Scrive il Corano (ma la frase è stata resa celebre dal finale di Schindler's list): "Chi salva la vita di una persona è come se avesse salvato tutta l’umanità". Oggi questa bella frase è da dedicare a medici, infermiere e infermieri, operatori e operatrici sociosanitari - non solo in Italia, ma in ogni parte del mondo colpita dal coronavirus - che stanno dimostrando un coraggio e una forza che riconciliano con la parola "umanità".
Si è tutti colpiti dai volti distrutti dalla fatica di chi, se necessario anche a prezzo della propria stessa vita, passa l'intera giornata o nottata a fianco delle persone colpite. E spesso, più ancora dei segni della stanchezza, sono evidenti quelli della delusione di fronte alle tante sconfitte nella lotta contro un morbo misterioso e maligno. Ai tanti, troppi caduti della categoria, non si può rivolgere altro che un pensiero carico di gratitudine e di affetto, eroi che non si sono mai tirati indietro davanti all'avanzare del male, combattendo una battaglia anomala, non per uccidere, ma per salvare le vite di chi fa parte della stessa umana famiglia.
Non importa se siano asiatici, europei, americani o africani, non c'è spazio per le ordinarie retoriche del nazionalismo o di un malinteso patriottismo... essi sono professionisti in prima linea, più o meno sostenuti da politiche sanitarie molto spesso assai traballanti, non fanno distinzione tra giovani e vecchi, tra residenti e immigrati, perché per loro, prima di ogni altro aggettivo identitario, colui che si affida alla loro cura, è anzitutto e soprattutto un "homo".
Grazie per tutto quello che state facendo, in questo tempo strano e difficile, speriamo di non dimenticare la vostra testimonianza e la vostra umiltà!
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