lunedì 19 dicembre 2022

"Europa" e "Cultura". Molte domande per una "capitale" possibile

 

Nova Gorica e Gorizia, da Sveta Gora
Capitale europea della Cultura 2025. 

Perché "capitale"?

Perché il progetto di Nova Gorica con Gorizia è stato riconosciuto veicolo di un importante messaggio che interessa l'intera Europa.

Ma quale Europa? Quale "Cultura"? Quale messaggio?

Cosa significa essere "europei"? Esiste "una" cultura europea? La terribile guerra che si combatte ancora in Ucraina ha rivelato - ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno! - l'intrinseca debolezza di un Continente che si estende dall'Atlantico agli Urali, che è ben lontano dal sentirsi unito e dal riconoscersi dentro un orizzonte di valori storici, etici, giuridici comuni.

E' vero, una parte importante, ben 27 Paesi, si trova sotto il cappello dell'Unione Europea, ma la tragica impotenza di fronte alle crisi dei Balcani degli anni '90 e al conflitto russo/ucraino attuale, dimostra quanto questa "unione" sia in realtà sottoposta ai potentati finanziari e militari che soffocano il Mondo. Una parte dei 27 fa parte dell'Area Schengen, si possono attraversare i confini senza neppure mostrare i documenti. Sì, ma solo se sei membro del club. Se arrivi da qualche altra parte del Pianeta e fuggi per fame o per guerra, se cerchi di attraversare il Mediterraneo o i fiumi impetuosi dei Balcani, le frontiere ci sono ancora, eccome! E se per caso riesci ad arrivare fino all'Eldorado, appena vieni preso, sei rispedito fin dove sei venuto, "riammissioni" si chiamano... E una parte dei 27 è unita anche dalla stessa moneta, non occorre scervellarsi per capire quanto costa un caffè o un litro di latte. Ma si sa che l'euro non costruisce cultura, ma favorisce affari, quegli affari che fanno sì che i (tanti) poveri siano sempre più poveri e i (pochissimi) ricchi siano sempre più ricchi. E allora, quale Europa chiede a Nova Gorica e Gorizia di essere capitale europea della Cultura? Quella dei banchieri o quella dei mercanti d'armi? Quella aperta ai popoli e alle nazioni di tutto il Pianeta o quella macerata da tentazioni razziste, di chiusura a prescindere di fronte a qualsiasi possibile cambiamento? Quella di Tolstoj, Kafka, Kosovel, Montale, Thomas Mann, Camus, Picasso? O quella dei macellai che l'hanno insanguinata nel corso del secolo breve e che continuano oggi la loro opera? Quella che chiede la memoria della proprie radici cristiane o quella che procede verso una nuova dimensione in grado di far sentire ciascuno totalmente "a casa propria"? Quale Europa? Dove sta andando l'Europa? Chi è l'"homo europeus" dei primi decenni degli anni 2000?

Poche parole possono assumere così tanti diversi significati come "Cultura". E' il patrimonio che riceviamo e che ci fa essere quello che siamo, ma anche il nostro specifico contributo - quello che solo ogni vita individuale può portare - alla crescita culturale dell'intera umanità. In fondo, la questione dell'appartenenza e dell'identità è da relativizzare. prima di ogni altra definizione, si è umani, se non ancora più ampiamente, "viventi". L'etichetta che ci diamo, la nazionalità, la religione, la concezione filosofica, altro non sono che il frutto della straordinaria immaginazione umana. Sono realtà virtuali, che esistono solo perché noi le abbiamo create, per vivere meglio, non perché i detentori del potere distruggano i più deboli e i più fragili. Sono realtà virtuali, ma "in nome di Dio, Patria e Famiglia" decine di milioni di esseri umani si sono scannati ritenendo che il frutto della propria immaginazione fosse più maturo di quello dell'altro, definito velenoso, pericoloso, indegno di sopravvivenza. Forse allora Cultura è tutto ciò che fa crescere il patrimonio di umanità e che rende l'umanità maggiormente consapevole del compito di custodire l'universo intero. AntiCultura è tutto ciò che vuole la distruzione dell'umano e di conseguenza la devastazione dell'ambiente, la soppressione della Madre Terra. In questo senso, la ricchezza "virtuale" che ogni persona, come ogni popolo, porta con sé, nel momento in cui "si perde" nella condivisione con il "diverso da sé", diventa ricchezza culturale per tutti e rende possibile la crescita di un'autocoscienza costruttiva, carica di bellezza e di senso. La Cultura cresce nella misura in cui rinuncia a sé stessa per donarsi all'altro, inevitabilmente trasformandosi perennemente. Da ogni incontro non si può che uscire cambiati, radicalmente trasformati, non si è più quelli di prima. La "morte" della propria identità è condizione perché ne nasca una nuova, in modo generativo e simpatetico. Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi la perderà per la causa dell'Umanità, la troverà (parafrasando uno che se ne intendeva...).

E allora? Allora la Capitale europea della Cultura è un dono e una responsabilità. E' un impegno che va ben oltre qualche centinaia di lodevoli e interessanti iniziative, qualche miglioramento infrastrutturale o alcuni istanti di empatica fraternità transfrontaliera, qualche occasione in più per rilanciare il turismo di nicchia. E' la decisione di due città di essere veramente una, di ogni cittadino di offrire la propria identità e la propria storia all'altro, ma anche di accettare con entusiasmo lo stesso dono dall'altro. Non è un reciproco annullamento, né la cancellazione della distanza naturale che separa ogni essere umano dall'altro suo simile. E' invece la scelta consapevole di trasformare Nova Gorica e Gorizia in uno spazio totalmente nuovo da abitare, ciascuno portando in esso, progressivamente, una parte importante del proprio essere. E' un rischio, perché se vissuta così la capitale della Cultura farà di Nova Gorica e Gorizia una nuova, completamente inattesa e imprevedibile realtà, là dove la valorizzazione della diversità - di tutti, non solo degli italiani, degli sloveni e dei friulani - sarà la condizione del realizzarsi dell'unità. Per questo il vero criterio di verifica sarà quello dell'accoglienza e dell'accessibilità. Le decine di persone che in questi giorni rischiano di morire di freddo, dopo la chiusura della stazione centrale, dicono quale NON deve essere la strada da intraprendere. Solo la città che apre le sue braccia a chi è più debole, è degna di fregiarsi del titolo di Capitale europea della Cultura.  

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