sabato 9 aprile 2022

Verso le elezioni comunali: X come x. Un segno da apporre sulla scheda elettorale.

 

E' il segno dell'ignoto, da rivelare attraverso la soluzione di un'equazione.

E' la terzultima lettera dell'alfabeto italiano, anche se sono poche le parole che iniziano con essa. Quelle che ci sono provengono dal greco, come per esempio "xenofobia", la paura dello straniero. E' un tema che dovrebbe essere molto approfondito, in una città nella quale centinaia di richiedenti asilo sono stati costretti ad "alloggiare" per mesi nella Galleria Bombi, umida, fredda e maleodorante, perché non c'era posto per loro in altre strutture. E' un tema urgente in una città che ha perso in 50 anni un quarto della sua popolazione, cosicché, là dove si viveva comodamente in 40mila ora si è in poco più di 30mila. 10.000 posti vuoti, ma "non c'è abbastanza spazio per gli stranieri". Mah...

Ma la x è anche il segno da apporre sulla scheda elettorale. Guai se fosse l'unico momento di partecipazione democratica, la corresponsabilità di ciascuno dovrebbe essere uno dei fondamenti di un'autentica democrazia. Ciò non toglie che quella x conti, eccome. Già la scelta se andare o meno ad apporla sulla scheda elettorale è fortemente politica. Consapevolmente o meno, chi non vota lascia ad altri il compito di scegliere i propri rappresentanti oppure dichiara la propria estraneità non all'unico, ma certamente a uno dei più importanti appuntamenti della democrazia rappresentativa. La disaffezione clamorosa al voto che si va manifestando negli ultimi anni è molto preoccupante, non denota tanto superficialità o disimpegno, quanto una delusione e una disillusione sulla reale capacità di trasformazione della realtà di coloro che vengono eletti.

Anche il sistema partitico, non ancora uscito dalla grave crisi che lo attanaglia ormai da decenni, non sembra riuscire ad autoriformarsi, lasciando spazi molto ampi a movimenti assemblearisti e populisti che spesso confondono la protesta con la proposta. In questo modo hanno facilmente consensi elettorali da una base sempre più gravata dalla crisi economica e morale, ma quando riescono a raggiungere il potere incontrano enormi difficoltà nel gestirlo in modo adeguato e consono alle loro promesse.

Nei livelli internazionali e nazionali diventa sempre più difficile comprendere quanto realmente conti il parere di una persona o del partito a cui appartiene. Si ha piuttosto l'impressione che i veri "giochi" si svolgano in altre sedi, quelle del governo economico multinazionale del Pianeta e dei cosiddetti poteri forti, siano essi legalizzati o meno. Certo, se lo spazio di azione è limitato, gli eletti possono cadere facilmente nella tentazione di fare della pseudopolitica un ambito di arricchimento personale o di gruppo, dimenticando totalmente che la rappresentanza dovrebbe essere prima di ogni altra prerogativa, servizio umile, totalmente disinteressato al bene comune. Per assumere qualche cavallo di battaglia dell'antipolitica, si può dire difficile che non sia così, quando in un Paese il cui reddito medio si aggira al di sotto dei 20.000 euro annui, un parlamentare (ma anche un consigliere regionale), se ne porta a casa pochi di meno ogni mese! In questo complesso e assai inquietante periodo di pre-guerra questa situazione sembra diventare sempre più evidente. Ci sono responsabili delle Nazioni, spesso non eletti dal popolo ma portati al governo da accordi molto lontani da ciò che era stato promesso e prospettato agli elettori, certamente asserviti alle decisioni dei più forti e inadeguati a prospettare accordi di pace piuttosto che moltiplicazione di parole e di armi finalizzate ad accelerare il cammino verso una catastrofe generale annunciata. Si può capire il disamoramento degli elettori, ma forse la risposta alle debolezze umane non sta nel chiamarsi fuori, ma nel tuffarsi dentro, cercando di cambiare le cose dall'interno, senza nel contempo lasciarsi cambiare dal nuovo, inatteso e incredibile stile di vita. Insomma, chi si estranea dalla lotta... sì, proprio puntini puntini...

Detto questo, dopo aver sperimentato il grande onore di essere stato sin-daco, posso testimoniare che la presenza nelle istituzioni a livelli numericamente inferiori, è ancora molto importante. Un sindaco può "fare" molto per la propria comunità. Può garantire un indirizzo culturale, dando all'azione della propria giunta un orientamento specifico, che può essere "di destra" o "di sinistra". Può favorire un welfare fondato sulle relazioni tra le persone e sulla valorizzazione di tutti, cominciando dai soggetti più fragili e deboli. Può garantire la giustizia e l'equità nei lavori pubblici, può proporre innovazioni importanti nella viabilità, favorendo (o penalizzando) gli incontri interpersonali, per chi abita nel territorio l'andare a scuola o al lavoro in bicicletta senza rischiare danni, ampliando le zone pedonali e ponendosi al servizio delle esigenze del commercio e di tutte le categorie produttive. Può anche essere una specie di "confessore", ascoltando le persone e i loro problemi e cercando di risolverli, per quanto possibile e in rigoroso e ovvio ossequio alle normative che inquadrano le azioni nell'ambito dell'equità e dell'onestà. Può soprattutto, perché questo è compito precipuo di un "amministratore", utilizzare i fondi pubblici per rendere il territorio di competenza più bello, accogliente, attrattivo. In una parola, luogo di "bene essere" per il singolo e per la comunità.

Perché ciò possa avvenire, c'è bisogno di un gruppo di rappresentanti eletti che lo circondino, supportino, consiglino e aiutino. Sono gli assessori, gli altri partecipanti al consiglio comunale, tutti coloro che hanno contribuito a creare le liste elettorali a sostegno della sua candidatura. La "squadra" è molto importante, così come il programma sulla base del quale essa trova unità e aggregazione. Attenzione a non correre il rischio di "unirsi per vincere", come se l'unico obiettivo politico di un'elezione fosse il rovesciamento dell'amministrazione precedente. Sarebbe un grande sbaglio, sia perché un semplice contrasto tra addetti a lavori non gioverebbe certo alla necessaria raccolta dei consensi, sia soprattutto perché, ammesso che una coalizione molto diversificata riesca a raggiungere la maggioranza, senza "patti chiari" non c'è "amicizia lunga". Non si può certo pensare a portare avanti cinque anni carichi di contrasti interni, ricentrature quotidiane degli obiettivi, malumori personalistici. Basterebbero poche ore, dopo aver stappato lo spumante, per accorgersi di essere finiti in una vera via crucis, tanto per rimanere in tema quaresimale! Se c'è un sindaco entusiasta e intelligente, una compagnia appassionata e competente, una dialettica tra diversità sempre rispettosa, ma anche intensa ed efficace, allora davvero "l'unione fa la forza" e una città, più città, un intero territorio possono veramente trasformarsi in fari di democrazia, di bene stare e di bene essere.

Un'ultima nota. E' ormai sfumata, per mancanza di tempi ed energie, la possibilità di presentare alle "comunali" di Gorizia e Nova Gorica una lista con lo stesso simbolo e la condivisione di un programma. Ciò non può impedire, anzi deve intensificare lo sforzo di costruire tavoli di incontro e collaborazione che portino qualche soggetto politico a "pensare insieme" il territorio, uniti in un lavoro da cominciare, portare avanti e realizzare in piena sinergia e solidarietà.

Ma perché tutto ciò possa accadere, quella X proprio occorre segnarla sulla scheda elettorale, per scegliere come e da chi essere rappresentati.

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