domenica 7 agosto 2022

La politica dell'"attenti al lupo!"

Attenti a Berlusconi! Attenti a Salvini! Attenti a Meloni! Attenti attenti attenti!!! Da trenta anni una parte del centro sinistra va avanti confidando che il timore che l'avversario vinca sia di per sé un elemento convincente e soprattutto vincente. Sulla base di questo teorema, si sono elaborate complicate leggi elettorali che hanno reso l'Italia sempre più difficilmente governabile, mentre si è capito sempre meno in che cosa consista e in che modo possa essere portata avanti un'"agenda" (per usare un termine alla moda) autenticamente di sinistra. E così ci si accorge troppo tardi del vero arrivo del lupo, il capitalismo iperliberista che semina violenze e guerre in tutto il mondo, al fine di difendere e garantire i propri interessi.
La riforma dell'ultima legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum, è una di quelle azioni di cui sempre si parla e che mai si realizzano. Così come è, rischia veramente di incrementare a dismisura l'astensionismo, supportato da forti e gravi ragioni.
La necessità strategica di costruire coalizioni per poter ambire ai seggi minaccia infatti il dibattito democratico. Il sistema di rappresentanza è infatti basato sull'incarico affidato agli eletti di legiferare e di determinare i governi sulla base di un adeguato bilanciamento delle visioni ideali e ideologiche presenti nella società. Nell'attuale momento post ideologico, la creazione del consenso non ha come obiettivo un governo sufficientemente espressivo della volontà popolare quanto l'impedimento all'avversario di raggiungere l'obiettivo.  Ciò consente l'effimera creazione di alleanze elettorali finalizzate "a che non vinca la destra" o "a che non vinca la sinistra", destinate a sciogliersi più che neve al sole all'indomani delle votazioni, come ampiamente dimostrato nelle ultime legislature.
Chiedere ai cittadini di votare i componenti di un debole patto destinato a svanire in quattro e quattro otto, tenuto conto anche dell'ampia divaricazione programmatica esistente tra i singoli componenti, è fondamentalmente un invito a non esercitare un diritto destinato a essere calpestato e ridicolizzato subito dopo essere stato espresso. E' vero che la Costituzione non prevede l'elezione diretta del Capo del Governo, tuttavia le ultime due campagne elettorali erano state impostate in modo da far credere all'elettore che il nome maggiormente indicato sarebbe stato naturalmente il premier. L'ovvia inefficienza delle regole elettorali ha invece moltiplicato i presidenti "non eletti", Conte 1 (di destra), Conte 2 (di "sinistra", detto solo per intendersi) e Draghi (di destra e di sinistra insieme), solo per rimanere negli ultimi quattro anni e mezzo.
"Se voto uno e salta fuori un altro, se voto a sinistra e poi mi trovo un governo con la destra, se le nuove alleanze mi portano a dover scegliere figure che hanno sempre avuto idee opposte alle mie, soprattutto se "per non far vincere la destra" devo votare una coalizione composta da chi ha voluto gli accordi con la Libia e non ha proposto uno straccio di legge sull'accoglienza, è favorevole all'invio di armi in Ucraina, persegue una politica estera atlantica a favore degli USA, propone politiche neoliberiste e sostiene un rappresentante della globalizzazione economica del calibro di Draghi... Se tutto questo e molto altro, se chi si presenta fuori dalle coalizioni ha poche o nulle possibilità di diventare deputato o senatore, perché mai dovrei andare a votare?"
E chi potrebbe dar torto a chi ragiona in questo modo?
Tuttavia da questa melma occorre uscire e lo si può fare soltanto cercando adeguate soluzioni. Due per esempio, tra le tante, potrebbero essere una immediata, l'altra più complessa, anche se inevitabilmente collegata. La prima è l'urgenza assoluta di cambiare la legge elettorale, quasi come primo atto del prossimo Parlamento, possibilmente in termini radicalmente proporzionali, con la possibilità quindi di dare voce anche alle posizioni minoritarie e di costruire, fra forze diverse ma ideologicamente affini, legami di governo successivi al voto, invece di alleanze strategiche precedenti destinate inevitabilmente a fallire. La condizione perché un proporzionale puro funzioni è quella di ritrovare la nobiltà delle idee e del dialogo ideologico fra le diverse posizioni come fondamento di una politica rappresentativa. 
Senza queste prerogative, continuerà il triste declino della democrazia, a tutto vantaggio delle forze economiche e finanziarie multinazionali, i veri centri di Potere del XXI secolo. 

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