Sposi etruschi, Museo di Volterra |
Un bel dono di Natale, è il titolo della dichiarazione della Congregazione per la dottrina della Fede intorno alla benedizione di coppie unite da un vincolo fino a qualche tempo fa definito "irregolare" dalla Chiesa cattolica.
Pur con tutti i se, i ma e i distinguo, il documento è molto importante. Al di là delle dichiarazioni un po'estemporanee dell'attuale vescovo di Roma Francesco, questa è la prima volta che la cosiddetta Santa Sede, con l'approvazione del Papa, pubblica un testo nel quale viene affermata la liceità, anzi l'opportunità che i preti possano impartire la benedizione di Dio alle coppie omosessuali o eterosessuali che ne facciano richiesta,
Non è molto, il cammino verso la ridefinizione completa del sacramento sponsale è ancora molto lungo. Ma non è nemmeno poco, si è aperto uno spiraglio che si potrà progressivamente allargare. Nel lontano 2007, in uno dei miei ultimi scritti sul tuttora ottimo settimanale diocesano Voce Isontina, sostenevo che oltre a sostenere le legislazioni statali in materia, la Chiesa avrebbe dovuto immaginare la dimensione sacramentale dell'amore omosessuale. Argomentavo in modo teo-logico, evidenziando come, se il sacramento è ciò che rende visibile l'invisibile presenza del divino, ogni forma di autentico Amore può essere considerata manifestazione sacramentale di Dio, definito da 1Gv.4,17 proprio con il termine "Agape". Quando due persone si donano reciprocamente nella pienezza di tale sentimento, l'Agape è presente tra loro. Sono passati sedici anni da allora, le reazioni di quel tempo non si fecero molto attendere e la maggior parte di esse non furono particolarmente positive. Il passo del documento odierno - pubblicato da una delle più importanti istituzioni della Chiesa cattolica - se non dice nulla di tutto questo, va tuttavia esattamente nella direzione di cui avevo scritto, affermando come la coppia che sperimenti l'esperienza dell'amore, comunque essa sia formata, sia degna di essere benedetta, cioè "detta bene" da Dio.
Insomma, si è in cammino e, come si suol dire, meglio tardi che mai. Si pensi alle coppie di omosessuali cristiani, ma anche a divorziati risposati o a coppie di fatto che per necessità o scelta decidono di non sposarsi. Oggi tutte queste persone possono sentire su di loro la benedizione di Dio, che peraltro finora veniva negata solo a esse. Questo è infatti il paradosso. I preti benedicono di tutto, animali, piante, negozi, banche e uffici turistici, perfino caserme e - ahimé - armi con le quali uccidere altri esseri umani. Possono benedire tutto, ma finora - almeno ufficialmente - non potevano benedire due persone unite dallo straordinario vincolo dell'Amore. Oggi questo può accadere e ci si può solo immaginare la gioia di chi si sente accolto con piena dignità nella famiglia di Dio.
Ben venga quindi il documento della Congregazione, primo frutto del recente Sinodo, che sia il primo passo ufficiale di un ben più ampio, necessario e coraggioso cambiamento profondo della teologia del matrimonio. Valorizzare e sostenere tutto ciò che ha a che fare con l'amore, significa avvicinarsi di più alla parola e all'esempio del Maestro e al suo unico comandamento "nuovo". A proposito, dal documento scaturisce, per il momento implicitamente, un'importante conseguenza. Se Dio benedice, vuol dire che vuole dire ma anche dare il bene. Il che significa che quello dell'Eucarestia è un dono da accogliere con entusiasmo e non un premio che ci si deve sudare e ottenere soltanto dopo aver ricevuto il salvacondotto della confessione. E' lo stile evangelico di Gesù, l'incontro senza precondizioni con l'altra/altro da sé. Ed è lo stile che dovrebbe caratterizzare i suoi discepoli, non quello del giudizio dei sommi sacerdoti, degli scribi e dei farisei di ogni tempo, che dall'alto dei loro tristi scranni, pensano di poter decidere loro chi Dio voglio benedire e chi invece no.
Siamo tutti figli dello stesso Dio e liberi di amare chi vogliamo. La benedizione è per tutti. Patrizia
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