Un tema del quale si parla molto poco è quello dei medici di medicina generale.
Il tempo passa e molti di coloro che sono in servizio si stanno avvicinando al giusto pensionamento. Il numero chiuso universitario è un ricordo del recente passato. Oggi la carenza di quelli che un tempo si chiamavano medici condotti e poi medici di base o di famiglia, comincia a preoccupare molto seriamente.
Nei paesi più piccoli, la convergenza astrale di due - tre professionisti andati contemporaneamente in pensione, provoca già grandi disagi, a fronte di una configurazione istituzionale non facile da dipanare. In pochi casi, il rapporto tra servizio pubblico e iniziativa privata è così importante e nello stesso tempo così complesso.
I meccanismi di sostituzione, tanto maggiormente in questo periodo di grande investimento sul covid-19 e in particolare sull'impegno vaccinale, sono difficili da comprendere per i profani e le supplenze momentanee sono talmente poco remunerativo (e remunerate!), da assomigliare fin troppo a forme di quasi volontariato.
Nelle zone più marginali il problema è dunque molto grave e tanti sono privati di un servizio strettamente collegato dal diritto individuale alla salute, tutelato solennemente dalla Costituzione. Nelle città, per il momento, se ne parla poco, anche perché il numero maggiore di medici in attività consente più agevolmente sostituzioni momentanee o aumenti sostenibili del numero degli assistiti.
Ma questo vale per i prossimi due o tre non, non certo molto più in là. A parte qualche lodevole e accorato appello da parte degli operatori sanitari più sensibili e informati, il tema sembra in genere latitare dai programmi e progetti politici. Ad Aiello si era tentato di parlarne insieme a tutti i principali attori, dai medici di medicina generale ai sindacati che tutelano i loro diritti, dall'Ordine dei Medici all'Azienda sanitaria di riferimento, per arrivare fino ai decisori politici locali e regionali. Il dialogo, avviato peraltro almeno tre anni fa, è stato importante, se non altro per rilevare l'urgenza del problema.
I risultati non sono stati incoraggianti e per il momento non lo sono ancora. Tuttavia il tema dovrebbe essere stabilmente sulla prima pagina dei giornali. La probabile privazione o inevitabile riduzione dell'efficienza a fronte di troppi assistiti per ciascuno, sta per investire pesantemente anche gli ex capoluoghi di provincia - Trieste, Udine, Pordenone e ovviamente anche Gorizia. Non accorgersene e non prevedere come correre rapidamente ai ripari, è distrazione che potrebbe rischiare, in tempi brevi, di innalzare il già alto livello di tensione sociale. Chi lo può (e lo deve) fare, agisca... e agisca, subito!
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