La verità indipendente, l'unica indipendente e per questo drammaticamente, tragicamente libera è l'immensità del DOLORE. Sì, la sofferenza dei feriti, le urla dei moribondi, lo strazio dei parenti degli uccisi, il sangue sul selciato, i corpi immobili sdraiati sull'asfalto, la disumanità di uomini trasformati dalla guerra in belve assetate di sangue. La guerra è una follia.
Di fronte all'immane dolore, non si vorrebbe commentare, si preferirebbe tacere, se non distogliere lo sguardo davanti a quello che oggi vediamo nelle immagini di Bucha e che se non fossimo ciechi avremmo visto in mille altri luoghi dimenticati, in questi anni nei quali la violenza non solo non è stata bandita, ma sta riprendendo pericolosamente il suo posto, negli Stati, nelle Politiche, nelle Coscienze, nei ragionamenti degli Intellettuali.
Eppure è necessario parlare, prendere posizione. Pacifisti da salotto? Forse, ma anche cercatori dell'ago nel pagliaio, certi che la partecipazione rabbiosa all'umano dolore non potrebbe portare altro che ulteriore e nuovo dolore.
Non è vero che o si è da una parte o si è dall'altra. Non è vero che se non si invoca la distruzione della Russia, significa che si è dalla parte di Putin. Non è vero che se non si crede che le armi possano risolvere qualunque conflitto - anche questo - significa invitare alla resa gli ucraini. Non è vero che se si invoca ancora la diplomazia, anche davanti ai cadaveri sanguinanti della periferia di Kiev, significa che si è sostenitori dell'aggressione putiniana. No, non è vero.
E' vero invece che questa guerra deve finire quanto prima, la sofferenza immane è uno scandalo insopportabile, non ci sono parole per condannare Putin e le sue armate per tutto il male che stanno riversando sull'Ucraina. Non esiste alcuna possibile giustificazione a un simile orrore, neppure il contesto di violenze perpetrate dagli ucraini nel Donbass e in Crimea, neppure la visione geopolitica che avrebbe suggerito l'invasione. No, di fronte alla Sofferenza dell'innocente non ci sono ragioni che tengano, da qualunque parte provengano le aggressioni esse sono un crimine contro l'umanità.
Ma la soluzione non sta nella vendetta, nell'invio di armi con le quali uccidere altri esseri umani, provocare ulteriore dolore. Il sangue chiama sangue e la violenza genera altra violenza. Sono dogmi che i movimenti per la pace hanno ripetuto per decenni, anche se in questo momento di prova, molti sembrano averlo dimenticato. Il rifornimento di armi ha una duplice conseguenza, da una parte servirebbe solo a congelare il tutto, prolungando a tempo indeterminato la sofferenza del popolo ucraino, ma ance di una parte di quello russo. Dall'altra parte, nel caso si ritenesse di inviare oltre alle armi anche potenti eserciti in grado di sconfiggere militarmente la Russia, si costruirebbe uno scenario apocalittico, aperto all'uso indiscriminato delle armi di distruzione di massa.
L'unica soluzione possibile sta nel negoziato, nel dialogo tra le parti, possibilmente con una mediazione efficace da parte di un organismo terzo, sia esso costituito dall'Unione europea - ormai troppo schierata per essere affidabile per entrambe le parti - dall'ONU - il grande assente di questa contingenza o da qualche Paese neutrale, se non dal Vaticano che per una volta potrebbe "usare" efficacemente il proprio ruolo di Stato presentandosi come stimato ago della bilancia mondiale.
Ai morti di Bucha dobbiamo un pensiero mesto e una profonda preghiera, un grido di indignazione e un soprassalto d'impegno. Il loro sacrificio non sarà vano, solo se qualcuno cercherà di far finire con la diplomazia questa assurda guerra, non invece se nel loro nome saranno massacrati con le armi sempre più sofisticate, altre migliaia di esseri umani, in Ucraina come in Russia e in tutto il mondo.
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