sabato 16 aprile 2022

Gorici (le due Gorizia), i love you

Dal momento che, con mia sorpresa, una delle mie 25 priorità alfabetiche è balzata improvvisamente agli onori delle cronache, credo sia utile approfondirne il tema. Si tratta della lettera V come Vie, dedicata lo scorso 8 aprile alla toponomastica goriziana.

In premessa, vorrei ricordare che questo è un blog del tutto personale. Non sono iscritto a nessun partito e  e le idee espresse non rappresentano nessun gruppo politico presente in città o altrove. Ritengo quindi un onore il fatto che un sindaco si confronti con il blog di un privato cittadino, per esprimere la propria contrarietà. Lo colgo come un segno di una reciproca conoscenza e oserei quasi dire anche amicizia che ha radici nei lontani tempi in cui io frequentavo Stella Matutina e lui san Giusto. Tutto ciò che è scritto in questo blog è utilizzabile liberamente, quindi non c'è alcun problema nel prenderne un post, copiarlo nella propria pagina facebook o twitter, commentandolo secondo il proprio punto di vista.

Ecco infatti, il problema sta proprio nel punto di vista.

Intanto non ho proposto di cambiare tutti i nomi delle vie dedicate agli italiani sostituendoli con altri sloveni. Ho proposto sì la riduzione di alcuni nomi relativi alla storia militare della prima guerra mondiale, tra i quali quello del generale Cadorna, la cui figura è descritta da una parte della storiografia come un vero macellaio, anche se non mancano storici che ne riabilitano il ruolo. In ogni caso, è stata una persona che ha avuto una parte fondamentale in quella orrenda carneficina che è stata la cosiddetta Grande Guerra. Chi potrebbe negare che a Gorizia le intitolazioni a persone, brigate ed eventi di quel periodo sono in numero sproporzionato rispetto alla storia millenaria precedente e centenaria successiva al 1918? Sì, è vero, ho anche suggerito di modificare Piazza "Vittoria" riportandola all'antico nome di Piazza Grande o di Travnik, ricordando le conseguenze funeste che quella "Vittoria" ha portato. Si può ovviamente dissentire, ma chi ritiene che la guerra non possa mai essere uno strumento per la risoluzione del conflitti fra le Nazioni può almeno auspicare che i luoghi che caratterizzano la città richiamino, oltre cento anni dopo quell'inutile strage, ricordi di pace e non di guerra?

Ho poi citato alcune scuole, pensando in verità di dire delle ovvietà e proponendo degli esempi del tutto integrabili o sostituibili, dal momento che il nome di un istituto dovrebbe indicare un modello di vita per gli scolari e per gli studenti. Dubito che De Amicis sia ancora un punto di riferimento attuale per chi, come scrive il sindaco, crede nei valori di dio patria e famiglia, per cui non mi sembrava assurdo immaginare una scuola di Lucinico dedicata a Celso Macor (il quale, detto per inciso, pur avendo una visione universale della società, non potrebbe essere definito propriamente un poeta "sloveno"!). Così come non mi pare irriverente ritenere che l'Istituto D'Annunzio possa essere invece dedicato a Valentin Stanič, geniale sacerdote, ingegnere, alpinista, educatore, nativo di Bodrež e a tutti gli effetti "Goriziano". L'attuale struttura scolastica di Via Brass è stata infatti costruita utilizzando il precedente edificio, la benemerita scuola da lui stesso  voluta che, nel corso di oltre 150 anni, ha consentito di poter comunicare con gli altri a chi aveva problemi di sordità e mutismo, donando a essi il nobile strumento della parola.

Non ho mai scritto che si debba sostituire i nomi dei poeti italiani con quelli sloveni. Ho piuttosto indicato una strada opposta, sostenendo che in una città nella quale vivono insieme coloro che si riconoscono nella cultura italiana, in quella slovena e in quella friulana, sarebbe importante che ciascuno possa offrire all'altro la ricchezza della propria storia. Nessuno, sano di mente, può mettere in dubbio i pilastri su cui è edificata la grande cultura italiana, Dante, Petrarca, Boccaccio, Manzoni, Leopardi, Francesco d'Assisi, Michelangelo e così via. Ma cosa ci sarebbe di male ad affiancare a essi altri nomi di straordinari artisti e letterati che hanno costruito la cultura slovena e quella friulana. Per questo, sarebbe interessante dedicare degli spazi cittadini a France Prešeren, a Primož Trubar, a Ivan Cankar, a Simon Gregorčič, poeta sacerdote definito "l'usignolo di Gorizia", a France Bevk, a Lojze Bratuž, a Ljubka Šorli o anche a personaggi che recentemente hanno testimoniato altre tragedie del XX secolo, come per esempio Vilma Brajni. Certo, si possono aggiungere tantissime altre proposte, rappresentative anche degli altri ambiti che hanno caratterizzato la storia goriziana, quello tedesco, quello ebraico e quello delle numerose comunità regionali che si sono installate in città dopo la seconda guerra mondiale. Ma come fa un sindaco di una realtà plurilingue e pluriculturale a ritenere che la "sua" città sia soltanto "italiana" e che non sia invece il suo valore specifico proprio quello dell'unità nella diversità che si deve esprimere anche attraverso i suoi simboli toponomastici? Non è un buon biglietto da visita per una "Capitale europea della Cultura", riconosciuta proprio per la sua caratteristica inter-nazionale, iniziare denigrando la cultura slovena come meno degna di essere rappresentata nello spazio cittadino rispetto a quella italiana. 

Ecco tutto, con la soddisfazione di aver aperto un dibattito su un tema delicato. Mi piacerebbe che il sindaco, dal momento che trova il tempo per onorare il mio blog, esprima un parere anche sulle altre 24 priorità indicate (lavoro, accoglienza, welfare, urbanistica, viabilità, biblioteca, sanità, lavori pubblici, ecc., tanto per portare qualche esempio). 

Alla sua domanda, "che cosa mi ha fatto di male Gorizia italiana?", rispondo che Gorizia - italiana, slovena, friulana, ma anche veneta , sarda, pugliese, ebraica e ora pakistana, afghana, ecc. - mi ha accolto con ricambiato amore e mi ha ospitato per quasi 60 anni. L'ho preferita alla mia bellissima città natale, Verona, la amo profondamente e le ho dedicato pensieri, parole, interi libri. La amo proprio per la sua originale multiculturalità e da quando, fin da bambino, frequento anche la sua parte "nuova" della città, non amo solo Gorizia, ma anche Nova Gorica, o meglio amo le due Gorizia, Gorici, per usare il numero duale presente solo nella lingua slovena.

1 commento:

  1. Provocatoriamente avresti potuto rispondere che Cadorna dev'essere inteso il figlio Raffaele, protagonista della Resistenza e della Liberazione. Tuttavia il nocciolo della questione stavtutto nella domanda-definizione "Gorizia italiana". Se "italiano" è l'arroccamento a radici ideali, politiche e sociali di un tempo, il discorso - in un certo qual modo comprensibile - è comunque già chiuso. Se "italiano" invece è l'evoluzione di quegli ideali, ben rappresentati negli articoli fondamentali della nostra costituzione, non si può non comprendere (e condividere) la tua proposta. Qui non si tratta quindi di un "giusto compromesso", qui si tratta di visione. Se vedere e ancorarsi al passato o vedere e, partendo dal passato, guardare al futuro. Sulla scelta di ogni singola denominazione magari ci potrà essere una "rosa" di indicazioni, ma almeno ci sia una discussione. In conclusione, qui non si può non sottoscrivere (senza se e senza ma) quanto proposto da Andrea.

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