Fino dove può arrivare la ricerca umana, fin dove si può spingere l'intelligenza, c'è un limite nell'approfondimento scientifico e tecnologico?
Dando per scontato - almeno per ora - che la questione non sia la tecnologia in sé, ma il modo di utilizzarla, le domande che ci si pone sono di ordine "etico". L'etica è la filosofia del comportamento, del singolo soggetto come dell'intera collettività. Ma esiste una sola "etica", un solo modo di concepire il "bene" e il "male"? O non dobbiamo parlare di tante diverse "etiche" che devono trovare il modo di confrontarsi per trasformarsi anche in scelte "politiche"?
Ci sono due punti da approfondire.
Il primo riguarda "fino a che punto" possano procedere la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico. Lo ha già definito, sia pur embrionalmente, il "cogito ergo sum" cartesiano. Se l'essere precede il pensiero, quest'ultimo altro non ha da fare che cercare di conoscere tutto ciò che esiste, cercandone le cause e rispettando senza alcun dubbio i parametri naturali prefissati dal Creatore. Ma se è il pensiero a precedere l'essere, non esiste più alcuna "scatola" predefinita e il tempo/spazio dell'intelligenza umana coincide con quello dell'intero Universo. Ed è un Universo (o poliuniverso) in espansione, senza alcuna possibile frontiera. Quindi sì, la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico non possono avere limiti.
Il secondo tema è legato alla dimensione "politica". Chi esercita l'"arte di governare la città" deve porsi il problema di come far sì che tale sviluppo potenzialmente inesauribile, possa essere compatibile con il "bene" e non provocare il "male" agli esseri umani, ma anche alla natura nel suo insieme. In questo campo, si assiste a un continuo cambiamento, la cosiddetta "etica" deve correre dietro alle nuove scoperte e dare a esse supporto, non viceversa. Così, questioni che un tempo erano definite inaccettabili, oggi sono accolte da quasi tutti, senza troppi problemi, come per esempio la tecnologia dei trapianti, la procreazione assistita, la contraccezione, la sedazione antidolorifica, per rimanere nel contesto di tematiche che riguardano la vita quotidiana. Altre, che oggi sembrano tuttora lontane dall'essere patrimonio del pensiero comune, come per esempio la clonazione umana, potranno diventare tali in breve tempo.
In altre parole, la politica, sulla base delle rapide trasformazioni culturali, è l'unico possibile - del tutto fragile, momentaneo e continuamente superabile - limite al potere della scienza e dello sviluppo tecnologico. In altri tempi, l'assolutismo consentiva di identificare il bene o il male nella corrispondenza o meno al volere divino, che in realtà di divino non aveva nulla, se non la convinzione di chi lo gestiva di esserne autorevole, autentico, addirittura infallibile interprete. Oggi, in tempi di libero pensiero, la forma politica corrispondente si chiama "democrazia" e in essa a stabilire i rapporti di forza è quell'elemento estremamente manipolabile che si chiama consenso, espresso nel voto popolare.
E' possibile trovare un punto di incontro tra la necessità di rispettare la coscienza soggettiva e quella di ricercare qualche elemento oggettivo condiviso, che consista di raggiungere una certa unanimità su alcuni punti decisivi per il futuro dell'umanità? E' possibile che il dialogo tra scienza e politica non sia fondato su veti contrapposti, ma sulla constatazione del vero bene del Pianeta e dei suoi abitanti?
Non è facile trovare risposte rassicuranti, anche perché non ne esistono. E' invece evidente come sia necessaria, più che mai, una nuova sintesi filosofica in grado di dare supporto alle grandi scelte che determineranno il futuro dell'umanità, nell'epoca del pluralismo e della multiculturalità.
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