Il Parlamento italiano ha deciso di fatto di continuare a inviare armi all'Ucraina. Da ormai quattro mesi il copione è sempre lo stesso. C'è la Russia che continua la sua aggressione, bombardando, devastando, uccidendo. C'è l'Ucraina che si difende, grazie alle risorse inviate dall'esterno, con un presidente che non sembra offrire alcuna altra alternativa che un conflitto a oltranza. Ci sono gli Stati Uniti che hanno svuotato gli arsenali di armi convenzionali e si preparano a un pericoloso innalzamento di livello. C'è la Cina che rimane la convitata misteriosa, pronta a scatenare la questione di Taiwan. C'è l'Unione Europea, preoccupata più di tutto dalla restrizione delle risorse energetiche e per ora incapace di mediare un'autentica trattativa degna di questo nome. C'è papa Francesco che richiama l'improrogabile necessità del dialogo, anche con immagini originali che rilevano le responsabilità della Nato e della sua volontà di allargamento dell'alleanza militare. Ci sono gli ex pacifisti che, giustificando la produzione e l'invio degli armamenti, invocano improbabili parentele tra i partigiani antifascisti e i sostenitori di Zelen'ski. Ci sono i convinti della necessità di una resa praticamente senza condizioni da parte degli ucraini, data la disparità delle forze in campo, negando un riarmo che non farebbe altro che prolungare l'agonia e aggravare sempre più la situazione internazionale. Ci sono i "costruttori di pace" - con numeri neppure lontanamente paragonabili a quelli riscontrati in occasione dei due conflitti iracheni - che propongono come soluzione la nonviolenza attiva, sostenendo con convinzione e forza i movimenti che in Russia e in Ucraina raccolgono le persone che - a rischio della propria vita - cercano di attuare l'insegnamento di Ghandi. E ci sono infine, ultimi ma più importanti di tutti, i poveri cristi che stanno sotto le bombe e che vengono feriti e uccisi a causa di una guerra che a parole nessuno vorrebbe.
Più passano i giorni, più diventa chiara la posta in gioco. O si raggiunge l'immediato cessate il fuoco con conseguente avvio della trattativa di pace oppure la benzina gettata abbondante sul fuoco rischia di produrre un incendio dalle proporzioni devastanti. E la discriminante, piaccia o meno, non sta nel dire che si è per la pace, ma nel ridurre gli strumenti di morte che stanno uccidendo tante persone innocenti. Chi ha approvato la risoluzione che impegna a inviare altre armi, vuole di fatto la continuazione della guerra. Chi ha votato contro, desidera un impegno disarmato per raggiungere una pace vera e duratura.
Questi sono i fatti, il resto solo opinioni.
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