sabato 9 aprile 2022

Verso le elezioni comunali. W come Welfare. Per il benessere di tutti e di ciascuno.

Welfare e Stato sociale. Cosa significa "benessere"? Non soltanto "stare bene", ma soprattutto "essere bene". Ciò vuol dire creare le condizioni perché la vita di ogni persona sia consona alla dignità, alla giustizia e al diritto.

E' la sfida più importante di ogni politica, ad ogni livello, ma tanto più determinante quanto più vicina alla realtà quotidiana, come accade nell'amministrazione di un ente locale.

Ogni persona, come dice Rovatti, è un enigma. La comunicazione tra le persone è tanto più efficace quanto più si è in grado di cogliere i segni che in qualche modo avvicinano i soggetti, senza mai esaurire la distanza che li separa. L'eccesso di lontananza provoca la solitudine e l'isolamento, l'annullamento di essa porta all'assimilazione e all'asservimento. Il segreto di un'adeguata relazione consiste nell'individuare e nell'allargare progressivamente lo spazio dell'incontro, in modo da abitarlo evitando costantemente i due poli del rifiuto e del soffocamento.

Cosa c'entra tutto questo con la "politica"? C'entra tantissimo, perché l'attenzione ai cittadini, dalla loro nascita alla naturale fine del loro percorso esistenziale, deve rispettare i medesimi criteri, evitando da una parte il disinteresse - si potrebbe anche dire menefreghismo - come pure l'assistenzialismo. In altre parole, un'autentica politica del "benessere" dovrebbe investire fondi e cercare proposte creative per porre ogni abitante nelle condizioni di essere nel contempo soggetto e oggetto nella costruzione dell'intera Comunità. Dai bambini appena nati agli scolari dell'infanzia e delle primarie, da quelli delle scuole secondarie agli studenti delle Università e ai giovani che si aviano al primo lavoro, dagli adulti alle prese con le determinanti scelte professionali e affettive agli anziani chiamati a mettere a frutto la saggezza maturata nel corso della loro esistenza, da chi soffre a chi è in salute, da chi è autoctono ai nuovi arrivati... ciascuno deve trovare il proprio spazio per esercitare il compito che la Costituzione gli affida, quello di costruire "con il lavoro" (qualunque esso sia!) il bene comune e di sentirsi corresponsabile dei beni comuni.

Occorrono dunque azioni concrete. Si tratta da una parte di accrescere quanto più possibile il numero di operatori e assistenti sociali adeguati alle diverse necessità, sbloccando i blocchi assunzionali che - sotto la sibillina maschera del risparmio - penalizzano oltremodo questo e tutti gli altri settori della Pubblica Amministrazione. Il paradosso attuale consiste nelle adeguate potenzialità finanziarie in un contesto che rende difficile la loro traduzione progettuale, stante la cronica mancanza di tempo ed energie del personale sovraccarico di lavoro. Dall'altra parte, nella consapevolezza che il bene essere del cittadino corrisponde al bene essere dell'intera comunità (e viceversa), è necessario rilevare le necessità del territorio, per individuare percorsi di risposta centrati sulla particolarità delle situazioni. Per esempio, se si rileva (attraverso sondaggi, questionari e soprattutto incontri con la popolazione) una situazione di marginalizzazione giovanile, occorrerà cercare validi operatori di strada capaci di incontrare e valorizzare questa fascia d'età, proponendo itinerari personalizzati e collettivi finalizzati a ricostruire fiducia, impegno e sano protagonismo. Se ci sono difficoltà di integrazione con nuovi arrivati, occorrerà investire in mediazione culturale e costruzione di ambiti di autentica reciproca socializzazione. Naturalmente tutto il procedimento, dalla rilevazione dei bisogni alla loro risoluzione, dovrà essere condiviso a livello sia politico che tecnico, con il Comune di Nova Gorica e limitrofi. Cosa potrebbe maggiormente c'entrare con la capitale della cultura europea, rispetto al bene essere delle città e dei cittadini?

Come fare? Tra tante, ci sono almeno due condizioni perché si realizzi questo "welfare di comunità".

La prima è che tutti siano trattati con uguale suprema dignità, in quanto esseri umani. Non  ci possono essere in questo campo primogeniture o privilegi, il criterio gerarchico d'interesse non può essere altro che quello di stare "dalla parte dell'ultimo", come diceva don Lorenzo Milani. Anche perché, se l'ultimo si sente accolto e coinvolto, significa per logica che si sentirà altrettanto bene anche il penultimo, il terzultimo e così via.

La seconda è che si crei una sinergia "umana" fra gli attori dello stato sociale, cioè tra il soggetto politico, quello "tecnico" costituito dai servizi sociali, quello pubblico incarnato soprattutto oggi nelle aziende sanitarie ed enti paralleli, quello privato che deve essere preso in considerazione esclusivamente come "servizio" in alcun modo sostitutivo a quello pubblico, quello relativo al volontariato, anche in questo caso respingendo ogni tentazione di utilizzo improprio  di sottrazione di importanti risorse lavorative e infine - ma viene prima di tutto il resto - l'impegno di ogni singolo individuo, secondo le modalità e le forme a lui consone.

Ci sarebbe molto da dire su questo punto, tanto più in una città che ha visto nascere il più importante e riuscito tentativo di welfare di comunità del XX secolo, con l'azione di Franco Basaglia e dei suoi collaboratori a Gorizia. Ciò che egli ha realizzato nell'ambito della salute mentale, potrebbe diventare il modello dell'ordinaria convivenza all'interno dei meandri visibili e nascosti della città. Si, anche quelli nascosti e quasi del tutto sconosciuti, come il carcere di via Barzellini, in centro che più in centro non si può e totalmente estraneo alla vita dell'intera cittadinanza. Altro luogo importante è proprio il Parco Basaglia che potrebbe diventare il vero centro propulsivo di una nuova etica della responsabilità collettiva, da costruire insieme, da una parte e dall'altra della vecchia linea di frontiera.

Insomma, ciascuno è reciprocamente responsabile dell'altro, tutti sono responsabili di tutto. 

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