La “Kozjak”, presso Kobarid, è una piccola cascata, ma capace di suggerire la
percezione del mistero. La si raggiunge con una breve passeggiata,
particolarmente suggestiva nei colori caldi dell’autunno. Dalla passerella
sospesa sulla Soča ci si arriva in venti minuti di cammino. Si costeggia un torrente
rilucente di incredibili colori, con l’aiuto di qualche delicato ponte di
cemento si passa dall’una all’altra riva fino a quando un sentiero di legno,
ancorato alla roccia, invita ad andare oltre, verso una cavità oscura dalla
quale proviene un crescente frastuono.
Si giunge così sul fondo di
un’ampia voragine, nella quale si getta il ruscello sovrastante. Il salto è
solo di qualche decina di metri e la portata richiama più la stabilità di una
colonna che l’avanzare travolgente di un’onda che prorompe dalla montagna. Le
pareti levigate sembrano volersi chiudere sul visitatore e il lago alimentato
dal fiotto è profondo e scuro, qui il sole non riesce mai a trasmettere i suoi
raggi. Si è come attratti dal desiderio di assaporare quelle acque, troppo
lontane per essere alla portata delle mani e troppo fredde per tuffarsi in
esse, per lasciarsi coinvolgere in un abbraccio che potrebbe essere fatale.
Ecco, per un momento tutto
scompare, con l’eccezione della cascata, del rumore, dei vapori freschi che
pizzicano la pelle. L’antro si trasforma in un’immensa cattedrale dove la
Natura offre la più armoniosa delle sue sinfonie. Il battito del cuore entra a
far parte del concerto e l’emozione prende lentamente il sopravvento: qui le
speranze e le delusioni, le scoperte e le preoccupazioni, i sentimenti eterni
dell’odio e dell’amore, la costruzione della pace e la distruzione della
guerra, qui tutto sembra mescolarsi in una superiore armonia. Ci si sente
davvero “uno”, con tutto ciò che sembra quasi ruotare intorno; centro
dell’universo o incontro sublime tra diversi centri.
E’ solo un istante, poi tutto ritorna al suo posto, il vortice si ferma e rimane soltanto la nitida percezione di una bellezza straordinaria. E ci si può rimettere in cammino, colmi di nuova energia e scendere di nuovo verso l’Isonzo, attraversarlo ancora e risalire la collina, ritrovando i segni dell’agire umano: le strade che uniscono e le trincee che dividono, le case che si impregnano di vita familiare e i templi che trasmettono il loro incessante richiamo ai valori della trascendenza, le attese intense di un futuro migliore e le memorie del tempo e di tante vite per sempre trascorse. (Dal libro L'Isonzo)
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