Non per piangere sul latte versato, ma sembra giusto premettere che avevano ragione Darko Bratina e coloro che hanno portato avanti le sue intuizioni con un Comitato che ha contribuito a raccogliere oltre 15.000 firme e a mantenere molto viva l'attenzione tra la fine del XX secolo e l'inizio del nuovo Millennio. Di conseguenza avevano torto gli amministratori regionali e locali di quel periodo che avevano affossato la grande idea dell'ospedale transfrontaliero di Gorizia-Šempeter, scegliendo di risistemare il San Giovanni di Dio, dopo averlo comprato dai Fatebenefratelli che lo avevano costruito con il finanziamento della stessa Regione. Insieme all'aziendalizzazione che ha sostituito la centralità della persona con quella del funzionamento dell'azienda, è stato il peccato originale della sanità Goriziana.
Da quei tempi lontani, la situazione è andata via via peggiorando, anche per i frequenti cambiamenti istituzionali. L'Azienda Isontina sarà inglobata prima in quella della Bassa Friulana, poi in quella Triestina, perdendo di fatto ogni autonomia, con ulteriore penalizzazione dovuta all'atavico contrasto tra gli interessi goriziani e quelli monfalconesi. Avrebbe potuto esserci un grande innovativo nosocomio internazionale, con le strutture collegate da un breve tunnel, gestito insieme tra due Stati e rafforzato dai legami reciproci. Ci si trova invece con le grandi strutture di Via Vittorio Veneto di fatto abbandonate a se stesse, nonostante molti progetti di ristrutturazione finiti contro il muro dei costi astronomici e con un Ospedale minore, pagato a caro prezzo e ora progressivamente defraudato dalle sue specialità.
Certo, quello che è successo non è stato casuale, sono molti i nomi e i cognomi di coloro che si sono riciclati negli ultimi venti anni, prodigandosi nella denuncia della triste situazione, cercando (e riuscendo!) di evitare tracolli elettorali con l'assunzione di scomode responsabilità. Tra loro, alcuni sottolineavano l'opportunità di favorire la sanità territoriale, prospettiva che è stata realizzata in modo efficace solo grazie alla straordinaria professionalità del personale sanitario, sempre più ridotto e sempre più "eroico" nel sopportare situazioni e turni di lavoro sempre più faticosi e complessi. Si aggiunga a tutto ciò il preoccupante quadro relativo ai Medici di Medicina Generale, molti dei quali ormai sulle soglie della pensione e con grandi difficoltà di sostituzione, a causa di meccanismi burocratici complicati e di non certo entusiasmanti prospettive contrattuali. C'è il concreto rischio di migliaia di cittadini privati di uno dei diritti elementari della persona, quello di avere un medico di fiducia con il quale confrontare le problematiche relativa alla propria salute.
Quale è l'impressione? Che la moltiplicazione delle carenze, rilevate non solo a Gorizia ma anche in tutta la Regione FVG, con una forte accentuazione nel periodo del Covid-19, non sia casuale, ma vada a tutto vantaggio di una progressiva valorizzazione della sanità "privata" a scapito di quella "pubblica". Questo è un vero, grave problema, la cancellazione di anni di impegno per tutelare il diritto di tutti a una cura efficace e adeguata, soprattutto dei più poveri e dei più deboli. A questo proposito, ci sarebbe molto da dire anche sulla sempre più assillante questione dell'assistenza alle persone più anziane o colpite da malattie croniche. E' una questione di Welfare e sarà trattata alla specifica "lettera".
Come uscire da questa situazione? E' difficile e richiede coraggio, ma l'unica strada possibile è ritornare all'intuizione originaria di Bratina. Gli amministratori locali dovranno investire molto tempo ed energie nel cercare il sostegno delle istituzioni regionali e nazionali, nella consapevolezza che solo un collegamento stretto e operativo tra le realtà sanitarie slovene e italiane possa rialzare le sorti del territorio. Un approfondimento operativo dei già buoni rapporti tra le due parti potrebbe portare nuove prospettive e nuove idee, liberando dalla marginalità sia Nova Gorica/Šempeter rispetto al resto della Slovenia, sia Gorizia rispetto al Friuli Venezia Giulia e all'Italia. Qualcosa si è già avviato nel settore della salute mentale, con il progetto transfrontaliero di risistemazione del parco Basaglia che potrebbe diventare un vero punto di riferimento internazionale sulle questioni riguardanti questo settore del disagio, sulla scia del grande psichiatra che ha avviato proprio a Gorizia il percorso che ha condotto all'eliminazione dei manicomi.
Per tutti questi e molti altri motivi è bene accogliere e sostenere chi si prodiga nel denunciare e nel proporre. Per maggiori particolari si rimanda alla recente iniziativa "Difendiamo la sanità goriziana", con motivazioni e raccolta di firme reperibili al link https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSfJOi4CqhbX118vBJ0QEkCUm2yrrXZHi_dEf0wuTZ5eE4DzWw/viewform?fbzx=8834281027963004980
Il degrado della sanità, a mio avviso, dipende molto dalle scelte politiche territoriali. Un bel carico da undici lo ha messo, a suo tempo, la Serracchiani, eletta democraticamente, ma rivelatasi una incapace. La fiducia è stata riposta in una persona inadatta e incompetente, la classica "mestierante della politica" che laddove passa fa un disastro. Purtroppo è in buona compagnia.
RispondiEliminaMi auguro che la situazione possa tornare quella di un tempo, quando le mamme goriziane potevano partorire a Gorizia e non andare a Monfalcone o a Sampeter, o quando il reparto oculistica, tanto per fare un esempio, era a portata di mano, appunto, all'ospedale di Gorizia.
La salute dovrebbe essere un diritto di tutti e non una corsa a ostacoli.