Y come yoga. Cosa c'entra yoga con Gorizia? E con il ponte di Solkan?
Non c'entra quasi niente, ma non è così facile trovare una parola adatta al tema che inizi con la y. Tuttavia, proprio forzando un po' la mano, un collegamento, scavando a fondo, lo si può anche trovare...
...ed è ancora una volta di ordine culturale. Nel 1992 papa Wojtyla visitò Gorizia e nella piazza Grande tenne un significativo discorso, definendo la zona "cerniera di collegamento fra Oriente e Occidente". L'espressione, in un tempo nel quale i nazionalismi europei fanno nuovamente sentire la loro funesta voce, assume un particolare valore, confermando la posizione geopolitica come elemento simbolico di altor rilievo.
Ecco allora cosa c'entra yoga. Da una parte è una pratica che viene dall'Oriente e si innesta armoniosamente nell'orizzonte occidentale, dall'altra il significato stesso della parola rimanda all'"unione", non solo tra le visioni del mondo e le persone, ma anche tra queste e l'universo nel quale sono collocate.
Ed ecco cosa c'entra il bellissimo Solkanski most, "collegamento" tra le due sponde del fiume nel quale tanto sangue è stato versato nel corso della prima guerra mondiale, attorno al quale tanta ingiustizia è stata consumata durante l'occupazione fascista.
La missione storica delle Gorizia/Gorica è oggi quella di dimostrare che la differenza è ricchezza e non ostacolo alla convivenza. Ciò anche sul piano strettamente filosofico, là dove ancora si attende un'indispensabile sintesi tra la visione occidentale e quella orientale, tra l'oggettivismo medievale e il soggettivismo moderno e postmoderno. L'occidente richiama la dualità, la distinzione tra il soggetto e l'oggetto, nella sua accezione attuale anche il primato del soggetto sull'oggetto. E' evidente il fascino che promana dal fondamento della libertà ab-soluta, cioè sciolta da qualsiasi riferimento al di là di sé. Ma sono evidenti anche le debolezze del relativismo, la difficoltà di trovare punti di riferimenti saldi su cui edificare la pacifica e armonioso convivenza, le fragilità di una democrazia basata essenzialmente soltanto sul consenso generato dai mezzi a disposizione del più potente. E' tuttavia impensabile, oltre che impossibile, un ritorno a un sistema aristotelico-tomista, fondato sulla logica, sull'estetica e sull'etica dell'Assoluto. Anche qua, c'è chi ha nostalgia dei tempi in cui si riteneva che piacesse ciò che è bello e non fosse quindi bello ciò che piace o che fosse così chiaro ed evidente distinguere ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è giusto e ciò che è ingiusto. Altri tempi, dominati dalla monarchia assoluta teocratica o imperiale, dove l'essere umano, dal concepimento alla sua fine, non poteva che subire le conseguenze dell'identificazione tra l'essere vivente e l'essere suddito. Pena, come scriveva l'imperatore Teodosio nell'editto di Tessalonica (380), la punizione dei giudici imperiali sulla terra e del giudice celeste dopo la morte. C'è ben poco di cui essere nostalgici!
L'oriente d'altra parte, almeno nella sua comunicazione tradizionale espressa in modo articolato nel buddhismo e nell'induismo, richiama la visione unitaria, là dove fondamentale è la consapevolezza dell'unitarietà. Nella consapevolezza dell'apparenza della realtà diversificata e nell'ascesi che consente di liberarsi dal suo condizionamento per sentirsi parte dell'eterno e infinito Nulla (o Tutto), come direbbe Leopardi, si sente la dolcezza del naufragare in questo mare. Ma si rischia anche l'estraneazione dalla vicenda storica, una "fuga dal materiale" che può portare al totale disimpegno, al fatalismo e a un'indifferenza cosmica che ha provocato la vera rivoluzione di Gandhi. Sì, proprio il profeta della nonviolenza ha messo in discussione la sua stessa radice e la sua appartenenza etnico religiosa, per proclamare l'autentica interpretazione delle "vie" dell'Oriente. Il legame indissolubile tra il mondo umano e tra questo e quello animale, vegetale e minerale, non si configura come indifferenza, ma come corresponsabilità. Il legame con il divino trascendente e immanente non implica la dimenticanza, al contrario presuppone una vera e propria lotta - rifiutando costantemente ogni forma di coercizione fisicamente violenta - per l'affermazione della dignità di ogni essere umano e di ogni essere vivente. Sia la visione più tradizionale che l'innovazione gandhiana sono messe in seria discussione dalla globalizzazione che insieme alle questioni macroeconomiche porta con sé la rapida eliminazione di giganteschi e longevi sistemi di comprensione e interpretazione della realtà. E' evidente quanto sia urgente riprendere in mano questi temi, cercando una gigantesca e estremamente complessa sintesi, dalla quale sostanzialmente dipenderà il futuro della Terra. Sì, perché dietro a ogni scelta di questa o quella forma di Potere esercitata nel mondo, c'è sempre un pensiero e una delle grandi speranze di questo periodo è basata sull'attesa di un nuovo, plurale e convincente ruolo della Filosofia. Sperando di essere ancora in tempo.
Riformulando la domanda iniziale, cosa c'entra tutto questo con il territorio Goriziano?
C'entra eccome! Se deve essere "cerniera tra oriente e occidente", deve essere luogo i cui questi temi vengono affrontati, studiati ed elaborati. In questo campo, forse più che in tutti gli altri, l'occasione del 2025 potrebbe essere vantaggiosa e significativa. Che cosa hanno da dire Nova Gorica con Gorizia (e ovviamente tutto il territorio circostante, dalle valli dell'Isonzo e del Vipacco al Carso e all'area storica aquileiese) all'Europa? Che cosa di così importante da giustificare il titolo di Capitale della Cultura? La risposta sta proprio nella nobile e altra parola Filosofia. E c'è anche un luogo simbolico che potrebbe diventare il luogo della riflessione, il santuario di Sveta Gora (Monte Santo), che svetta come punto di riferimento per le città che vivono alla sua base e per i paesi che punteggiamo l'altopiano e la pianura, fino al mare. A Sveta Gora si potrebbe costituire una specie di "scuola filosofica", partecipata dai più interessanti pensatori del periodo, a livello internazionale e locale. Si potrebbero costituire dei laboratori di riflessione e approfondimento, si potrebbero moltiplicare occasioni di ascolto e di incontro tra chi va elaborando il "pensiero" della nostra epoca e le persone che vivono quotidianamente la loro esperienza esistenziale. Senza un simile contatto, il pensatore diventa un intellettuale arido e astratto, il cittadino un inconsapevole e ottuso numero nel gigantesco ingranaggio del capitalismo. U-topia o eu-topia?
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