mercoledì 11 marzo 2020

Quanta sofferenza in questo tempo strano

E' vero, nessuno era abituato al silenzio di questi giorni.
E' lo stesso sentire delle mattine di Natale, di Capodanno o di Pasqua, quando tutti riposano dopo i festeggiamenti notturni, ma quanta differenza da quel silenzio! Quello di questi giorni è carico di intensità e di attesa, simile a quello di alcuni racconti di Buzzatti o alle Immagini dal sogno di Ivan Cankar. Che cosa è questo essere misterioso, talmente infinitesimale da essere percepibile solo con i microscopi elettronici? Chi colpirà in questo nuovo giorno, saremo o meno una parte delle statistiche quotidiane della Protezione Civile? Un pensiero va a chi è stato colpito, a chi è in quarantena e teme per la propria vita, all'eroico personale sanitario che si adopera in una guerra nella quale alla fine non ci saranno vincitori, contro un nemico subdolo e invisibile. E un pensiero va a chi è disperato perché ha perso o sta per perdere il lavoro e non sa come arrivare a fine mese, meno che meno in questi giorni di riduzione drastica di tutte le attività. E anche a chi è solo e non può avvalersi delle normali relazioni che consentono di apprezzare le piccole gioie della vita.
Eppure queste non sono le uniche sofferenze, in Italia, in Europa, nel Mondo. Nelle isole della Grecia, soprattutto a Samos e a Lesbo, le persone vivono in 8000 dove dovrebbero essere 800 (altro che metro di distanza di sicurezza!). Sui confini tra Grecia e Turchia e tra Bosnia e Croazia (da tre anni!!!) si respingono a suon di botte i profughi che vorrebbero entrare nella Comunità Europea. In Turchia e in Libia ci sono veri e propri campi di concentramento, abbondantemente finanziati dall'Europa. In Etiopia, nel tacere quasi totale dei media, migliaia di persone muoiono di fame perché i raccolti sono stati distrutti dall'invasione delle cavallette. Il popolo Rojava, ormai dimenticato, soffre la propria Resistenza all'invasore, come i Rohingya del Myanmar per i quali nessuno più innalza appelli...
Ecco, la sofferenza del mondo. Che sia un'occasione per sentirci tutte e tutti parte della medesima umana famiglia, per superare le tentazioni autarchiche e le pretese precedenze? La risposta affermativa a questa domanda potrebbe essere l'unica speranza, ma una grande speranza, in questo tempo di silenzio, di attesa, di neanche troppo nascosti timori, per la propria vita e per quella del nostro piccolo e provato Pianeta.

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