venerdì 29 dicembre 2023

"Negoziare la pace". Domani (sabato 30) alle 14, il convegno di Pax Christi al Conferenze Center

Il convegno organizzato da Pax Christi a Gorizia, in concomitanza con la marcia della pace che si svolgerà domenica 31 pomeriggio, da Oslavia a Nova Gorica, si inserisce in un contesto "glocal" particolarmente importante.

Il tema della prima giornata, che si terrà domani, sabato 30 dicembre, dalle 14 in poi presso il Conferenze Center dell'Università di Trieste a Gorizia, è "Negoziare la pace". L'obiettivo è proporre al mondo politico, accademico e culturale di Nova Gorica e Gorizia, la realizzazione del "Laboratorio internazionale di Giustizia e di Pace". Come già accadeva agli inizi degli anni '90 del XX secolo, le due/una città potrebbe(ro) essere sede dei primi passi delle trattative fra delegazioni di popoli in guerra. Inoltre, una delle tante caserme dismesse che occupano e deturpano un ampio spazio pubblico, potrebbe diventare centro di preparazione dei corpi civili di pace europei. Non si tratta di "volontari", preparati per andare ad alleviare le sofferenze delle vittime delle guerre, quanto di veri e propri diplomatici, assai ben addestrati e competenti, in grado di raggiungere zone di conflitto per suggerire con gli strumenti della diplomazia percorsi alternativi alla violenza, ovvero l'avvio del dialogo e della trattativa al posto dell'invio di armi  a sostegno di una parte contro l'altra.

L'urgenza di una simile proposta è purtroppo drammaticamente evidente. Le due guerre sotto i riflettori mediatici, in Ucraina e in Palestina, sono una gara al rialzo dell'orrore. Da una parte una permanente situazione di scontro cronicizzato, con migliaia di morti - civili e militari. Dall'altra parte un massacro senza precedenti, l'annichilimento della striscia di Gaza, seguito ai terribili attentati di Hamas del 7 ottobre. Dove condurrà questa interrotta sequela di morte e distruzione? Anche se l'opinione pubblica sembra essere sempre più formata a pensare irrazionalmente il contrario, non esiste altra soluzione che non sia la trattativa, l'ascolto delle reciproche "ragioni" e la ricerca politica di una soluzione. Questo vale anche per l'altro centinaio di guerre che si combattono, lontano dai riflettori, in ogni Continente.

Nova Gorica con Gorizia, capitale europea della Cultura, può allora diventare anche Capitale europea della Pace. ma occorre che si prendano in considerazione anche altre premesse. Al Conferenze Center si discuterà ampiamente sui negoziati di pace. Ma non può esistere pace senza accoglienza e la carta d'identità di una capitale europea della Cultura deve essere da questo punto di vista sistemata. Come pensare con convinzione alla giustizia e alla pace, quando ogni sera centinaia di persone dormono all'addiaccio, sulla piazza della Casa Rossa o nei pressi della Stazione Centrale, perché "non c'è posto per loro da nessuna parte", neppure un fragile tetto sotto cui dormire?

La provocazione del presepio

Il mio "presepio", lo scorso anno, era questo. Il bambino Gesù rischia di essere inghiottito dal mostro marino, che già sta divorando un uomo gettato in mare da una barca.

Al di là delle reminiscenze aquileiesi, il messaggio era abbastanza chiaro. La memoria della nascita di Gesù non può prescindere dalla situazione particolare, cioè dallo spazio e dal tempo in cui si vive. In questo caso, come non pensare alle migliaia di bambini annegati nel Mediterraneo, mentre con le loro famiglie cercavano un avvenire migliore? Oppure, quest'anno, come non inorridire pensando alla strage di innocenti che si sta perpetuando a Gaza?

Cosa sia accaduto realmente duemila anni fa nessuno lo può sapere. Il primo Natale è avvolto nel più completo mistero, una delle infinite nascite di quel tempo e di ogni tempo. I primi cristiani, per la verità, si preoccupavano assai poco di sapere come e dove fosse nato tale Gesù. Gli stessi vangeli costituiscono una singolare interpretazione culturale, una specie di invenzione teologica. Marco e Giovanni non ne fanno alcun cenno, mentre Matteo e Luca raccontano due storie totalmente diverse, in quasi totale contraddizione l'una con l'altra. Come dire che ognuno, fin dal principio, fa il suo presepio e lo adatta alla situazione in cui vive e in cui scrive. Almeno fino al IV secolo non si celebrava il Natale, ma solo la Risurrezione, solo dopo ci si cominciò a chiedere se non valesse la pena di ricordare solennemente anche la nascita di Colui che essi ricordavano ogni "dominica", il "giorno del Signore", vera e propria Pasqua settimanale. Ben prima di Francesco a Greccio, i sarcofagi del IV secolo e le icone orientali rappresentano una scenetta di natività, talmente teologica da risultare quasi astratta, con la grotta che appare come una voragine oscura, il manto su cui riposa Maria gigantesco, l'asino e il bue multicolori. C'è una forte componente polemica e culturale, quasi a voler dire, con gli antichi profeti, che l'asino e il bue sono ben più svegli dell'umanità - ebrei e pagani - che non sa riconoscere il bambino adagiato nella mangiatoia (quasi sempre con la forma di un altare sacrificale).

Tutto questo per dire che non esiste alcuna regola per rappresentare il presepio e ciascuno lo realizza come meglio crede. Certo è che comunque in ogni tempo e in ogni spazio si realizza quell'adattamento creativo che può suscitare una sensazione di dolce emozione oppure un fastidio derivato dalla sovversione di schemi precostituiti. E' più scandaloso ridurre il mistero dell'Incarnazione a una melensa favoletta per bambini, omettendo possibilmente dal presepio Santo Stefano ucciso a sassate e naturalmente la strage degli innocenti? O lo è maggiormente trasformare la capanna di Betlemme in una barca naufragata davanti alle coste della Sicilia oppure ricordare che nel nostro tempo ci sono persone omosessuali che vedono conculcato il loro diritto a esistere, ad amare e ad aiutare a crescere i figli?

Sono solo domande, ma hanno lo scopo di sottolineare come, nell'impossibilità di risalire all'istante di quella nascita, è legittima qualsiasi interpretazione. Come è stata una provocazione infinita la pretesa di un Dio che si è fatto uomo per interpellare la coscienza di ogni creatura, così il presepio deve continuare a essere una provocazione capace di mettere in discussione quella pretesa "normalità" che altro scopo non ha, se non quello di addormentare le coscienze in un infruttuoso e irreale "volemose tuti bén!".

Invece di offendersi, i cristiani dovrebbero gioire del fatto che un simile segno provochi entusiasmo, repulsione, dibattito o incomprensione. Gioire e pensare.

giovedì 28 dicembre 2023

Verso il convegno del 30 dicembre: Nova Gorica e Gorizia Laboratorio internazionale di Pace. Le radici, i semi, i germogli...

Correva l'anno 2001. Era il 19 luglio e faceva molto caldo. No, non era solo questione di clima. A Genova, in quei giorni, si svolgeva il G8 e a latere migliaia di persone, soprattutto ma non solo giovani, erano riunite in assemblea permanente. C'erano i massimi economisti e politici di "un altro mondo possibile" e si studiavano le possibilità di una reale alternativa al capitalismo dominante. L'apparato del Potere, allora coordinato dal presidente del Consiglio Berlusconi e dal suo allora delfino Fini in cabina di regia, stava studiando quella che si sarebbe rivelata una delle più feroci repressioni del dissenso degli ultimi venti anni.
Quel 19 luglio 2001, in veste di direttore del settimanale Voce Isontina, mi incontrai in piazza san Pietro a Roma con il professor Alberto Gasparini, allora direttore dell'Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia. Intorno alle 9 entrammo nei Palazzi Vaticani, accompagnati da un solerte monsignore. Enormi scalinate, logge con panorami mozzafiato, un luminoso ufficio nella zona riservata alla Segreteria di Stato. Ci ricevette mons. Leonardo Sandri, divenuto successivamente, nella breve era Ratzingeriana, influente Cardinale di Curia. E ci disse di sì, che la Santa Sede era d'accordo e che avrebbe inviato una delegazione di alto profilo a Gorizia, a dibattere sul tema delle "città divise" nel mondo, presentando l'esempio, a suo parere assai virtuoso, della Roma capitale d'Italia e della Città del Vaticano.
C'è stato il tempo di un cerimonioso saluto e poi si è andati via quasi di corsa, verso San Luigi dei Francesi. In uno spettacolare palazzo ottocentesco, ci aspettava proprio lui, Giulio Andreotti. Ci ricevette in vestaglia, facendoci accomodare nel suo studio privato e ci ascoltò con grande attenzione. Ci promise tutto il suo interessamento per far arrivare a Gorizia i più importanti rappresentanti del dialogo israeliano palestinese, soprattutto gli accademici delle rispettive università. Gerusalemme città divisa per eccellenza, si sarebbe presentata a Gorizia con la prospettiva della speranza di un futuro diverso, fondato sul riconoscimento, sul rispetto e sulla valorizzazione delle diversità. Così si sperava, così si auspicava in quella calda estate. Prima di salutarci, Andreotti mi consigliò di non risalire attraverso Genova, perché "sarebbe di sicuro accaduto qualcosa di grave".
Quale migliore invito per correre verso il nord ovest?
Arrivai a Genova nella tarda mattinata del 20 luglio, lasciai per precauzione la macchina a poche centinaia di metri dallo stadio di Marassi e attraversai a piedi un lembo di città che sembrava essere stata attraversata da un tornado di fuoco. I famosi black blok, tanto famosi da non essere mai stati identificati, avevano messo a ferro e fuoco quel quartiere, ovunque vetrine spaccate, auto incendiate, cassonetti maleodoranti dai quali si sprigionavano alte colonne di fumo. L'obiettivo di innalzare al massimo la tensione era riuscito. Oltre il tunnel della ferrovia mi trovai tra il gigantesco pacifico corteo che voleva raggiungere la "linea rossa" invalicabile del G8 e un autentico esercito di polizia in tenuta antisommossa. Iniziò il bombardamento di lacrimogeni, le sirene risuonavano dappertutto, gli elicotteri volavano sulle teste dei manifestanti, la confusione regnava ovunque. Non si respirava quasi più e non si vedeva niente oltre la nebbia. Con alcuni appena sopraggiunti fummo respinti al di là del tunnel e non mi restò altro da fare che incamminarmi mestamente verso il ritorno. Avevo la sensazione che quei lacrimogeni non soltanto mi avessero stordito, ma che anche portassero con sé il sinistro annuncio della fine di tante, immense speranze. Svaniva l'ultima eco del'68, il mondo non sarebbe cambiato da un giorno all'altro, riprendeva per tutti una lunga marcia, senza più mobilitazioni di massa, idee altisonanti e auspici di giustizia e di pace perenni. Tutto ciò trovava ulteriore conferma, mentre ascoltavo la radio, sfrecciando sull'autostrada verso Milano. "Sembra che sia morto un giovane, in piazza Alimonda... sembra che ci siano scontri ovunque..." E più tardi, "sembra che ci sia stata una perquisizione nella caserma di via Diaz che ospitava tanti manifestanti...". Ci voleva poco per capire che dietro a ogni "sembra" c'era una tragica realtà. La morte di Carlo Giuliani è diventata l'emblema del fallimento di uno stato incapace di garantire i diritti e la democrazia, ma anche un riferimento di memoria tuttora vivo, in attesa che quei semi sparsi in quella settimana di Genova possano una volta o l'altra germogliare e fiorire, dopo l'inverno delle Twin Tower, della guerra infinita di Bush, delle crisi finanziarie, degli interminabili conflitti planetari, della totale dimenticanza degli "obiettivi del Millennio", del Covid19...
Ecco, era questo il contesto nel quale era stata concepita, era maturata e si stava per perdere nel vento del tempo l'idea di fare di Gorizia e Nova Gorica la sede delle prime trattative di pace per popoli in guerra e il centro di addestramento dei corpi civili di pace europei. Con Gasparini si pensava già agli istituti religiosi e laici come sedi delle delegazioni, ai programmi da costruire per avvicinare i diplomatici gli uni agli altri, immaginando gite lungo l'Isonzo o sulle colline del Carso. E si ipotizzava l'acquisto di una delle caserme ormai dismesse per creare il campus universitario. Giovani da tutta Europa avrebbero potuto venire a Gorizia e Nova Gorica, vivere comuni esperienze, prepararsi grazie all'apporto delle Università e dei centri accademici. 
Si arrivò al grande convegno sulle città divise, nell'auditorium della Regione in via Roma. Fu il punto vertice del cammino di quegli anni. Poi, sull'onda della repressione di Genova, tutto svanì nel nulla, se ne parlò ancora qua e là, in conventicole di convinti pacifisti, ma non ci fu mai più nulla di pubblico.
Fino a dopodomani, sabato 30 dicembre 2023, quando, dalle 14 alle 19 presso il Conference Center dell'Università di Trieste a Gorizia, il tema di Nova Gorica e Gorizia capitale europea della Cultura dell'Accoglienza e della Pace, sarà al centro della prima parte del convegno nazionale organizzato da Pax Christi in collaborazione con il Comitato permanente per la Giustizia e per la Pace di Nova Gorica e Gorizia. Sarà il rilancio del sogno di oltre venti anni fa? Si capirà l'importanza di un evento come quello che si sta per celebrare? Si uscirà dal convegno con idee chiare su come proseguire tutti insieme un cammino così concreto ed entusiasmante di autentica pace? E' una speranza che travalica la piccola realtà locale e che si diffonde ovunque nel mondo, soprattutto "là dove la terra brucia".

Una "lanterna" per Monfalcone

La lanterna è uno spettacolare periodico di informazione "su salute, territorio e comunità", curato da una redazione composta da persone di Monfalcone e dei dintorni. Raccontano le esperienze di quartiere, con profondità e semplicità, richiamando le cittadine e i cittadini alle questioni più importanti e vitali. In occasione delle festività è uscito il numero 17 della rivista, che fino allo scorso anno è stata diretta niente mano che dal tanto rimpianto Pino Roveredo.

Nell'ultimo numero si parla un po' di tutto, libri, esperienze spirituali, riflessioni sorprendenti. Si pubblica qua l'editoriale, data la concomitanza con l'odierna festività, dedicata ai santi Innocenti. ma si raccomanda di recuperare il fascicolo e di leggerlo con attenzione!


Tra le tante celebrazioni di questo periodo, una non l'ho mai voluta accettare.

Il 28 dicembre i cristiani ricordano i »santi innocenti«, cioè i bambini uccisi per ordine del re Erode che sentiva il proprio potere minacciato da un neonato, adagiato su una culla in una stalla di Betlemme.

Non l'ho mai voluta accettare perché tra tutte le commemorazioni, questa è quella più facilmente e tragicamente attualizzabile. Quante stragi degli innocenti hanno macchiato il mondo negli ultimi 2000 anni? Sembra quasi un divertimento dei »signori della Terra« quello di prendersela con i più piccoli e i più deboli. L'ultima parte del 2023 ha visto bambini rapiti, perseguitati, seviziati un po' ovunque. Ha visto migliaia – qualche fonte dice 10.000 fanciulli massacrati dalle bombe piovute su Gaza. A un'immensa folla di fragili esseri umani è stato cancellato il futuro.

Ma quella »festa« non l'ho mai voluta accettare, perché l'unico a salvarsi è stato paradossalmente colui che la storia avrebbe chiamato il Salvatore. Certo, non ha alcuna colpa diretta, ma secondo il mito evangelico, i soldati hanno strappato gli infanti dalle braccia delle loro madri, pensando che tra essi ci fosse il ricercato numero uno, che invece – grazie al provvidenziale (per lui) avviso degli angeli ai suoi genitori – era fuggito in Egitto.

Forse l'unica spiegazione sta nel fatto che non ci si deve attendere alcun aiuto dal Cielo. Il futuro dell'umanità, cioè del mondo, dell'Italia, di Monfalcone, di ciascuna e ciascuno, dipende esclusivamente dalle scelte umane. Esse possono portare salvezza, come dimostrano le imprese di bellezza e umanità che riempiono di orgoglio il nostro essere semplicemente parte della comunità dei viventi. Oppure possono portare rovina, come le terribili guerre del passato e del presente, note a tutti o completamente dimenticate.

L'augurio della nostra »Lanterna« è allora quello che ognuna e ognuno – iniziando da Via Volta e allargando l'orizzonte al mondo intero – sappia nel nuovo anno che ci attende, incontrare, accogliere, servire, amare chi ci sta vicino, sia esso un familiare, un amico, un collega, un migrante, in ogni caso un fratello. Il piccolo, importante impegno è come una tessera nell'immenso mosaico della pace. Ogni pezzettino di pietra sembra poco significativo, ma se unito agli altri forma un meraviglioso disegno.

Davanti alle troppe stragi degli innocenti, non c'è da fuggire come la Sacra Famiglia davanti alla violenza di Erode. C'è da rimanere saldi, a combattere con le armi della nonviolenza per ottenere, finalmente e ovunque, il trionfo della giustizia e della pace.

Allora ci possiamo reciprocamente augurare un sereno Natale e un impegnativo Anno Nuovo!

giovedì 21 dicembre 2023

Buon solstizio e buon inverno!

Questa notte, alle 4.27 del 22 dicembre, ci sarà il Solstizio. E' il momento in cui il Sole sembra aver raggiunto la meta del suo annuale percorso, per "fermarsi" (ecco l'etimologia) e riprendere poi il cammino in senso inverso.

Il solstizio d'inverno, accompagnato da ricchissime tradizioni culturali e spirituali, segna il momento in cui il Sole, nel suo moto apparente lungo l'eclittica, raggiunge il punto di minima declinazione.

Il giorno del Solstizio d'inverno è quello in cui le ore di buio sono molte di più rispetto a quelle di luce, ma anche il momento a partire dal quale, il Sole riprende progressivamente ad alzarsi sull'orizzonte, i raggi ricominciano pian piano a scaldare e ci si proietta verso la rigenerazione della speranza.

Sotto terra i semi si schiudono e mentre tutto sembra arido e freddo, come se il destino presentito nell'autunno fosse ormai compiuto, nelle tenebre si sta preparando il miracolo dell'esplosione della Vita. Ce ne è abbastanza per collocare in questo periodo le feste più pregne di desiderio di futuro. I popoli preromani adoravano il Sole rinascente, i romani celebravano i Saturnali in onore del Sol invictus - il Vincitore - gli iniziati dei culti mitraici la nascita verginale di Mitra, i cristiani, almeno dal IV secolo, collocano in questi giorni il Natale.

E' come se l'universo intero provasse un brivido di gioia, scaturito dalle pieghe più remote della sofferenza e dell'attesa. Il giorno più breve, quello che ha meno luce da donare e calore da infondere, è quello più coccolato, desiderato, amato. La fragilità e la debolezza diventano lo spazio e il tempo dove attingere la solidità e la forza, il neonato è il re dell'universo, il seme che muore porterà immenso frutto.

Finisce così l'autunno, un autunno in buona parte da dimenticare, con le terribili guerre planetarie, le persecuzioni ideologiche e religiose, le interminabili morti di poveri nel Mediterraneo, le notti all'addiaccio di migliaia di profughi a Trieste e Gorizia, le spaventose impiccagioni di Samira e delle donne vilipese dalla violenza dei mariti in Iraq, i femminicidi di Giulia e di tante altre donne in Italia, le alluvioni, la recrudescenza della crisi economica. 

Inizia la nuova stagione, l'inverno che prepara il grande rinnovamento della Natura. E' un illusione pensare che "tutto andrà bene", anche all'indomani del primo Natale che ha annunciato l'arrivo del principe della pace. c'è stata la strage degli innocenti. Non salvano il mondo un banale ottimismo o la selva di auguri di ogni bene che ci si scambia in questi giorni. 

E' solo l'umana responsabilità a rendere possibile che dal solstizio inizi un percorso nuovo, di pace autentica e di giustizia universale. E' la responsabilità di ogni essere umano, ciascuno secondo le proprie competenze e capacità, cominciando dal proprio cuore e allargando via via l'orizzonte per abbracciare tutto il Mondo.  

Buon solstizio allora, e buon inverno!

mercoledì 20 dicembre 2023

Benedetta benedizione!

Sposi etruschi, Museo di Volterra
Fiducia supplicans. 

Un bel dono di Natale, è il titolo della dichiarazione della Congregazione per la dottrina della Fede intorno alla benedizione di coppie unite da un vincolo fino a qualche tempo fa definito "irregolare" dalla Chiesa cattolica.

Pur con tutti i se, i ma e i distinguo, il documento è molto importante. Al di là delle dichiarazioni un po'estemporanee dell'attuale vescovo di Roma Francesco, questa è la prima volta che la cosiddetta Santa Sede, con l'approvazione del Papa, pubblica un testo nel quale viene affermata la liceità, anzi l'opportunità che i preti possano impartire la benedizione di Dio alle coppie omosessuali o eterosessuali che ne facciano richiesta,

Non è molto, il cammino verso la ridefinizione completa del sacramento sponsale è ancora molto lungo. Ma non è nemmeno poco, si è aperto uno spiraglio che si potrà progressivamente allargare. Nel lontano 2007, in uno dei miei ultimi scritti sul tuttora ottimo settimanale diocesano Voce Isontina, sostenevo che oltre a sostenere le legislazioni statali in materia, la Chiesa avrebbe dovuto immaginare la dimensione sacramentale dell'amore omosessuale. Argomentavo in modo teo-logico, evidenziando come, se il sacramento è ciò che rende visibile l'invisibile presenza del divino, ogni forma di autentico Amore può essere considerata manifestazione sacramentale di Dio, definito da 1Gv.4,17 proprio con il termine "Agape". Quando due persone si donano reciprocamente nella pienezza di tale sentimento, l'Agape è presente tra loro. Sono passati sedici anni da allora, le reazioni di quel tempo non si fecero molto attendere e la maggior parte di esse non furono particolarmente positive. Il passo del documento odierno - pubblicato da una delle più importanti istituzioni della Chiesa cattolica - se non dice nulla di tutto questo, va tuttavia esattamente nella direzione di cui avevo scritto, affermando come la coppia che sperimenti l'esperienza dell'amore, comunque essa sia formata, sia degna di essere benedetta, cioè "detta bene" da Dio.

Insomma, si è in cammino e, come si suol dire, meglio tardi che mai. Si pensi alle coppie di omosessuali cristiani, ma anche a divorziati risposati o a coppie di fatto che per necessità o scelta decidono di non sposarsi. Oggi tutte queste persone possono sentire su di loro la benedizione di Dio, che peraltro finora veniva negata solo a esse. Questo è infatti il paradosso. I preti benedicono di tutto, animali, piante, negozi, banche e uffici turistici, perfino caserme e - ahimé - armi con le quali uccidere altri esseri umani. Possono benedire tutto, ma finora - almeno ufficialmente - non potevano benedire due persone unite dallo straordinario vincolo dell'Amore. Oggi questo può accadere e ci si può solo immaginare la gioia di chi si sente accolto con piena dignità nella famiglia di Dio.

Ben venga quindi il documento della Congregazione, primo frutto del recente Sinodo, che sia il primo passo ufficiale di un ben più ampio, necessario e coraggioso cambiamento profondo della teologia del matrimonio. Valorizzare e sostenere tutto ciò che ha a che fare con l'amore, significa avvicinarsi di più alla parola e all'esempio del Maestro e al suo unico comandamento "nuovo". A proposito, dal documento scaturisce, per il momento implicitamente, un'importante conseguenza. Se Dio benedice, vuol dire che vuole dire ma anche dare il bene. Il che significa che quello dell'Eucarestia è un dono da accogliere con entusiasmo e non un premio che ci si deve sudare e ottenere soltanto dopo aver ricevuto il salvacondotto della confessione. E' lo stile evangelico di Gesù, l'incontro senza precondizioni con l'altra/altro da sé. Ed è lo stile che dovrebbe caratterizzare i suoi discepoli, non quello del giudizio dei sommi sacerdoti, degli scribi e dei farisei di ogni tempo, che dall'alto dei loro tristi scranni, pensano di poter decidere loro chi Dio voglio benedire e chi invece no.

martedì 19 dicembre 2023

LETTERA DI NATALE 2023 BOŽIČNO PISMO 2023

Sono passati oltre venti anni, da quando un gruppo di preti delle diocesi del Friuli Venezia Giulia, hanno iniziato a scrivere la "Lettera di Natale", un'occasione per riflettere insieme alle cittadine e ai cittadini sui temi internazionali, nazionali e locali che interessano il momento presente.

Alcune firme purtroppo non ci sono più, mancano tanto il primo ideatore, don Pierluigi Di Piazza come pure il saggio amico gesuita Mario Vit. Ma ce ne sono molte nuove, non più confinate soltanto nel FVG e a Padova, ma anche a Brescia e a Mestre, con i volti intelligenti e creativi di don Nandino Capovilla e don Fabio Corazzina. Si sono aggregati anche i laici, comprese alcune associazioni laicali particolarmente entusiaste di partecipare all'esperienza.

Balza subito agli occhi una grande novità, la stesura di un unico libretto scritto in italiano e in sloveno. E' una scelta importante, corroborata dalla presenza in fase di elaborazione di pater Bogdan Knavs, il vivace e avvincente priore del monastero di Monte Santo/Sveta Gora, sopra le Gorizia. Con questa scelta e l'allargamento alla dimensione internazionale, si vuole ribadire il segno positivo della Capitale europea della Cultura 2025. Una zona che ha visto spargere tanto sangue in guerre e conflitti di ogni genere, oggi il principio dell'unità nella valorizzazione della ricchezza delle diversità potrebbe creare un esempio virtuoso e carico di speranza da indicare a tutti i luoghi in cui ancora "la terra brucia".

Accanto al tema della speranza, c'è il tradizionale e purtroppo sempre attuale tema della denuncia della guerra, con tutto ciò che essa comporta e con i mastodontici interessi economici che non riesce a nascondere. come non ricordare gli oltre cento conflitti presenti oggi nel mondo e come non riferirsi alle terribili immagini dall'Ucraina e dalla Palestina, dove Israele ha colto al balzo la tragica occasione degli attentati del 7 ottobre per perpetuare un vero e proprio genocidio nei confronti degli abitanti - soprattutto bambini! - della Striscia di Gaza. La lettera ribadisce la necessità del metodo della nonviolenza attiva, ovvero la possibilità di risolvere le controversie mai con le armi che producono solo ulteriore devastazione e desiderio di vendetta, ma con al forza dell'intelligenza, del dialogo e della trattativa.

L'immagine che accompagna tutto il testo è quella del viandante, colui che attraversa le città, i campi e le periferie, lasciandosi interpellare da ciò che vede e ciò che ascolta, portando la potenza del proprio essere disarmato. Il cammino è una costante metafora della vita, più lo si affronta senza sicurezze, più ci si affida all'accoglienza da parte di tutto ciò che è umano e più si è credibili nel proporre di costruire insieme un mondo senza armi e senza ingiustizie sociali. Naturalmente tale riferimento non può che portare immediatamente anche a pensare alle decine di migliaia di donne, uomini e bambini che sfidano il mar Mediterraneo e i Balcani per poter giungere nel territorio dell'Unione Europea. Il loro trattamento sui confini di Trieste e Gorizia, la dimenticanza e l'abbandono dovrebbero - ma così non avviene - interpellare le coscienze e avviare una nuova stagione di politiche di accoglienza e di condivisione e non di respingimento e di rifiuto.

Sono temi attuali, che suscitano giusto e ragionevole confronto a ogni livello, anche tra gli stessi firmatari. Come è scritto in un passo del testo, questi tempi non sono quelli dell'indifferenza o della delega. Comunque la si pensi, oggi è indispensabile "essere di parte". Anche perché, se non si è di parte, non può esistere un serio dialogo fra punti di vista diversi, unica possibilità per contrastare la logica del bipolarismo assoluto, su qualsiasi argomento, dove ciascuno resta ancorato al proprio pensiero sostenuto dai propri supporter e dove difficilmente si genera l'arte dello scambio, della reciproca conoscenza, del rispetto, se non dell'individuazione di un accordo tra le diverse posizioni.

La lettera verrà diffusa capillarmente nei prossimi giorni, è possibile scaricarla direttamente dal sito del Centro Balducci di Zugliano, a questo link: http://www.centrobalducci.org/easyne2/LYT.aspx?Code=BALD&IDLYT=359&ST=SQL&SQL=ID_Documento=4398

lunedì 18 dicembre 2023

Voglia di filosofia

L'evoluzione della tecnologia impone nuovi problemi etici. L'intelligenza artificiale può sostituire molte fatiche dell'uomo, contribuendo a migliorare la qualità della sua esistenza. La medicina consente di curare malattie fino a pochi anni fa senza speranza, la genetica permette di compiere autentici miracoli. La fisica consente di conoscere la composizione dell'Universo nel suo insieme e nei suoi minimi particolari, l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande. Il funzionamento delle cellule, l'esistenza dei virus e dei batteri, i missili che indagano le profondità oscure e gli spazi interstellari e gli aerei supersonici che consentono di passare in una manciata di ore da una parte all'altra del Pianeta... 

Fino dove può arrivare la ricerca umana, fin dove si può spingere l'intelligenza, c'è un limite nell'approfondimento scientifico e tecnologico?

Dando per scontato - almeno per ora - che la questione non sia la tecnologia in sé, ma il modo di utilizzarla, le domande che ci si pone sono di ordine "etico". L'etica è la filosofia del comportamento, del singolo soggetto come dell'intera collettività. Ma esiste una sola "etica", un solo modo di concepire il "bene" e il "male"? O non dobbiamo parlare di tante diverse "etiche" che devono trovare il modo di confrontarsi per trasformarsi anche in scelte "politiche"?

Ci sono due punti da approfondire.

Il primo riguarda "fino a che punto" possano procedere la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico. Lo ha già definito, sia pur embrionalmente, il "cogito ergo sum" cartesiano. Se l'essere precede il pensiero, quest'ultimo altro non ha da fare che cercare di conoscere tutto ciò che esiste, cercandone le cause e rispettando senza alcun dubbio i parametri naturali prefissati dal Creatore. Ma se è il pensiero a precedere l'essere, non esiste più alcuna "scatola" predefinita e il tempo/spazio dell'intelligenza umana coincide con quello dell'intero Universo. Ed è un Universo (o poliuniverso) in espansione, senza alcuna possibile frontiera. Quindi sì, la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico non possono avere limiti.

Il secondo tema è legato alla dimensione "politica". Chi esercita l'"arte di governare la città" deve porsi il problema di come far sì che tale sviluppo potenzialmente inesauribile, possa essere compatibile con il "bene" e non provocare il "male" agli esseri umani, ma anche alla natura nel suo insieme. In questo campo, si assiste a un continuo cambiamento, la cosiddetta "etica" deve correre dietro alle nuove scoperte e dare a esse supporto, non viceversa. Così, questioni che un tempo erano definite inaccettabili, oggi sono accolte da quasi tutti, senza troppi problemi, come per esempio la tecnologia dei trapianti, la procreazione assistita, la contraccezione, la sedazione antidolorifica, per rimanere nel contesto di tematiche che riguardano la vita quotidiana. Altre, che oggi sembrano tuttora lontane dall'essere patrimonio del pensiero comune, come per esempio la clonazione umana, potranno diventare tali in breve tempo.

In altre parole, la politica, sulla base delle rapide trasformazioni culturali, è l'unico possibile - del tutto fragile, momentaneo e continuamente superabile - limite al potere della scienza e dello sviluppo tecnologico. In altri tempi, l'assolutismo consentiva di identificare il bene o il male nella corrispondenza o meno al volere divino, che in realtà di divino non aveva nulla, se non la convinzione di chi lo gestiva di esserne autorevole, autentico, addirittura infallibile interprete. Oggi, in tempi di libero pensiero, la forma politica corrispondente si chiama "democrazia" e in essa a stabilire i rapporti di forza è quell'elemento estremamente manipolabile che si chiama consenso, espresso nel voto popolare.

E' possibile trovare un punto di incontro tra la necessità di rispettare la coscienza soggettiva e quella di ricercare qualche elemento oggettivo condiviso, che consista di raggiungere una certa unanimità su alcuni punti decisivi per il futuro dell'umanità? E' possibile che il dialogo tra scienza e politica non sia fondato su veti contrapposti, ma sulla constatazione del vero bene del Pianeta e dei suoi abitanti?

Non è facile trovare risposte rassicuranti, anche perché non ne esistono. E' invece evidente come sia necessaria, più che mai, una nuova sintesi filosofica in grado di dare supporto alle grandi scelte che determineranno il futuro dell'umanità, nell'epoca del pluralismo e della multiculturalità. 

domenica 17 dicembre 2023

Corpi civili di pace, per uscire dal tunnel

Fine dicembre a Gorizia all'insegna della pace. La sera dell'ultimo dell'anno ci sarà l'annuale "marcia", promossa dalla Conferenza episcopale italiana. Per la prima volta sarà transfrontaliera, partendo da Oslavia e raggiungendo la con-Cattedrale di Nova Gorica. Si parlerà di giustizia  e di accoglienza e sono previsti interventi mirati, con testimonianze online dalla Palestina e dall'Ucraina.

La mattina del 31, come ogni anno, si rifletterà sull'intrigante tema "intelligenza artificiale e pace", sulla base del ricorrente messaggio del Papa per la Giornata della pace dell'1 gennaio.

Per i Goriziani, l'appuntamento più importante sarà il 30 pomeriggio, presso il Conference Center della sede goriziana dell'Università di Trieste. Si parlerà di corpi civili di pace europei, riprendendo un'intuizione dell'inizio degli anni '90 del ventesimo secolo. 

Ci si propone infatti di sottolineare come proprio Nova Gorica e Gorizia possano essere i luoghi ideali per avviare le trattative tra i popoli in guerra. E anche di pensare a questo territorio come lo spazio per formare i corpi civili di pace europei, giovani competenti e professionalmente preparati che possono inserirsi nei meandri delle guerre attuali per offrire la possibilità della trattativa piuttosto che del massacro. E, con i tempi che corrono, davanti al genocidio di Gaza e all'interminabile guerra in Ucraina, potrebbe proprio essere la centratura di una nuova possibilità. Sulla destra, il programma completo del convegno. 
 

domenica 10 dicembre 2023

10 dicembre 1948-10 dicembre 2024. Il testo integrale della Dichiarazione.

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI 

Preambolo Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo; Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo; Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione; Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni; Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà; Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali; Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni; L'ASSEMBLEA GENERALE proclama la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione. 

Articolo 1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. 

Articolo 2 Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità. 

Articolo 3 Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona. 

Articolo 4 Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma. 

Articolo 5 Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti. 

Articolo 6 Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica. 

Articolo 7 Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione. 

Articolo 8 Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge. 

Articolo 9 Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato. 

Articolo 10 Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta. 

Articolo 11 1. Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa. 2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetuato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso. 

Articolo 12 Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni. 

Articolo 13 1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. 2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese. 

Articolo 14 1. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni. 2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite. 

Articolo 15 1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza. 2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza. 

Articolo 16 1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento. 2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi. 3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato. 

Articolo 17 1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri. 2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà. 

Articolo 18 Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti. 

Articolo 19 Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere. 

Articolo 20 1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica. 2. Nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione. 

Articolo 21 1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti. 2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese. 3. La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione. 

Articolo 22 Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità. 

Articolo 23 1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione. 2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro. 3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale. 4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi. 

Articolo 24 Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite. 

Articolo 25 1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà. 2. La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale. 

Articolo 26 1. Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito. 2. L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace. 3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli. 

Articolo 27 1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici. 2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore. 

Articolo 28 Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati. 

Articolo 29 1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità. 2. Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica. 3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle Nazioni Unite. 

Articolo 30 Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

sabato 9 dicembre 2023

Senza il dubbio non c'è il dialogo

Pace. Certo, invochiamo con tutte le forze: "Pace".

E' difficile dirlo senza cadere nella retorica osservando le immagini dei bambini trucidati a Gaza, i prigionieri palestinesi orribilmente vilipesi in diretta planetaria o ascoltando le testimonianze degli israeliani sopravvissuti agli attentati del 7 ottobre.

Il problema è che dopo averla invocata, ci si divide radicalmente quando si cerca di trovare un percorso per realizzare la pace. In questo modo, anche nei dibattiti quotidiani, che spesso ricalcano quelli incessanti dei salotti televisivi, ognuno prende una posizione ritenendo la propria "ragionevole" e quella di chi la pensa diversamente "folle". Così non se ne viene fuori, come dimostrano le terribili e sanguinose guerre croniche che seminano morte e distruzione un po' ovunque. Ognuno dei contendenti è convinto di avere tutte le ragioni e che l'avversario abbia tutti i torti e sulla base di questo postulato giustifica ogni sorta di violenza, sopraffazione e umiliazione dei propri simili.

Il bipolarismo sta soffocando due elementi fondamentali del pensiero e della relazione tra esseri umani. Il primo è il dubbio, il secondo è il dialogo che, per essere costruttivo, presuppone contemporaneamente e paradossalmente sia la convinzione che l'incertezza.

E' difficile proporre il dubbio, si viene tacciati immediatamente di stare da una parte contro l'altra. Se si dice, senza per questo giustificarla, che l'invasione dell'Ucraina ha delle ragioni nella sofferenza dei russi del Donesk e del Donbass e che comunque tale guerra non si potrà mai risolvere con l'invio ininterrotto di armi da parte di Europa e USA, si viene immediatamente accusati di essere filoputiniani da azzittire nel più breve tempo possibile. Se si pone in dubbio la crudeltà e l'opportunità dell'azione dell'esercito russo, si viene tacitati immediatamente come guerrafondai incantati dal pifferai magico Zelen'sky. Se si protesta contro contro Israele per il massacro di bambini, donne e uomini a Gaza e si sottolinea il diritto dei Palestinesi a essere liberi e indipendenti, si viene accusati di favorire il terrorismo, se non addirittura di voler risuscitare i fantasmi spaventosi dell'antisemitismo. Se si stigmatizza un atto terrificante come  quello del 7 ottobre e si solidarizza umanamente con le migliaia di vittime e con gli ostaggi trattenuti da Hamas, c'è subito qualcuno che ti accusa di essere un sionista peggiore di Netanyahu. In precedenza, se ci si dichiarava di essere a favore dei vaccini contro il covid, subito arrivava la freccia di chi sosteneva che chi la pensava così altro non fosse che un servo del Potere. Al contrario, se si esprimeva anche un minimo ragionevole dubbio, si veniva collocati dalla parte dei novax, additati alla pubblica deplorazione e collocati sulla colonna dell'ignominia.

Insomma, ciò che si vuol dire è che se non ci si comincia ad ascoltare, a compiere l'ammirevole sforzo di comprendere (attenzione, ciò non vuol dire giustificare) le ragioni dell'altro, non se ne uscirà mai. La virulenza del dibattito televisivo si ripercuote nell'incapacità di affrontare serenamente i temi nelle case e questa drammatica impotenza non farà altro che alimentare la sicurezza degli uni e degli altri, gli uni contro gli altri armati. Se non saremo capaci di confrontare i nostri pensieri cercando di trovare delle ragioni comuni che ci permettano di andare avanti, non ne usciremo mai. 

Sì, ma per confrontare i pensieri occorre averne e la fatica di trovare soluzioni nobilmente politiche è espressione di quello che sembra essere oggi il problema dei problemi, ovvero la mancanza di una filosofia, o meglio, di più filosofie all'altezza dell'urgenza dei tempi. Solo la Filosofia può salvare il mondo. Ma questo è un altro argomento...

venerdì 8 dicembre 2023

La morte di Dario Stasi, un grande vuoto in città

Con la morte di Dario Stasi, Gorizia perde un punto di riferimento molto importante. Al di là della sua vita familiare e lavorativa, è stato un autentico protagonista del cammino verso l'abbattimento dei muri - fisici e mentali - esistenti tra Nova Gorica e Gorizia.

Fine conoscitore della storia e grande comunicatore, ha lanciato l'intuizione della rivista Isonzo/Soča. Grazie alla sua ferrea volontà, è riuscito a creare una rivista bilingue in tempi molto lontani da quelli attuali, oltre 110 fascicoli pregni di vicende del territorio, raccontate dai maggiori studiosi, esperti e appassionati, del territorio. Fin quando ha potuto, ha percorso in bicicletta i più remoti angoli della zona, i suoi itinerari sono confluiti nel bellissimo libro "Intorno a Gorizia". Ha sensibilizzato tutti su alcuni aspetti particolari, si deve a lui la proposta e la realizzazione della lapide dedicata ai capi della rivolta dei Tolminotti, assai opportunamente collocata nella piazza delle esecuzioni. Ha amato profondamente Aquileia, leggendo tutto ciò che è stato finora pubblicato e proponendo sempre interpretazioni originali, anche se spesso legittimamente discusse e discutibili. Da questo punto di vista, ha cercato di unire i mondi che fanno capo ad Aquileia, sostenendo anche l'affascinante tesi secondo la quale la via che univa Aquileia con Lubiana, la romana Emona, fosse la via Gemina. Il suo progetto di scrivere un libro sull'argomento e di produrre un documentario non era solo un'espressione di erudizione, ma un atto di amore nei confronti di una terra da lui descritta come crogiuolo di popoli, lingue e culture chiamate a essere in reciproco ascolto e fraterna condivisione.

14.04.2015, presentazione in Senato: Grasso Stasi Romoli Marini Fasiolo 
L'attenzione alle vicende relative al confine l'hanno portato a realizzare un altro grande progetto, quello della mostra sul "secolo lungo" goriziano, presentata a Gorizia, Nova Gorica e perfino nella prestigiosa sede del Senato della Repubblica Italiana. Da quella esposizione, che era riuscita a mettere insieme sensibilità politiche e culturali assai diverse fra loro, sono derivati anche i cartelloni illustrativi del Novecento Goriziano, che tuttora possono essere contemplati, con ammirazione per l'intelligenza della scelta dei temi e dei testi, presso i Giardini pubblici di Corso Verdi e davanti alla facciata della chiesa di Sant'Ignazio. Da no dimenticare sono le numerose gite, organizzate e guidate da Dario, anche in questo caso pionieristiche uscite alla conoscenza di Nova Gorica, Kromberk, Solkan e le valli dell'Isonzo/Soča e del Vipacco/Vipava.

Dal punti di vista politico Dario Stasi, dai tempi delle contestazioni studentesche del '68 goriziano fino ai giorni nostri, è sempre stato uomo di sinistra, ma sempre controcorrente. Vivace sostenitore delle proprie idee, si è sempre dimostrato aperto al confronto e al dialogo con tutti, anche con chi la pensava in modo diametralmente opposto al suo. Il suo orgoglioso libero pensiero non gli ha portato soltanto simpatie e adesioni, ma anche forti contrapposizioni, da lui sempre superate in vista dell'obiettivo fondamentale di riconoscere in Nova Gorica e Gorizia un'unica città unita nelle sue diversità. In fondo la proclamazione della Capitale europea della Cultura 2025 porta dentro di sé tanto dell'opera, a volte silenziosa a volte eclatante, del nostro "direttore". se dal punto di vista giornalistico, il suo capolavoro è stato Isonzo/Soča, dal punto di vista culturale e politico non si può dimenticare la co-fondazione del Forum per Gorizia nel 2005 come pungolo costruttivo nei confronti dell'amministrazione comunale guidata dal sindaco Vittorio Brancati. L'impegno di un centinaio di persone entusiaste, riunite di fatto proprio intorno a Dario Stasi nelle elezioni amministrative del 2007, ha portato il candidato sindaco del Forum a un passo da un possibile ballottaggio con il primo Ettore Romoli, nonché ben sei consiglieri nell'assise comunale. In questo senso, e non solo, il pensiero e l'azione di Dario hanno inciso anche sui cambiamenti esistenziali che hanno riguardato molti di noi. E di questo, personalmente, non finirò mai di conservare un pensiero colmo di gratitudine e di rispetto.

Caratterialmente, Dario Stasi è stato persona molto forte, con la quale non era difficile trovare anche momenti delicati, se non di scontro, almeno di assai vivace dialettica. Ciò che era comunque bello con lui, era la capacità di perdonarsi, andando oltre anche agli eccessi delle discussioni più accese, per sorriderci sopra riconoscendo che da ogni confronto si usciva arricchiti e ci si decideva a impegnarsi ancora più profondamente per la causa comune.

Cosa dire infine, sapendo di aver tralasciato tanto, in questo ricordo immediato, colmo di tristezza e di emotività. E' difficile immaginare la cultura della città senza Dario Stasi, anzi quasi impossibile. L'unico auspicio è che molti dei semi da lui gettati, coltivati e fatti crescere, siano portati a maturazione da chi con lui ha condiviso prospettive, battaglie culturali e azioni politiche. 

Un abbraccio a Nadia e agli altri suoi familiari e amici. E' difficile scrivere "che riposi in pace" a una persona che non è mai stata tranquilla e che ha investito tutto il suo tempo e le sue energie al servizio del Bene! Forse, Dario, basta dire che ci mancherai tantissimo e che lasci un grande spazio vuoto nella nostra città.

giovedì 7 dicembre 2023

Perché si cammina (realmente o metaforicamente) nella vita?

La Francigena, partenza del tratto dal San Bernardo a Roma
Mai come in questo tempo le persone camminano. La stragrande maggioranza non lo fa per motivi religiosi, culturali o sportivi. Lo fa per necessità, affrontando lunghissimi e pericolosi percorsi per fuggire dalla fame, dalle guerre, dalle persecuzioni ideologiche. Lo fa perché spera in un futuro migliore e per questo è disposta a rischiare di perdere tutto e di morire, come ben sanno coloro che attraversano a piedi il deserto del Sahara, salgono sulle carrette che hanno trasformato il Mediterraneo in cimitero, attraversano i monti, i boschi e i fiumi dei Balcani.

Sono loro i veri camminatori, i pellegrini del nostro tempo. Tuttavia è degno di nota il fatto che, anche nel ricco e opulento Occidente, i viandanti si siano moltiplicati. Non quelli che investono tutta la loro esistenza percorrendo le strade del mondo, ma quelli che per una settimana o un mese smettono il vestito gessato, lasciano gli uffici rinfrescati dai condizionatori, abbandonano i soffici letti ordinari per vivere un’esperienza del tutto diversa. Per una settimana o per un mese ci si mette in gioco, si fa fatica portando lo zaino di dieci chili sulle spalle – anche se oggi i pulmini consentono di trasferire i bagagli da una parte all’altra – si accettano le vesciche sui piedi, si dorme in cameroni con altri cinquanta, sessanta, addirittura cento (a Roncisvalle) colleghi, iscritti di solito al campionato dei russatori. Anche qui, c’è da dirlo, ormai molti si portano dietro una buona carta di credito con la quale si possono aprire porte di alloggi ben più confortevoli dei comunque suggestivi “ostelli” disseminati un po’ ovunque.

Nel 2005, ai tempi del “mio” primo lungo percorso, erano molto conosciuti soltanto il “Cammino” di Santiago de Compostela, la Francigena verso Roma e forse il Cammino di San Francesco tra Umbria e Toscana. Oggi è diventata una moda, non soltanto decidere di iniziare un cammino, ma anche di idearlo e proporlo alla massa di sedicenti (nel senso che così amano essere definiti) pellegrini, viandanti, esploratori, ecologisti e chi più ne ha più ne metta. A livello europeo, ai classici si sono aggiunti la via Postumia, la Romea Strata, quelli di San Martino di Tours dall’Ungheria alla Francia, dei Santi Cirillo e Metodio, il Cammino Celeste – da me e altri amici fondato nel 2006, sicuramente tra i primi dieci “nuovi” in Italia - la Via Flavia, la Via d’Allemagna, dalla Germania a Roma, ora la Via della Capitale Europea della Cultura, da Aquileia a Sveta Gora, solo per citare quelli che hanno a che fare con Aquileia e con il Friuli Venezia Giulia.

Tutti questi percorsi, qualcuno più qualcuno meno, hanno sempre più interessato sociologi, filosofi, ma anche operatori turistici ed economici. Ciò che un tempo sembrava un’eccentricità di pochi, passare le vacanze camminando o andando in bicicletta, armati di tenda o del coraggio di bussare a una porta per chiedere ospitalità, oggi è diventata un’opzione sempre più gettonata, anche grazie alla comprensione di una serie di elementi ovvii: marciare o pedalare, possibilmente su strade sterrate o comunque poco trafficate, fa bene alla salute, favorisce la contemplazione della natura e la bellezza degli incontri con i propri simili, consente abbastanza anche se non troppo di risparmiare, per chi ha maggiore sensibilità, contribuisce a migliorare la qualità dell’aria e a combattere i cambiamenti climatici, senza inondare di anidride carbonica il Pianeta.

Per questo, fiutato l’affare, attorno ai cammini è fiorita una vera e propria industria turistica che da una parte ha reso possibile la pubblicizzazione e la diffusione di questo modo ormai non più alternativo di andari in vacanza, dall’altra ha affievolito l’istanza ideale, avventurosa e pionieristica dei primi tempi.

Ma, al di là delle opportunità e dell’indotto portato dall’organizzazione sistematica dei cammini moderni, se ci chiediamo quale sia il motivo del loro straordinario successo, arriviamo paradossalmente a chiudere il cerchio con le tesi iniziali. Premesso che questi che chiamo “cammini moderni” sono riservati a pochissimi privilegiati appartenenti a quel 20% di abitanti del Pianeta che se lo possono permettere in quanto dotati di sufficienti risorse fisiche ed economiche, la domanda più profondo è: perché piace “camminare”? perché utilizzare le ferie in questo modo, dopo un anno di lavoro svolto in condizioni spesso difficili e stressanti?

La risposta non superficiale è: camminiamo perché desideriamo sopravvivere. Certo, gli eroi del cammino sono i già citati migranti, che lasciano una terra nella quale la vita è diventata impossibile, per donare una prospettiva di sopravvivenza a sé stessi, alle loro famiglie e ai loro popoli. Portano con sé la forza del rischio, la passione per la vita e la convinzione dell’assoluta necessità e per questo fanno paura a chi è sprofondato nelle sicurezze della falsa ricchezza e a chi non crede ad altro che alla necessità difendere la roccaforte sempre più vuota dei propri privilegi. Il pensiero a loro e alla difficoltà che si ha ad accoglierli (come Rstutus che nel IV secolo venendo dall’Africa era stato accolto ad Aquileia “più che dai suoi stessi genitori”), tuttavia ci rimanda anche al perché si decide di smettere per un mese di essere nel tran tran assillante della vita quotidiana per mettersi in gioco sulle ben più comode vie pedonabili o ciclabili dell’Europa. Si cammina perché si vuole cercare – e possibilmente trovare – un senso nella Vita. I pellegrini antichi camminavano per anni per raggiungere la Terra Santa, Compostela o Roma, perché raggiungendo quei luoghi e toccando il sepolcro vuoto e le reliquie di chi aveva visto, sentito e toccato Gesù, trovavano la forza di ritornare a casa completamente trasformati, con un nuovo senso con il quale affrontare la vita. Lo stesso valeva per i pellegrini dell’Islam alla Mecca, dell’ebraismo, finché è stato possibile, al Tempio di Gerusalemme, degli indù alla Kumbamela, alla confluenza tra Gange e Bramaphutra. Lo stesso vale oggi, qualunque sia la motivazione per la quale ci si mette in cammino. Si cerca per sé una storia diversa da quella che si vive ordinariamente, ci si vuole affrancare da quella sottile insoddisfazione che coinvolge tutti coloro che possiedono i beni materiali ma hanno perso la strada verso la felicità. I cammini moderni, con tutta l’opportunità e i limiti che rivestono, sono delle occasioni per scoprire un altro modo di essere. Si affrontano i (piccoli) rischi e disagi del percorso per raggiungere delle mete preordinate, ma con la consapevolezza che la vera meta è il cammino stesso e non la meta. Quella settimana, quel mese trascorsi a 4 chilometri all’ora, nella condivisione con altri esseri umani portatori di diverse lingue, culture, concezioni della vita, correggono lo sguardo sulla realtà, permettono di scoprire nuovi valori, aiutano a ritrovare una risposta ai tanti perché che ogni vita porta con sé. In una parola, aiutano a tornare, almeno per un po’, cambiati nel profondo, a scoprire che sì, forse vale ancora la pena vivere, vale ancora la pena dedicare il proprio tempo e il proprio spazio a generare ancora Vita e a lottare perché la Vita di ogni nostro simile sia piena di dignità, di giustizia e di bellezza.

martedì 5 dicembre 2023

Da 25 anni Aquileia è sito UNESCO

Aquileia (opera di Valentina Feresin)
Con una solenne introduzione, svoltasi nella Basilica di Aquileia, sono iniziate le celebrazioni del 25mo anniversario della proclamazione del sito UNESCO. La stessa straordinaria Basilica, insieme alle aree archeologiche, è stata inserita quindi nel Patrimonio appartenente a tutta l'umanità.

Per coloro che lavorano ad Aquileia è un onore e una grande responsabilità. Cosa significa che un sito archeologico è "patrimonio dell'umanità"? Che tutti, ma proprio tutti gli esseri umani ne sono in qualche modo proprietari. Per questo il tema dell'accessibilità e dell'inclusività è uno dei temi principali.

Il lavoro degli archeologi e degli studiosi è finalizzato a rendere pubblico tutto ciò che ancora si trova nascosto nelle profondità della terra, offrendo criteri ermeneutici e spiegazioni esaurienti. E' tuttavia assai importante anche l'aspetto infrastrutturale. Se le barriere architettoniche impediscono a una persona con disabilità motorie di entrare in una chiesa, come fa a "godere" di un bene comune che è anche suo? E se una persona non vedente non ha gli strumenti per poter "leggere" le opere d'arte, non è di per sé stessa esclusa da ciò che le appartiene? Ma c'è anche da domandarsi come procedere, per ciò che concerne le nuove sempre più numerose povertà. Può una famiglia permettersi di spendere un centinaio di euro per visitare i siti archeologici, quando già si fa fatica ad arrivare a fine mese? Non si può nemmeno tacere sulla presenza, ovviamente purtroppo assai scarsa, di coloro che provengono dai Paesi più poveri o dei migranti impegnati nella ricerca di una mera sopravvivenza. Come conciliare la necessità di garantire la custodia dei beni, la realizzazione delle necessarie infrastrutture e la soddisfazione dei turisti con quella di permettere a tutti di entrare e partecipare, proprio a tutti indipendentemente dalle capacità professionali ed economiche?

La scelta di consentire l'ingresso gratuito a coloro che non abbiano ancora compiuto i 18 anni fa parte della più volte oggi lodata scelta di collaborare insieme, tutti gli enti in Aquileia, per una più efficace promozione del territorio. Ma non è solo una decisione strategica, bensì anche ideale, un messaggio alle giovani generazioni, un modo di far comprendere loro quanto interessi la loro presenza e quanto sia indispensabile che anch'essi recepiscano il messaggio che arriva da chi ci ha preceduto. Certo, è una piccola perdita economica, ampiamente compensata dal significato del gesto. E' solo un inizio, per aprirsi a nuove grandi sfide, tutte legate a trasformare i siti più importanti della storia in altrettanti messaggeri di bellezza, di giustizia ed equità, di profonda pace nel mondo.

Il convegno di Aquileia proseguirà mercoledì e giovedì, trattando temi estremamente interessanti e avvincenti.

Per chi desidera godersi un'ora di immersione nella fede e nella storia di Aquileia, si consiglia la visione di "Sublime Aquileia" su Rai Storia: https://www.raiplay.it/video/2023/11/Italia-viaggio-nella-bellezza---Sublime-Aquileia---04122023-874e3af9-82a8-426d-86ee-f010184ae384.html

venerdì 1 dicembre 2023

Un dicembre assai intenso...

Inizia un dicembre pieno di appuntamenti importanti.

Si comincia con un grande convegno che celebra i 25 anni dalla proclamazione del sito UNESCO della Basilica e delle zone archeologiche di Aquileia. Tra il 5 e il 7 dicembre, con inizio martedì 5 alle ore 10.30 nella prestigiosa cornice della Basilica, si alterneranno politici, economisti, operatori culturali, studiosi di fama internazionale per ricordare in modo concreto e prospettico il significato della nomina ottenuta nel dicembre 1998. Patrimonio UNESCO vuole dire impegno affinché ogni essere umano, in qualunque situazione si trovi, possa conoscere ed entrare in relazione con ciò che gli appartiene.

Interessante serata è quella proposta dall'anpi, martedì 5 dicembre, alle ore 17 presso il Kulturni dom di Gorizia. Il titolo è "Che genere di voto". Si tratta di un'interessante indagine sulla rappresentanza femminile nell'isontino alle prime elezioni del secondo dopoguerra. Verrà inaugurata una mostra e ci saranno numerosi interventi di storiche ed esperte del tema, moderate da Anna Di Gianantonio. 

Nel frattempo a Gorizia Lega Coop Friuli Venezia Giulia, propone per mercoledì 6 dicembre, dalle 9.30 in poi in Palazzo Lantieri, la presentazione del proprio bilancio sociale. E' un'ottima occasione per verificare il percorso verso Nova Gorica con Gorizia capitale europea della cultura 2025. Dialogheranno fra loro i responsabili di istituzioni locali e internazionali, di settori importanti della comunicazione, della cooperazione e del commercio del Friuli Venezia Giulia. 

A fine mese, già da appuntarsi sull'agenda, sarà il convegno internazionale promosso da Pax Christi e dal Comitato per la pace di Nova Gorica e Gorizia. Sabato 30 pomeriggio si parlerà delle due città come luogo di formazione dei corpi civili di pace europei, domenica 31 mattina di intelligenza artificiale e pace. Nel pomeriggio di domenica 31 dicembre, a partire dalle ore 16, si svolgerà la "marcia della pace", annualmente proposta in Italia da Pax Christi e Conferenza Episcopale Italiana. per la prima volta transfrontaliera, partirà da Oslavia per raggiungere la con-cattedrale di Nova Gorica.

Insomma, ecco alcune fra le moltissime occasioni di questo periodo. Se ne riparlerà prossimamente, com maggior approfondimento e analisi. Buon Avvento, intanto...

martedì 21 novembre 2023

Vogliamo la bicicletta, vogliamo PEDALARE!

In tutte le città importanti dell'Unione Europea le piste ciclabili consentono spostamenti veloci e sicuri sull'intero territorio. Lasciando da parte i casi di Amsterdam e Copenaghen, dove le biciclette hanno ovunque la precedenza e i trasporti pubblici sono più che efficienti, si può dare uno sguardo a località più vicine.

A Linz in Austria, città 7-8 volte più grande di Gorizia, dalla periferia si può arrivare al lavoro ovunque in bici, il centro storico è conteso tra piste ciclabili e tram elettrificati, poche automobili, traffico sostenibile. Salzburg offre la medesima impressione, con ciclabili molto belle che perforano la montagna sotto il castello, permettendo di raggiungere il centro senza vedere una sola automobile. La vicina Ljubljana, come del resto buona parte della Slovenia, dimostra una spiccata attenzione nei confronti dei ciclisti, anche se alcune criticità vengono rilevate, è presente perfino un informale "sindaco dei ciclisti" che ha lo scopo di tenere alta l'attenzione delle amministrazioni intorno ai diritti dei ciclisti. In questo caso lasciano a desiderare i trasporti pubblici, con conseguente intasamento, nelle ore di punta, delle vie che dalla periferia conducono verso il cuore della città. L'inquinamento dell'aria non rende certo felici i ciclisti che arrancano a lato di strade invase da veri e propri fiumi di automobili. Trieste è un po' particolare, ci sono numerosi tracciati di ciclabili, la maggior parte di essi finisce nel nulla, lasciando sconcertato l'utente che non sa da che parte andare e quali siano i suoi diritti rispetto a quelli dei pedoni. La pista sulle Rive non sarebbe una cattiva idea, se non fosse che in alcuni tratti debba essere ancora finita, in altri il selciato di pietra grezza irregolare mette a dura prova camere d'arie e copertoni, quando arrivano le Grandi Navi (in certi periodi ogni giorno), il tratto migliore della ciclabile viene chiuso per lasciare spazio alle corriere che vengono a raccogliere i turisti. C'è un discreto servizio di bike sharing, non sempre tecnicamente impeccabile, ma con un ottimo personale di riferimento pronto ad affrontare e risolvere eventuali problemi. Verona eccelle, da parecchi anni, con un servizio ai ciclisti di buona qualità, ciclabili sulle carreggiate delle strade principali, può nascere qualche controversia con i pedoni soprattutto in centro. Ottimo è il servizio di bike sharing, funzionale e con postazioni diffuse e ben servite in tutte le zone importanti della città. Normali i mezzi pubblici, senza lode né infamia.

E la Capitale europea della Cultura 2025?

Detto dei nuovi percorsi, culminanti nel ponte ciclabile di Solkan e nella bella kolesarka fino a Plave, le dolenti note vengono dai centri città. Non esiste un sistema di trasporto pubblico coordinato tra le due/una città, se si eccettua il servizio del pionieristico autobus transfrontaliero avviato ancora all'inizio degli anni 2000. A Nova Gorica le ciclabili ci sono, ma non sempre sono funzionali, con frequenti sparizioni in occasione dei principali incroci. Notevole la Nova Gorica-Šempeter, costruita ancora negli anni '50 sul tracciato del mai realizzato secondo binario della ferrovia Transalpina, è ancora oggi un bellissimo percorso di collegamento, indispensabile un tempo per i lavoratori che da casa dovevano raggiungere le fabbriche o gli uffici, non potendo più attraversare il confine. Il centro di Gorizia è buon ultimo in questa pseudo classifica. La dorsale principale, quella che alcuni vorrebbero giustamente chiamare la "ciclovia della cultura", dalla stazione centrale a quella, in Slovenia, di Trg Evrope, è totalmente sprovvista. Il tentativo di portare la pista sulla carreggiata è stato cassato dagli stessi proponenti, con il risultato che oggi percorrere Corso Italia è diventata esperienza abbastanza pericolosa. Altrove si è risolto con pittogrammi, a volte sensati, nella maggior parte risibili, se si vuole rimanere nell'ambito dell'eufemismo. Perfino una parte del centro storico, il Corso Verdi pedonalizzato, è precluso dai segnali di divieto alle bici. Tutto converge a scoraggiare i più convinti, figurarsi coloro che cercano delle buone motivazioni e che si rendono conto di una situazione difficile e delicata, soprattutto per i  bambini.

Eppure Gorizia e Nova Gorica potrebbero essere il territorio ideale per sviluppare un piano del traffico che penalizzi le automobili e favorisca gli spostamenti "a misura d'uomo". Chi va in bicicletta (o a piedi) aumenta la qualità della propria vita, vive la città con maggior attenzione, costruisce più facilmente relazioni sociali, fa salutare movimento e se non ci fosse il traffico motorizzato, respirerebbe aria pura. Il ciclista fa del bene anche agli altri, non consuma combustibili fossili, contribuisce a diminuire l'inquinamento atmosferico. E' un cittadino consapevole e responsabile, anche nelle sue scelte di vita, generali e quotidiane.

Perché non avere il coraggio di un'autentica innovazione, valorizzando le ciclabili ovunque e potenziando il servizio di trasporto pubblico? Perché non disincentivare comportamenti assurdi? Basta andare davanti a una scuola, in particolare in un giorno di pioggia, per vedere con tristezza l'intasamento delle auto di genitori innervositi che scaricano i figli esattamente davanti al cancello. Oppure notare che per andare al posto di lavoro, distante meno di un chilometro, molti tirano fuori l'auto dal garage e passano mezz'ora nel cercare parcheggio più vicino possibile alla porta d'ingresso. Perfino i pensionati usano tanto l'auto, per andare a comprare il giornale sostando esattamente davanti all'edicola o per raggiungere il bar e giocare una partita di carte. Si dice questo non per giudicare, ma per constatare. La battaglia per una città pulita e a misura di bambino si deve combattere tutti insieme, le istituzioni per ciò che è di loro competenza, ogni residente per ciò che concerne gli stili di vita quotidiani.

E se qualcuno ha tempo e volontà, la "ciclovia della cultura" propone per la prossima domenica una bella pedalata, tutta in pianura, lungo la ciclabile sul confine, visitando Miren, Vrtojba e Šempeter. "Andemo di là", propongono gli organizzatori riproponendo un titolo già sperimentato con successo con "Il libro delle 18.03". Ma sì, dài, andiamoci di là, ma in piedi o in bicicletta! Partenza al valico del Rafut, domenica 26 novembre, ore 10.

domenica 19 novembre 2023

L'unica strada è quella della nonviolenza

Lo sguardo materno è stato impresso nella pietra candida di Aurisina da Edmondo Furlan nel 1917. Il monumento si trova nel cimitero di guerra di Aquileia e l'immagine sembra voler portare sotto uno sguardo di consolazione e misericordia tutto il dolore del mondo.

La violenza individuale si mescola con quella sistemica. Mentre tutta Italia si stringe idealmente intorno alla famiglia di Giulia Cecchettin e si interroga sul suo brutale assassinio, in molte lande del mondo si muore in massa a causa della guerra.

In Ucraina si continua a morire, nell'ormai passato in secondo piano conflitto con la Russia. Ciò che era ovvio fin dall'inizio, cioè che l'unica soluzione possibile fosse quella negoziale, ora continua a essere tale, mentre sull'altare delle rigidità di Putin e Zelen'sky e su quello degli interessi di mezzo mondo, si continua inopinatamente a combattere. Troppe giovani vite, civili e militari, sono soffiate alla storia dalla caparbietà di chi non vuole sedersi attorno a un tavolo e a discutere su tutte le risolvibilissime questioni in gioco.

In Palestina prosegue l'invasione di Gaza da parte di Israele. Tra parentesi, in nome del principio dell'inviolabilità delle frontiere degli Stati, si rischia una terza guerra mondiale per contestare l'intervento russo a difesa delle popolazioni russofone in territorio ucraino, mentre in nome della sicurezza, il medesimo principio non viene preso in considerazione, non si riconosce l'autodeterminazione della Palestina e si sostiene Israele nella sua cruenta avanzata nella martoriatissima striscia di Gaza. Migliaia di donne, uomini e bambini stanno soccombendo, uccisi dalle bombe, dalla fame e dalla mancanza di medicinali. Come voltarsi indietro davanti a questo genocidio? La condanna, senza esitazione, degli attentati di Hamas, compiuti lo scorso 7 ottobre, non può impedire un'altrettanto ferma condanna dell'intervento israeliano in Gaza. La guerra scatenata da Netanyahu ha già provocato un numero di vittime immenso e sta contribuendo a valorizzare la strategia criminale di Hamas. Se il giorno dopo gli attentati, una ventata di vicinanza era soffiata da tutto il mondo in direzione di Gerusalemme, i bombardieri israeliani, le uccisioni di massa, gli ospedali e le scuole colpiti, la cancellazione di ogni parvenza di futuro, hanno immediatamente soffocato ogni simpatia. Ovunque si manifesta contro il governo israeliano, le capitali occidentali tremano per la paura di gesti che potrebbero colpirle al cuore, si chiudono le frontiere, cresce addirittura il veleno terribile dell'antisemitismo. E nella stessa Gaza cresce un odio talmente profondo da far ipotizzare che difficilmente nel prossimo futuro si potranno depotenziare uno cento o mille Hamas.

Era questo il modo di garantire la sicurezza di Israele? O di garantire il rispetto dei diritti in Ucraina e in Russia? Certamente no, la violenza e l'uso sistematico delle armi distruttive non porteranno ad altro che a nuovi più allargate sofferenze e lutti. Gli arsenali atomici sono ancora ovunque, pronti all'uso. Non ci si può cullare nel pensiero che si tratti di problemi lontani, perché tutti - nessuno escluso - siamo costantemente coinvolti. L'unica strategia alternativa al piano inclinato che sempre più velocemente sembra portare verso il baratro, non è quella della ritorsione o del massiccio riarmo. E' quella della diplomazia, del dialogo e della trattativa. E' quella della nonviolenza attiva.

L'incredibile vicenda del Messale Romano in lingua friulana

Con tutti i problemi del periodo, questo farebbe sorridere, se non toccasse la sensibilità e la dignità di un'intera comunità culturale.

Il Messale Romano destinato alla celebrazione delle Messe in lingua friulana è stato "cassato" dalla Conferenza Episcopale Italiana. La questione in sé riguarda il diritto dei fedeli cattolici di partecipare all'Eucarestia, pregando nella loro lingua materna.

La "bocciatura" è derivata dalla mancanza dei 2/3 di voti necessari all'approvazione. Qualche decina di vescovi era assente, più di cinquanta hanno votato contro e parecchi si sono astenuti.

Al di là della legittima delusione del popolo cattolico friulano, ciò che rende molto perplessi è il metodo di approvazione. Sulla base di quale competenza ed esperienza, un gruppo di vescovi possono votare l'approvazione o il rigetto di un testo che ha come obiettivo solo quello di valorizzare la lingua di un gruppo di persone che la vogliono utilizzare per pregare? Fa specie il numero di cinquanta che hanno addirittura votato contro. Perché? Con quale arzigogolata motivazione una guida della Chiesa può permettersi di dire di no a un'intera comunità, sostenuta dai vescovi locali di Udine Pordenone e Gorizia? Si capirebbe se ci fosse ancora il latino come lingua ufficiale della Chiesa universale e locale. Ma da sessanta anni, con la pubblicazione della Sacrosanctum Concilium del Vaticano II, è consentito, anzi raccomandato, l'uso delle lingue parlate. E allora? C'è una serie A e una serie B?

Insomma, nella certezza che prevalga il buon senso e che il Messale Friulano sia utilizzato senza alcun problema da chi lo desidera, sembra davvero inutile e anacronistico mettere ai voti una simile proposta. Si ringrazino invece con tutto il cuore coloro che hanno dedicato tanti anni di lavoro a realizzare un'opera straordinaria, che deve essere da subito portato in tutte le parrocchie e messo a disposizione dei sacerdoti e dei fedeli.

La preghiera e la liturgia nella lingua materna non hanno bisogno di valutazioni e approvazioni, ognuno - se lo crede importante - invochi come gli pare, Dio, se c'è, comprende sicuramente tutte le lingue del mondo. Si proceda quindi senza indugio nel cammino intrapreso, Loro Eccellenze volenti o nolenti...