Ogni essere umano è infatti un enigma, anzitutto per sé stesso e a maggior ragione per gli altri. Ogni sano rapporto presuppone che non ci siano né la totale estraneazione né la completa assimilazione. Nel primo caso ognuno resta completamente sé stesso, del tutto isolato dall'altro, nel secondo caso l'omologazione cancella l'individualità soffocando di fatto la specificità e l'originalità di ciascuno.
La Politica dovrebbe essere il luogo delle relazioni sociali, là dove il rappresentante eletto dovrebbe, come dice la parola, "rappresentare" le istanze dei suoi elettori. Essendoci all'interno dello Stato tante visioni della vita e concezioni del mondo quanti abitanti, dovrebbero essere identificabili alcune aree generali di riferimento che "prendano le parti" (= partiti) degli uni o degli altri. Le elezioni, determinate dalla capacità di ciascuno di creare consenso, dovrebbero servire a stabilire i rapporti di forza, sulla base dei quali individuare e approvare le leggi indispensabile alla garanzia della vita sociale. Non si tratta quindi della ricerca di compromessi minimali, meno che meno di rapporti di forza nei quali la "maggioranza" impone e la "minoranza" contesta a prescindere. Si tratta invece di una vera e propria arte della relazione, là dove ciascuno offre la ricchezza del proprio contributo e - tenendo conto dei numeri determinati dai votanti - tutti insieme si cercano non il minimo comune multiplo e non ovviamente solo l'interesse della propria parte. Si persegue invece il massimo comune divisore, ovvero la scelta che tiene in considerazione più possibile i punti di vista di tutti.
Perché questo ideale si possa realizzare, ci sono alcune condizioni che attualmente purtroppo non sono prese in considerazione.
Prima di tutto è necessaria la riscoperta dei fondamenti filosofici di un'umana convivenza. Ciò significa che tutto il "sistema", a partire dai percorsi didattici e formativi, dovrebbe aiutare ogni persona a trovare il proprio "senso della vita" e a identificare quale sia il gruppo o il soggetto che meglio potrebbe rappresentare tali valori nelle sedi legislative e nel dibattito politico. Quando si va a votare, prima di mettere la fatidica crocetta e di scrivere (ahimé, là dove viene concesso) il nome preferito, si dovrebbe rispondere alla domanda: quale partito è maggiormente vicino alle mie idee? chi potrebbe esprimere al meglio ciò che io penso? A pensarci bene, è il contrario di quanto avviene in questa campagna elettorale, dove le domande guida sembrano essere: quale partito garantisce meglio i propri più immediati interessi? chi devo votare per impedire che possa vincere l'altro?
In secondo luogo, solo un sistema proporzionale potrebbe garantire questa concezione pienamente democratica della politica. Infatti una più ampia rappresentanza potrebbe corrispondere a un più ampio ventaglio di proposte, favorendo la negoziazione e il dialogo fra le parti. L'unica limitazione dovrebbe essere la fedeltà alla carta fondamentale, la Costituzione, unico criterio per definire chi ha il diritto di partecipare e chi no.
Terzo, ma non ultimo, anche se apparentemente populista, è il problema dei vantaggi economici che spettano ai rappresentanti eletti, in parlamento o nei consigli regionali, non certo nelle assemblee degli enti locali. Gli stipendi da capogiro e gli incredibili privilegi che spettano a deputati, senatori e consiglieri regionali portano gli "eletti" molto lontano dagli elettori, creando inevitabilmente una casta inavvicinabile e inarrivabile, come dimostrato dagli ordinari dibattiti pre e post elettorali. La soluzione ci sarebbe anche stata, ma ormai sembra difficile ritornare su questi temi. Era necessario come minimo dimezzare tutti gli stipendi e i rimborsi, non diminuire il numero dei parlamentari. Si sarebbe realizzato il risparmio, senza intaccare la democrazia.
Fino a quando i compensi - e i conseguenti privilegi - saranno così scandalosamente lauti, gli scranni di Montecitorio e di Palazzo Madama (ma anche quelli dei consigli regionali) saranno poltrone nelle quali affondare radici e non scomodi strapuntini sui quali servire veramente il bene e i beni comuni.
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