sabato 6 agosto 2022

In ricordo del caro don Oskar Simčič

Mons. Oskar Simčič (da Novi Glas)
Sabato 6 agosto, nel Duomo di Gorizia si sono tenute le esequie di mons. Oskar Simčič. Se ne è andato dopo 96 anni, una vita lunga e molto impegnata. Sono stati ricordate le sue origini, a Medana, nel cuore della Brda da lui sempre talmente amata da portare ogni primavera gli amici a contemplare la stupenda fioritura dei ciliegi. Si è fatto cenno ai difficili anni dell'occupazione italiana e della dittatura fascista e anche alla sua capacità di trasformare la vendetta in perdono e in passione per la costruzione di relazioni tra le diverse culture e nazionalità del territorio. Intensa è stata la sua vita pastorale, impregnata di preghiera, di studio e di ricerca. E' stato parroco, stimatissimo insegnante di religione nelle scuole superiori slovene, insegnante di teologia morale in Seminario, cancelliere della Curia, consigliere molto ascoltato da vescovi italiani e sloveni, responsabile per circa venti anni di tutto il clero sloveno della diocesi di Gorizia.

E' stato soprattutto un uomo di rara intelligenza e sensibilità, con un carattere che manifestava nello stesso rigorosa serietà insieme a profonda umana simpatia. Sono indimenticabili le lezioni di morale spirituale, con l'analisi antropologica della festa e la rilevanza sociologica del rito e del mito. Era aggiornato dalla lettura e dalla conoscenza di alcuni fra i più eminenti teologi che hanno reso possibile la celebrazione del Concilio Vaticano II e aveva un'autentica venerazione per il vescovo di Roma che più di ogni altro aveva desiderato e sofferto la riforma generale della Chiesa, ovvero Paolo VI.

Aveva una passione innata per la Bellezza e per l'Amicizia. Questa si esprimeva nell'amore alla montagna e all'arte. Ricordo la sua commozione quando, disceso dal Sabotin, dopo una camminata pomeridiana, mi illustrava la "via slovena sud", che sarebbe diventata dopo il suo racconto una delle mie mete preferite degli ultimi vent'anni. Al termine della spiegazione, con le lacrime agli occhi, mi aveva detto: "è stata la mia ultima volta sul Sabotino". Portava gli amici a scoprire i segreti della Brda, con orgoglio la chiesa di Gradno con i dipinti di Spacal e di Mušič, con giovanile baldanza le gole sottostanti Kozbana. Il suo impegno pastorale lo portava ogni giorno presso le brave suore di Maria della Medaglia Miracolosa e ogni domenica nella chiesa del Crocifisso, alla Subida presso Cormons. Era una sua piccola parrocchia, dove aveva contribuito a costruire una vivace comunità, particolarmente empatica e accogliente. Ogni mese, per un lungo periodo, aveva raggiunto Milano, dove celebrava la Messa per gli sloveni residenti nel capoluogo lombardo e si prodigava nel proporre e organizzare importanti momenti di incontro culturale e spirituale. Conosceva tantissime persone ovunque e aveva una straordinaria capacità di condividere le sue amicizie. Si trattasse di Como piuttosto che di Cerkno, di Lubiana o di Roma, ovunque lo si accompagnasse si aprivano nuove conoscenze e nuovi mondi.

E' stato un vero costruttore di ponti, dedicando molta attenzione alla lettura del passato e alla ricerca dei "luoghi" della sofferenza di un territorio provato da due guerre e dagli assolutismi del XX secolo. Ha sostenuto la crescita del movimento Concordia et Pax, lavorando per la riconciliazione tra i popoli che vivono sul confine. Ma soprattutto è stato profeta, interpretando con le sue azioni e le sue parole, già da diversi decenni, lo spirito di umanità, accoglienza e fraternità raccomandato dall'attuale papa Francesco. Ciò gli ha consentito di essere annoverato tra le persone illuminate che hanno contribuito a gettare in un terreno difficile ma fecondo i semi che hanno portato alla fioritura di Nova Gorica con Gorizia, capitale europea della cultura nel 2025.

Era evidente il suo grande radicamento nel cuore della storia e della cultura della Slovenia, come la straordinaria gioia vissuta negli indimenticabili giorni della caduta del confine. Nonostante ciò, il suo funerale è stato stranamente celebrato in lingua italiana, con qualche frammentario inserto nella lingua materna di don Oskar. Tuttavia i fedeli presenti, grazie al coro e alle splendide canzoni slovene, hanno potuto ugualmente partecipare con emozione alla celebrazione. E' anche accaduto un fatto assolutamente emblematico e inatteso. La più famosa orazione cristiana è stata introdotta e avviata in italiano, ma durante la recita si è manifestato, quasi con forza, un clamoroso cambiamento, cosicché progressivamente ma con sempre maggior decisione l'assemblea ha imposto coralmente la lingua slovena e così la preghiera, iniziata come Padre Nostro, si è conclusa come Oče Naš!

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