Igor Komel, Vincenzo Compagnone, Felice Casson |
L'orrore di quell'evento è ancora vivo nella memoria, soprattutto la telefonata che invitava al controllo della 500 abbandonata nella frazione di Sagrado, sotto il Monte San Michele. Quella voce calma, con una leggera inflessione dialettale, decretava di fatto la condanna a morte di tre persone e il grave ferimento di altre due.
Se ne è parlato lunedì sera al Kulturni dom di Gorizia, in un interessantissimo incontro. Dopo l'introduzione del direttore Igor Komel, è intervenuta da remoto la senatrice Tatjana Rojc che ha inquadrato l'evento nel contesto della situazione di quel periodo sul confine orientale d'Italia. Il giornalista Vincenzo Compagnone ha poi sintetizzato gli aspetti più rilevanti del fatto e di tutto ciò che ne è seguito. Ha poi avviato un'avvincente conversazione con il magistrato ed ex senatore Felice Casson, protagonista di primo piano nella ricerca e nell'individuazione della verità.
Il racconto ha tenuto con il fiato sospeso i tanti presenti, ma al di là dei singoli episodi, quello che ha colpito è stato lo scandaloso depistaggio che ha portato a dilazionare incredibilmente le conclusioni. E' stato delineato un quadro estremamente inquietante di quel periodo, tra infiltrazioni neofasciste nella magistratura e nel comando dei carabinieri e ruolo attivo di personaggi politici assai in vista in quel tempo. Interessante è stato anche il riferimento alla Gladio e alla strategia della tensione. Dietro le quinte di un mondo democristiano apparentemente tranquillo, le trame eversive neo fasciste agivano con inquietanti connivenze, proponendo la strategia della tensione. L'obiettivo era quello di puntare a un vero e proprio colpo di stato, da "giustificare" come ritorno all'ordine minacciato dai gruppi della sinistra, accusati come ideatori ed esecutori degli attentati.
Certo che se un generale dei carabinieri colluso con l'extra destra arriva a sparare gigantesca menzogne per "coprire" gli assassini dei suoi stessi colleghi, vuol dire che il veleno fascista era arrivato a inquinare gli strati più influenti della società. In questo senso, le vicende di cinquanta anni fa, trascinate avanti per decenni e risolte proprio grazie a personaggi coraggiosi come il giudice Casson, sono molto emblematiche.
Anche quella volta il pericolo di un ripristino dell'"ordine" fascista era sottovalutato, se non volontariamente marginalizzato. All'insaputa e sulla pelle della stragrande maggioranza dei cittadini si stavano giocando partite che avrebbero provocato tanti morti e feriti, una guerra aperta contro la democrazia. Occorre aprire gli occhi, affinché tragedie del genere non si ripetano più. I morti di Peteano e delle troppe stragi di quel periodo di tensione siano un monito a chi anche oggi sembra sorridere con colpevole superficialità di fronte agli attuali gruppi che fanno proprie le stesse teorie ideologiche che avevano generato Ordine Nuovo, i Nar e tanti altri arcipelaghi neofascisti e neonazisti.
Grazie a Felice Casson per la sua straordinaria testimonianza, a Vincenzo Compagnone per l'ottima conduzione della serata, a Tatjana Rojc per l'intervento da Roma, a Igor Komel e al Kulturni dom di Gorizia per l'ospitalità.
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