Contro ogni fascismo, il monumento ai partigiani a Trnovo |
Ciò non toglie che si debba continuare a perseguire una forte unità di intenti, dal punto di vista programmatico, anche in vista dell'ancora un po' misterioso evento della Capitale europea della Cultura 2025. Anche se il termine - purtroppo!!! - sembra essere stato soppiantato da una maggioranza di cittadini che ritengono non abbia più un senso, ci si può ancora domandare che cosa voglia dire "essere di sinistra" nel territorio Goriziano brez meja/senza confini?
Tra i tanti spunti, eccone qualcuno, solo per aprire un po' di dibattito.
Primo, la Cultura della dignità del Lavoro sicuro e per tutti, della solidarietà e della cooperazione nella garanzia della parità dei diritti, della valorizzazione dei più deboli, dell'accoglienza indiscriminata dei migranti, della nonviolenza attiva e dell'antimilitarismo militante, del rispetto dell'ambiente in tutte le sue forme, della libertà nella giustizia sociale. In concreto, ciò si potrebbe tradurre nella promozione di un sistema di welfare comunitario, ponendo alla base il principio basagliano secondo il quale ogni cittadino è oggetto e soggetto della costruzione della realtà. E' necessario immaginare un accompagnamento della persona, dall'inizio alla fine, con percorsi di formazione e concreti luoghi di condivisione, finalizzati a renderla protagonista della costruzione di una comunità libera, democratica, inclusiva, interculturale, internazionale. In altre parole, in una terra in cui il fascismo prima, il nazifascismo dopo, hanno portato a terribili spargimenti di sangue, essere antifascisti significa rileggere la Storia - soprattutto quella del Novecento goriziano - rifiutando la logica perversa del razzismo e del nazionalismo, rilanciare il metodo cooperativistico da una parte e dall'altra dell'ex confine, realizzare centri di prima accoglienza per chi giunge dalla rotta balcanica, sostenere un'imprenditoria che metta davvero al centro della propria azione non il dio profitto ma l'essere umano in quanto tale. In altre parole, un Laboratorio internazionale per la costruzione della pace in Europa e nel Mondo.
Secondo. Città dei bambini. E' da ripensare l'urbanistica e la viabilità, tra Gorizia e Nova Gorica. Si dovrebbe pensare a un territorio nel quale i bambini possano raggiungere la scuola andando a piedi o in bicicletta, nel quale i turisti, giungendo con il treno, possano percorrere in serenità le strade che permettono di raggiungere i più importanti monumenti. Le piazze dovrebbero tornare a essere i salotti esterni delle case, luoghi di incontro, di dibattito e di amicizia. Occorre sostenere la ristrutturazione degli alloggi, incentivando i proprietari a non tenerli chiusi, colpendo ogni forma di speculazione in questo senso. L'asse ciclabile tra le due stazioni di Gorizia e Nova Gorica potrebbe essere la vera spina dorsale di un progetto ciclopedonale internazionale, con la grande opportunità della "pista dell'Isonzo Soča", dalla sorgente alla foce e dei percorsi a piedi, la spettacolare e assai interessante Pot miru/Via della pace da Log pod Mangartom a Duino, il Cammino celeste e il sentiero dei Monti Goriziani. Il già progettato ponte sulla ferrovia a Campagnuzza e la completata passerella di Solkan, insieme al collegamento interno alla città lungo i Corsi di Gorizia potrebbero essere i tasselli decisivi nella costruzione dell'intero sistema. Non secondaria è la lotta contro l'inquinamento che minaccia la salute di tutti. Solo per portare un esempio, i problemi derivati dal possibile ulteriore ampliamento del co-inceneritore di Anhovo - che brucia molti rifiuti provenienti dall'Italia - dimostrano che l'aria e l'acqua non si curano dei limiti politici e seminano sofferenza in tutti i territori. Occorre un'azione comune per affrontare problemi comuni, ma anche per dimostrare concretamente che l'unità nella diversità non è un bello slogan, ma un obiettivo da raggiungere con impegno e perseveranza.
Terzo. La comunicazione. E' certo un altro punto debole del sistema. Ben venga la Capitale europea della Cultura, ma se in questi tre anni di avvicinamento non cambiano regole e stili di vita, sarà molto concreto il rischio di un clamoroso flop. A meno che... Si è già in incredibile ritardo rispetto all'inserimento dello studio obbligatorio dell'italiano nelle scuole di Nova Gorica e dello sloveno nelle scuole italiane di Gorizia. Senza almeno il livello del bilinguismo passivo (ciascuno parla la propria lingua e comprende quella dell'altro), è impossibile pensare a una vera integrazione che non si riduca a una pacca sulla schiena, a un dober dan faticosamente espresso, a una relazione di semplice cortesia. La capitale della Cultura dovrebbe essere l'occasione per varcare davvero i confini mentali, incontrandosi nell'ordinarietà del quotidiano sulle vie e nelle piazze delle due/una città. Altra questione è la mancanza di media cartacei transfrontalieri, cosicché la gente che vive da una parte non sa quasi nulla di ciò che accade nell'altra. Sarebbe necessario, da subito, realizzare un giornale - anche settimanale o mensile, ma regolare - oltre i confini, rigorosamente bilingue nei suoi collaboratori e nei suoi articoli. Ah sì, è rimasto in sospeso un "a meno che...". A meno che cosa? Che non si dia realmente un enorme spazio di progettazione e realizzazione alle componenti più giovani degli abitanti del territorio. Molti ragazzi e giovani hanno già superato le remore del passato e gli ostacoli linguistici e psicologici, così come il mondo dell'arte. Forse sarebbe il caso di togliere una parte di "potere" ai politici di professione, chiedendo loro che si adoperino affinché possano davvero emergere le istanze della nuove generazioni. E perché la Capitale europea della Cultura sia immaginata dall'ispirazione artistica prima che dalle strategie partitiche.
Nessun commento:
Posta un commento