In ciò che ha detto oggi Ignazio La Russa non stupisce tanto il fatto che il presidente del Senato la pensi così, quanto la noncuranza con la quale tali parole sono state espresse. A parte la mancanza di qualsiasi riferimento storico e storiografico, come pure la superficialità di un'analisi buttata lì, in modo volgare e privo di spessore, colpisce e preoccupa la "normalità" con la quale vengono pubblicizzate idee che fino a qualche anno fa chiunque si sarebbe vergognato perfino di pensare.
La critica all'attentato di via Rasella è una contestazione delle azioni dei partigiani e di coloro che in quel tempo lottavano nella Capitale contro la crudele occupazione nazista, sostenuta di fatto anche dai fascisti italiani. E' di fatto anche un indiretto, indegno e velato indebolimento della responsabilità rispetto al massacro delle Fosse Ardeatine, quasi che possa essere in qualche modo accettata come ordinaria legge di guerra quella della "rappresaglia" su 335 persone inermi e indifese.
La Russa non è l'ultimo arrivato nel mondo della politica italiana e se ha l'ardire di parlare in modo così esplicito, è perché ha il sentore di poter "provocare", senza per questo perdere, anzi forse addirittura aumentando il consenso nei confronti della sua persona e del suo partito. Alla faccia di chi ancora ritiene che "il fascismo non esista più", lo sdoganamento progressivo di un'interpretazione filofascista della storia è fatto particolarmente minaccioso, tanto più in un contesto culturale (o pseudoculturale) nel quale una parte sempre più rilevante della popolazione non soltanto non si scandalizza, ma addirittura si compiace.
Un consiglio a destra e uno a sinistra.
C'è una destra sociale, molto lontana dalle posizioni dei nostalgici del ventennio. Sarebbe bene che si facesse sentire, soprattutto negli ambiti più rilevanti della politica rappresentativa. Ci vuole proprio tanto a dire: "Io sono di destra, ma non mi riconosco in alcun modo nelle parole di La Russa, anzi me ne dissocio totalmente"? E' lecito per esempio attendersi una sconfessione del genere dalla presidente del Consiglio, che più volte ha cercato di smarcarsi da visioni del passato, bollandole come simpatie giovanili. Così come sarebbe opportuno - e forse anche vantaggioso in termini di consenso - che anche altri esponenti di Fratelli d'Italia (o della Lega o di Forza Italia...) abbiano il coraggio di dissociarsi pubblicamente da certe prese di posizione.
E la sinistra? La sinistra deve tornare a condividere la vita delle persone. Deve prendere molto sul serio la sofferenza di chi lavora nelle fabbriche e nei cantieri, come pure nelle campagne dominate dalle nuove forme di latifondismo. Fa bene a sollevare il rispetto dei diritti civili, ma ha bisogno di riprendersi la leadership della rivendicazione dei diritti sociali. Fa bene a investire in un'elevata visione del mondo, ma è necessario che si renda conto del crescente analfabetismo culturale, indotto da decenni di martellante e sistematico instupidimento delle menti. La sinistra si è sempre caratterizzata dallo stare dalla parte dei più deboli, dall'impegno per la garanzia del diritto al lavorare nella sicurezza, per la giusta paga, per la partecipazione collegiale alla gestione delle imprese, per l'affrancamento dalle antiche e moderne schiavitù, per la contestazione al padronato e alle sue diramazioni, per l'internalizzazione della lotta per la giustizia, la pace, la solidarietà. Se non torna con convinzione a questi temi e non torna ad affrontarli nei luoghi di lavoro, nei quartieri dimenticati, nelle periferie dove vivono milioni di esseri umani spesso schiacciati dalla solitudine assoluta, la sinistra si ridurrà a una fragile élite di intellettuali che ritengono di avere - solo loro - le idee giuste per la riforma della società, perdendo progressivamente il riferimento con la realtà. Se invece ritornerà su questi sentieri interrotti, potrà ritornare nelle piazze con la convinzione di chi non ha soltanto qualcosa da contestare, ma anche da costruire. Sentirà e onorerà di nuovo come propri padri e nonni i partigiani e coloro che hanno lottato contro la tirannia nazifascista.
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