Le immagini che scorrono ininterrottamente sugli schermi televisivi e riempiono le pagine dei giornali sono sconvolgenti. Si è incollati ai numeri per trovare conforto nel calo dei contagiati rispetto al giorno prima, si è pieni di ammirazione per gli operatori sanitari allo stremo delle forze, si è ammutoliti - non più inno nazionale o allegre canzoni dai balconi - davanti ai camion militari che trasportano i caduti verso i crematori del Nord Italia. Non c'è il tempo per un ultimo saluto alle persone care, l'ultimo viaggio è un percorso collettivo accompagnato da una compassione profonda, espressa nel silenzio delle case isolate e delle strade vuote.
Andrà tutto bene? Proprio no, se questa espressione vuole essere una specie di ottimistico sedativo che consenta di non guardare in faccia la realtà. L'uomo di speranza invece non ha tempo di cullarsi nelle illusioni, né di lasciarsi schiacciare dalle avversità. Si impegna piuttosto a sistemare le vele, a portare la barca lontano dalla tempesta e a preparare la più tranquilla navigazione successiva.
Certo, non si è abituati a certe immagini e a certi ritmi che sconvolgono prassi di vita ordinarie e riti esistenziali consolidati. Questa volta è la "nostra" sofferenza, forse si deve avere il coraggio di accoglierla e osservarla con attenzione, perché non sia inutile e se ne possano trarre degli insegnamenti, quelli che purtroppo ordinariamente vengono soffocati dalle luci e dai suoni della quotidianità. E' un po' come quando si partecipa a un lutto da lontano, con una tiepida partecipazione che non nasconde una sostanziale indifferenza, rispetto a quando invece siamo direttamente coinvolti e l'esperienza della perdita e della mancanza realizza in noi una ferita che non si può rimarginare.
Uno di questi insegnamenti è senz'altro la consapevolezza di partecipare al mistero ineffabile della Vita. E' lo stupore per il fatto che esista l'essere piuttosto che il nulla, il sentirsi parte di un immenso organismo pulsante, nel quale ciascuna creatura è legata inestricabilmente all'altra, la condivisione della gioia e del dolore di ogni vivente, il riso e il pianto equamente distribuiti nella solennità dello scorrere dei giorni.
Dal seme sparso in questi giorni di tensione e angosciata attesa può allora germogliare il fiore della fraternità, dal silenzio può derivare una nuova capacità di ascolto, soprattutto dell'immenso e finora impotente grido del povero, dalla morte può rinascere la vita di una società più giusta, più attenta all'ambiente e a tutte le sue forme vitale, più solidale e capace di valorizzare i diritti fondamentali della persona umana.
Grazie Andrea!
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