio il traffico.
Le strade sono quasi vuote e molti automobilisti - si presuppone autocertificati per motivi di lavoro o di altra comprovata necessità - si scoprono emuli di Hamilton e di Vettel, dei quali non hanno la possibilità di seguire le imprese, in quanto anche la Formula 1 si è inchinata alle esigenze della quarantena generale.
Si sono visti bolidi sfrecciare a 90-100 all'ora nel centro dei paesi, altri tallonare fino a un centimetro di distanza i (pochi) osservanti delle norme, per superarli con manovre che farebbero la gioia degli spettatori di un Gran Premio, altri ancora trasformare la vettura in una succursale dell'ufficio guidando tranquillamente con il cellulare in mano, forse ritenendo le forze dell'ordine distratte da ben più gravi e generali problemi.
Sarebbe ora di darsi una calmata, pensare di essere pirati della strada solo perché c'è poca gente in giro, potrebbe essere molto pericoloso. E in questo momento non è certo il caso di impegnare i reparti di pronto soccorso o emergenza sanitaria per incidenti che l'osservanza del codice della strada potrebbe molto facilmente evitare.

domenica 15 marzo 2020

Guerra al Coronavirus, tra amici e nemici...

D'accordo, è bello vedere la gente che si affaccia alle finestre per cantare o per battere le mani agli eroici medici, infermieri e oss che, rischiando la vita, curano coloro che sono stati colpiti dal coronavirus.
Quello che francamente sembra esagerato e inopportuno è il tentativo di usare l'occasione per rinfocolare lo spirito patriottico, presentando questa vicenda come una guerra dell'Italia contro tutti coloro che la vorrebbero ostacolare. Così Austria e Slovenia chiudono i confini perché ce l'hanno con gli italiani e Fedriga invoca l'incidente diplomatico, le "solite Francia e Germania" vogliono male al Bel Paese e rifiutano qualsiasi aiuto, non si parli poi della Gran Bretagna, perfida Albione. Per fortuna ci sono anche gli "amici" dei quali ricordarsi, anche se con un po' di sorpresa, i cinesi, "che però prima ci hanno portato il virus", i cubani e i venezuelani, "che hanno smesso di mangiare i bambini"...
E' invece un grande sbaglio, in tempi di globalizzazione, pensare che la battaglia contro il coronavirus sia combattuta dall'Italia contro alleati ingrati e insensibili. La Lagarde, ma anche la Merkel o Macron, non ce l'hanno con l'Italia, le loro parole e le loro scelte non sono contro gli italiani, ma sostengono la civitas del Capitalismo planetario, obbediscono alla logica dei mercati che, mai come nei tempi di qualunque tipo di guerra, si manifesta opposta a quella della centralità della persona. E questo vale anche per la stessa Italia, dove le giuste regole che il Governo ha imposto riusciranno senz'altro a rallentare e speriamo presto fermare il contagio, ma non preserveranno dalla crisi economica mondiale che attenderà tutti dopo la fine di questo incubo.
No, il nemico in questo misterioso conflitto non è soltanto il virus e non sono gli altri stati dell'Unione Europea o degli altri Continenti, neppure - come addirittura qualcuno ancora osa affermare - i poveri che fuggono da guerra fame e persecuzioni. Il nemico è il Capitalismo trionfante, del quale la BCE è una, ma non l'unica espressione, come dimostrato anche dal fatto che le uniche realtà non paralizzate sono i servizi europei di polizia per respingere i profughi sui confini turco-greci e le esercitazioni militari della NATO, sia pur leggermente ridimensionate.
E tutti, cantando una volta in meno l'inno di Mameli e una volta in più l'Internazionale, dovremmo sentirci parte di un'unica umanità, stretta nella lotta contro ciò che minaccia l'esistenza della Vita sulla Terra. Oggi il virus, domani gli effetti del riscaldamento globale, un terremoto, un'inondazione o la caduta imprevista di un asteroide...   

sabato 14 marzo 2020

Un importante tempo di Silenzio. Cosa accadrà "dopo"?

Il silenzio domina queste giornate di coprifuoco. Il nemico invisibile ha travolto lo scorrere delle nostre esistenze, negandoci ogni semplice libertà individuale, incontrarci, andare a vedere un film o uno spettacolo teatrale, spostarci da una zona all'altra, oltrepassare un confine. Il bombardamento mediatico impedisce di pensare a qualunque cosa non sia il coronavirus, si salva in parte chi non ha il televisore o non sa nuotare nel mare dei social network. Invece la Vita continua, in certe parti del mondo neppure si sa cosa sia un virus, la malaria uccide ogni anno decine di milioni di esseri umani e nessuno si gira indietro, in altri luoghi la tempesta è già passata e si pensa a una difficile ricostruzione. L'Italia è invece in piena bufera e si spera che questa reclusione di massa porti il risultato atteso, la guarigione di chi è ammalato e la fine di questo incubo.
Cosa accadrà dopo? E' importante porsi questa domanda, perché un "dopo" di sicuro ci sarà e potrà essere caratterizzato da un nuovo tempo di umanità oppure dall'onda lunga di quella disumanità non del tutto cancellata neppure in questi giorni drammatici dai toni della destra xenofoba e razzista. Si potranno raccogliere i frutti maturi della reclusione forzata, un ritmo di vita più naturale, una maggior attenzione alle relazioni e all'approfondimento culturale, l'ammirazione per l'abnegazione di chi rischia la vita per curare chi soffre, la percezione di una fratellanza planetaria, senza confini, la solidarietà con chi ha in questo frangente ha perso tutto e dovrà essere aiutato a ricominciare, il desiderio di accogliere e curare i nostri simili, da qualunque parte provengano, l'indignazione per l'ingiustizia, incredibile quando si lotta insieme contro una catastrofe della Natura, un'aria più pulita, un sistema sanitario più ricco di potenzialità ed efficiente.Oppure si asseconderanno terribili guerre tra poveri, mettendoci gli uni contro gli altri, accampando inesistenti privilegi di casta o primati derivati dalle appartenenze nazionali, mentre i signori della guerra e del potere economico si fregheranno le mani lucrando senza vergogna sul dolore del mondo.
A noi la scelta, forse questo momento di silenzio e di attesa non ci è dato per rimanere incollati alle ultime news, ma per cominciare a preparare una vera e propria nonviolenta rivoluzione. Dalle crisi si è sempre usciti malissimo (vedi I guerra mondiale e crollo delle borse del 1929) o benissimo (si veda, per rimanere al caso Italia, gli eventi successivi alla Liberazione dal fascismo e alla fine della guerra, con la nascita della Repubblica, la Costituzione, la Dichiarazione universale de Diritti della Persona e il periodo di relativa pace e benessere che ne è seguito).  Insomma, non buttiamo via tempo, leggiamo, prepariamoci, studiamo, confrontiamoci, poniamo le basi per edificare insieme una nuova umanità.

venerdì 13 marzo 2020

PromoTurismo acchiappacitrulli...

Con i guai che ci sono nel mondo, la polizia europea (anche alcuni poliziotti italiani, come se non ci fosse niente da fare in patria), che respinge i profughi siriani sul confine turco/greco a Kastanje, come quella croata le decine di migliaia di persone dimenticate a Bihac e dintorni, le cavallette che devastano e riducono alla fame l'Etiopia, e l'incubo del coronavirus che sembra non finire mai, le vicende dei campi innevati friulani non sono certo da prima pagina degli interessi di tutti. Ma sono un segnale delle contraddizioni regionali che hanno caratterizzato questo periodo di preparazione alla situazione incredibile e necessaria del grande silenzio nel quale tutti siamo stati immersi. 
Domenica 8 marzo (cinque giorni fa, ma sembrano trascorsi decenni) le piste di sci del FVG erano strapiene di sciatori. La sera veniva emanato il primo dei DPDC che avrebbe in due giorni totalmente cambiato la vita degli italiani. E gli sciatori sono stati additati come incoscienti untori, incapaci di comprendere la gravità della situazione e in grado di esporre migliaia di persone al contagio. Ma perché questi sportivi avevano osato sfidare l'ormai evidente avanzata del mostro? Perché per tutta la settimana precedente PromoTurismoFvg aveva inondato i giornali di propaganda, invitando a venire sulle piste senza alcun timore, addirittura proponendo lo skipass gratuito per incentivare il loro arrivo. In altre parole, mentre gli ospedali assistevano all'eroico sacrificio di medici infermieri e oss schierati contro la malattia e la Protezione Civile Regionale emetteva continui allarmi sull'aggravarsi della situazione, un'altra Agenzia regionale invitava tutti ad andare sui monti, confortata dai non ancora inaspriti decreti governativi. Il giorno dopo, finalmente, tutti gli impianti venivano chiusi e del resto anche tutti i cittadini venivano chiusi, in casa. 
Certo, non si può dire che sia stata dimostrata grande lungimiranza, non tanto nell'aver concesso di tenere tutto aperto fino all'8 marzo - le ragioni dei gestori, almeno fino al divieto, possono essere comprensibili - quanto nell'aver suonato tutte le trombe possibili per affollare gli impianti, salvo il giorno dopo additare come irresponsabili coloro che ci sono cascati.

Storie tristi, dal carcere di Modena...

Da: https://www.ildubbio.news/2020/03/13/quel-ragazzo-e-morto-nella-rivolta-di-modena-sarebbe-uscite-solo-tra-due-settimane/

Nove morti, ancora senza nome e la maggior parte tunisini e moldavi. Parliamo dei detenuti che erano ristretti nel carcere di Modena, teatro di una grande rivolta che ha portato all’inagibilità di alcune sezioni. L’ipotesi più plausibile è quella della morte per overdose, a causa dell’assalto al metadone razziato in infermeria. Ma, almeno finora, ancora non si conoscono i risultati delle autopsie. Quello che si è potuto finora accertare è che sono cinque i reclusi ritrovati già morti sul posto. Ma gli altri? Erano ancora vivi, tanto da essere stati trasferiti – assieme agli altri detenuti – in alcune carceri italiane distanti anche oltre un centinaio di chilometri. Il dramma è che erano giunti in condizioni già critiche. Alcuni ad esempio sono stati portati nel carcere di Alessandria a quasi due ore di viaggio dal penitenziario di Modena.
Il carcere lombardo si è ritrovato a dover soccorrere tre detenuti che stavano già malissimo per overdose. Due sono riusciti in extremis a salvarli, mente uno di loro purtroppo non ce l’ha fatta. Un altro è invece morto al carcere di Parma, a quasi un’ora di distanza da Modena, dopo essere stato portato in rianimazione. Era un giovane moldavo, classe ’88. Un altro ancora di quarant’anni è, invece, morto al carcere di Ascoli Piceno, dopo aver affrontato un viaggio di quasi cinque ore. Un altro ancora è morto mentre era ancora sul pullman del trasferimento, davanti al carcere di Verona. Quasi un’ora e mezza di viaggio. C’è da dire che la direttrice del carcere di Modena ha assicurato che – prima di essere trasferiti – tutti i detenuti sono stati visitati presso il presidio sanitario allestito nel piazzale.
Ma a quanto pare, purtroppo, non è stato sufficiente. I sintomi caratteristici dell’overdose da metadone sono spasmi muscolari, spasmi gastro-intestinali, cianosi, rallentamento del battito cardiaco, forte calo della pressione sanguigna, senso di disorientamento. Se non presi subito in tempo, si rischia la morte. Come detto, anche se i risultati dell’autopsia ancora non si conoscono, quasi tutti i detenuti del carcere di Modena risultano morti per overdose o comunque intossicazione da farmaci. Tra i cinque morti rinvenuti già morti al carcere modenese, Il Dubbio è a conoscenza del caso di uno di loro. Si tratta di un tunisino nato nell’84 che stava scontando poco più di due anni di carcere per piccolo spaccio.
Una pena che poteva essere scontata attraverso una misura alternativa. Ma purtroppo, come accade spesso, soprattutto per gli stranieri che non hanno un vero e proprio domicilio, non ha avuto la possibilità di usufruirne. Non risulta, almeno per il momento, che il ragazzo fosse in carico dal Sert, perché si sarebbe dichiarato non tossicodipendente. Saranno comunque i risultati dell’autopsia a sciogliere ogni dubbio. I suoi genitori vivono in Tunisia e ancora attendono la verità, ma soprattutto le spoglie del proprio figlio per poterlo piangere. La storia lascia una grande amarezza: il ragazzo avrebbe finito di scontare la pena tra due settimane. Ma non ha fatto in tempo.

mercoledì 11 marzo 2020

Spet meja, il ritorno del confine...


Alla fine del 2008 le ruspe abbattevano il confine tra Italia e Slovenija a Solkan. Era un'epoca di grandi speranze, uno dopo l'altro cadevano i muri che per decenni avevano diviso il territorio Goriziano. Tra l'altro l'immagine in alto è stata la prima postata sull'allora nascente blog del Forum per Gorizia (forumgoriziablog.it) , ancora vivo e vegeto dodici anni dopo.
L'11 marzo 2020, "alle cinque della sera", le barriere sono state ricollocate, ma stavolta neppure la propusnica può consentire il passaggio a Salcano, neanche al ciclista e al pedone. Ciò che è stato conquistato a caro prezzo e in tanti anni, l'unione nella diversità delle Gorica/Gorizia, viene cancellato - si spera per poco tempo - dal più vecchio e microscopico degli esseri, quello che alcuni scienziati non osano neppure definire "vivente". L'estesa diffusione del coronavirus in Italia e, sia pure in misura minore, in Friuli Venezia Giulia, ha imposto la necessità di contenere l'infezione ed evitare il contagio.
E' un provvedimento comprensibile e più che giustificato, ma quanta tristezza nel rivedere le barriere confinarie, che dolore rivedere scene di un passato dimenticato e che mai si sarebbe immaginato di rivedere! Speriamo si tratti di un sacrificio breve nel tempo e che tutti, in tutto il mondo, ci risvegliamo quanto prima da questo strano incubo. E che riprendiamo subito il percorso verso la capitale europea della Cultura 2025 e l'inaugurazione del ponte ciclabile che renderà magnifica la pista sull'Isonzo Soča...
Nasvidenje, dragi prijatelji, se bomo dobili spet kmalu.

Quanta sofferenza in questo tempo strano

E' vero, nessuno era abituato al silenzio di questi giorni.
E' lo stesso sentire delle mattine di Natale, di Capodanno o di Pasqua, quando tutti riposano dopo i festeggiamenti notturni, ma quanta differenza da quel silenzio! Quello di questi giorni è carico di intensità e di attesa, simile a quello di alcuni racconti di Buzzatti o alle Immagini dal sogno di Ivan Cankar. Che cosa è questo essere misterioso, talmente infinitesimale da essere percepibile solo con i microscopi elettronici? Chi colpirà in questo nuovo giorno, saremo o meno una parte delle statistiche quotidiane della Protezione Civile? Un pensiero va a chi è stato colpito, a chi è in quarantena e teme per la propria vita, all'eroico personale sanitario che si adopera in una guerra nella quale alla fine non ci saranno vincitori, contro un nemico subdolo e invisibile. E un pensiero va a chi è disperato perché ha perso o sta per perdere il lavoro e non sa come arrivare a fine mese, meno che meno in questi giorni di riduzione drastica di tutte le attività. E anche a chi è solo e non può avvalersi delle normali relazioni che consentono di apprezzare le piccole gioie della vita.
Eppure queste non sono le uniche sofferenze, in Italia, in Europa, nel Mondo. Nelle isole della Grecia, soprattutto a Samos e a Lesbo, le persone vivono in 8000 dove dovrebbero essere 800 (altro che metro di distanza di sicurezza!). Sui confini tra Grecia e Turchia e tra Bosnia e Croazia (da tre anni!!!) si respingono a suon di botte i profughi che vorrebbero entrare nella Comunità Europea. In Turchia e in Libia ci sono veri e propri campi di concentramento, abbondantemente finanziati dall'Europa. In Etiopia, nel tacere quasi totale dei media, migliaia di persone muoiono di fame perché i raccolti sono stati distrutti dall'invasione delle cavallette. Il popolo Rojava, ormai dimenticato, soffre la propria Resistenza all'invasore, come i Rohingya del Myanmar per i quali nessuno più innalza appelli...
Ecco, la sofferenza del mondo. Che sia un'occasione per sentirci tutte e tutti parte della medesima umana famiglia, per superare le tentazioni autarchiche e le pretese precedenze? La risposta affermativa a questa domanda potrebbe essere l'unica speranza, ma una grande speranza, in questo tempo di silenzio, di attesa, di neanche troppo nascosti timori, per la propria vita e per quella del nostro piccolo e provato Pianeta.

martedì 10 marzo 2020

La nuova "guerra dei mondi"

Nelle "Guerra dei Mondi" Orson Welles ci consentiva di immaginare che i potentissimi invasori da Marte, dopo aver soggiogato tutta la Terra, sarebbero stati sconfitti dal più antico e minuscolo essere vivente, il batterio. La "guerra" di questi giorni ci racconta del più microscopico dei viventi - alcuni non lo considerano neppure tale - in grado di mettere in ginocchio l'immenso gigante del Capitale. Giornata memorabile, per l'Italia invasa dal coronavirus. L'invito a restare a casa, accompagnato da misure complesse, forse troppo complesse, è stato abbastanza accettato. Rispetto a due giorni fa, le persone hanno cominciato ad adattarsi alle restrizioni e ad accettare un nuovo percorso di vita. Di giorno in giorno cresce la consapevolezza della pericolosità del virus, soprattutto per chi è più debole e il senso di corresponsabilità porta ad accettare ciò che fino a meno di una settimana fa sarebbe stato impensabile, prove tecniche di una vera e propria dittatura dell'insicurezza. Tutti all'inizio ci abbiamo riso sopra, pensando a complotti planetari e giocando con le notizia provenienti dal mondo. Poi l'abbiamo presa un po' più sul serio, criticando le misure che ritenevamo troppo rigide e le inaccettabili contraddizioni che le caratterizzavano. Poi ha preso il sopravvento la paura ed è stato un vero patatrack! L'Italia paralizzata, con conseguenze economiche e politiche che si paleseranno nei prossimi anni, quando ci si dovrà risollevare, non senza grandi difficoltà e incertezze. Ne usciremo consci della necessità di sentirci "umani", al di là delle differenze di lingua, cultura o religione? O ne usciremo schiacciati dall'ingordigia capitalista, bestia ferita dalla malattia globalizzata, ma pronta a mostrare il suo lato dittatoriale, razzista, oscurantista, violento?

sabato 7 marzo 2020

Per i dimenticati di IDLIB, una luce accesa per un'ora, domenica 8 marzo, ore 11.15

Si può aderire firmando l'Appello, riportato qui di seguito, ed inoltrarlo al seguente indirizzo luminiperlasiria@focsiv.it
APPELLO
Avvertiamo il bisogno civile e umano di ringraziare Papa Francesco, l’unica autorità mondiale che ha ricordato il dramma dei civili di Idlib, nel nord ovest della Siria. Siamo sconvolti dalle rare immagini di quei bambini assiderati, a volte da soli, a volte con i loro genitori o parenti. Da una parte sono costretti a fuggire dalla Siria verso la Turchia da bombardamenti a tappeto che violano le regole più elementari del diritto umanitario internazionale e dall’altra sono impediti a trovare salvezza da un muro invalicabile e a oggi non valicato.
Non è un’emergenza improvvisa, tutto questo va avanti da mesi! Si calcola che ormai siano almeno un milione gli esseri umani in fuga ammassati al confine turco, alcune stime parlano di un milione e cinquecentomila, in gran parte bambini. Se non si trovasse una soluzione, urgente, le operazioni militari raddoppieranno gli sfollati, per i quali non ci sono che piccole tendopoli. Per tutti costoro ci sono soltanto due sottili corridoi umanitari aperti all’ONU per portargli qualche genere di prima necessità: questo è inammissibile.
Avvertiamo dunque l’urgenza di manifestare la nostra gratitudine a Papa Francesco e dimostrare al mondo che il suo appello per questa umanità abbandonata e tradita non è caduto nel vuoto. Questi nostri fratelli e queste nostre sorelle non possono essere dimenticati.
Per questo domenica otto marzo, giornata dedicata alle donne di tutto il mondo, anche alle madri, alle bambine, alle anziane che soffrono nel gelo di Idlib, un gruppo di noi, nel rispetto di ogni misura di sicurezza, sarà in Piazza San Pietro. Ci incontreremo alle 11,15 davanti alla sala stampa vaticana solo con uno striscione, “per i dimenticati di IDLIB.”
Chi non potrà partecipare potrà invece accendere, così come ha invitato Marco Tarquinio direttore di Avvenire, un lumino o una candela e metterla sul davanzale di una finestra della propria casa. 
"Anche se sarà una luce accesa in pieno giorno. Perché i tanti durissimi giorni che sono passati e quelli, terribili, che si stanno inanellando purtroppo non bastano ancora per “vedere” dentro la lunga notte siriana. Ed è necessario che si faccia luce su quanto sta accadendo nella terra di Idlib e al limitare d’Europa. È necessario che si faccia luce nelle menti dei “grandi” del mondo e, soprattutto, qui e ora, dei politici europei e turchi. È necessario che si veda la realtà di un popolo massacrato e usato. È necessario che si lavori per una svolta nel segno dell’umanità, della politica responsabile, del soccorso alle vittime, dell’accoglienza dei perseguitati." Marco Tarquinio
 

venerdì 6 marzo 2020

L'Europa si è fermata a Καστανιες. Ma anche a Bihac e a Velika Kladuša

Quello che sta accadendo ai confini tra Turchia e Grecia segna un ulteriore passo verso la disumanità. E' disumano dire, come ha fatto Ursula van der Leyen, che un Paese è lo "scudo" che difende l'Europa dall'arrivo di migliaia di persone inermi in fuga dalla guerra. E' disumano dire che "in caso di necessità", si può usare la violenza per fermare i gommoni stracarichi di profughi provenienti da campi nelle isole greche dove, per esempio a Samo, sono "ospitati" 8000 esseri umani in tendopoli e baracche allestite per 800. E' disumano ritenere che l'unico modo per "fermare" i profughi è pagare lautamente il dittatore Erdogan affinché li custodisca nei suoi campi di concentramento. E' disumano soffocare l'esperienza dello SPRAR (oggi SIPROIMI), di fatto depotenziato dai Decreti sicurezza in Italia ancora in vigore, alternativa italiana ed europea alle deportazioni, con risultati di straordinaria accoglienza e integrazione reciproca nei paesi in cui è stato attuato. E' disumano tutto ciò, ma non nuovo. Se giustamente oggi una (piccola) parte di europei si ribella alla logica del respingimento attuata senza pietà dalla Grecia, quasi nessuno si interessa delle decine di migliaia di persone - comprese molte famiglie con bambini provenienti da tutte le zone di guerra - assiepate da almeno due anni sul confine tra Bosnia e Croazia. Esse ricevono il medesimo trattamento dei profughi siriani sui confini tra Turchia e Grecia, muoiono dello stesso gelo e soffocano in estate dello stesso caldo. E l'Europa tace, impotente, oppure accetta che si possano esprimere le Destre più scatenate che seminano diffidenza e paura, ricevendo in cambio ampi raccolti di un consenso razzista e ignorante (nel senso etimologico del termine). Insomma, il ricchissimo Vecchio Continente è messo in crisi da un manipolo (relativamente alla popolazione europea) di poveri che hanno perso tutto, il gigante dai piedi d'argilla sembra essersi fermato a Καστανιες. Come Cristo a Eboli...

giovedì 5 marzo 2020

Nova Gorica verso la designazione "capitale europea della cultura 2025"

Nova Gorica riuscirà nell'impresa di essere scelta come capitale europea della cultura nel 2025? Ci potrebbe riuscire, se riuscisse a dimostrare la vivacità di un territorio plurale, in grado di dimostrare tutte le opportunità e le risorse costituite dall'essere "città di confine". Perché ciò possa accadere è determinante il ruolo della vecchia Gorizia, l'altra parte della medesima medaglia. Oltre dieci anni fa, ben prima dell'istituzione del GECT, il Forum per Gorizia proponeva un grande momento di riflessione collettiva, finalizzato a realizzare l'obiettivo di una Città comune, unita nelle sue diversità. Dopo un'analisi promossa da esperti, che sul territorio non mancano, tutte le categorie avrebbero dovuto incontrarsi per proporre ciascuna un piano d'azione da integrare con quello delle altre. Cultura, economia, storia, ambiente, comunicazione, istruzione, salute, commercio, turismo avrebbero potuto essere gli ambiti nei quali pensare insieme, seduti attorno agli stessi tavoli, il futuro di un territorio effettivamente unico per ciò che concerne la vicenda storica - specialmente il Novecento - i paesaggi naturali e umani, i personaggi famosi, le mille azioni messe in atto per costruire unità e abbattere muri in una zona tanto penalizzata dalle guerre mondiali. La proposta, per un breve tempo appoggiata anche dall'allora sindaco Romoli, cadde come molto altro ben presto nel vuoto e non se ne fece nulla. Tuttavia l'idea potrebbe essere riproposta anche adesso, in un nuovo e più favorevole contesto. Si tratta di non lasciare solo agli addetti ai lavori il compito di individuare strade e percorsi per il futuro, ma di trovare il modo di coinvolgere tutte le cittadine e i cittadini in un'impresa capace di rendere il "Goriziano" - dalla val Trenta a Grado, da Aquileia alle sorgenti della Vipava con al centro il capoluogo Gorizia/Gorica - una realtà davvero unica in tutta Europa, dove ciascuno parla la propria lingua e intende quella del vicino e dove tutti ci si sente partecipi di un'unica realtà. Solo così Nova Gorica potrà superare la prossima tappa e trascinare l'intero territorio verso il prestigioso traguardo. L'appoggio, anche da parte di chi vive nella Bassa Friulana Aquileiese, è assicurato!

mercoledì 4 marzo 2020

Basta massacri contro le popolazioni civili, corridoi umanitari subito!”

La situazione al confine terrestre tra Turchia e Grecia e nelle isole greche è gravissima: i profughi siriani alla frontiera greca sono bloccati dalla polizia e dall'esercito a colpi di lacrimogeni e proiettili di gomma. Sulle isole di Chios, Leros e Lesvos è in atto, da parte di bande fasciste protette dalla polizia greca, una autentica violenta caccia all'uomo contro migranti, lavoratori delle ong e giornalisti; queste bande presidiano strade e centri di prima accoglienza impedendo alle persone di uscire.
La situazione è gravissima e sembra destinata solo a peggiorare; è impensabile che la Grecia possa farsi carico da sola di questa situazione: l'Europa deve garantire i diritti delle persone in fuga dalla guerra.
Associazioni e movimenti greci chiedono di manifestare nelle città europee davanti alle sedi istituzionali.

Come MEDITERRANEA SAVING HUMANS promuoviamo un PRESIDIO DAVANTI AL CONSOLATO GRECO A TRIESTE in via Rossini 16 per SABATO 7 MARZO A PARTIRE DALLE ORE 17.00

chiediamo a tutte le Associazioni, Gruppi, singoli di partecipare: non è e non sarà l'iniziativa di una singola organizzazione. La volontà è di NON TACERE dinanzi a quanto sta succedendo. In gioco è il modo di vivere la nostra Europa.

BASTA CON LE FRONTIERE CHIUSE. 
BASTA CON LA VIOLENZA DELLE POLIZIA E DEI FASCISTI

VOGLIAMO UNA EUROPA LIBERA NON SOLO PER LE MERCI E IL DENARO MA ANCHE PER LE PERSONE


Mediterranea Saving Humans Trieste

Qualche riflessione sul coronavirus

Di opinioni sul coronavirus ne sono state espresse tante, da esperti e sedicenti tali. I media hanno contribuito, in particolare in Italia ma non solo, a enfatizzare decisioni politiche fino a oggi inaudite, seminando prima un panico incontrollato, poi manciate di rassicurazioni tardive. In realtà, i numeri finora sono abbastanza limitati e non corrispondono in alcun modo all'enormità delle misure adottate per contenerli. Per rimanere alla realtà italiana, non si può negare che almeno dal punto di vista della contabilità ufficiale, per ciò che riguarda il numero dei colpiti non c'è paragone, per ora circa 3000 contro i circa 4.800.000 della scorsa stagione. Diverso è il discorso relativo ai casi molto gravi, con percentuali minime in precedenza (809 con circa un 25% di decessi, per l'85% dei casi di persone già debilitate da altre malattie. Solo in Friuli Venezia Giulia, 10 casi gravi e 10 decessi), molto più alte ora, però su numeri talmente effimeri da rendere difficile qualsiasi confronto serio, con una percentuale di decessi - quasi al 100% di persone molto anziane e già sofferenti di altre patologie - effettivamente molto più alta, intorno al 3,6%. Interessante che il discorso mediatico e gli interventi politici non riguardino comunque solo l'Italia, che peraltro ci ha messo molto di proprio, ma anche il resto del mondo, a cominciare dalla Cina. La domanda quindi è legittima e riguarda che cosa nasconda veramente questa epidemia determinata dal virus COVID-19 e soprattutto la sovraesposizione mediatica dei suoi sviluppi e dei legittimi metodi di contenimento. Se appare chiaro e condivisibile l'intento di contenere più possibile il contagio, è molto meno evidente il perché delle macroscopiche contraddizioni nelle ordinanze e della confusione derivata da lanci di notizie di "ben informati", riprese dai giornali in attesa di essere i primi a lanciare i vari scoop poi regolarmente smentiti (in FVG prima sospeso quasi tutto con un'ordinanza poi declassata a "linee guida", poi sospese solo le attività didattiche nelle scuole lasciando aperto tutto il resto, con evidente disagio nelle relazioni tra Regione e Stato; a livello nazionale prima grandi rassicurazioni, poi tardiva chiusura delle scuole di ogni ordine e grado con comunicazioni ufficiali annunciate, proclamate, smentite e riconfermate). Insomma, se un pericolo grave c'è, esso non sembra racchiuso nei numeri dei casi accertati e il caos delle decisioni politiche rafforza l'idea di poche idee e molto confuse. Tutto ciò suscita, anche in chi ordinariamente non è complottista, l'impressione che qualcosa di grosso venga nascosto e, se è chiaro chi venga colpito dall'epidemia (oltre alle relativamente non numerose persone ammalate, molti settori importanti dell'economia planetaria, nonché la stravolta vita ordinaria di miliardi di esseri umani nei vari Paesi del mondo), meno chiaro è chi ci guadagni qualcosa. Frse questo sarebbe bene indagarlo, contestualmente alla messa in atto di tute le misure possibili di prevenzione e di combattimento contro il male.