Lo scenario è diverso, ma il metodo è lo stesso. Gli "esperti" spuntano come funghi nelle mille trasmissioni-spettacolo, dove la tragedia bellica viene vivisezionata e teatralizzata fino a trasformarla in una nuvola opaca di indistinto disagio nella quale è molto difficile individuare i particolari. Naturalmente ci sono tutte le posizioni possibili e i pochi che ne sanno veramente qualcosa tendono a mantenere una certa discrezione, se non suggerendo delicatamente di non sparare troppo facilmente giudizi. C'è che si schiera con Putin e chi con Zelensky, chi con la NATO e chi contro, chi con i diritti dei russi del Donbass, chi con quelli degli ucraini di Kiev e dintorni. Ci sono i pacifisti, tanti, che scendono in piazza chiedendo con forza la sospensione delle operazioni militari. C'è chi minimizza e chi annuncia l'imminente terza guerra mondiale. C'è chi invoca il dialogo, chi le sanzioni più aspre possibili, chi addirittura (Letta!?!?!) propone di sostenere l'impegno militare dell'Ucraina per respingere il russo invasore.
L'Italia, già paese di decine di milioni di commissari tecnici della Nazionale di calcio, poi di schiere innumerevoli di virologi e sedicenti scienziati d'ogni sorta, ora si dimostra dimora di infiniti strateghi e generali d'armata che indicano ai combattenti il modo migliore per risolvere problemi dei quali fino a dieci giorni fa non avevano nemmeno lontanamente sentito parlare.
Non sono certo un "papista", ma questa volta mi sembra che la proposta più sensata tra quelle ascoltate finora sia quella del giorno di digiuno e di silenzio. Per i credenti, si tratta di un atto tradizionale, all'inizio del tempo della quaresima, al quale dare l'intenzione di un'assunzione di consapevolezza da parte di tutti - dalla singola famiglia allo scacchiere internazionale - di come ci sia sempre uno spazio per il dialogo e di quanto sia vero che "niente è perduto senza la guerra e tutto è perduto con la guerra". Per chi crede in modo diverso rispetto ai cristiani, è un modo - anche se molto limitato - per condividere l'ansia e la paura di chi concretamente sta sotto le bombe.
Sì, perché in mezzo al diluvio di pseudo-certezze che sommergono i nostri punti di vista, l'unica verità è che delle persone stanno soffrendo, sono ferite, uccise, vedono le loro case devastate, sono costrette a fuggire verso un futuro ignoto. E questo immenso dolore non riguarda solo gli ucraini o i russi finiti. loro malgrado, sotto i riflettori internazionali, ma anche tantissimi altri esseri umani, donne, uomini e bambini che nel silenzio generale subiscono le stesse tragedie. Si pensi al genocidio in atto nel Tigray, per esempio, o a tanti luoghi in cui le invasioni di Paesi inermi non ricevono senz'altro lo stesso interesse o le stesse sanzioni.
Preghiera - laica o religiosa che sia - e silenzio, dunque, sono forse l'unica azione concreta che ogni persona può porre e proporre, anche scendendo nelle strade a manifestare il proprio "no alla guerra" e necessariamente la neutralità di un'Italia e di un'Europa libere dal giogo della NATO. Insieme a questo impegno individuale, è indispensabile prepararsi all'accoglienza - questa sì, senza se e senza ma - di coloro che lasceranno la loro terra per raggiungere l'Italia e gli altri Paesi dell'Unione europea.
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