domenica 3 aprile 2022

Verso le elezioni comunali: Q come Quartieri. La necessità di una rappresentanza...

 

Da Kostanjevica, uno sguardo verso Lucinico
Quartieri. Fino al 2010 c'erano i consigli di quartiere, istituzioni con rappresentanti eletti dai cittadini contestualmente al consiglio comunale. La loro soppressione ha portato senz'altro un po' di respiro alle casse comunali, ma ha anche provocato un evidente deficit di democrazia partecipata. I mini-consigli erano in effetti "macchine" sovradimensionate ma l'averli eliminati ha significato il classico "gettare via l'acqua con il bambino". E' venuto così a mancare un anello di congiunzione molto importante e i problemi concreti delle persone che vivono nelle diverse parti del Comune hanno trovato minore ascolto e maggiore difficoltà di risoluzione. 

Il tema deve essere ripreso, tenendo conto sia delle nuove esigenze che della forte diversità di quelli che venivano chiamati "quartieri" e prima ancora "borghi". Anche questo, come tutti gli altri, è un tema da affrontare insieme al Comune di Nova Gorica e a quello di Šempeter/Vrtojba, proprio tenuto conto della grande diversità della realtà geografica e politica. I due capoluoghi più abitati hanno un centro cittadino, che potrebbe effettivamente essere diviso in piccoli borghi, per esempio San Rocco, Sant'Anna, Straccis, Montesanto, Piazzutta, Centro e Campagnuzza per quanto riguarda la parte in Italia. Tutti gli altri non sono propriamente dei quartieri, ma paesi con una loro autonomia e specificità storica e culturale, come Lucinico, Sant'Andrea, Podgora e Pevma. Ciò vale a maggior ragione per la parte in Slovenia, dove i due Comuni confinanti e appartenenti con la vecchia Gorizia al GECT/EZTS, sono composti da numerosi villaggi sparsi tra la Vipavška e la Soška dolina, sulle alture e sull'altopiano della Bainsizza.

E' evidente che per poter portare all'attenzione degli amministratori le problematiche di ogni realtà particolare, non basta il consiglio comunale, anche se alcuni degli eletti provengono dall'una o dall'altra zona. Occorre trovare un organismo - perché no, inter-nazionale? - che sia in grado di rappresentare le istanze dei cittadini non sulla base di un impegno volontario, ma di un vero e proprio mandato istituzionale. Riconoscendo la non praticabilità di un ritorno ai "consigli di quartiere" per motivi pratici e soprattutto economici, potrebbero essere studiate possibilità alternative. Per esempio, si potrebbe pensare a una mini-elezione di una terna di residenti, su lista unica, da far votare contestualmente alle "amministrative". Oppure, se si tenesse troppo complesso ricorrere auna vera e propria elezione, si potrebbe immaginare di pubblicare una "manifestazione di interesse" e poi far scegliere al consiglio comunale, sulla base di un attento esame dei curricula, per ogni borgo o paese una terna di rappresentanti chiamati a tenere un costante rapporto tra la Giunta Comunale (con una delega ad hoc da affidare al sindaco o a un assessore) e il territorio. Dovrebbe essere previsto un ragionevole compenso, compatibile con le "casse" comunali, anche semplicemente un rimborso spese per trasferte effettuate nell'esercizio delle funzioni.  Il tutto dovrebbe ovviamente essere ben delineato in un chiaro ed efficace specifico regolamento comunale.

Sono solo proposte, ce ne possono essere molte altre. Quello che conta è fermare una certa deriva populistica, nata dalla convinzione che la diminuzione degli spazi di rappresentanza possa portare un beneficio alla crescita della collettività. E' un punto di vista pericoloso che rischia di colpire il bersaglio sbagliato, a tutto danno della coscienza democratica e della partecipazione dei cittadini alla gestione del bene e dei beni comuni. Se la rappresentanza di tre prescelti per ognuno dei dieci borghi o paesi di Gorizia "costasse", in termini di simbolici rimborsi per una trentina di persone, nell'insieme 20mila euro ogni anno, tale cifra corrisponderebbe a poco più del cumulo di stipendio e rimborsi forfettari spettanti ogni mese a un solo consigliere regionale. Ciò non significa diminuire i posti in consiglio regionale, come si è fatto - si consenta un molto convinto "purtroppo" - con il Parlamento, ma pensare a una più equa distribuzione, finalizzata ad allargare e non a diminuire l'orizzonte della democrazia partecipata. Ci sarebbe anche da aprire un capitolo sul ruolo decisivo ma difficile da considerare delle aziende di fatto private con partecipazione azionaria degli enti locali e sui costi dei numerosi Consigli di Amministrazione e organi di controllo. 

In sintesi, dallo slogan veterogrillino "meno posti e meno costi" occorre passare a un più coinvolgente e altrettanto coinvolgente "più posti e meno costi".

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