lunedì 28 febbraio 2022

Pacifisti di tutto il mondo, unitevi!

L'allerta nucleare riempie il Mondo di ulteriore paura. I negoziati odierni in Bielorussia aprono un minimo barlume di speranza, anche perché forse l'imprevisto coinvolgimento cinese potrebbe offrire una via d'uscita dal vicolo cieco nel quale sembra che la Russia si sia cacciata. I paesi europei hanno risposto alle minacce di Putin approvando il riarmo dell'Ucraina, giungendo non solo a ventilare l'ingresso nella NATO ma perfino nell'Unione Europea. Si distingue la "qualità dei profughi", porte aperte, anzi apertissime senza neppure la necessità di chiedere asilo, ai "bianchi", respingimenti e maltrattamenti ai "neri", avanti i cristiani indietro i musulmani! Il rozzo per eccellenza dichiara in Parlamento che ci sono profughi veri e profughi finti. Lo dice in modo stupido e odioso, ma purtroppo inquadra la realtà di ciò che sta accadendo ai confini con la cattolicissima Polonia.

Insomma, la realtà è in rapidissimo movimento e di momento in momento gli scenari possono cambiare, in peggio oppure - si spera ardentemente - in meglio. In questo contesto, è da prolungare il pensiero espresso nei post precedenti, riguardo soprattutto al ruolo del movimento per la pace e della chiesa cattolica. Entrambi infatti, se vogliono essere efficaci al di là dei numeri cospicui di partecipanti alle manifestazioni sulle strade e sulle piazze di quasi tutte le città europee, devono prendere una posizione che non si limiti soltanto al dire un "no alla guerra".

La nonviolenza si propone di essere "attiva", ovvero di porre gesti concreti e impegnativi, alternativi alla guerra come strumento di risoluzione dei conflitti. Come tale, piaccia o no, è scomoda e non si fonda (soltanto) su masse multicolori, ma su prese di posizione scomode e svincolate dal politically correct. L'essenza del metodo, come descritto da Gandhi, è semplice e nello stesso tempo drammatica: meglio essere uccisi guardando in faccia l'offensore che ucciderlo, meglio essere feriti che ferire.

Venendo allo specifico, si può marciare dietro alle bandiere arcobaleno sostenendo contemporaneamente i diritti del popolo ucraino invaso dai russi, quelli dei russi del Donbass bombardati da otto anni dagli ucraini, la NATO che deve entrare in campo per difendere gli ucraini, l'uscita dalla NATO ritenuta corresponsabile di ciò che sta accadendo, la diplomazia fino allo stremo delle forze, la consegna degli armamenti sofisticati alla "resistenza" ucraina, la difesa di tutti gli oppressi o l'abbandono degli stessi al loro destino, l'accoglienza senza se e senza ma dei profughi ucraini, il respingimento alle frontiere di quelli asiatici o africani. Senza porsi da una parte piuttosto che dall'altra, il messaggio - anche di milioni di esseri umani - non funziona, se non come la testimonianza che coloro che stanno fuori dalla mischia non sono d'accordo che la mischia ci sia. In questo senso, i pochi manifestanti russi arrestati a San Pietroburgo e a Mosca hanno una voce enormemente più forte dei milioni che lodevolmente occupano le piazze europee.

Per quanto riguarda i cattolici, c'è da ricordare un precedente tragico ma emblematico. nel corso del XX secolo, un solo Papa ha parlato esplicitamente contro la guerra e contro i suoi artefici, da un Vaticano collocato nel cuore della Capitale di uno Stato direttamente impegnato in una guerra. Si tratta di Benedetto XV che dal 1914 al 1918 non ha smesso di denunciare l'orrenda carneficina, l'inutile strage, la distruzione della bella Europa determinata dagli interessi dei ricchi e dei potenti realizzati sulla carne di milioni di esseri umani. Aveva proposto il disarmo totale delle Nazioni, la costituzione di un arbitrato internazionale sovrano per la pace e si era battuto ininterrottamente per riuscire a ottenere un minimo di ascolto dai "capi dei popoli". Mentre lui parlava di pace, i "suoi" vescovi e preti cattolici predicavano l'esatto contrario, giustificando la guerra della propria parte contro quella dell'altra e benedicendo le armi che avrebbero maciullato, nel nome del dio dei cattolici, i cattolici che stavano da una parte o dall'altra del confine tra i belligeranti. Il popolo e i capi dei Paesi parte dell'Impero austro-ungarico non hanno ascoltato minimamente il Papa, ma i loro vescovi e preti. Il popolo e i capi dei Paesi nel Regno d'Italia non hanno ascoltato minimamente il papa, ma i loro rispettivi vescovi e preti guerrafondai.

Papa Francesco ha certamente un'autorità sulla Chiesa cattolica più incisiva rispetto a quella dei pontefici dell'inizio del XX secolo. Ha inoltre mezzi di comunicazione mille volte più potenti per potersi far ascoltare. Per questo ha anche la responsabilità di orientare le scelte, soprattutto dei molti cattolici uniati che vivono in Ucraina e dei pochi che sono in Russia, oltre che dei tantissimi che scendono nelle piazze. Ha anche il compito di ritessere le relazioni da lungo tempo praticamente indebolite con la Chiesa autocefala ortodossa di Mosca per prendere una posizione comune, autenticamente evangelica e cristiana. Lo può fare non soltanto invitando alla preghiera e al digiuno, ma anche proponendo concrete indicazioni a chi si trova sul campo. E' l'ora della nonviolenza? Bene, allora gli ucraini e i russi che si riconoscono nelle parole del Vangelo si rifiutino di combattere, i vescovi e i preti cattolici e ortodossi denuncino i soprusi dei loro governanti, dall'oppressione del Donbass all'orribile invasione armata dello stato libero dell'Ucraina, le chiese cattoliche, ortodosse e protestanti in Europa si aprano senza esitazioni all'accoglienza dei profughi dall'Ucraina e da tutte le parti del Mondo, ovunque si chieda un disarmo generale, senza che un soldato o un pezzo di artiglieria proveniente dall'Europa occidentale varchi i confini, andando ad alimentare un fuoco che sta diventando sempre più difficile da controllare.

Forza allora, pacifisti di tutto il Mondo unitevi!

1 commento:

  1. Mi sgomenta e mi preoccupa lo sviluppo degli eventi di questi giorni e, ancor di più, mi preoccupano le reazioni europee, che ancora una volta privilegiano la soluzione militare ad un conflitto che, invece, dovrebbe essere un monito fortissimo a tutti i Paesi, in Occidente come altrove, a rinunciare una volta per tutte alle politiche di riarmo e spendere invece tutte le energie e le risorse per la costruzione di forme di convivenza pacifica tra popoli diversi, cooperazione e reciproco sostegno su tutti i fronti, dall'approvvigionamento energetico, alle attività economiche,alla sanità,all'istruzione, alle politiche di welfare. L'ennesimo conflitto armato cipone di fronte ad una grande sfida: dovremmo imparare a leggere in questa chiave gli eventi degli ultimi giorni, trasformandoli in occasione di riflessione per modificare trattati, normative,principi,regole per una diversa,più equa e più sana coabitazione, fuori dai pregiudizi e dai preconcetti dei nazionalismi, che tanto male hanno fatto e continuano a fare ovunque. È ora di azioni e gesti coraggiosi, e non sono certamente quelli degli eserciti e delle armi

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