Cosa giustifica questa per molti versi clamorosa nomina? Come ha molto ben dichiarato in questi giorni la principale referente del percorso verso il 2025, Kaja Širok, "la ricchezza del Goriziano sono le nostre culture senza confini". E' il percorso - in parte già effettuato, molto ancora da realizzare - verso quell'armonica "unione nella valorizzazione delle differenze" che è uno degli obiettivi fondamentali della nuova Europa, quella che si vorrebbe davvero riconosciuta "dall'Atlantico agli Urali" e che invece stenta a riconoscersi nella propria radice storica, affascinante e nel contempo tragica.
Essere al centro dell'attenzione continentale è un onore ma anche una responsabilità. da una parte infatti si riceveranno indicazioni, aiuti e sostanziosi contributi teorici e pratici, dall'altra ci si dovrà chiedere che cosa questa terra può offrire all'Europa, in che modo questo patrimonio di relazioni inter-nazionali e transfrontaliere può divenire ricchezza per tutti, in termini di percorsi di pace, di giustizia, di accoglienza e di umana bellezza.
L'obiettivo non è quindi il 2025, ma il 2026, cioè quella quotidianità e ordinarietà che dovrebbero diventare il tessuto di un territorio chiamato a continuare a essere, nei decenni successivi, faro di riferimento per ciò che concerne la cultura della convivenza e della solidarietà. Per questo è indispensabile che prima di tutto il resto venga posto il fondamento antropologico dell'evento al quale ci si sta preparando. Questo non può che essere la relazione tra le persone. E' vero che molto è cambiato dai tempi della guerra fredda e della cortina di ferro, peraltro mai troppo rigida come in altre zone di demarcazione fra est e ovest in Europa. Ma è anche necessario compiere importanti passi in più perché il confine, rimosso dalle strade e dalle piazze, venga per sempre tolto anche dalla mente dei cittadini.
Vanno quindi benissimo le centinaia di progetti presentati, sarà senz'altro utile rendere attrattivo e splendente il tessuto urbanistico e la viabilità, ma la misura di un vero cammino verso un futuro sostenibile sarà verificato su alcune parole chiave.
La Cultura dove essere valorizzata come l'espressione di un'intera comunità, ma anche di ciascuna delle persone che la compongono. Ancora una volta è evidente la difficoltà della lingua, che urgentemente deve essere inserita come priorità in rapporto all'insegnamento scolastico di base e della formazione degli adulti. Il laboratorio internazionale per la Pace potrebbe essere uno dei fiori all'occhiello della Capitale europea della Cultura.
Il rispetto dell'Ambiente, meraviglioso e minacciato, richiede scelte urbanistiche e di viabilità immediate e coraggiose. Occorre diminuire drasticamente il traffico automobilistico e favorire quello ciclistico e pedonale. Le Gorizia, vecchia e nuova, sono particolarmente adatte a un ripensamento originale e innovativo, con un piano condiviso che permetta ai residenti di godersi la vita cittadina senza rischi, pericoli e danni per la salute, come pure ai turisti di pedalare o camminare su strade modello di ecologia e di serena fruizione degli spazi di amicizia e di incontro.
L'Accoglienza e la Solidarietà dovrebbero essere un ulteriore grande obiettivo. Si tratta di consentire a ogni persona che vive e o transita per la zona di sentirsi ed essere a pieno titolo "Goriziano". Sentirsi a casa propria significa essere al centro delle attenzioni e della preoccupazione della politica. Si tratti di trovare rifugio da guerre o lavoro per la sopravvivenza, ognuno dove sentirsi soggetto e oggetto della vita cittadina.
Infine - per modo di dire in"fine"! - è necessaria una visione d'insieme. Come sembra, anche grazie a imprenditori illuminati, l'asse tecnologico e produttivo della Primorska slovena tende a spostarsi verso Ajdovščina e da lì verso la sempre più centrale capitale europea che è Ljubljana. E se Nova Gorica vede di buon occhio tale sollecitazione, puntando a specializzarsi maggiormente come riferimento storico e culturale, la vecchia Gorizia non può guardare soltanto al proprio piccolo e fragile interesse. La capitale europea della Cultura non può essere concepita come una mera occasione di ricevere finanziamenti per migliorare il proprio tessuto urbano. Deve invece incentivare un grande cambiamento di mentalità, percependo l'importanza di essere anche geograficamente nel cuore dell'Europa. Ci si dovrebbe quindi aprire senza alcuna paura al futuro, abbandonando le tradizionali rivalità con Trieste, Monfalcone e Udine come pure la quasi totale ignoranza dei progetti e delle potenzialità dell'attuale repubblica slovena. Si potrà davvero pensare a una nuova stagione di rilancio sanamente produttivo e turistico, solo sentendosi parte di una grande tela di relazioni che vanno - solo per portare qualche esempio - dalle opportunità offerte dai porti di Trieste Koper Monfalcone alla salvaguardia degli ambienti naturali e antropici delle valli dell'Isonzo e del Vipacco, dalla forza propulsiva del mondo friulano agli sviluppi promettenti dei Balcani in via di complessa ma possibile pacificazione.
Insomma, storicamente parlando, la Capitale europea della Cultura potrebbe aiutare un'enorme zona del Continente - quella che sommariamente potrebbe essere chiamata Mitteleuropa o euroregione centrale - a ritrovare, rinnovare e aggiornare l'eredità autenticamente spirituale lasciata dalla dissoluzione dell'antico Patriarcato di Aquileia.
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