Alla richiesta di una guida in lingua slovena, la docente
che guidava il gruppo si era sentita rispondere che “no, nella Risiera di San
Sabba a Trieste non è prevista la presenza di una guida che conosca lo
sloveno”. Ci sono i depliant multilingui e le didascalie sotto le raccolte di
reperti, ma proprio non c’è una persona in grado di accompagnare i visitatori,
illustrando la complessa vicenda del monumento, parlando nella lingua di tanti
triestini oltre che di qualche milione di “vicini di casa” e sottolineando come
esso sia collegato alla storia del popolo sloveno nel secolo breve. Docenti e
studenti si sono arrangiati ugualmente, e anche molto bene, grazie
all’intervento volontario di un giovane esperto autonomamente contattato. Ma è
possibile che chi gestisce la Risiera non provveda all’assunzione di una guida
specializzata da coinvolgere, a disposizione degli ospiti sloveni?
E’ importante questa denuncia, anche in vista
dell’appuntamento di Nova Gorica e Gorizia, capitale europea della Cultura
2025. Come è la situazione nelle città di confine? C’è un adeguato supporto di
personale competente – in italiano, sloveno anzitutto e poi anche in tante
altre lingue – per gli ospiti che incroceranno i monumenti delle due città e
dei dintorni?
La quasi totale ignoranza della lingua slovena da parte degli
abitanti italiani di Gorizia – almeno di quelli che hanno più di venti anni – è
un dato drammatico, consapevolmente o meno viene dato per scontato che “conoscendo
quasi tutti gli sloveni l’italiano”, non sia necessario compiere alcuno sforzo
per trattarsi da pari a pari, non costringendo sempre una delle due parti a
rinunciare sistematicamente all’uso della propria lingua materna. Qualcuno
azzarda il principio di reciprocità, “perché noi dovremmo conoscere lo sloveno
o dedicare qualche strada a importanti personalità slovene, quando ciò non
viene preso in considerazione a Nova Gorica?”. Anche questa frase esprime la
presunzione di chi si sente superiore agli altri, non tenendo in minimo conto di
come la vecchia Gorizia sia evidentemente plurilingue e la nuova no. Ciò non
esclude che in un rapporto intensificato, anche gli abitanti di Nova Gorica potrebbero
riscoprire l’importanza della conoscenza dell’italiano o dedicare qualche luogo
a personaggi che si sono distinti nel pensiero e nell’arte, come per esempio
Carlo Michelstaedter, la pittrice Emma Galli o lo scrittore Celso Macor… Sembra
quasi che la maggior parte degli italiani goriziani ritenga inconsciamente che la
Slovenia finisca a Nova Gorica e non sia quindi uno Stato che dalla Transalpina
si protende fino all’Ungheria. “Cosa può servirmi una lingua parlata in una zona così limitata e da poco
più di due milioni di persone?” si dice, escludendo a priori la possibilità di
dialogare con gli abitanti di Ljubljana o di Ptuj, ma anche con i propri conterranei,
ciascuno nel proprio idioma.
Questa anacronistica visione contrasta anche con i recenti
studi scientifici che dimostrano come la conoscenza di più lingue, imparate
nella prima infanzia, moltiplichi a dismisura e non ostacoli le competenze linguistiche
delle persone. A essa sembrano ispirarsi anche gli estensori del nuovo bando
per l’individuazione del prossimo responsabile del percorso verso la Capitale
europea della Cultura, al quale viene richiesta la conoscenza della lingua
inglese, ma non necessariamente quella dell’italiano.
Del resto, se nessuno dei due parla la lingua dell’altro,
occorre comunicare con un altro mezzo, appunto l’inglese. Certo, è senz’altro
giusto che si insegni uno strumento veicolare che consenta di percorrere tutte
le strade del Mondo. Tuttavia c’è da porsi qualche domanda, se si procede verso
la celebrazione di una capitale della Cultura scelta proprio per la sua collocazione
storica e geografica “di confine” e si comincia dando per scontato che sia
necessario rinunciare a confrontarsi nelle proprie lingue materne, perché “tanto
basta l’inglese”.
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