Ci si tuffa negli affanni quotidiani, ci si preoccupa per le guerre vicine e lontane, si ama, si odia, si perdono istanti preziosi e e ne riempiono altri. Si dicono e scrivono parole importante, si condivide il cammino con i propri compagni di avventura, ci si impegna, ci si stanca, si protesta e ci si acquieta, si è felici, malinconici o profondamente tristi.
Poi arriva lui, il più prevedibile degli imprevisti, il gioco del tempo che passa, la clessidra che comincia a svuotarsi, lo spazio superiore ormai trasparente. Pur essendo una delle poche certezze, la prospettiva della morte irrompe ogni volta nella fragile struttura dei pensieri, nella corazza dell'indifferenza e della dimenticanza.
Eppure tutti si muore, a milioni di fame o nelle guerre dimenticate e apparentemente assurde, nel mare o nei boschi cercando la chimera di una solida libertà, nei campi di sterminio di ogni tempo e negli incidenti. Ma sono sempre le morti degli altri, di coloro che comunque sono lontani, di cui possiamo vedere un volto su una pagina strappata di giornale o anche sforzarci di offrire una mano, un aiuto prezioso. Sono "notizie" interessanti, toccanti, stimolanti, ma pur sempre messaggi la cui portata emotiva scompare al volgere della pagina successiva o al partire verso l'ignoto della persona incontrata.
Poi c'è la malattia, psicologica o fisica. E c'è un amico, un familiare, una persona che si ama. E' lei o lui che affronta la più importante delle prove, la grande sfida. L'universo intero ruota intorno al buco nero dove tutto sembra essere inesorabilmente inghiottito. Chi si sente vicino percepisce l'ansia del nulla o dell'infinito, mentre chi non lo è ancora cerca di aggrapparsi alla scialuppa fragile dell'attivismo. Sì, perché se la morte fosse sempre davanti ai nostri occhi, sarebbe assai difficile vivere la normalità e la maestà dell'istante. Ma se non ci si ricordasse mai del prevedibilissimo imprevisto, si sarebbe tentati di credersi i padroni del cosmo, conquistatori di un mondo inventato soltanto dalla nostra immaginazione.
Quanto si vorrebbe condividere, abbracciare, stringersi nell'infinità e nell'eternità del più loquace dei silenzi! E invece si tace sì, ma perché non si sa che cosa dire e il vuoto che si crea spaventa e fonda un senso di impotenza e a volte di rabbia nascosta. Resta vero solo lo spazio di ciò che ci trascende, qualunque nome abbia, un dio o un pensiero, la natura o ciò che è al di là di ogni parola. Sì, proprio lo spazio della Preghiera. Ed è in questo spazio che stasera vorrei incontrare chi soffre, chi affronta quello che forse è l'ultimo rettilineo, chi cerca con angoscia o curiosità l'irraggiungibile Verità.
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